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La Redazione

 

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AMERICA IN DECLINO

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A cura di supervice
Il 6 Agosto 2011
61 Views

DI NOAM CHOMSKY
Information Clearing House

“È un argomento comune” che gli

Stati Uniti, che “solo pochi anni fa venerati per marciare sul mondo

come un colosso dalla potenza incomparabile e dal fascino inarrivabile

siano in declino, con la minaccia di dover affrontare la prospettiva

della decadenza finale”, ha scritto Giacomo Chiozza nel Political

Science Quarterly.

L’argomento è davvero largamente

condiviso. E con una qualche ragione, visto che una serie di affermazioni

sono corrette. Per iniziare, il declino è iniziato fin dal massimo

della potenza degli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale, e il

significativo trionfalismo dopo la Guerra del Golfo degli anni ’90

era solamente il segno di una delusione di sé.Un altro tema comune, almeno tra quelli

che non sono coscientemente ciechi, è che il declino americano è per

larga parte auto-inflitto. Lo spettacolo comico di scena a Washington

quest’estate, che ha disgustato il paese e sconcertato il mondo, potrebbe

non avere raffronti negli annali della democrazia parlamentare.

Lo spettacolo è arrivato persino al

punto di spaventare gli sponsor della sciarada. Il potere delle grandi

aziende è ora angosciato dal fatto che gli estremisti che hanno contribuito

a far insediare possano nei fatti buttare giù l’interno edificio

su cui si poggiano le proprie ricchezze e i propri privilegi, la forte

struttura che ha fatto da badante per nutrire i propri interessi.

L’influenza del potere delle aziende

sulla politica e sulla società – in questo momento soprattutto nel

campo della finanza– ha raggiunto un punto in cui le organizzazioni

politiche – che a questo punto somigliano a stento a partiti politici

tradizionali – sono assolutamente a destra rispetto alle opinioni

dibattute dalla popolazione.

Per la gente, la preoccupazione principale

è la disoccupazione. Nelle circostanze attuali, la crisi potrebbe essere

sorpassata solo con un significativo stimolo del governo, ben oltre

quello ora realizzato, che a malapena riesce a dare una risposta al

declino della spesa locale e a quella dello stato, anche se persino

queste iniziative limitate probabilmente sono riuscite a salvare milioni

di posti di lavoro.

Per le istituzioni finanziarie l’aspetto

fondamentale è il deficit. Per questo, solo il deficit

è oggetto di analisi. Una larga maggioranza della popolazione vorrebbe

attaccare il passivo tassando le persone davvero ricche (il 72 per cento,

il 27 si oppone), come riporta un sondaggio del Washington Post-ABC

News. I tagli alla sanità sono malvisti da una schiacciante maggioranza

(69 per cento per Medicaid, il 78 per Medicare). Il risultato

probabile sarà ovviamente l’opposto.

Il Programma sulle Caratteristiche

della Politica Internazionale indaga le proposte della gente per eliminare

il debito pubblico. Il direttore Steven Kull ha scritto: “È chiaro

che sia l’amministrazione che la Camera (dei Rappresentanti) guidata

dai Repubblicani non sono in armonia con i valori e le priorità indicate

dalle persone riguardo al bilancio.”

Il sondaggio illustra una profonda

spaccatura: “La più grande differenza sulle spese è che il pubblico

è a favore di tagli decisi alle spese per la difesa, mentre l’amministrazione

e la Camera propongono modesti incrementi. Il pubblico è anche a favore

di una maggiore spesa per la formazione sul lavoro, l’educazione e

il controllo dell’inquinamento rispetto a quanto fatto dall’amministrazione

o dalla Camera.”

Il “compromesso” finale – più

precisamente, una capitolazione all’estrema destra – è l’esatto

opposto, è porterà quasi certamente a una crescita più lenta e a

guai nel lungo termine a tutti eccetto che ai ricchi e alle corporations,

che stanno incamerando il massimo di profitti.

Una cosa neppure analizzata è se il

deficit possa essere eliminato se, come ha indicato l’economista

Dean Baker, il disfunzionale sistema sanitario privatizzato negli U.S.

venisse sostituito da uno simile a quello delle altre società industrializzate,

che hanno la metà del costo pro capite e risultati sulla salute

che sono simili o migliori.

