E LA SPERANZA DELLA POLITICA IN INTERNET (PARTE II)
DEL PROF. PETER DALE SCOTT
Global Research
Le
azioni dello Stato nello Stato come intrighi all’interno del
consenso per il dominio globale.
Molti
critici di sinistra della politica estera americana tendono a
sottolineare la sua sostanziale coerenza nel tempo, a partire dagli
Studi
su Guerra e Pace per la pianificazione del dopoguerra
del Council
on Foreign Relations (CFR),
negli anni 40, attraverso i piani del Segretario della Difesa Charles
Wilson, degli anni 50, a favore di una “economia di guerra
permanente”, fino alla dichiarazione di Clinton alle Nazioni Unite
del 1993 secondo cui gli Usa avrebbero agito “multilateralmente
quando possibile, ma unilateralmente quando necessario”59.
Questa
visione delle politiche americane ha persuaso alcuni, soprattutto
Alexander Cockburn, a lamentarsi per l’abbandono di una coerente
analisi marxista da parte della “essenziale idiozia” e
“stupidità” del “cospirazionismo sull’11/9”60.
Ma è possibile riconoscere sia delle costanti nella politica
americana come pure delle importanti, nascoste e ricorrenti divisioni
interne, che hanno originato le azioni dello Stato nello Stato
americano. Queste azioni hanno sempre implicato delle frizioni tra
Wall
Street
ed il Council
on Foreign Relations
da un lato, ed i centri economici del Midwest e del Texas dominati
dal petrolio e dall’esercito dall’altro.
All’epoca
in cui il generale MacArthur, forte del sostegno da parte del Midwest
e del Texas, minacciava di sfidare Truman ed il Dipartimento di
Stato, la spaccatura sembrava dover essere quella tra chi voleva
tradizionalmente concentrarsi sull’Europa (nel nordest) ed invece
la “lobby cinese” dei nuovi ricchi. Alle elezioni del 1952, il
dibattito sulla politica estera si divideva tra il “contenimento”
dei democratici ed il “ritiro” dei repubblicani. Bruce Cumings,
sulla stessa linea di Franz Schurmann, in seguito scrisse della
divergenza, persino all’interno della Cia, tra “l’internazionalismo
di Wall Street” da un lato e “l’espansionismo in stile cowboy”
dall’altro61.
In
molti hanno seguito Michael Klare, persino all’interno del Council
on Foreign Relations,
nel definire un tale conflitto come un conflitto tra “mercanti”
e “guerrieri prussiani”62.
Fino alla salita alla ribalta dei cosiddetti “Vulcani” –
soprattutto Donald Rumsfeld, Dick Cheney e Paul Wolfowitz, sostenuti
dal Project
for the New American Century
(PNAC) – la battaglia è stata di frequente descritta come una
battaglia tra i multilateralisti a favore dello statu
quo
e gli unilateralisti in cerca di una indiscussa egemonia americana63.
Alla
base di tutte le azioni dello Stato nello Stato che sono state
menzionate, ed altre come l’incidente dell’U2, si può vedere
questa contesa tra l’approccio commerciale (multilateralista) e
quello bellico (unilateralista) al mantenimento della dominazione
globale Usa. Per decenni la fazione guerriera è stata chiaramente in
minoranza; ma è stata anche una minoranza attiva e ben finanziata,
in netto contrasto con la relativamente passiva e disorganizzata
maggioranza commerciale. Di conseguenza la scelta della guerra,
grazie ad ampi finanziamenti da parte del complesso militare
industriale e anche grazie ad una serie di azioni dello Stato nello
Stato, è stata in grado di prevalere più volte.
Gli
anni 70 possono essere considerati il punto di svolta, quando una
fazione minoritaria del CFR, guidata da Paul Nitze, si è unita a
dirigenti delle aziende del complesso militare industriale come David
Packard e futuri neoconservatori filo-sionisti come Richard Perle per
creare una successione di coalizioni politiche militanti, come per
esempio il Comitato sul Pericolo Presidenziale (CPD). Cheney e
Rumsfield, che allora facevano parte dello staff del presidente Ford,
hanno partecipato a questa offensiva contro la politica estera
multilaterale di Henry Kissinger64.
