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I piu' letti degli ultimi 30 giorni

AMERICA, EUROPA: SALVARE I RICCHI FREGANDOSENE DELL’ECONOMIA

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A cura di supervice
Il 30 Settembre 2011
49 Views

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DI PAUL CRAIG ROBERTS
Rense.com

Le politiche economiche negli Stati

Uniti e in Europa hanno fallito e la gente soffre.

Sono fallite per tre ragioni: (1) i

politici si sono concentrati nel consentire alle multinazionali di spostare

i lavori per la classe media, la domanda, la base contributiva, il PIL

e le carriere associate con questi lavori in paesi stranieri, come Cina

e India, dove il lavoro costa meno; (2) i politici hanno permesso una

deregulation fiscale che ha dato il via a un indebitamento e a una frode

su una scale prima inimmaginabile; (3) i politici hanno risposto alle

conseguente crisi finanziarie imponendo l’austerità alle popolazioni

e correndo a stampare soldi per poter salvare le banche e per prevenire

loro qualsiasi perdita indipendentemente dai costi per le economie nazionali

e per coloro che sono innocenti.La delocalizzazione è stata resa

possibile dal collasso dell’Unione Sovietica, dopo di che Cina e India

hanno reso disponibili i lavoratori in eccesso allo sfruttamento

dell’Occidente. Spinte da Wall Street ad avere sempre maggiori profitti,

la grandi aziende statunitensi hanno trasferito le fabbriche all’estero.

Il lavoro degli stranieri con i capitali, la tecnologia e le esperienze

occidentali è produttivo quanto il lavoro svolto negli Stati Uniti.

Però l’eccesso della forza lavoro (e gli standard di vita più bassi)

fa sì che i dipendenti cinesi e indiani possano essere assunti sostenendo

un costo del lavoro inferiore al loro rendimento sul prodotto finale.

La differenza confluisce nei profitti, determinando guadagni per gli

azionisti e benefit per i dirigenti.

Secondo quanto riporta il Manufacturing

and Technology News (20 settembre 2011) il Censimento Quadrimestrale

dell’Impiego e degli Stipendi mostra che negli ultimi dieci

anni gli Stati Uniti hanno perso 54.621 stabilimenti e l’occupazione

nella produzione è calata di 5 milioni. Nel corso del decennio il numero

delle grandi aziende (quelle che impiegano 1.000 o più dipendenti)

è calato del 40 per cento. Le fabbriche statunitensi che impiegano

dai 500 ai 1.000 lavoratori sono calate del 44 per cento, quelle che

impiegano da 250 a 500 persone sono diminuite del 37 per cento, quelle

tra 100 e 250 lavoratori del 30. (Fonte: http://www.manufacturingnews.com/)

Queste perdite sono al netto dei nuovi

avviamenti. Non tutte le perdite sono dovute ala localizzazione. Alcune

sono il risultato di errori aziendali.

I politici statunitensi, come Buddy

Roemer, hanno attribuito la responsabilità del collasso della produzione

USA alla competizione cinese e “alle pratiche commerciali scorrette”.

Comunque, sono le azienda statunitensi che hanno spostato le loro fabbriche

all’estero, per sostituire la produzione interna con l’importazione.

Metà delle importazioni dalla Cina consiste di produzione offshore

delle grandi aziende USA.

La differenza di stipendio è

sostanziale. In base al Bureau of Labor Statistics, nel 2009

la paga oraria media netta del lavoratore USA era 23,03. Le spese per

l’assicurazione sociale aggiungo 2,60 dollari l’ora per un costo

totale del lavoro pari a 33,53 dollari.

In Cina nel 2008 il costo totale di

un’ora di lavoro era 1,36 e in India era di pochi centesimi inferiore

a questo ammontare. Di conseguenza, una grande azienda che sposta 1.000

posti di lavoro in Cina risparmia 32.000 dollari ogni ora lavorata.

Questi risparmi si trasformano in quotazione più alte delle azioni

e in remunerazione per i dirigenti, non in prezzi più bassi per in

consumatori che sono rimasti disoccupati a causa dell’arbitraggio.

