DI JEAN BRICMONT
www.silviacattori.net
«Uno dei fondatori dell’International
Solidarity Movement mi ha detto che preferisce di gran lunga battersi
contro un soldato israeliano a un blocco stradale che contro i detrattori
ebraici “anti”-sionisti. Non potrei essere più
di accordo.”
Gilad Atzmon in un’intervista (*)
con Silvia Cattori
Gilad Atzmon, musicista di origine
israeliana che vive in Inghilterra, è probabilmente una delle
persone più controverse al mondo. Il suo nuovo libro, “The
Wandering Who?” [1] è una riflessione critica sull’identità
ebraica.
Questo libro si vende apparentemente
come il pane e ha ricevuto il sostegno di un elenco impressionante di
intellettuali [2], compreso John Mearsheimer, coautore con Stephen Walt
del libro “Le lobby pro-israélien et la politique
étrangère américaine” [3] e Richard Falk che è stato per due
volte rappresentante della Palestina alle Nazioni Unite.
Ma il libro e il suo autore sono attaccati,
per anti-semitismo evidentemente, da un gran numero di personalità
ebraiche, anche da quelle “pro-palestinesi”. Un ebreo israeliano,
esile volontario che è accusato di antisemitismo da ebrei pro-Palestina,
l’argomento vale la pena di essere analizzato.
È molto facile “dimostrare”
il [presunto] “antisemitismo” di Atzmon: ce lo spiega
di frequente, anche all’inizio del suo libro, che distingue tre significati
per la parola “ebraico”: le persone di origine ebraica con
cui non ha alcun problema, le persone di religione ebraica con cui non
ha alcun problema e quelli che chiama della terza categoria, ciò quelli
che, senza essere particolarmente religiosi, antepongono sempre la loro
“identità” ebraica e la fanno passare prima di ed al di sotto
la loro semplice appartenenza al genere umano. Basta allora interpretare
nel primo senso, le persone di origine ebraica, la parola “ebraico”
da Atzmon, mentre il terzo senso è utilizzato per quei discorsi il
cui stile è spesso estremamente polemico, per “dimostrare”
il suo [presunto] “antisemitismo”.
È legittimo criticare gli ebrei nel
senso della terza categoria? Innanzitutto, devo sottolineare che, per
me, le persone hanno perfettamente il diritto di “sentire”
di appartenere a un gruppo di cui sono fieri, o che pensano che apporti
qualcosa di importante alla propria concezione, che si tratti di ebrei,
bretoni, francesi, cattolici, neri, musulmani, eccetera. Dato che tutte
queste identità sono legati al caso della propria nascita, questi sentimenti
di fierezza mi sembrano completamente irrazionali, ma chi vuole costringere
gli esseri umani a essere razionali? Non ho comunque alcun interesse
per i discorsi sulle “identità” e sulle “culture”
che sono generalmente poco scientifiche, ma non voglio impedire ad altri
di interessarsene.
Il problema si pone quando queste identità
acquistano un significato politico, esattamente come quando le religioni
acquistano un tale status. Oggi viene definita la politica dell’identità;
nel passato, si chiamava nazionalismo. Quando una comunità, che si
raggruppa attorno alla propria “identità”, rivendica alcuni diritti,
o risarcimenti o privilegi, ciò deve essere consentito anche agli altri,
non permettendo che l’identità in questione possa ostacolare queste
rivendicazioni (essendo belga, sono purtroppo abituato a questo genere
di dibattito). Proprio come quando una religione cerca di imporre la
sua morale al resto della società.
Ma deve essere permesso anche alle
persone che sono cresciute con una certa identità o religione
di allontanarsi, di rivoltarsi contro e di fare una critica “dall’interno”.
Non mancano persone di origine cattolica, musulmana, francese, tedesca
che diventano iper-critiche rispetto alla propria cultura di origine;
li si considera in generale come liberi pensatori. Ma non quando
sono di origine ebraica come Atzmon.
Egli è sicuramente assillato
dall’identità ebraica e dalla sua critica; è spesso eccessivo, provocatore,
anche irritante. Ma in nome di chi un ebreo non può essere iper-critico
con la propria cultura di origine, e non può diventare eccessivo, provocatore
e irritante? Io dico, per esperienza, che Atzmon non è assolutamente
l’unico nel suo genere, ma è uno dei pochi che si muove pubblicamente.
Questa si tratta di una forma sottile
di antisemitismo il fatto di rifiutare a un ebraico il diritto di essere
in rivolta con le proprie, quando questo tipo di approccio è ammesso
e rispettato quando si parla di altre origini? Un ebreo non ha diritto
agli eccessi di linguaggio che si ammira in Sade o in Nietzsche?
Ma è probabile che quelli che
attaccano Atzmon non vogliano impedirgli di esprimersi, (alcuni ebraici
progressisti inglesi stanno cercando di farlo, senza successo), ma piuttosto
di impedire ai non ebrei di interessarsi troppo da vicino a questo “sulfureo”
personaggio, perché ciò rischierebbe di generare cattivi pensieri.
Mentre i tedeschi anti-nazionalisti
sono sempre stati accolti a braccia aperte in Francia, così come gli
ex cattolici o gli ex-musulmani sono i beniamini dei laici, per non
parlare degli ex comunisti o ex maoisti diventati adulatori dei diritti
dell’uomo, del libero scambio e delle guerre americane che sono oramai
in tutto il mondo, sarebbe imprudente, per un non ebreo, avere la stessa
attitudine verso un ex-israeliano come Atzmon.
