2011. CRISI DEL CAPITALISMO EGEMONICO. IMPOVERIMENTO,

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FAME E MAGGIORE VULNERABILITÀ
DELLE ZONE DI VITA

blankDI JULES DUFOUR
mondialisation.ca

2010. Un anno in cui l’economia mondiale
reale è stata gravemente colpita dalla crisi finanziaria. Le economie
dei paesi ricchi sono state profondamente indebolite da elevati deficit
di bilancio e pesanti debiti nazionali. Molti di essi si sono quindi
trovati in una situazione che li ha obbligati a tagliare la spesa pubblica,
mettendo in pericolo i programmi sociali. Nel febbraio 2010, un anno
dopo l’analisi prospettica del Laboratorio europeo d’anticipazione politica
(LEAP) sull’avvenire dell’economia mondiale, si è potuto costatare
che “un tale processo è effettivamente in corso: Stati sul bordo
della bancarotta, aumento inesorabile della disoccupazione, milioni
di persone escluse dalla rete di protezione sociale, riduzione dei salari,
soppressione di servizi pubblici, indebolimento del sistema di governance
globale (fallimento del vertice di Copenaghen, crescenti contrasti Cina/Usa,
ritorno del rischio di conflitto Iran/Israele/Usa, guerra monetaria
globale, ecc.)” (LEAP, 2010). Secondo lo stesso rapporto, siamo
tuttavia solo all’inizio di questa fase. L’aggravarsi della crisi sistemica
globale sarà caratterizzata da un’accelerazione e/o un inasprimento
delle cinque fondamentali tendenze negative seguenti:“- L’esplosione dei deficit pubblici
e la conseguente insolvenza del debito degli Stati;

– La collisione fatale del sistema
bancario occidentale con l’aumento delle insolvenze e il muro
dei debiti arrivati a scadenza;

– L’ineluttabile aumento dei tassi
d’interesse;

– Il moltiplicarsi delle situazioni
di tensione internazionale;

– La crescente insicurezza sociale”.

Nel Global Europe Anticipation Bulletin
N°42, il LEAP ha scelto d’analizzare il “caso greco” perché
è emblematico di ciò che ci ha riservato il 2010 e perché illustra
perfettamente l’evoluzione dell’informazione sulla crisi mondiale, e
cioè una “comunicazione di guerra” tra blocchi d’interesse
sempre più conflittuali. Si tratta, infatti, di un “must”
per riuscire a decifrare l’informazione mondiale dei mesi e degli anni
che verranno, la quale sarà un vettore crescente d’operazioni manipolative.
(LEAP, 2010)

I. Impoverimento generalizzato e
aumento della fame

Questa situazione esercita ed eserciterà
un impatto notevole sulle economie dei paesi poveri rendendoli ancora
più vulnerabili ai flussi dei prezzi delle materie prime e alle manovre
speculative del mercato mondiale. Secondo gli organismi delle Nazioni
Uniti aumenterà l’impoverimento di milioni di persone e quindi il numero
degli affamati e dei senza-tetto. Secondo la FAO, nel 2010 925 milioni
di persone sono vittime di fame cronica, di cui 15 milioni nei paesi
ricchi. Secondo la Croce Rossa, più di 827,6 milioni sono costretti
a vivere in bidonville senza le minime condizioni sanitarie. (AFP- Ginevra,
2010) Secondo la Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio
e lo Sviluppo (CNUCED) “negli ultimi quarant’anni il numero dei
paesi molto poveri è raddoppiato passando da 25 nel 1971 a 49 nel 2010,
e la stessa cosa è avvenuta per il numero delle persone al di sotto
della soglia di povertà a partire dagli anni 80′”. (AFP- Ginevra,
2010) Nel rapporto 2010 sui 49 paesi meno sviluppati del (PMS), la CNUCED
afferma che “il modello di sviluppo prevalso fino ad oggi per questi
paesi è fallito e deve essere rivisto”. (AFP- Ginevra, 2010)

