DI FRANKLIN LAMB
Countercurrents.org
Diario da Tripoli, in cui Franklin Lamb ha protetto un nigeriano dai razzisti ribelli e dai sogni delle signore ciadiane
Tripoli: La scorsa notte il mio compagno di stanza ha lasciato il nostro albergo, e se tutto va bene anche la Libia, per il suo villaggio nei pressi di Arlit in Nigeria grazie all’aiuto di una delle chiese cristiane di Tripoli. Mi mancherà molto.
A Tripoli è stato formato di recente un gruppo per i diritti umani dalla Chiesa Ortodossa Copta (egiziana), che lavora per proteggere i neri dalle strade ancora fuorilegge di Tripoli, e che ha premesso al mio compagno di stanza di partire dall’albergo. La Chiesa Copta, secondo il prelato locale, è la più grande comunità cristiana in Libia con 60.000 parrocchiani e ha radici in Libia da centinaia di anni prima che gli arabi si spingessero a ovest dall’Egitto.
Mohammad è partito a mezzogiorno, davvero presto, prima che “il personale di sicurezza” arrivasse al Corinthia Hotel vicino alle una del pomeriggio. La domenica pomeriggio, con gli uomini armati e due “generali” con le nuove uniformi complete di spalline. La loro visita di sorpresa era per controllare le stanze dell’albergo in cerca di sostenitori di Gheddafi. Dicevano di aver avuto “informazioni”.
I Copti hanno fatto un bel lavoro portando Mohammad al sicuro. La maggior parte degli osservatori conviene che, nel futuro immediato, ci sarà un vortice di congetture selvagge, di accuse e persino un qualche serio esame della dirigenza di Moammar Gheddafi della Libia degli ultimi quattro decenni. Un fatto è comunque incontrovertibile per lo scrivente: sotto Gheddafi, i cristiani, che fossero Cattolici Romani, Cattolici Anglicani, Russi Ortodossi, Serbi Ortodossi o Greci Ortodossi – le principali chiese cristiane qui presenti -, sono stati ben trattati e gli è stato concessa in pratica una totale libertà di praticare i propri credi e di celebrare le loro tradizioni con alcune restrizioni poste sulle campagne per fare proselitismo con i musulmani, che non si sono più verificate da quando i Mormoni e gi evangelici della “Via della Croce” hanno lasciato il paese alcuni anni fa.
Qui la gran parte delle chiese ha volontari che lavorano per aiutare le loro sorelle e fratelli musulmani in questo periodo di cataclisma. Il mio amico Mohammad è uno di quelli a cui forse hanno salvato la vita.
Mohammad ed io abbiamo segretamente condiviso la mia stanza per più di una settimana da quando l’ho scoperto per caso spaventato e tremolante nei cespugli del giardino dell’albergo, poco dopo l’ingresso dei ribelli a Tripoli. È stato facile tranquillizzare Mohammad e gli ho portato una maglietta dalla mia stanza, visto che la sua era lercia.
Mohammad è un africano nero, un devoto musulmano e una persona simpatica. Quando l’ho visto mentre mi osservava tremante i miei pensieri sono andati istantaneamente a un ventunenne nero del Mississippi, James Chaney, e il giorno potrebbe essere stato il 21 giugno del 1964. Fu quando le forze dell’ordine di Neshoba County e il Ku Klux Klan avviarono una caccia per uccidere e uccisero davvero James e i suoi amici bianchi, Andrew Goodman e Michael
Schwerner.
La ragione per cui Mohammad si stava nascondendo dietro il Corinthia hotel era dovuta al fatto che temeva per la propria vita come molti, se non tutti, i neri africani e i neri libici (circa un terzo della popolazione della Libia) provano questi giorni. Alcune bande di giovani ribelli “combattenti per la libertà” stanno ancora pattugliando le strade di Tripoli, smaniosi, sembra, di
uccidere qualche “mercenario africano”, volendo intendere, sembra, qualsiasi nero che riescano a trovare. Anche se le voci, studiate politicamente, sui mercenari africani che violentavano le donne libiche – che hanno aiutato la NATO a ottenere il semaforo verde dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU per la sua campagna di bombardamenti e per il cambio del regime – sono state smentite come false da Human Rights Watch, Amnesty International e da un gruppo di indagine delle Nazioni Unite, alcuni dei giovani macho ribelli della Libia ancora insistono che la calunnia sia vera.
Mohammad mi ha spiegato che non ha mai combattuto per nessuno in Libia ma che il la sua carriera di lavoro, come quella di suo padre, degli zii e dei fratelli, si è svolta nelle miniere di uranio nel Niger, che solo negli ultimi anni sono riuscite a risollevarsi dal collasso degli anni ‘80. Il fratello di Mohammad, Said, è stato ucciso nella Ribellione dei Tuareg degli anni ’90 e suo padre ha mandato Mohammad in Libia per lavorare nelle costruzioni.