Gli economisti repubblicani incolpano

gli “alti” stipendi degli USA per il tasso attuale di disoccupazione.

Comunque, gli stipendi negli Stati Uniti sono quasi i più bassi del

mondo sviluppato. Sono molto sotto al costo orario di Norvegia ($53,89),

Danimarca ($49.56), Belgio ($49.40), Austria ($48.04) e Germania ($46.52).

Gli USA possono anche avere la più grande economia mondiale, ma i suoi

lavoratori sono al 14esimo posto nella lista dei meglio pagati. Gli

americani hanno anche un più alto tasso di disoccupazione. Il tasso

da “prima pagina” che i media martellano è del 9,1 per cento,

ma questo tasso non include i lavoratori scoraggiati o quelli costretti

a lavori part-time perché non ci sono lavori disponibili a tempo

pieno.

Il governo USA ha un altro tasso di

disoccupazione (U6) che include quei lavoratori che erano talmente scoraggiati

da non essersi cercati un lavoro da sei mesi o meno. Questo tasso di

disoccupazione è sopra il 16 per cento. Lo statistico John Williams

(Shadowstats.com) valuta il tasso di disoccupazione comprendendo anche

i lavoratori scoraggiati a lungo termine (da più di sei mesi). È sopra

al 22 per cento.

La maggiore enfasi è stata posta

sui lavori persi nella produzione. Comunque, Internet ad alta velocità

ha reso possibile delocalizzare molti servizi professionali, come la

realizzazione di software, l’Information Technology, la ricerca

e la progettazione. I lavori che prima erano scalini di una mobilità

verso l’alto dei laureati dei college sono stati portati oltre

oceano e per questo si è ridotto il valore di molti titoli universitari

statunitensi. Diversamente dal passato, oggi un numero sempre maggiore

di laureati sono tornati a casa a vivere con i genitori visto che c’è

un numero di lavori insufficienti per sostenere un’esistenza indipendente.

Intanto, il governo degli Stati Uniti

permette ogni anno l’ingresso di un milione di immigranti regolari,

un numero sconosciuto di immigranti illegali e un gran numero di lavoratori

stranieri con i permessi di lavoro H-1B e L-1. In altre parole, le politiche

del governo USA massimizzano il tasso di disoccupazione dei cittadini

americani.

I politici e gli economisti Repubblicani

vorrebbero dirci che le cose non stanno così e che i disoccupati

americani sono solo persone troppo pigre per lavorare e che sfruttano

il sistema di welfare. I Repubblicani affermano che tagliando

i sussidi alla disoccupazione e all’assistenza sociale si costringerebbe

“la gente pigra che vive alle spalle dei contribuenti” a tornare

a lavorare.

Per limitare gli effetti avversi sull’economia

dovuti alla perdita dei posti di lavoro e della domanda interna per

la delocalizzazione, il direttore della Federal Reserve Alan

Greenspan ha abbassato i tassi di interesse per creare un boom

dell’immobiliare. Tassi di interesse più bassi spingono in altri

i prezzi degli immobili. Le persone rifinanziano le proprie case e spendono

il capitale aggiuntivo. L’edilizia, le vendite di arredamenti ed elettrodomestici

hanno un grosso aumento. Ma diversamente dalle precedenti espansioni

che erano basate su incrementi reali di reddito, questa si fonda su

un incremento dell’indebitamento dei consumatori.

C’è un limite per quanto debito

possa incrementare in relazione agli stipendi, e quando viene raggiunte

il limite, la bolla scoppia.

Quando il debito dei consumatori non

può più aumentare, la larga componente fraudolenta dei derivati

che sono stati costruiti sui mutui e degli swaps emessi senza

riserve (come nel caso di AIG, per esempio) minacciano di insolvenza

le istituzioni finanziarie e congelano il sistema bancario. Le banche

non si fidano più una dell’altra. I contanti si accumulano. Il Segretario

del Tesoro Paulson ha tiranneggiato il Congresso per concedere enormi

prestiti pagati dai contribuenti alle istituzioni finanziarie che hanno

operato come fossero dei casinò. Il salvataggio di Paulson (TARP) era

notevole ma insignificante se raffrontato ai 16,1 trilioni di dollari

(una somma più grande del PIL degli USA o del debito nazionale) che

la Federal Reserve ha prestato alle istituzioni finanziarie negli

Stati Uniti e in Europa.