II. Catastrofi d’origine naturale
e umana di grande ampiezza

A questa situazione inquietante, sia
al Nord che al Sud, si sono aggiunte una serie di catastrofi d’origine
naturale e umana di grande ampiezza. Secondo il gruppo assicurativo
Swiss RE, le catastrofi hanno inciso pesantemente sull’economia mondiale
nel 2010, per un ammontare di 222 miliardi di dollari, cioè il triplo
rispetto al 2009. (AFP-Ginevra, 2010) Queste catastrofi sono state
devastatrici per l’ambiente e per gli insediamenti umani: il terremoto
ad Haiti in gennaio ha causato la morte di 225.000 persone e danneggiato
una grande zona del territorio nazionale; il passaggio della tempesta
Cinzia in febbraio ha devastato l’Europa dell’Est; nello stesso periodo
un violento terremoto di magnitudo 8,8 ha colpito il Cile; l’esplosione
della piattaforma Deepwater Horizon nel golfo del Messico nel mese di
aprile ha causato la più grande marea nera nella storia degli Stati
Uniti; in luglio delle inondazioni senza precedenti hanno sommerso territori
immensi in Pakistan e in Cina. (AFP-Ginevra, 2010).

III. Spese militari
in continuo aumento

Mentre il grido d’allarme delle organizzazioni
internazionali denuncia senza sosta la povertà, la fame e la miseria,
i paesi ricchi consacrano somme enormi per l’acquisto d’armamenti e
per la preparazione della guerra. E’ possibile affermare che la crisi
economica non ha toccato il settore della difesa. Le spese militari,
infatti, non hanno smesso d’aumentare e le cifre mostrano che
alle voci difesa e sicurezza sono previste somme aggiuntive per il 2011
rispetto al 2010. Nel bilancio americano la voce difesa mostra degli
aumenti sostanziali. Nel bilancio nazionale americano la somma stanziata
per la difesa era di 661 miliardi di dollari nel 2009 e quella prevista
per il 2011 dovrebbe raggiungere i 749, 5 miliardi. Nel 2010, le spese
americane per le operazioni militari sono state di 719,2 miliardi di
dollari, di 125,9 miliardi per l’assistenza ai Veterani, di 9,9 miliardi
per l’aiuto militare all’estero e di 41,2 miliardi per l’aiuto economico.

(http://www.usgovernmentspending.com/defense_budget_2010_3.html)

I contratti d’acquisto di nuovi equipaggiamenti
da combattimento sono saliti alle stelle. Degli accordi d’acquisto d’aerei
da caccia sono stati firmati con le principali industrie militari e,
in particolare, con la compagnia Lockeed Martin per la costruzione dell’aereo
da caccia F-35. Secondo la banca dati del SIPRI, nel 2009 le spese militari
mondiali hanno raggiunto i 1531 miliardi di dollari, di cui più della
metà effettuate dagli Stati Uniti (figure 1, 2 e 3). Secondo i dati
di un rapporto SIPRI, ripreso da I. Gedilaghine, nel 2009 le spese militari
mondiali hanno raggiunto dei nuovi record senza subire l’effetto della
crisi, grazie soprattutto agli Stati Uniti, il cui cambio d’amministrazione
non ha comunque modificato la tendenza. Nell’anno passato, il mondo
ha stanziato 1531 miliardi di dollari (1244 miliardi d’euro) per il
settore militare, cioè un aumento del 5,9% rispetto al 2008 e del 49%
rispetto al 2000, scrive l’Istituto internazionale di ricerca per la
pace di Stoccolma (SIPRI). E’ possibile costatare che nulla viene trascurato
per l’organizzazione della guerra, la sicurezza e la sorveglianza delle
riserve di risorse strategiche e delle infrastrutture produttive: da
ciò dipende la prosperità dei potenti del pianeta.


[Spese militari mondiali 1988-2009. Fonte]

blank
[Spese militari degli USA e del resto del mondo. Fonte]


[Spese militari nel 2009. Fonte]

IV. La visione del
Laboratorio Europeo d’Anticipazione Politica. Europa 2020 LEAP 2011

Secondo il LEAP ci si sta muovendo
verso una rottura del sistema economico e finanziario mondiale.

Qui di seguito riproduciamo per intero
l’analisi del LEAP per il 2011. L’analisi rivela che nel corso dei prossimi
mesi assisteremo a un progressivo deterioramento dell’economia
americana con effetti devastanti inizialmente per più di 60 milioni
d’americani e poi per tutti gli strati della società occidentale.