Alla fine degli anni 90 Cheney e Rumsfeld, mentre in segreto
definivano le clausole dei COG resi operativi l’11/9, partecipavano
apertamente anche all’organizzazione che è succeduta al CPD, il
Progetto
per il Nuovo Secolo Americano
(PNAC).
Dal
suo ufficio che teneva i contatti tra la Cia e l’Aeronautica
Militare americana, il colonnello L. Fletcher Prouty è arrivato alla
conclusione che ci fosse una sola Squadra Segreta, all’interno
della Cia ma non limitata ad essa, responsabile non solo degli
incidenti del Golfo del Tonchino (sincronizzati allo scopo di far
partire contro il Vietnam del nord delle azioni militari già
pianificate) ma anche altre azioni dello Stato nello Stato, come
l’incidente dell’U2 del 196065
(che, secondo Prouty, è stato pianificato per vanificare la
conferenza in programma tra Eisenhower e Krusciov) e persino
l’omicidio del presidente Kennedy (dopo il quale la Squadra Segreta
“si mosse per
acquisire l’intera direzione della guerra e dominare l’attività
degli Stati Uniti d’America”66).
Con
un linguaggio applicabile sia alla Corea del 1950 e al Golfo del
Tonchino del 1964, Prouty ha sostenuto che le azioni della Cia
abbiano seguito uno schema che “nel sudest asiatico è andato
completamente fuori controllo”:
L’operatore
clandestino […] prepara la scena lanciando degli attacchi
provocatori, molto piccoli e assolutamente segreti, di un genere che
porta inevitabilmente ad un’aperta rappresaglia. Questi attacchi
segreti, che possono essere stati attuati da elementi terzi o da
mercenari senza patria i cui materiali sono stati forniti in segreto
dalla Cia, indubbiamente provocheranno una reazione che a sua volta
sarà visibile negli Stati Uniti. […] Non è un gioco nuovo [ma] è
stato elevato ad un alto livello di perfezione grazie a Walt Rostow e
McGeorge Bundy contro il Vietnam del nord per aprire la strada agli
attacchi del Golfo del Tonchino.67
Menzioniamo
la tesi di Prouty in questa sede per riportare il mio parziale
dissenso verso di essa. Nella mia visione il suo concetto di
“squadra” individua quella che io chiamo mentalità da dominio
globale in un gruppo troppo precisamente ristretto i cui membri non
solo hanno la stessa mentalità ma sono anche legati da un rapporto
cospirativo di lungo periodo. Dimostra quel tipo di mentalità
cospirazionista una volta criticata da G. William Domhoff:
Tutti
noi abbiamo una incredibile tendenza ad incastrarci nel credere che
esista una certa causa segreta per tutto il male visibile nel mondo
[…] [Le teorie della cospirazione] incoraggiano la credenza che se
ci liberiamo di poche persone cattive, tutto al mondo andrà bene.68
La
mia personale posizione è ancora la stessa che ho esposto anni fa in
risposta a Domhoff:
Ho
sempre ritenuto, e affermato, che una vera comprensione dell’omicidio
Kennedy non ci porterà a ‘pochi persone cattive’, ma ad un
sistema istituzionale e parapolitico che costituisce il modo in cui
siamo sistematicamente governati.69
Citando
quello che ho scritto, Michael Parenti ha aggiunto: “insomma, le
cospirazioni delle agenzie di sicurezza nazionale [quello
che io chiamo azioni dello Stato nello Stato]
sono componenti della nostra struttura politica, non sue
deviazioni.”70
Il
risultato delle azioni dello Stato nello Stato che ho finora
ricordato sono state prevalentemente una serie di vittorie della
fazione dei guerrieri71.
Ma ci sono state altre azioni strutturali dello Stato nello Stato,
soprattutto lo scandalo Watergate nel 1972-74 e lo scandalo
Iran-Contra nel 1986-87, che possono essere interpretate, se non come
vittorie della fazione dei commercianti, almeno come temporanei
contrattempi dei guerrieri. In The
Road to 9/11
ho cercato di mostrare come Cheney e Rumsfeld, mentre lavoravano per
Ford, si risentirono fortemente per i contrattempi rappresentati
dalle riforme del post-Watergate ed immediatamente hanno messo in
atto una serie di mosse per invertirle. Nel libro affermo che l’apice
di queste mosse è stata l’imposizione dopo l’11/9 delle
condizioni per i COG a lungo pianificate in precedenza, formulate
sotto la loro supervisione dall’inizio degli anni 80.