Ho acconsentito che Mohammad potesse rimanere in segreto con me fino a che avessimo potuto affidarlo a mani sicure. Per quanto ne sapessi, l’albergo non è mai stato il posto più sicuro anche se il mio amico Ismail, che lavora alla reception quando non svolge un’altra decina di lavori nel corso dei sui turni di sedici ore, probabilmente sospettava che qualcosa stesse per succedere perché mi dava degli sguardi di intesa mentre scomparivo nell’ascensore con un tovagliolo a copertura di un gran piatto di cibo, contrariamente alle regole dell’albergo di non portare alimenti nelle stanze. Fortunatamente Ismail è un libico nero e, se lo avesse saputo, non avrebbe fatto la spia.
Senza alcun personale di sicurezza al nostro albergo fino a due giorni fa, ora è stipato di giornalisti, Mohammad ha preso precauzioni supplementari e non ha mai lasciato la stanza #1185 eccetto una notte quando qualcuno della Chiesa Copta è venuto per incontrarsi con lui in un’altra stanza e ho dato il suo posto sul pavimento a un’attivista francese da Beirut la cui nave per Alessandria stava ancora ritardando.
Non esistono più servizi in camera in questo albergo e così nessuno è entrato nella mia stanza per quasi due settimane da quando il personale se ne è andato. In ogni caso io e Mohammad avevamo pronta una buona storia di copertura nel caso che gli eventi lo richiedessero. Mohammad, avrebbe spiegato nel caso di una cattura, era un autista dall’Ambasciata Italiana prima
che gli italiani a marzo avevano smontato temporaneamente le tende.
Ho fatto un bel lavoro a combinare le pietanze dal “buffet per l’Iftar” notturno. Siccome stavamo entrambi digiunando per il Ramadan, sgraffignare il cibo per Mohammad solo una volta al giorno era abbastanza semplice, specialmente perché alcuni dei nuovi ospiti dell’albergo, che sono giornalisti dal Rixos Hotel o che si sono precipitati qui per parlare della “Caduta di Tripoli”, stanno anche loro prendendo l’abitudine di servire i propri piatti e di sedersi nei ristoranti abbandonati dell’albergo. In questo modo hanno più spazio e riservatezza rispetto alle condizione ristrette della sempre più deteriorata “sala da pranzo” o dell’area di lavoro.
Personalmente, anche per questo Ramadan la festa dell’Iftar non suscita in me alcun fascino perché abbiamo avuto sempre lo stesso identico cibo, e in questo Iftar proviene per la totalità dalle scatolette. Oggi a mezzogiorno, la reception dell’albergo ha esposto i più recenti Appunti per i Cari Ospiti. Vi si legge: “Cari Ospiti: Per favore, sappiate che non ci sarà pranzo oggi per l’assenza della fornitura di acqua all’Hotel. Speriamo in una consegna di acqua questo pomeriggio e speriamo di servire la cena oggi alle 18:30. Grazie. La Direzione del Corinthia Hotel.” L’acqua non è arrivata e quando io e una signora americana che lavora per il Sunday Times siamo tornati da un giro nel centro di Tripoli, alle 7:50 della sera proprio in tempo per l’Iftar, la mia dieta è consistita nel camminare in mezzo alla zona di ristorazione piluccando i resti di cibo dai piatti
che i commensali avevano lasciato.
Prima della sua partenza, Mohammad mi ha aiutato con la mia gamba infetta e mi ha parlato di un dottore nelle vicinanze che mi renderebbe felice visto che nessun altro era disponibile nell’ultima settimana. Ma, come i cari lettori possono facilmente capire, sono diventato quasi subito riluttante a cercare di essere curato dal dottore raccomandato da Mohammad anche se, per pura coincidenza, avevo conosciuto la sua splendida nonna, un’interprete di lingua araba-inglese di nome Aya, alcune settimane fa.
La mia migliore idea per un’assistenza medica immediata era il mio nuovo amico dottor XX, “Consulente di Chirurgia Urologica” del British Medical Center presente qui a Tripoli (prima era lo Swiss Medical Center fino a che Hannibal Gheddafi lo scorso inverno ebbe quello sfortunato problema con le autorità svizzere e suo Padre auspicò l’abolizione della Svizzera e di tutte le cose svizzere, e da ciò viene il rapido cambio nel nome della Clinica.) Il dottor XX viene da Nuova Delhi, ma ha studiato in Inghilterra e di solito risiede a Sheffield, sempre in Inghilterra. Ha trascorso l’anno passato a lavorare qui in Libia, ama la gente e il paese e voleva davvero aiutarmi. Il problema era che ieri è dovuto fuggire per prendere una nave diretta a Malta. Comunque, mi ha detto che ho ancora un paio di giorni prima di avere gravi danni alla gamba e mi ha fornito i numeri di telefono di due suoi colleghi, di cui uno è un dentista indiano. Ma in questo momento a Tripoli i telefoni non funzionano davvero bene.