“Come anticipato dal LEAP/E2020
nel febbraio scorso nel GEAB n. 42, il secondo semestre 2010 è caratterizzato
da un peggioramento brutale della crisi, accompagnato dalla fine dell’illusione
d’una ripresa in cui credevano i dirigenti occidentali, i quali hanno
ormai costatato le migliaia di miliardi inghiottiti dalle banche e i
piani di “stimolo” economico senza efficacia.

I prossimi mesi sveleranno una realtà
semplice, ma particolarmente dolorosa: l’economia occidentale, e quella
americana in particolare, non è mai realmente uscita dalla recessione.
I sobbalzi statistici registrati dall’estate 2009 sono stati solo una
conseguenza passeggera della massiccia iniezione di liquidità in un
sistema che è diventato fondamentalmente insolvibile agli occhi del
consumatore americano.

Al centro della crisi sistemica globale
fin dall’inizio, gli Stati Uniti dimostreranno nei prossimi mesi di
trascinare nuovamente l’economia e la finanza mondiale nel “cuore
delle tenebre”, poiché non riescono a uscire da questa “grande
depressione USA”.

Considerando i tassi di crescita ridivenuti
negativi e in previsione dei sobbalzi politici delle elezioni americane
del novembre prossimo, il mondo dovrà affrontare “la grande rottura”
del sistema economico e finanziario mondiale, il quale dagli anni 60′
è fondato sulla necessità che l’economia americana non si trovi mai
in una recessione prolungata.

Ebbene, la prima metà del 2011
imporrà all’economia americana una cura d’austerità senza precedenti
che provocherà nel pianeta un nuovo caos finanziario, monetario, economico
e sociale.

I trimestri a venire saranno particolarmente
pericolosi per il sistema economico e finanziario mondiale.

Nella recente riunione delle banche
centrali mondiali a Jackson Hole nel Wyoming, il Direttore della Fed,
Ben Bernanke, in modo assai diplomatico, ha fatto comunque passare un
messaggio chiaro: nonostante la politica di rilancio dell’economia americana
sia fallita, il resto del mondo deve continuare a finanziare il suo
deficit, sperando che questo serva per evitare il collasso del sistema
globale, oppure gli Stati Uniti monetizzeranno il loro debito trasformando
in carta straccia l’insieme dei Dollari e dei Buoni del Tesoro americani
sparsi nelle banche del mondo intero.

Come ogni potenza in crisi, gli Stati
Uniti sono ormai costretti a usare le minacce, oltre che la pressione,
per ottenere ciò che vogliono. Fino all’anno scorso, i dirigenti e
i responsabili finanziari del mondo erano ben disposti a sostenere l’economia
americana. Oggi le cose sono cambiate perché la rassicurazione di Washington
si è dimostrata un’arroganza, fondata sulla pretesa d’aver capito la
natura della crisi e di avere gli strumenti per dominarla. Al contrario,
la crescita americana evapora trimestre dopo trimestre e tornerà negativa
dalla fine del 2010; la disoccupazione non smette d’aumentare: nonostante
la stabilità delle cifre ufficiali, in sei mesi più di due milioni
d’americani sono usciti dal mercato del lavoro; il mercato immobiliare
continua a mantenersi ad un livello molto basso e ricomincerà a scendere
l’ultimo trimestre del 2010; partendo da queste condizioni, com’è facile
immaginare, il consumatore USA resta e resterà un debitore inadempiente
poiché la sua insolvibilità è aggravata da ogni americano su cinque
che si trova senza lavoro.

Dietro queste considerazioni statistiche
si nascondono due realtà che trasformeranno radicalmente il paesaggio
politico, economico e sociale americano e mondiale nei prossimi mesi,
quando emergeranno nella coscienza collettiva.

La collera popolare paralizzerà
Washington da novembre 2010.