Dalla
Seconda Guerra Mondiale in poi la posizione dei guerrieri,
inizialmente propria di una minoranza marginale ma pronta alla
cospirazione, si è spostata, a partire dalla presidenza Reagan e
Bush, verso una posizione sempre più centrale. Questo è ben
simbolizzato dall’aumentare, dal 1981, dell’influenza del
Consiglio
per la Politica Nazionale,
originariamente fondato dal milionario texano Nelson Bunker Hunt ed
esplicitamente progettato per controbilanciare l’influenza del
Council
on Foreign Relations72.
Se si confrontano gli anni 50 con il decennio attuale, colpisce
quanto lo status
del Dipartimento di Stato si sia ridotto rispetto a quello del
Pentagono. Con l’accelerata militarizzazione dell’economia Usa,
la domanda che sorge è se una politica estera dedita al commercio
possa prevalere ancora.
A
partire dall’11 settembre, specialmente con l’istituzione delle
procedure sconosciute dei COG, alcuni hanno parlato della generale
sovversione della democrazia da parte di una nuova presidenza
imperiale alla Casa Bianca occupata da Bush73.
11/9, la
minaccia ai diritti costituzionali e il Congresso
Uno
scettico potrebbe far osservare che un Congresso c’è ancora, con i
poteri costituzionali di esaminare e limitare quello che l’esecutivo
fa. Ed è vero che un comitato parlamentare congiunto, nel 2002, ha
indagato le attività della Cia e dell’Fbi prima e dopo l’11/974.
In ogni caso i poteri del Congresso sono stati indeboliti. Una
sezione fondamentale di questo rapporto, occupandosi esattamente
delle relazioni tra la Cia ed il governo saudita e il presunto
dirottatore al-Mihdar, è stata secretata
e trattenuta dall’amministrazione. Quando alcune di queste
informazioni esplosive sono arrivate a Newsweek,
i membri e lo staff del comitato (anziché il governo saudita) sono
stati messi al centro di un’indagine da parte dell’Fbi per la
violazione del segreto75.
Il presidente, senatore Bob Graham,
ha
ritenuto che l’indagine per violazione del segreto sia stato un
evidente tentativo, da parte dell’amministrazione, di intimidire il
Congresso. E se quello era l’intento, ha funzionato. I membri del
comitato congiunto ed il loro staff sono stati impauriti fino al
silenzio riguardo all’indagine76.
Sembrerebbe
che l’elezione di una maggioranza democratica in entrambe le camere
del Congresso abbia fatto poco per cambiare questo stato di cose. La
sorveglianza elettronica senza mandato (che il presidente ha indicato
come una delle clausole dei COG77)
è stata approvata dalla 110ma legislatura nel Protect
America Act
del 2007, una legge che limita la supervisione di una corte FISA
a discrezione del presidente. La stessa 110ma legislatura ha mancato
di abolire il Military
Commissions Act
del 2006, il quale (come ha scritto Robert Parry nel Baltimore
Chronicle)
“ha in pratica eliminato l’Habeas
Corpus
per i non-cittadini, compresi gli stranieri legalmente residenti.”78
In
modo altrettanto preoccupante, il Congresso ha mostrato scarso
desiderio, se non nessuno, di impugnare, o persino criticare, le
supposizioni predominanti sulla guerra al terrore. Siamo ancora
ufficialmente nello stato di emergenza nazionale che è stato
proclamato la prima volta dal presidente Bush il 14 settembre 200179.
Come ha scritto il Washington
Times
il 18 settembre 2001, “venerdì, semplicemente proclamando
l’emergenza nazionale, il presidente Bush ha attivato qualcosa come
500 clausole legali inattive, comprese quelle che gli permettono di
imporre la censura e la legge marziale.” Il Washington
Times
si stava riferendo alla proclama presidenziale 7463 del 14 settembre
2001 chiamato “Dichiarazione di emergenza nazionale a causa di
certi atti terroristici.” Lo stato di emergenza che è stato
proclamato di conseguenza il 23 settembre 2001 con l’Ordine
Esecutivo 13224, è stato formalmente esteso ancora una volta dal
presidente il 20 settembre 200780.
