A CURA DELLA COMISION DE RELACIONES ANARQUISTAS – EL LIBERTARIO
I nostri amici all’estero ci chiedono continuamente di spiegare le nostre opinioni sull’attuale situazione in Venezuela. Questa risposta è basata su due recenti testi firmati dalla redazione di El Libertario, già pubblicati nella loro interezza su Internet (in spagnolo), e da cui abbiamo estratto i nostri principali punti di vista.
Né vergognoso anarchismo né spudorato imperialismo: una risposta a P. Moras
L’articolo «Anarquismo, antiimperialismo, Cuba y Venezuela» di Pabolo Moras è un nuovo tentativo di nullificare la nostra prospettiva sulla realtà venezuelana con bugie ed ignoranza. Cominciamo semplicemente da quello che è ovvio leggendolo (può essere trovato su vari siti web): Moras ignora le questioni fondamentali del Venezuela. Persino quando si preoccupa di onorare quello che chiama il collettivo di El Libertario, mette in dubbio quei gruppi dalla penisola iberica che ci considerano un riferimento per capire cosa accade in queste terre.Moras sembra ignorare le proposte concrete che avanziamo nella pagine che sono voce del CRA [1], o in altro materiale stampato che abbiamo prodotto, o nei nostri siti web o in numerosi contributi che abbiamo spedito a molti media alternativi, dove avrebbe potuto trovare la vision che cercheremo di condensare in questa risposta. Questa mancanza di consapevolezza su quel accade qui è evidente nella debolezza e nei generici paragrafi in cui Moras parla specificamente del Venezuela, e sui quali insisteremo, data la sua intenzione di invalidare, con luoghi comuni, le approfondite analisi che pubblichiamo su El Libertario riguardo il regime di Chavez e la situazione nazionale a partire dall’assunzione della presidenza da parte di Chavez nel 1999. Una lista completa di questi lavori è disponibili nella sezione Index del nostro sito web www.nodo50.org/ellibertario
In generale, è assurdo promuovere un’idea da Komintern [2] che il “progresso popolare” e/o l’ “anti-imperialismo” siano qualunque cosa si auto-definisce come tale. Nel caso del Venezuela, i progressi popolari in educazione, salute e nutrizione possono essere visti come tali sono da una posizione di ignoranza totale della storia locale, dato che dalla metà del XX secolo i guadagni petroliferi hanno permesso di soddisfare alcuni bisogni in queste aree in cambio del sostegno alle elites al potere, esattamente come accade oggi (un’analisi dettagliata in «Un Cardenal sermonea sobre las misiones» [Un cardinale predica sulle missioni], El Libertario #45, novembre 2005). Riguardo all’anti-imperialismo di Chavez, abbiamo ampiamente dimostrato (vedi le sezioni Petroleo, Coyuntura Venezolana [Petrolio, Situazione Venezuelana] e Luchas y movimientos sociales en Venezuela [Lotte e movimenti sociali in Venezuela] nell’Index menzionato prima) come questo governo abbia supinamente ceduto alle richieste imperiali per il controllo di quel che conta più di tutto nella globalizzazione capitalista: le risorse energetiche, i prodotti naturali e il mercato per la produzione artigianale, persino per quelle merci che siamo in grado di produrre da soli o per quelle che producevamo fino a poco tempo fa. Il Comandante potrà gridare tutti gli insulti che vuole contro Bush, ma quell’anti-imperialismo sbruffone non significa nulla finché continua a dare alla Chevron, alla Conoco-Philips o alla Repsol il controllo delle nostre riserve di petrolio e gas naturale; finché continua a dare alla Telefonica le nostre comunicazioni, al Grupo Santanader e alla BBV il nostro settore bancario, alla Cristallex le nostre miniere d’oro e alla Vale do Rio Doce o alla Peabody le nostre riserve di carbone.
