A Viterbo, una parrucchiera trentunenne, colpita da una grave reazione allergica dopo la prima dose del vaccino, chiede un’esenzione temporanea dalla seconda per poter continuare a lavorare ma le viene negata. Per non restare senza stipendio, sarà ora costretta a farsi inoculare il richiamo del vaccino Pfizer in una struttura protetta, l’ospedale di Belcolle, alla presenza di un anestesista e di un allergologo. E con la paura di rivivere l’esperienza traumatica di venti giorni fa, della quale sta ancora portando i segni: grosse vesciche rosse su tutto il corpo, oltre a un dolore forte al petto.
E’ il 3 ottobre quando la 31enne, insieme al fidanzato, si presenta alle 9 di mattina nella Sala Mice del Centro Marcantoni di Civita Castellana per ricevere la prima dose Pfizer. Ha già avuto in passato reazioni allergiche a farmaci antinfiammatori e lo ha scritto nel foglio da consegnare al medico prima della somministrazione. Venti minuti dopo l’iniezione inizia ad avere prurito: su viso, braccia e gambe appaiono chiazze rosse che col passare delle ore vanno ingrandendosi. Accusa inoltre un dolore al petto. A mezzogiorno torna alla Sala Mice: i sanitari la mandano al pronto soccorso dell’Andosilla, dove le vengono prescritti degli antistaminici. Nei giorni successivi si reca normalmente al lavoro ma è dolorante: le macchie non sono sparite e nemmeno le fitte al petto. Arriviamo a domenica scorsa, data in cui è previsto il richiamo per lei e per il fidanzato. Il ragazzo spiega la situazione alla dottoressa in servizio che non è il caso di fare la seconda dose. Servirebbe invece un’esenzione, una sorta di green pass temporaneo per permetterle di andare al lavoro in attesa che le macchia e il malessere spariscano. La risposta è un no. Non è possibile. L’unica soluzione è fare la seconda dose in una struttura protetta: “Ho chiesto alla dottoressa di mettermi nero su bianco che la mia fidanzata era nelle condizioni di poter fare il richiamo ma lei non ha voluto prendersi la responsabilità. Ne è nata un’accesa discussione, ho minacciato anche di chiamare i carabinieri”.
Morale della favola: la 31enne è in attesa di una chiamata da Belcolle, con tutta l’ansia del caso. “Non ha potuto mettersi nemmeno in malattia perché l’Inps non paga i giorni per questo tipo di reazioni. Se non vuole essere licenziata deve fare per forza la seconda dose, correndo i rischi di una nuova reazione”.
Sulla vicenda interviene il segretario del Nursing Up, Mario Perazzoni: “E’ assurdo che un lavoratore dipendente che si è sentito male a causa del vaccino non abbia diritto a un green pass per un certo periodo di tempo. Tra l’altro le reazioni allergiche sono state refertate in questo caso dal pronto soccorso di Civita Castellana. Obbligare questa ragazza alla seconda dose è un vero e proprio sopruso”.