COG,
NSPD-51 e l’attacco ai poteri di controllo del Congresso.
Le
implicazioni costituzionali di questo stato di emergenza sono state
aggravate dalla “Direttiva sulla Sicurezza Nazionale e sulla
Sicurezza della Patria “ (NSPD-51) del presidente, del 9 maggio
2007, che ha decretato (senza nemmeno un comunicato) che
quando
il presidente determina che è avvenuta una emergenza catastrofica,
il presidente può assumere tutte le funzioni di governo e dirigere
tutte le attività del settore privato per assicurare che usciremo
dall’emergenza con un “duraturo governo costituzionale”.86
La
Direttiva, senza dirlo esplicitamente, sembra annullare le clausole
legali di regolamentazione congressuale varate con il National
Emergencies Act
del 1977, a seguito dello scandalo Watergate87.
Tra
i maggiori quotidiani, solo il Washington
Post
ha dato notizia dello NSPD-51, facendo notare che la “direttiva
formalizza uno spostamento di autorità dal Dipartimento per la
Sicurezza della Patria alla Casa Bianca.”88
Ha aggiunto che
dopo gli
attacchi del 2001, Bush ha assegnato circa 100 dirigenti civili per
ruotare in segreto in ubicazioni fuori Washington per settimane o
mesi per assicurare la sopravvivenza della nazione, un governo ombra
che si è sviluppato basandosi su “piani di continuità operativa”
di lunga durata.
In
ogni caso il Washington
Post
ha mancato di far notare che questi piani di continuità operativa
(COG), i quali – secondo il resoconto – comprendono la
sospensione della costituzione e forse anche del Congresso, erano
segreti… il frutto di una pianificazione segreta di Cheney e
Rumsfeld durata decenni, persino durante i periodi di tempo in cui
nessuno dei due aveva posizioni di governo89.
Dopo
le insistenze degli elettori, compresi molti membri del movimento per
la verità sull’11 settembre, il parlamentare Peter DeFazio ha
fatto un tentativo di vedere i piani di continuità di governo (COG)
nelle Appendici secretate dello NSPD-51. Sia a lui, sia in seguito
all’intero Comitato Parlamentare per la Sicurezza Interna, è stata
negata l’opportunità di vedere queste appendici, con la
motivazione che il Comitato non aveva le necessarie autorizzazioni.
Questo avrebbe dovuto essere il punto di non ritorno per il
Congresso, il momento per affermare i suoi diritti e i suoi doveri
costituzionali. Come ho riportato altrove,
questa
storia, ignorata dai media ufficiali, implicava qualcosa in più
della solita confusione tra il potere legislativo e quello esecutivo
in America. Era in ballo la contesa tra i poteri costituzionali di
supervisione del Congresso e una serie di piani di gestione che
potevano essere usati per sospendere o modificare la costituzione.90
Ma
sembra che il Congresso in carica non farà niente per sostenere gli
sforzi del deputato DeFazio per una supervisione congressuale degli
COG.
Il
Congresso e il perdurante insabbiamento dell’11/9
Inoltre,
la 110ma legislatura non ha intrapreso alcuna azione per assicurarsi
che tutte le agenzie governative collaborino con gli Archivi
Nazionali, in accordo con l’impegno della Commissione 11/9 di
rilasciare i propri atti al pubblico nel 200991.
C’è assoluto bisogno di una legge che lo assicuri.
L’Fbi
ha desecretato dei documenti secondo questi impegni, e recentemente
la Cia ha iniziato anch’essa a cooperare92.
Ma alcune agenzie federali, soprattutto la FAA93
ed il Pentagono, non stanno seguendo l’impegno preso dalla
Commissione 11/9, nonostante i suoi poteri legali, finché non venga
loro richiesto in caso di citazione a testimoniare da parte di un
tribunale94.
Ma la legge che ha istituito la Commissione 11/9 nel 2002 non ha
fornito nessuna determinazione legale per il futuro dei suoi atti95.