Concedendo questi prestiti, la Federal

Reserve ha violato le proprie regole. A questo punto il capitalismo

cessa di funzionare. Le istituzioni finanziarie erano “troppo grandi

per fallire” e per questo i sussidi dei contribuenti hanno preso il

posto della bancarotta e della riorganizzazione. In una parole, il sistema

finanziario degli USA fu socializzato, dato che le perdite delle istituzione

finanziarie americane sono state trasferite ai contribuenti.

Le banche europee sono state spazzate

via nella crisi finanziaria per i loro acquisti di strumenti finanziaria

“spazzatura” quotati da Wall Street. Al pattume finanziario veniva

dato un rating di investimento dalle stesse agenzie incompetenti

che di recente hanno abbassato il rating delle obbligazioni del

Tesoro degli Stati Uniti.

Gli europei hanno avuti i propri

bailout, spesso con soldi americani (i prestiti della Federal

Reserve). Intanto l’Europa stava fabbricando una crisi addizionale

per conto proprio. Unendosi nell’Unione Europea e (Regno Unito a parte)

accettando una moneta comune, i singoli stati membri hanno perso il

servizio di credito delle proprie banche centrali. Negli Stati Uniti

e nel Regno Unito le due banche centrali possono stampare moneta con

cui acquistare il proprio debito. Questo non è possibile per gli stati

membri dell’UE.

In questa crisi finanziaria dovuta

all’eccessivo indebitamento, nei paesi PIIGS (Portogallo, Irlanda,

Italia, Grecia e Spagna) le banche centrali non possono stampare euro

per poter acquistare le proprie obbligazioni, come ha fatto la Federal

Reserve con il “quantitative easing”. Solo la Banca Centrale

Europea (BCE) può creare gli euro e non ha la possibilità, a causa

degli statuti e del trattato, di stampare euro per venire in soccorso

del debito sovrano.

In Europa, come negli USA, il motivo

delle politiche economiche è subito divenuto quello di salvare

le banche private dalle perdite nei propri portafogli. È stato

stipulato un accordo con il governo socialista greco, che ha rappresentato

le banche e non il popolo greco. La BCE ha poi violato il proprio mandato

e assieme al FMI, che ha anch’esso violato il suo, ha poi prestato

abbastanza soldi per evitare al governo greco un default delle

banche private che avevano acquistato queste obbligazioni. In cambio

dei prestiti della BCE e del FMI e per poter racimolare il denaro sufficiente

a ripagarli, il governo greco ha acconsentito di vendere agli investitori

privati la lotteria nazionale, i porti della Grecia e i sistemi idrici

municipali, un numero di isole che fanno parte di una riserva nazionale

e, in aggiunta, di imporre un’austerità brutale al popolo greco abbassando

gli stipendi, tagliando i sussidi sociali e le pensioni, alzando le

tasse e licenziando o non rinnovando gli incarichi ai lavoratori del

settore pubblico.

In altre parole, la popolazione greca

deve essere sacrificata per il bene di un piccolo numero di banche straniere

tedesche, francesi e olandesi.

Il popolo greco, diversamente dal “proprio”

governo socialista, non ha pensato che fosse un buon affare. Sono a

protestare nelle strade sin da allora.

Jean-Claude Trichet, direttore della

BCE, ha detto che l’austerità imposta alla Grecia era solo il primo

passo. Se la Grecia non avesse soddisfatto gli accordi, il passo successivo

consisterebbe nel consentire all’UE di rilevare la sovranità politica

greca, di redigere il suo bilancio, decidere le sue spese per poter

stritolare a sufficienza i greci per poter ripagare la BCE e il FMI

dei prestiti concessi per pagare le banche private.

