Riflettevo in questi giorni sull’amore.
Sicuramente amare significa dare. Ma dare cosa? Non ciò che io voglio, ma ciò di cui l’altra persona ha bisogno in quel momento.
Quindi si tratta prima di tutto di capire cosa frulla nella testa di quella persona in quel momento, cosa c’è nel suo cuore altrimenti rischio di dare qualcosa che non è assolutamente di aiuto. Come se dessi da mangiare a una persona che invece ha sete o da bere ad un individuo che in realtà è affamato.
Eppure, capita spesso di non essere in grado di calarsi nella situazione e così, ad esempio, riempiamo di parole chi abbiamo di fronte quando invece quella persona ha bisogno solamente che io la stia ad ascoltare.
Per essere in grado di calarsi nella situazione ed intuire bene le necessità dell’altro/a devo però, prima di tutto, essere in armonia con me stesso/a.
Se sono centrato/a i miei occhi, le mie orecchie, il mio cuore e le mie mani funzionano bene. Se invece sono sempre di corsa, non c’è il tempo di ascoltarmi e tantomeno di ascoltare gli altri, non c’è lo spazio per entrare in relazione, cogliere ferite, bisogni, esigenze. Non c’è tempo di amare.
L’amore, infatti, deve essere concreto. L’emozione che provo deve per forza trovare il modo giusto per uscire fuori e trasformarsi in azione. Che non vuol dire necessariamente fare qualcosa di impegnativo.
A volte sì. A volte invece basta anche solo un sorriso, un abbraccio, una presa di mano, una parola opportuna. In ogni caso l’effetto sull’altra persona deve essere positivo, in qualche modo devo provocare il suo benessere o alleviare la sua sofferenza.
Ma come posso riuscirci se non sono in armonia con me stesso/a?
Quando io do, infatti, do quello che io sono in quel momento, anche il mio stato d’animo. Così se sono felice, riesco a trasmettere questa vibrazione, se sto male finisco per far star male anche gli altri.
Questo vuol dire che per far felice un’altra persona devo innanzitutto essere io felice, avere realmente la pace dentro di me, in modo da trasmettere il mio stato d’animo positivo.
Se dentro di me ho rancore, posso anche fare dei bei discorsi, ma agli altri può arrivare solo il mio rancore, meglio in quel momento stare zitti e andare a rimettersi a posto dentro.
Allora mi torna in mente la frase del Vangelo “Ama il prossimo tuo come te stesso”.
Credo, appunto, che significhi che per amare davvero dobbiamo anche guardare il rapporto che abbiamo con il nostro “dentro”, col nostro intimo. Il che significa accettare ciò che siamo, comprese anche le nostre parti oscure che vanno, però, illuminate e quindi trasformate. Ed è un lavoro che dura tutta la vita, che richiede tanta pazienza e tanto amore.
Però, se siamo in grado di fare questo verso noi stessi, lo possiamo fare anche nei confronti degli altri. E davvero vivere relazioni profonde e vere.
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VB