Questo
è motivo di preoccupazione, perché l’11 settembre ha chiaramente
dato il via ad un importante riassestamento dei nostri tradizionali
sistemi di controllo dei poteri e dei diritti civili. Io faccio
presente che una difesa vigorosa delle tradizioni costituzionali del
nostro paese necessita di una vigorosa pressione per il rilascio
degli atti della Commissione 11/9, cosicché si possano iniziare a
risolvere i misteri su come questa crisi costituzionale sia sorta.
In
breve, viviamo in un continuo stato di emergenza i cui limiti sono
sconosciuti, in ragione di una controversa azione dello Stato nello
Stato – l’11 settembre – che rimane un grande mistero. Senza
voler sostenere l’idea che sia stato un colpo di stato, asserisco
in maniera categorica che una mentalità di egemonia radicale,
presente innanzitutto nell’ufficio del vicepresidente Cheney, sta
attualmente usando l’11/9, la guerra al terrore e le regole segrete
dei COG per affermare limitazioni di carattere assolutista sul
sistema di pesi e contrappesi della costituzione americana, senza
alcuna critica da parte di Congresso e media compiacenti.
11/9,
il popolo e la politica in internet
Questo
spinge a chiedersi se il popolo, in procinto di votare per le
elezioni del 2008, possa esercitare quei freni che il Congresso e i
media non sono riusciti a fornire. La risposta che propongo risiede
in quella che chiamerei la politica in internet, la mobilizzazione di
una pressione di carattere nazionale sui candidati alle prossime
elezioni attraverso la coordinazione via internet.
C’è,
io credo, una maggioranza silenziosa di americani che potrebbe
accordarsi per chiedere a tutti i candidati di:
-
correggere
e rivedere il Military
Commissions Actdel 2006, al fine di ripristinare inequivocabilmente l’Habeas
Corpus, secondo le
limitazioni della costituzione americana, Articolo Uno, Comma 9; -
mettere
inequivocabilmente fuori legge la tortura; -
correggere
e rivedere le clausole di sorveglianza elettronica senza mandato
presenti nel Protect
America Act del
2007; -
votare
l’American
Freedom Agenda Act(H.R. 3835) del 2007, che tratta queste ed altre questioni. Questo
progetto di legge è stato presentato dal senatore repubblicano Ron
Paul il 15 ottobre 2007 ed è sostenuto sia dal Republican
American Freedom Agenda,
che dal Democratic
American Freedom Campaign96.
Chi
è nel movimento per la verità sull’11 settembre potrebbe chiedere
ai candidati di prendere due ulteriori iniziative:
-
insistere
sul diritto del Comitato Parlamentare sulla Sicurezza Nazionale di
visionare le appendici dei COG alla Direttiva Presidenziale sulla
Sicurezza Nazionale (NSPD -51); -
sostenere
una legge che obblighi le agenzie governative a collaborare con gli
Archivi Nazionali, secondo le direttive della Commissione 11/9 di
rilasciare al pubblico gli atti dei lavori nel 200997.
Ma
il pensiero sociale è modulato socialmente. Perché per essere
efficace deve essere mobilizzato e divenire qualcosa di più che un
coro di blogger che gracidano sulle foglie di ninfea nelle acque del
blogostagno. Chiaramente questo necessiterebbe di un difficile sforzo
congiunto per creare o convincere un movimento, per esempio MoveOn,
ad impegnarsi su tutte queste questioni.
E’
possibile che qualche organizzazione si persuada ad accettare questa
sfida e muova il primo passo verso la mobilitazione di una tale
forza?
Peter
Dale Scott, ex diplomatico canadese e professore di inglese
all’Università della California, è poeta, scrittore e
ricercatore. E’ autore del libro di prossima pubblicazione (rivisto
ed ampliato) The War Conspiracy:
JFK, 9/11, and the Deep Politics of War, previsto per
l’agosto 2008. Può essere preordinato alla Mary Farrell Foundation
Press all’indirizzo
http://www.maryferrell.org/wiki/index.php/MFF_Store.
Il
sito web di Scott è http://www.peterdalescott.net.
Peter
Dale Scott contribuisce assiduamente a Global Research.
NOTE