Moras parla del Venezuela ricorrendo a dichiarazioni indifendibili. Per esempio, parla dei lavoratori e dei contadini in lotta alludendo ai racconti immaginari che la propaganda di Chavez diffonde all’estero riguardo le occupazioni delle fabbriche e della terra, avvenute solo in pochi casi e sotto il controllo del governo, nazionalizzando imprese agricole o industriali in bancarotta o seriamente inguaiate, facendole operare in un regime di capitalismo di stato senza intenzione di metterle nelle mani dei lavoratori. Forse tali lavoratori e contadini in lotta sono quel che Moras immagina essere i sindacalisti burocrati dell’UNETE [3], i quali usano la loro propaganda di sinistra per legittimare le forme di oppressione che soffrono ora i lavoratori. Basti menzionare la condotta governativa nelle proprie imprese co-gestite, per non parlare del fatto che la struttura di comando nell’amministrazione governativa è nelle mani di soldati ed ex soldati. Per una descrizione completa della situazione, guardate gli scritti nella sezione Sindicalismo y entorno laboral [Sindacalismo e Ambiente di Lavoro] nel nostro Index, in particolare «Fabricas tomadas: mitos, realidades y una postura libertaria» [Fabbriche occupate: miti, realtà e una posizione libertaria] (#38), «Cogestion bolivariana-socialista» [La co-gestione bolivariana-socialista] (#43) e «Venepal no es de los trabajadores» [La Venepal non appartiene ai lavoratori] (#43).
Riguardo il colpo di stato dell’aprile 2002, Moras ripete la linea per cui il golpe fu “frustrato dal popolo”, un’ipotesi molto dubbia se si guardano i dettagli dei giochi di potere che ebbero luogo tra il 10 e il 13 aprile 2002. Abbiamo anche pubblicato un lavoro «Una encrucijada hacia ninguna parte» [Una svolta verso il nulla] www.nodo50.org/ellibertario/folleto-abril-02.doc, che descrive l’essenza di quanto scrivemmo allora su questo evento, che non può essere compreso nei termini semplicisti della propaganda di Chavez e dei suoi accoliti stranieri.
D’altro canto, Moras presenta una versione idilliaca dell’auto-organizzazione dei settori popolari, che sarebbe il risultato del processo chavista. Qui ci riferiamo alla precisa immagine che abbiamo dipinto in El Libertario su come questo regime – con un sostanzioso aiuto dai social-democratici e dall’opposizione di destra – non sia stato altro che un ostacolo per il progresso dell’organizzazione sociale autonoma, imponendo agende politiche che hanno denaturato la mobilitazione sociale al punto da farla quasi scomparire. La trasformazione dei circoli bolivariani in gruppi meramente elettorali (ora chiamati Unità di Lotta Elettorale) ne è un chiaro esempio. I casi più recenti, tra i molti altri che abbiamo incluso nella sezione Coyuntura Venezolana [Situazione Venezuelana], in cui discutiamo questo argomento, sono: «Más alla del Referendum» [Oltre il Referendum] (#39), «Propuestas para la coyuntura inmediata» [Proposte per la situazione attuale] (#39), «El eclipse de los movimientos sociales» [L’eclisse dei movimenti sociali] (#40) e «El socialismo Chavista» [Il socialismo di Chavez] (#42), oltre agli editoriali di quasi tutti i nostri numeri del 2004 e del 2005. L’argomento chiave di Moras è che sia un tradimento “sostenere la lotta contro lo stato venezuelano” in quanto essa “si ritorcerebbe contro ampi settori che si stanno attualmente auto-organizzando”. Come mettiamo in evidenza in questi numerosi testi, ed è facile verificarlo osservando la realtà locale, l’auto-organizzazione è un’enorme bugia, e la grottesca esperienza con il controllo a distanza dell’organizzazione di cooperative ne è una prova sufficiente, poiché quel che sta avvenendo sotto la forma della pseudo-rivoluzione bolivariana è questo: clienti che seguono devotamente il loro leader illuminato. Inoltre, l’unica opzione per gli anarchici è promuovere l’auto-gestione fuori dalle istituzioni, i cui slogan, finanze e dinamiche vengono dal capo e dai suoi collaboratori.