E qui che la discussione sul “caso”
Atzmon diventa fondamentale. È proprio ragionevole o legittimo
tentare di chiudere questi dibattiti, quello sul significato e le conseguenze
dell’identità ebraica per esempio, in nome della “lotta contro l’antisemitismo”?
In Francia esistono delle leggi che
vietano di contestare l’esistenza di fatti storici legati alla Seconda
Guerra mondiale, mentre una tale interdizione non esiste per nessuno
altro avvenimento storico. Alcune persone sono state perseguite per
avere esaltato il boicottaggio di Israele, ma nel caso di altri paesi.
Gli spettacoli o gli scritti che urtano
la sensibilità degli uni o degli altri sono molteplici, ed è banale
insultare quello che è considerato sacro agli occhi dei musulmani o
dei cristiani, ma solo gli spettacoli di Dieudonné sono regolarmente
vietati.
È rischioso discutere pubblicamente
della lobby pro-israeliana. All’epoca di una pubblicazione di
Daniele Mermet dedicata alla lobby pro-israeliana, John Mearsheimer
dichiarò che Tony Judt (storico americano delle idee, specialista sulla
Francia preso di mira dalla lobby pro-israeliana degli Stati
Uniti, sebbene di origine ebraica) gli aveva detto che la Francia sarebbe
stato il paese in cui più difficilmente sarebbe stato compreso, cosa
a cui all’inizio non credeva, ma che ha poi verificato in seguito.
Il recente incendio dei locali di Charlie
Hebdo ha provocato una reazione assolutamente unanime in favore della
libertà di espressione, anche quando questo giornale ha urtato nuovamente
i sentimenti dei musulmani. Ma ci sarebbe stata la stessa unanimità
così Charlie Hebdo avesse recensito favorevolmente uno spettacolo di
Dieudonné, avesse pubblicato brani del libro di Atzmon o se avesse
suggerito una lista di gruppi e di individui che sostengono la politica
israeliana in Francia?
Mi sembra che se si è “democratici”,
come tutti pretendono di essere, la prima cosa da fare è pretendere
l’uguaglianza, almeno per principio, tra tutti gli esseri umani, in
tutti i casi che riguardano la libertà di parola. Ma per tutto ciò
che riguarda Israele e le comunità ebraiche, si fa eccezione. È quindi
impossibile combattere il comunitarismo se non si pone il mondo intero
su un piano di uguaglianza per ciò che riguarda l’espressione delle
idee.
Non bisogna stupirsi, del resto, del
clima intellettuale presente e – mentre tutte le identità, francesi,
cattolici, musulmane vengono regolarmente attaccate – un libro che critica
l’identità ebraica suscita lo stesso interesse che, nell’Inghilterra
vittoriana, poteva avere un testo sull’amore libero.
Per di più, prima di chiedere il diritto
all’autodeterminazione per i palestinesi, popolo lontano e relativamente
sconosciuto, il movimento di solidarietà con la Palestina, inclusi
i progressista ebraici che ne fanno parte, dovrebbero esigere il diritto
all’autodeterminazione per il popolo francese per ciò che riguarda
tutte le domande prima sollevate, autodeterminazione rispetto alle pressioni
continue che subisce dalle organizzazioni sionistiche.
In pratica, la società civile
francese può fare davvero poco per “liberare la Palestina”,
dato che il conflitto si fonda su rapporti di forza militare su cui
non ha alcuna voce in capitolo. Potrebbe sperare di influenzare le proprie
“élite” politiche, mediatiche ed economiche, che potrebbero col
tempo avere un certo effetto, ma non si muoverà finché sarà terrorizzata
dalle accuse di “antisemitismo” architettate dalle organizzazioni
sionistiche. Sono queste accuse che dovrebbero essere attaccate per
prime, al posto di lanciare notizie che si basano su una lettura tendenziosa
degli scritti di Atzmon.
Mi si potrà risponderà: ma cos’è
il vero antisemitismo? E le proposte di Atzmon (o le mie) non lo incoraggiano
comunque? Sebbene non abbia i mezzi per misurare obiettivamente la cosa,
sono assolutamente convinto (per semplice osservazione) che il vero
antisemitismo (inteso come ostilità generalizzata contro le persone
di origine ebraica) sta aumentando e in modo inquietante. Ma questo
esito è dovuto innanzitutto all’incredibile arroganza della politica
israeliana, a quella dei suoi appoggi in Francia, alla loro volontà
suicida di imporre al popolo francese una politica non voluta e una
censura di fatto che mette la mordacchia quando si cerca di protestare.
La “lotta contro l’antisemitismo”,
come viene condotta in questo momento – senza dubbio con le migliori
intenzioni possibili – fa solamente rafforzare l’irritazione provocata
da ogni censura e, in questo caso, anche l’antisemitismo. Lottare realmente
contro l’antisemitismo ha bisogno di far terminare la “lotta contro
l’antisemitismo” che si fonda sull’intimidazione e la censura.
Le persone che non comprendono questo dovrebbero riflettere un po’
di più sulla storia del socialismo reale o del cattolicesimo nei loro
momenti di gloria.
* Vedi:http://www.silviacattori.net/article2077.html
Note:
[1] Questo libro non è stato ancora pubblicato in francese. Leggere al riguardo l’intervista a Gilad Atzmon : http://www.silviacattori.net/article2077.html
[2] Vedere: « Gilad Atzmon répond à ses détracteurs », 25 ottobre 2011.
Fonte: A propos de Gilad Atzmon
12.11.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE
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