DI NAFEEZ MOSADDEQ AHMED
Europe’s World
Nonostante i governi arabi investano molto di più su sanità, educazione e diritti civili, Nafeez
Mosaddeq Ahmed avverte: le pressioni della mancanza d’acqua, l’esaurimento del petrolio e la crescita della popolazione mostreranno i loro effetti negativi
Nel mondo una persona su cinque non ha accesso a fonti d’acqua potabile, è innegabile quindi il fatto che siamo già di fronte ad una crisi globale dell’acqua. Tuttavia la scarsità dell’acqua non ha a che fare solamente con la sua mancanza fisica, entrano qui in gioco anche fattori quali il potere, la povertà e la diseguaglianza. Giappone e Cambogia, per esempio, hanno precipitazioni atmosferiche medie molto simili (circa 160 cm all’anno) ma, mentre il consumo del giapponese medio è di circa 400 litri al giorno in Cambogia si arriva ad appena un decimo del consumo giapponese.Gli effetti convergenti della crescita della popolazione, del cambiamento climatico e dello sfruttamento energetico renderanno la scarsità dell’acqua una questione ancor più problematica. Medio Oriente e Nord Africa sono aree particolarmente vulnerabili a questo problema, contando che rappresentano il 6.3% della popolazione globale e hanno a disposizione solamente l’1.4% dell’acqua potabile del pianeta , inoltre tre quarti dell’acqua disponibile di questa regione è nelle mani di soli quattro stati: Iran, Iraq, Siria e Turchia, per di più, 15 dei paesi con maggiore scarsità idrica nel mondo -con una media di meno di 1000 metri cubi di acqua potabile l’anno per persona- si trovano anch’essi in questa regione: Algeria, Libia, Tunisia, Giordania, Qatar, Arabia Saudita, Yemen, Oman, Emirati Arabi, Israele e Palestina, l’acqua potabile disponibile per otto di questi paesi è meno di 250 metri cubi.
Il consumo idrico in questa area è collegato prevalentemente all’industria agricola. Dal 1965 al 1997, la crescita della popolazione araba ha guidato l’aumento di domanda che ha portato allo sviluppo del settore agricolo, facendo raddoppiare gli spazi coltivabili grazie all’utilizzo di varie tecniche di irrigazione. Negli stati con un agricoltura e un industria meno sviluppate invece l’acqua è utilizzata prevalentemente per uso domestico.
La crescita demografica in tutti questi paesi porterà ad un drammatico peggioramento della situazione, nonostante la caduta dei tassi di natalità, un terzo della popolazione totale è sotto i 15 anni di età, inoltre un ampio numero di donne sono, o raggiungeranno l’età fertile. Il ministero della difesa della GB ha stimato che entro il 2030 la popolazione medio orientale sarà cresciuta del 132%, mentre quella dell’Africa sub-Sahariana del 81%, creando una vera e propria “esplosione di gioventù”.
Il rapporto sulla valutazione del settore idrico prevede che la disponibilità di acqua potabile nei paesi del golfo andrà dimezzando per via di queste “pressioni” demografiche, il rischio è quello di un aggravio del pericolo di conflitti infra-stato. La competizione per il controllo dell’acqua ha già avuto un ruolo importante nelle tensioni geopolitiche locali, per esempio, tra Turchia e Siria; Giordania, Israele e le autorità palestinesi; Egitto, Sudan ed Etiopia; Cosi come tra l’Arabia Saudita ed i suoi vicini, Qatar, Bahrein e Giordania. Il dimezzarsi delle riserve di Acqua potabile per via della crescita demografica nei prossimi 20 anni potrebbe quindi facilmente portare ad un intensificarsi di queste tensioni e trasformarle in ostilità militari aperte.
Una recente ricerca del centro di studi strategici ed internazionali di Washington suggerisce che la mancanza d’acqua potrebbe innescare inoltre un grave malcontento sociale all’interno di questi paesi, per via dell’importante funzione simbolico-culturale svolta dall’acqua, che funge da fondamento del contratto sociale nel mondo arabo. Le riserve idriche sotterrane vengono pesantemente ridotte per via del massiccio uso che se ne fa per l’irrigazione dei deserti, il che, in concomitanza con l’aumento demografico, porterebbe ad un loro completo esaurimento. Inoltre la crescita economica e la progressiva urbanizzazione di queste zone hanno creato movimenti migratori che stanno deteriorando le relazioni fra le varie popolazioni locali.
“Se l’acqua se ne va, allora l’intero patto sociale che tiene unito i governi svanisce”, cosi tuona John Alterman, direttore del area sul Medio Oriente del centro studi strategici e internazionali. Inoltre, aggiunge che ciò indebolirebbe la legittimità dello stato e porterebbe a radicalizzare “le identità politiche”, sfociando in disordine civile, fino a giungere addirittura ad un fallimento dello stato. “ E un problema fondamentale”, dice, “ per questi governi e le persone che vivono al di sotto di loro”.