Parole come “capitalismo in indebolimento” e “i timidi progressi nella cultura e nell’economia socialista” suonano piuttosto diplomatiche e servono ad ingraziarti gli eredi del Marxismo-Leninismo che oggi sostengono Chavez, ma ignorano quanto sia stato efficiente il governo nel promuovere il controllo transnazionale di settori chiavi dell’economia locale, ed altre peculiarità che sono l’assoluto opposto di ogni tipo di socialismo. E’ forse il “capitalismo in indebolimento” a sostituire la borghesia comprador [4] della IV Rpubblica con la borghesia “bolivariana”? E’ forse appropriato mostrare come “progressi popolari” il fatto che indicatori chiave del welfare come la salute, il diritto alla casa, la nutrizione, l’impiego, la sicurezza sociale etc funzionino tanto negativamente quanto 10 o 20 anni fa, sotto un governo che gode dei maggiori incassi petroliferi nella storia del Venezuela? (Le statistiche sono disponibili su www.derechos.org.ve). E’ forse nella natura dell’anti-imperialismo seguire incondizionatamente il solo ed unico leader ed adorare la pedestre saggezza che emana dalle sue infinite apparizioni televisive? E’ forse promuovere l’economia socialista la costruzione per decreto di cooperative che vendono la colazione o lavorano i giardini della compagnia petrolifera statale mentre vengono firmati gli ultimi enormi contratti con la Halliburton, ben nota nell’Iraq occupato dagli Yankee? E’ forse un esempio di cultura socialista il fatto che i soldati, attivi o in pensione, abbiano preso il controllo dell’apparato statale, e che dalla stessa radice militare stia emergendo la maggioranza della nuova borghesia comprador? Qualcuno può forse pensare seriamente che l’elite corrotta di seguaci del leader oggi al governo in Venezuela sia l’illuminata avanguardia rivoluzionaria del cambiamento anti-capitalista?
Troviamo inaccettabile che l’anti-imperialismo di Chavez, tutto parole e niente azioni, sia la scusa usata per spingere il movimento anarchico ad entrare nel coro di quella sinistra marxista di utili idioti e e simpatizzanti che oggi deifica l’esercito venezuelano. E’ impossibile capire la situazione del paese rimanendo fissati sulla menzognera immagine che ci vendono: ogni uomo per sé, ma giocando un sospetto contrappeso, per cui si deve scegliere tra Chavez o la sua opposizione social-democratica e la destra. Il CRA ed El Libertario hanno intrapreso un sentiero difficile, ma un sentiero coerente con l’ideale anarchico, che costruisca una visione ed una strada d’azione in grado di rompere con le proposte ingannatrici di quelli che competono per il potere. Davanti a tali bande, non possiamo scegliere un chimerico “meno peggio” o un’impossibile “alleanza tattica”, perché farlo vorrebbe dire abbandonare quanto vi è di specifico e non rinunciabile nell’ideale anarchico. Se Moras vuole farlo, è un suo problema… Noi continuiamo nella nostra lotta, perché abbiamo un nuovo mondo nei nostri cuori e quel mondo sta crescendo proprio adesso.
PARLANDO DELLA SITUAZIONE VENEZUELANA
[Da un’intervista con La Rosa Negra – contro-informazione dal Messico, gennaio 2006]
Sappiamo che combattete su tre fronti: a) contro i gruppi chavisti di pseudo-sinistra al potere; b) contro l’opposizione anti-Chavez diretta dai social-democratici e dalla destra; c) contro i gruppi o i partiti della sinistra tradizionale. E’ possibile che ci sia un ghetto imposto dallo stato nel vostro paese – la destra, i suoi alleati social-democratici e la sinistra tradizionale – o è necessaria una ritirata?
