Visitare gli ammalati

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Prevenire le malattie con una vita sana e curarle il più possibile a casa o in piccoli ospedali pieni di solidarietà e non troppo lontani dagli affetti.
E’
il sogno – che condivido in pieno – di Giannozzo Pucci, ecologista, saggista, giornalista e Direttore della Libreria Editrice Fiorentina.

Non rassegniamoci di fronte a un futuro che oggi appare tetro. Anzi, con la coscienza sveglia e nella gioia nonostante tutto, impegniamoci a vivere bene per cambiare la società, “piccolo passo dopo piccolo passo”, facendo in modo di diventare “un’anima sola”, uniti con chi ha un identico sentire al nostro.
Si può non essere d’accordo su mille cose ma, ad un certo punto, se vogliamo sopravvivere, dobbiamo trovare qualcosa che ci lega, che ci faccia sentire “uno per tutti e tutti per uno” .

E’ difficile, ancor di più nelle macerie in cui ci ritroviamo ora ma, se non ci mettiamo con impegno su questa strada, il cambiamento non avverrà mai. Bisogna allora partire dalle piccole scelte condivise di ogni giorno per arrivare poi alle grandi iniziative.
I centri di potere si cambiano, infatti, gradualmente attraverso i  consumi, l’obiezione di coscienza, le attività quotidiane e, soprattutto «formando comunità di mutuo aiuto: familiari, vicinali, di lavoro ecc.», fino a raggiungere una massa critica tale che il mutamento arriverà a coinvolgere la politica ufficiale e le istituzioni.

La distruzione dell’uomo e della natura è già in stato avanzato, è vero.
Ma  è ancora possibile sognare e provare a realizzare un altro mondo.
A cominciare da una diversa visione della cura degli ammalati.

* * *

 

di Giannozzo Pucci

Nessun orientamento nell’arte del guarire può avere l’assoluta esclusiva nella cura della salute: esempi positivi di terapie integrate in campo oncologico che, accanto alle metodiche classiche, sostengono l’organismo già stressato dalla malattia e dalle terapie, spesso molto pesanti, con interventi di fitoterapia, omeopatia, agopuntura e altre della medicina tradizionale cinese, in nome della sinergia, si sono rivelate importanti come l’assistenza affettiva di vicini e congiunti a cui, insieme agli angeli, deve essere dai medici lasciato il capezzale quando un paziente si trasforma in morente.

Anche sulla base dell’esperienza dell’attuale pandemia si è verificato che la sanità deve essere organizzata sui medici di base e la medicina del territorio, che riduce il carico dei grandi ospedali tramite poliambulatori rionali di medicine integrate e presidi sanitari diffusi, in cui poter fare un prelievo di sangue, una visita, un elettrocardiogramma, così strutturati:

1. Segreteria, che sollevi il medico di base dai doveri burocratici e gli conceda tempo per una più attenta cura dei pazienti;
2. Spazi per prelievi ematici, ecografie, ECG, terapie manuali, anche di tipo olistico;
3. Presenza, a rotazione, di professionisti delle principali specialità, comprese quelle della medicina complementare;
4. Medico/i di base, che, da compilatore  di ricette o di impegnative per visite specialistiche, dovrebbe tornare a essere figura di primo riferimento nell’attività di visita, raccolta dati (anamnesi, ma anche elementi che caratterizzino il paziente, come allergie, intolleranze, reazioni ai farmaci, che non devono essere una colpa per chi ne soffre, ma una variabile di cui tener conto in caso di ricovero), oltre che figura di collegamento con gli specialisti dell’ambulatorio, perché la presa in carico del paziente sia davvero “integrale”;
5. Nella rete dei medici di base investire sulla prevenzione primaria, compito per cui sono particolarmente versate le medicine complementari, orientate a educare alla salute attraverso:
a. una corretta alimentazione;
b. una gestione consapevole del sintomo, che richiede di essere interpretato, non eliminato;
c. un uso corretto dei farmaci, privilegiando, se possibile, quelli naturali (meno rischiosi dal punto di vista degli effetti collaterali e quindi, in prospettiva, meno economicamente impattanti);
d. un rapporto consapevole con la malattia, che necessita del tempo adeguato per evolvere verso la guarigione, e non sparisce con una compressa magica.

In questo quadro è funzionale la riapertura di piccoli ospedali, in modo che la rete dei medici e presidi sanitari possa appoggiarsi a mini-ospedali più complementari al territorio, anche in prospettiva di una rioccupazione dei borghi e delle campagne aiutata a sua volta da un servizio di ostetricia itinerante che consenta di partorire a casa alle donne con una gravidanza fisiologica.

L’organizzazione ospedaliera potrà seguire i principi della complessità e sinergia:
1. Utilizzo dei dati raccolti dal medico di base, in relazione a patologie, intolleranze, sensibilità, per adeguarli alle terapie;
2. Quando possibile, coinvolgimento del paziente nella scelta della terapia (convenzionale o integrata) e diritto del paziente a fare riferimento anche a un medico che pratichi le medicine complementari, nel rispetto delle proprie peculiarità e sensibilità;
3. Uso del cibo come terapia (quindi biologico), in alternativa al normale cibo ospedaliero.
4.  Quando possibile, uso di sostanze alternative agli antibiotici o a integrazione degli stessi;
5. Riduzione dell’inquinamento elettromagnetico allo stretto indispensabile
6. Clima salubre nelle stanze.

Un’organizzazione simile è compatibile con la collaborazione delle comunità locali, familiari e/o rionali, alla prevenzione delle malattie e all’assistenza nei casi meno gravi, riducendo i costi pubblici anche con accordi sindacali differenziati per il personale del territorio che può usufruire di situazioni di lavoro più vicine a casa, in orari più ridotti ecc.
Questo sistema dovrebbe consentire una sburocratizzazione e migliore specializzazione dei grandi ospedali.

Giannozzo Pucci
FONTE: https://www.ariannaeditrice.it/articoli/visitare-gli-ammalati-14322

Scelto e pubblicato da Valentina Bennati – ComeDonChisciotte.org

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