Il cambiamento globale e lo sfruttamento energetico andranno ad amplificare ulteriormente questi problemi. Molti dei vari sistemi d’irrigazione sono già sotto stress ambientale per via della salinità e del grande sfruttamento delle risorse idriche sotterrane. Dal 1974 al 2004, il mondo arabo ha conosciuto un incremento delle temperature in superficie che variano da un più 0.2° a più 2° C, secondo i modelli di previsione meteorologica, entro il 2050 assisteremo ad un innalzamento delle temperature nella regione, che porteranno ad una diminuzione delle precipitazioni atmosferiche di circa il 20-35%.
Entro il 2015, il mondo arabo sarà costretto a vivere in media con meno di 550 metri cubi d’acqua all’anno, livello definito come di “estrema scarsità”. I cambiamenti negli schemi delle precipitazioni atmosferiche avranno sicuramente effetti sulle coltivazioni. Continuando con il modello del “business as usual” le temperature medie globali potrebbero salire di circa 4° entro metà secolo, questo porterebbe alla devastazione dell’agricoltura in Medio Oriente e Nord Africa, le stime parlano di un calo delle colture di cereali del 23-35% in caso di fertilizzazione al carbone debole, o 15-20% in caso di fertilizzazione al carbone forte.
Il costo dello sviluppo di un’ infrastruttura mondiale capace di rispondere all’intensificarsi della crisi idrica ammonterebbe a svariate miliardi di dollari, inoltre la creazione in se di questa rete richiederebbe un enorme quantità di energia finendo cosi solamente per mitigare l’impatto della mancanza d’acqua nei paesi più ricchi.
Anche il consumo delle riserve di idrocarburi e porterà ad un ulteriore complicarsi della faccenda,
Nell’ultimo “sguardo sull’energia globale” (del 2010) secondo l’agenzia mondiale dell’energia (IEA) nel 2006 si è raggiunto il picco di estrazione del petrolio tramite tecniche convenzionali, ed ora sta progressivamente diminuendo. Ad appoggio ti tale sentenza vi sono gli ultimi dati sulla produzione, che mostrano il graduale declino della produzione già dal 2005. Tuttavia secondo l’IEA questo deficit verrà compensato dal maggior sfruttamento dei depositi “non convenzionali”, sebbene a costi maggiori per via delle maggiori difficoltà di estrazione .
L’ottimismo dell’IEA riguardo le fonti non convenzionali potrebbe essere fuoriluogo. I sei maggiori paesi produttori di petrolio del Medio Oriente detengono ufficilmente 74 miliardi di barili di petrolio provati. Tuttavia il geologo britannico Euan Mearns dell’università di Aberdeen sottolinea che i dati pubblicati riguardo le riserve indichino come valore più probabile di quste riserve attorno ai 350 miliardi di barili.
inoltre l’ex capo consigliere scientifico del governo britannico, Sir david King, ha scoperto che le riserve di petrolio globali erano state sovrastimate di circa un terzo- il che suggerisce che ci stiamo avvicinando ad un punto di non ritorno riguardo per quanto riguarda l’estrazione petrolifera. Ulteriori studi dell’Università di Uppsala (Svezia), Reading, Newcastle e Boston e mostrano che il ritorno energetico sull’energia investita per l’estrazione da fonti non convenzionali, contando anche gli eventuali miglioramenti tecnologici, sarà troppo piccolo per limitare il picco della produzione petrolifera.
Tutto ciò si traduce non solo nella fine dell’era del petrolio a buon mercato ma anche nel fatto che entro il prossimo decennio i maggiori paesi produttori di petrolio dovranno sempre più combattere contro i costosi limiti geologici sotterraneib.
Se cosi fosse, allora entro il 2020, forse addirittura prima, ovvero entro il 2015, il contributo petrolifero medio orientale al consumo energetico globale potrebbe diventare irrilevante. Questo porterebbe ad una catastrofica conseguenza economica per gli stati arabi, in quanto la produzione petrolifera è oggi una delle loro maggiori fonti di entrate, ciò li renderebbe anche maggiormente vulnerabili agli effetti convergenti di eventi come la crescita demografica, la mancanza d’acqua e il cambiamento climatico.
Questo scenario non è però inevitabile, ma è rimasto poco tempo per cogliere l’opportunità di attuare politiche volte al cambiamento della situazione. Servono sforzi in direzione del miglioramento del managment e della distribuzione idrica, che sono state fin ora carenti, e il cui miglioramento può ridurre e rendere più efficiente il consumo d’acqua, in combinazione con una virata radicale verso la via dell’indipendenza energetica dal petrolio. Inoltre, investimenti convergenti sulla sanità, l’educazione e i diritti civili, specialmente per le donne, sono gli strumenti chiave per alleggerire la crescita demografica di questa regione, ma nonostante i governi Arabi stiano cercando di seguire questa via, difficilmente sopravviveranno oltre il primo quarto di questo secolo.
Titolo originale: “Water, Oil and Demographics: The Middle East Triple Crisis
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Fonte: http://www.europesworld.eu/
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16.02.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SOKOL MUSLIJA