Solo una parola di commento sul dottor Fatima, raccomandato da Mohammad ora che mi sono rassegnato di farmi curare più tardi da lui, succeda quel che succeda, dopo il breve colloquio avuto con il buon dottore questa mattina.
Il dottor Fatima è molto magro, abbastanza alto, ha una testa insolitamente grande e una macchia rossa copre parte della sua faccia che è blu olivastra. Aya mi ha spiegato che, mentre il dottor Fatima è per formazione musulmano, la sua tribù sahariana conserva alcuni riti e costumi pre-islamici e che è geneticamente collegata al Delvar Nar. Poi Aya mi ha detto che la tribù di Fatima afferma che sono in rapporto con gli Angeli menzionati in Luca 24:4 dove l’apostolo di Cristo descrive la scena alla tomba di Gesù quando due angeli apparvero a Maria. Comunque….
Aya dice che il dottor Fatima riesce a fare il teletrasporto, le telecinesi e ha capacità paranormali e, anche se ora non ho bisogno di tutte queste competenze, forse in
seguito, il dottor Fatima fortunatamente è anche un esperto di medicina sahariana anche per le infezioni alle gambe. Quindi la buona notizia è che molto presto sarò nelle mani esperti di un medico. Non
ne ho alcun dubbio e sarò sempre grato al mio amico Mohammad per il servizio di cura.
L’aspetto negativo è che Aya mi ha raccontato quello che sua nonna dovrà farmi per rimettermi in sesto. Potrebbe essere una parte spigolosa per quelli che quasi collassano se una qualche infermiera si permette di suggerire di voler fare un’iniezione. L’aspirina è quasi l’unica medicina che ho portato con me, perché la mia santa Mamma per metà tedesca non ha mai creduto che la sua vasta progenie potesse ammalarsi e gli abbiamo sempre dato ragione nel corso
degli anni.
La “clinica” del Dottor Fatima è nella Medina non lontano dal mio albergo e la zona sta tornando in vita dato che alcuni cittadini stanno cominciando a fare capolino e
a emergere dalle proprie case. Centinaia di negozi e di banchi all’aperto con tutti i generi di merci nuove e usate sono state chiusi per più di una settimana. Persino le amorevoli e ospitali signore ciadiane che
avevo ragione di credere che affittassero sé stesse sugli sporchi pavimenti delle antiche vie della medina per dieci dinari libici l’ora (circa 8 dollari) o 16 dinari (12,80) per due servizi (tre dinari supplementari l’ora per l’aria condizionata nella stanza), sono scomparse. Questo fatto da solo, secondo uno dei due membri di una delegazione delle Nazioni Unite che dieci giorni fa ha avuto il permesso dalla NATO per volare dall’aeroporto di Tripoli a Tunisi per fare ricreazione e per riferire le loro “scoperte”, è una ragione sufficiente perché il UNSC cessi immediatamente il macello della NATO in Libia.
Ammetto di essere stato un po’ apprensivo quando Aya mi ha detto che una delle signore ciadiane, che recentemente è tornata e lavora come infermiera per il dottor Fatima, dovrà prima affettare la mia ferita in strisce sottili e poi strofinarla e lavarla con forza con la sabbia del Sahara insieme a qualche impasto verde disgustoso a vedersi di vegetazione sahariana e di linfa di insetti.
Mentre sedevo pensando a cosa avrei sentito, Aya sembra avermi letto negli occhi e mi ha assicurato che tutto andrà bene perché la sua nonna avrebbe preparato una
forte bevuta alcolica dal cactus sahariano, ne avrei bevuta un po’ e mi sarei sentito bene.
“Bene, perché non usiamo solo quella bevuta invece della sabbia per pulire la ferita?”, ho chiesto. Aya mi ha dato una delle sue occhiate alla “Tu, stupido Americano!”
che comunica, “Per favore, non ti immischiare, che ci siamo noi che sappiamo cosa sarà meglio per te!”
Aya mi ha anche promesso che dopo il mio “trattamento” le signore ciadiane ora di ritorno si prenderanno cura di me per il periodo di recupero ipotizzato in tre giorni. Mi sono sentito immediatamente meglio.
Se il destino comanderà che questi pochi giorni faranno parte del mio capitolo conclusivo e non avendo mai avuto molto interesse a frequentare le vergini, la compagnia di
questi angeli sarà certamente vicina al Paradiso che questo cafone dell’Oregon possa aspettarsi.
Franklin Lamb è in Libia.
Fonte: Notes
From Tripoli
30.08.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE