DI IBRAHIM TABET
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Uno sguardo sull’ “Uomo-Dio” di domani che secondo Yuval Noah Harari (1) godrà di una longevità e di capacità intellettuali infinitamente superiori all’homo sapiens.
In Africa, culla dell’umanità, apparve l’australopiteco, primo ominide bipede, circa 4,2 milioni di anni fa. La liberazione delle mani che permette la posizione eretta, ebbe come conseguenza a sua volta la crescita della dimensione del cervello che distingue la specie Homo dalle scimmie.
Sono passati circa 2 milioni di anni, tra questa nascita e quella dell’homo habilis che sviluppò l’uso degli attrezzi dell’età della pietra, poi quella dell’homo herectus. Questa comparsa fu seguita da quella della specie dei neandertaliani che non ha avuto eredi e alla fine, 200.000 anni fa, dell’homo sapiens che rappresenta lo stadio finale della trasformazione anatomica della specie. Mentre allora era soggetta alle leggi della natura, l’evoluzione dell’umanità è ormai unicamente il prodotto della cultura. I nostri progenitori controllavano già alcuni rudimenti del linguaggio, circa 70.000 anni fa. Durante l’epoca neolitica, circa 10.000 anni orsono, sopravvenne poi l’invenzione dell’agricoltura nel Medio Oriente, che causò la trasformazione dell’uomo da cacciatore-raccoglitore del Paleolitico (di cui esistono ancora delle tribù in Amazzonia) ad agricoltore ed allevatore. Dobbiamo ai Sumeri, che crearono la più vecchia civiltà del mondo, l’invenzione della scrittura 5.000 anni orsono. Da allora abbiamo assistito a un’accelerazione continua del cambiamento.
Ciò si evidenzia per esempio nella sfera tecnologica, 4500 anni tra l’invenzione della scrittura e quella della stampa (nel 1450). Cinquecento anni tra quest’ultima invenzione e il lancio del primo elaboratore commerciale (nel 1952) e meno di 60 anni tra quello e l’avvento degli Smartphones. Questi progressi sono stati accompagnati da una parallela evoluzione delle credenze religiose. L’homo sapiens si distingue dai primi ominidi non grazie all’utilizzazione della pietra levigata, ma per la prima sepoltura.
I rituali della morte attestati dagli oggetti sepolti intorno ai corpi dei defunti testimoniamo della convinzione che esistesse una vita nell’aldilà. La fede nell’esistenza di cause soprannaturali agli avvenimenti naturali, produsse durante il Paleolitico l’apparizione dell’animismo, forma primitiva di religiosità che vedeva il sacro nella natura. Dall’animismo preistorico, l’umanità è passata all’enoteismo, il culto di un dio degli dei, poi con le tre religioni abramitiche si arriva al monoteismo.
Secondo la teoria evoluzionista dominante, ciascuna delle grandi fasi della storia delle religioni rappresenta un progresso rispetto alla fase precedente; il pensiero religioso evolve nel senso di una complessità e di un’astrazione più grandi. La domanda se il monoteismo costituisca un progresso rispetto al politeismo antico e alle altre forme di religiosità, rimane. L’idea di un Dio unico è senza dubbio intellettualmente più soddisfacente, ma quella di un Dio personale, caratteristica dei tre monoteismi, – “Umano troppo umano” secondo Nietzsche – non lo è di più di quello di un’Assoluto impersonale, come teorizzato dall’induismo. E obbliga a constatare che le religioni monoteiste non sempre hanno rappresentato un progresso sul piano morale.
Ancora oggi la maggioranza degli uomini vive sotto l’influenza di religioni non monoteiste e non per questo è privo di ideali morali. Le religioni non sfuggono la legge del cambiamento. L’idea che ci si fa di Dio oggi, non è più la stessa di ieri. E Max Weber fa della storia della modernità, quella del “disincanto del mondo”, la storia dell’uscita dal mondo magico della religione e della convinzione irrazionale dell’intervento diretto di Dio nel mondo. L’uscita dal religioso potrebbe finalmente significare “la morte di Dio”, prematuramente seppellito da Nietzche. A meno che le correnti individualiste ed eclettiche incarnate dal fascino occidentale per il Buddismo o per il Vedanta non conducano sempre più numerosi individui a confezionarsi una religione, “à la carte”. O che la tendenza al sincretismo impersonata tra gli altri dal movimento New Age non porti in un lontano avvenire al successo di una religione universale; la quale secondo Einstein sarà una religione cosmica che dovrà trascendere l’idea di un Dio esistente e personale ed eviterà le asserzioni dogmatiche rifiutate dalla scienza. Questi scenari escludono l’ipotesi di una scomparsa della religione.
“Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce” diceva Pascal. La religione si indirizza al cuore e la scienza alla ragione, ma l’uomo ha bisogno di entrambi. Porta dentro di sé un’angoscia esistenziale che la scienza sperimentale non potrà mai soddisfare. Su un altro piano l’idea che l’uomo non sia che una tappa dell’evoluzione verso un essere superiore, formulata da pensatori come Nietzche, Sri Aurobindo, Teilhard de Chardin e Carl Jung, sta per diventare realtà. Questo “uomo maggiorato” non sarà tuttavia il prodotto di una selezione naturale. Per diventare quello che è secondo le definizioni di Nietzsche, l’uomo prenderà il bastone della creazione dalla mano di Dio.
La convergenza delle biotecnologie, dell’innovazione genetica, e delle tecnologie computerizzate in effetti lascia prevedere la nascita di una post umanità che accolga tra i suoi ranghi degli “uomini-dei” (titolo dell’opera dello storico israeliano Yuval Noah Harari) quasi immortali e che godranno di una capacità intellettuale infinitamente superiore alla nostra, grazie all’impianto di circuiti elettronici nel cervello. Parallelamente è possibile che gli uomini stabiliscano un contatto con esseri intelligenti abitanti di altri pianeti, i quali abbiano le loro proprie divinità.
Ci si può domandare in queste condizioni, quale sarà la sorte delle nostre attuali religioni e che posto avrà la fede in un mondo sempre più “disincantato”. Bisogna sperare che il nuovo uomo clonato, cibernetico e asessuato descritto da Houellebecq nelle “Particelle elementari” (Les particules élémentaires) non sia privo di sentimenti, il che significherebbe contestualmente la morte della spiritualità, dell’amore, e dell’arte. Ma è probabile che la post umanità che apparirà nel corso del terzo millennio avrà per le nostre religioni la stessa considerazione che noi abbiamo oggi per le divinità dell’antico Egitto e i suoi libri sacri.
Nato in Libano nel 1944, ha studiato in Francia. Diplomato alla scuola di alti studi economici di Parigi (HEC), ha intrapreso nel 1967 una carriera nella comunicazione, ha fondato un’agenzia pubblicitaria a Beirut. Lavora a Parigi occupandosi del Medio Oriente. E’ autore di numerosi saggi storici, tra i quali “Empires et Empereurs européens” e “Les Grandes Dictatures de l’Histoire”. Questo libro ha per tema la scoperta e l’evoluzione dell’idea di Dio. Una breve storia che si è cominciato a scrivere soltanto da dieci millenni. L’autore descrive il passaggio dell’umanità dall’ animismo al politeismo e poi, per le “religioni del Libro”, al monoteismo e la differenza tra il loro Dio personale e il concetto di Assoluto impersonale elaborato dall’induismo. E allo stesso modo l’autore affronta qui il tema della filosofia greca, lo zoroastrismo, il buddismo, ed anche la saggezza cinese e l’Islam, sempre allo scopo di capire il rapporto tra l’Uomo e l’idea di Dio.
Fonte: lesakerfrancophone.fr
Link: http://lesakerfrancophone.fr/vers-un-homo-deus
maggio 2017
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIAKKI49
(1) Yuval Noah Harari nato il 24 febbraio 1976 a Kiryat Ata, Israele, è uno storico, saggista e professore universitario israeliano. Dal 2012 membro della Accademia israeliana delle scienze e delle lettere, insegna all’Università Ebraica di Gerusalemme ed è noto soprattutto per aver pubblicato nel 2014 il best seller Sapiens: A Brief History of Humankind.