C’è un disagio popolare molto
grave, quello di decine di milioni d’americani (più di sessanta milioni
dipendono ormai da buoni alimentari) che non hanno più lavoro, più
casa, più risparmi e che si chiedono come potranno sopravvivere negli
anni a venire.”
(Crise
systémique globale
)

Conclusioni

La popolazione mondiale raggiungerà,
nel 2011, i sette miliardi d’abitanti. Poiché l’essenziale degli
effettivi (più d’ottanta milioni di persone) si aggiunge ogni anno
nei paesi in via di sviluppo, è lecito pensare che il tasso di vulnerabilità
di quelle regioni continuerà a crescere causando più vittime e danni
più importanti agli insediamenti umani. Secondo Hervé Domenach, Demografo,
Direttore di Ricerca all’Istituto di Ricerca per lo Sviluppo,
“circa il 95% dell’accrescimento demografico attuale del mondo
riguarda i paesi non occidentali, e la proporzione dei loro effettivi
nella popolazione mondiale, che era del 68% nel 1950, raggiungerebbe
l’87% nel 2050. Se queste previsioni dovessero realizzarsi, assisteremmo
a una formidabile redistribuzione della popolazione mondiale” (http://www.x-environnement.org/index.php?option=com_content&view=article&id=51%3Asept-2007&catid=36%3Ajaune-rouge&Itemid=41&limitstart=3)

Questa situazione attirerà sempre
più le forze del governo mondiale verso i paesi emergenti e i paesi
dotati di risorse strategiche importanti. Il panorama geopolitico mondiale
è destinato a cambiare e lo scenario che ci sembra prevedibile per
il 2011, è quello segnato da un aumento delle tensioni fra stati, poiché
più le economie occidentali scivoleranno nel baratro dei deficit di
bilancio, più gli altri fattori di destabilizzazione agiranno sulla
governance
mondiale. La dottrina dell’intervento armato preventivo,
promosso dagli Stati Uniti con la guerra mondiale contro il terrore,
potrebbe essere applicata da potenze regionali, ma le prerogative delle
grandi potenze trionferanno ancora a lungo, attizzando i luoghi caldi
come la Corea del Nord, il Medio Oriente o il consenso creato dalla
resistenza dei membri dell’ALBA.

Tra i fattori decisivi ci saranno la
volontà di potenza della Russia e le strategie di conquista della Cina
per le nuove fonti di materie prime e per i mercati finanziari ed economici
emergenti.

E’ innegabile che le guerre d’invasione
dell’Iraq e dell’Afghanistan siano giunte alla fine, essendo divenute
ormai sempre più ingiustificabili dall’imperialismo. In Afghanistan,
l’esercito nazionale rifondato e meglio equipaggiato per i combattimenti
sostituirà le forze della coalizione. Si costituirà quindi un modus
operandi “normale” con il sostegno militare ed economico delle
potenze occidentali. L’Afghanistan si trasformerà in un grande alleato
continentale per gli Stati Uniti e la Nato, assumendo un ruolo simile
a quello giocato da Israele in Medio Oriente e dalla Colombia in America
Latina.

All’orizzonte, è tuttavia possibile
intravedere un lento ma inesorabile tramonto dell’Occidente, il quale
sarà logicamente determinato dal progressivo indebolimento del suo
peso demografico su scala mondiale. Per riuscire a mobilitare l’economia
mondiale dietro i loro interessi egemonici, le grandi potenze dovranno
creare situazioni in la posta in gioco è altissima. L’esplosione d’una
guerra nucleare contro l?Iran e la Corea del Nord? Un altro 11 settembre?
Un’invasione armata del Venezuela? Gli strateghi del Pentagono e della
Casa Bianca non escluderanno nessuna opzione per salvaguardare gli interessi
della prima potenza mondiale.

Jules Dufour,
Ph.D., è presidente de l’Association canadienne pour les Nations Unies
(ACNU) /Section Saguenay-Lac-Saint-Jean, professore emerito all’Università
del Québec a Chicoutimi, membro del circolo universale degli Ambasciatori
della Pace, membro cavaliere de l’Ordre national
del Québec.
E’ ricercatore associato al CRM (Centre de recherche sur la Mondialisation).

Titolo originale: “2011. Crise du capitalisme hégémonique.
Appauvrissement, faim et plus grande vulnérabilité des zones de vie”

Fonte: http://www.mondialisation.ca/
Link
28.12.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARIO SEI

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Le 5 mai 2009. En ligne: http://www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=13162

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Politique/Europe2020 (Leap/E2020): http://fr.wikipedia.org/wiki/Leap/Europe2020

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En ligne: http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_countries_by_military_expenditures

US Defense Budget: http://www.usgovernmentspending.com/defense_budget_2010_3.html

Worldometers – statistiques mondiales
en temps réel: http://www.worldometers.info/fr/

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