Le istituzioni finanziarie e Big Pharma

sono fin troppo potenti perché simili opportunità vengano considerate,

anche se il concetto in sé sembra tutt’altro che utopistico. Al di

fuori dell’ordine del giorno per ragioni simili sono altre opzioni

economicamente sensate, come quelle di piccole tasse sulle transazioni

finanziarie.

Nel frattempo vengono sempre elargiti

ricchi doni a Wall Street. L’House Appropriations Committee

ha tagliato le richieste di finanziamento per la Securities and Exchange

Commission, la principale barriera contro la frode finanziaria.

L’Agenzia a Tutela dei Consumatori è improbabile che riesca a rimanerne

indenne.

Il Congresso brandisce altre armi nella

sua battaglia contro le future generazioni. Di fronte al muro dei Repubblicani

che si oppone alla protezione ambientale, American Electric Power,

una grande utility, ha messo da parte “le più forti iniziative

in tutta la nazione per catturare il biossido di carbonio da una centrale

a carbone, dovendo affrontare un forte colpo alle possibilità di rallentare

le emissioni responsabili del riscaldamento globale”, come riportato

dal New York Times.

I colpi auto-inflitti, che sono sempre

più forti, non sono un’innovazione recente. Risalgono agli anni ‘70,

quando l’economia politica nazionale fu sottoposta a grosse trasformazioni,

terminando in quello che viene comunemente definita “l’Età dell’Oro”

del capitalismo (di stato).

I due fattori fondamentali furono la

finanziarizzazione (la svolta nelle preferenze degli investitori dalla

produzione industriale al cosiddetto FIRE: finanza, assicurazione, immobiliare)

e la delocalizzazione della produzione. Il trionfo ideologico della

“dottrina del libero mercato”, tendenziosa come al solito, ha riservato

altri colpi quando i due aspetti vennero trasformati nella deregolamentazione,

nelle pratiche di gestione delle grandi aziende che garantivano enormi

ritorni ai dirigenti per profitti a breve termine, e altre decisioni

politiche di questo tipo.

La concentrazione della ricchezza ha

fatto innalzare ancor più il potere politico, accelerando un circolo

vizioso che ha portato straordinari benefici all’1 per cento della

popolazione, principalmente dirigenti delle grandi aziende, i gestori

degli hedge fund e similari, mentre per la larga maggioranza i salari

reali sono rimasti al palo.

In parallelo, il costo delle elezioni

è andato alle stesse, mettendo sempre più i due partiti nelle tasche

delle grandi aziende. Quello che rimaneva di una democrazia politica

è stato ancor più messo a repentaglio quando entrambi i partiti hanno

messo all’asta le posizioni dei dirigenti al Congresso, come ha evidenziato

l’analista politico del Financial Times, Thomas Ferguson.

“I maggiori partiti politici hanno

preso a prestito una pratica dei grandi venditori a dettaglio, come

Walmart, Best Buy o Target”, scrive Ferguson: “Unici nelle legislazioni

del mondo sviluppato, i partiti del Congresso degli Stati Uniti ora

fissano il prezzo per il processo legislativo.” I legislatori che

portano più fondi ai partiti vincono la posta in palio.

Il risultato, secondo Ferguson, è

che i dibattiti “si affidano pesantemente sulla ripetizione senza

fine di una manciata di slogan che sono stati testati sul campo

per i loro fascino sui blocchi degli investitori nazionali e dei gruppi

di interesse a cui si affida la leadership per ottenere le risorse.”

Che il paese sia maledetto.

Prima dello schianto del 2007 del quale

sono largamente responsabili, le istituzioni finanziarie post-Età dell’Oro

hanno guadagnato un sorprendente potere economico, e hanno più che

triplicato la loro parte dei profitti del settore privato. Dopo il collasso,

una serie di economisti cominciò a interrogarsi sulla loro funzione

in termini esclusivamente economici. Il premio Nobel Robert Solow ha

affermato che il loro impatto potrebbe essere negativo: “I loro successi

probabilmente aggiungono poco o niente all’efficienza dell’economia

reale, mentre i disastri trasferiscono ricchezza dai contribuenti al

mondo della finanza.”

Sbriciolando anche i resti della democrazia

politica, le istituzioni finanziarie hanno posto le basi per proseguire

ancora il processo letale, fino a quando le loro vittime vorranno soffrire

in silenzio.

******************************************

Fonte: America

in Decline

06.08.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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