In altre parole, l’Europa sotto l’UE

e Jean-Claude Trichet è tornata a una forma estrema di feudalesimo

in cui una ristretto numero di persone agiate viene viziato a danno

di tutti gli altri.

Questa è quello che è diventata

la politica economica dell’Occidente, uno strumento dei ricchi usato

a proprio beneficio diffondendo la povertà nel resto della popolazione.

Il 21 settembre la Federal Reserve

ha annunciato un QE 3 modificato, e che avrebbe acquisto 400 miliardi

di dollari di obbligazioni a lungo termine del Tesoro nei prossimi nove

mesi in un’iniziativa per spingere i tassi di interessi di questi

titoli anche sotto il tasso di inflazione, e quindi per massimizzare

il tasso negativo di ritorno sugli acquisti dei bond a lungo

termine del Tesoro. I funzionari della Federal Reserve hanno

affermato che ciò abbasserà i tassi dei mutui di alcuni punti base

e che darà una spinta al mercato immobiliare.

I funzionari hanno detto che il QE

3, diversamente dai precedenti, non vedrà la Federal Reserve

stampare altri dollari per poter monetizzare il debito degli Stati Uniti.

Piuttosto la banca centrale incasserà denaro dagli acquisti delle obbligazioni

vendendo pacchetti di titoli a breve termine. Apparentemente, la

Federal Reserve crede di poter far questo senza alzare i tassi di

interesse a breve termine, perché già durante la recente crisi sul

tetto del debito ha promesso alle banche che avrebbe tenuto questi tassi

(praticamente pari a zero) costanti per due anni.

La nuova politica della Fed

farà più male che bene. I tassi di interesse sono già negativi. Continuare

in questa direzione non avrà alcun effetto positivo. La gente non sta

comprando case non perché i tassi di interesse sono alti, ma perché

ci sono troppe persone disoccupate o preoccupate per il loro lavoro

e non vedono una ripresa economica.

Già ora le compagnie di assicurazione

non riescono a fare soldi sui propri investimenti. Per questo non sono

in grado di costituire le proprie riserve per i rimborsi. La loro unica

alternativa è quella di alzare i premi. Il costo per una polizza di

un immobile si alzerà più di quanto non cali quello del mutuo. Il

costo di un’assicurazione sulla salute aumenterà. Lo stesso per l’assicurazione

sull’auto. La politica appena annunciata dalla Federal Reserve

imporrà più costi sull’economia di quanti ne riuscirà a ridurre.

Inoltre, oggi in America i risparmi

non guadagnano niente. Anzi, hanno una perdita costante visto che i

tassi di interesse sono più bassi dell’inflazione. La Federal

Reserve ha tassi di interesse così bassi che solo quei professionisti

che possono fare arbitraggio con modelli di algoritmi computerizzati

possono riuscire a fare soldi. Il tipico risparmiatore e investitore

non può farci niente con i CDS, con i fondi a breve termine, con le

obbligazioni municipali e governative. Solo il debito ad alto rischio,

come le obbligazioni greche e spagnole, riesce a pagare un tasso di

interesse superiore all’inflazione.

Negli ultimi quattro anni i tassi di

interesse, se misurati correttamente, sono stati negativi. Gli americani

stanno tirando avanti, mantenendo il proprio livello di vita, consumando

i propri capitali. Anche quelli che hanno più protezioni si stanno

rovinando intaccando il proprio patrimonio. Il cammino su cui è avviata

l’economia statunitense vedrà un numero sempre maggiore di americani

da sostenere, senza che ci siano le risorse per farlo. Considerando

la straordinaria incompetenza politica del Partito Democratico, la componente

di destra del Partito Repubblicano, che si sta impegnando per eliminare

i programmi di sostegno al reddito, potrà salire al potere. Se la destra

dei Repubblicani dovesse implementare il proprio programma, gli Stati

Uniti sarebbero assediati dall’instabilità politica e sociale. Come

dice Gerald Celente, “Quando la gente non ha più nulla da perdere,

ne se frega.”

**********************************************

Fonte: Saving The Rich And Losing The Economy

27.09.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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