Qualunque sia la situazione socio-politica in un dato paese, quelli che esercitano il potere o vogliono esercitarlo cercano di tenere a freno ogni sintomo di consistente lotta libertaria costruendo dei “ghetti” di repressioni, dichiarati o nascosti, in cui confinarlo. E’ naturale per il militante anarchico affrontare le intenzioni dei poteri in essere; è un compito che dobbiamo sostenere senza fallire, e soprattutto senza rassegnarci alla condizione apparentemente inevitabile di essere esclusi. In nessun modo la CRA si ritira o si nasconde nel proprio guscio aspettando tempi migliori, e chiunque abbia contatti diretti con le nostre attività o semplicemente legga El Libertario con dovuta attenzione e frequenza, troverà prove sufficienti: non siamo un gruppo che sta a guardarsi l’ombelico.
Abbiamo l’impressione che il trionfo dell’astensionismo nelle ultime elezioni (4/12/05) e il ritiro dei gruppi di lotta civile verso la “non partecipazione” sia un terreno fertile per l’imposizione forzata delle iniziative dello stato (chavista). Questa percezione è vera?
Chiariamo che secondo le stesse statistiche del governo sull’astensione, intesa come non partecipazione ad un processo elettorale di settori della popolazione che avrebbero potuto votare regolarmente in virtù di essere cittadini venezuelani ed avendo l’età per votare, essa è stata la norma in tutte le elezioni di questo paese a partire dal 1989, persino durante il referendum di conferma presidenziale del 2004, quando le bande dell’opposizione politica e il governo demagogo hanno fatto uno sforzo supremo per portare le masse incredule alle urne. E’ un errore classificare come gruppi di lotta civile certi prestanome dell’opposizione che oggi scommettono sull’astensione, non sono in alcun modo rappresentativi dalle vere forze sociali in Venezuela. Come per il resto, non c’è dubbio che il regime di Chavez cerchi di imporre meccanismi di controllo statale ovunque, ma essendo un governo così corrotto ed inefficiente, accecato dal pensiero di star costruendo un solido sostegno popolare trasformando parte dei più poveri in clienti con il sussidio di disoccupazione statale, costerà molto fare qualche progresso in quella chimera contraddittoria che il governo chiama il “Socialismo del XXI Secolo”, il quale non è altro che un capitalismo sottosviluppato del XIX Secolo.
Allo stesso modo, pensiamo che la lotta degli anarchici venezuelani sia intrappolata in un mare di propaganda apparentemente anti-imperialista, promossa da quello che qui alla LRN chiamiamo l’asse Kirchner-Chavez-Morales-Castro. E’ vero? E se lo è, la resistenza degli anarchici venezuelani dovrà raddoppiare i suoi sforzi?
Possiamo capire perché esista questa percezione. Chiunque abbia seguito le nostre azioni e il nostro pensiero troverà che non siamo stati ingannati dal fallace “o con Chavez o con Bush”, poiché abbiamo chiaramente mostrato delle prove per smentire questa farsa. Non è stato facile sostenere questa posizione, in quanto colpisce gli schemi semplicistici che hanno guidato la sinistra latino-americana da fallimento a fallimento per oltre 80 anni, e il moltiplicare gli sforzi per mantenere la nostra posizione è stato all’ordine del giorno, ma la nostra perseveranza inizia a produrre risultati, senza dubbio modesti, ma colmi di speranza che cade entro la rinnovata attività e la presenza dell’anarchismo in America Latina. E’ ancora un’espressione politica minoritaria, ma ha fatto progressi tra il decennio dei ’90 ed oggi, che sono, parlando quantitativamente e qualitativamente, molto importanti, se comparati con quel che è accaduto durante i cinque o sei decenni precedenti. La sfida è trasformare la modesta rinascita nell’abilità di influire significativamente sul processo per quel cambiamento sociale positivo fortemente necessario nel nostro continente.
L’asse Kirchner-Chavez-Morales-Castro ha rivelato molte facce; si presenta come un trionfo della democrazia parlamentare e, per converso, come lo standard della lotta contro l’impero, come mediatore dei movimenti sociali popolari e, di conseguenza, come il catalizzatore per la resistenza civile. Quale muro difensivo hanno gli anarchici venezuelani?
Ci state chiedendo della nostra principale proposta attuale di azione. Citiamo un paragrafo dall’editoriale di El Libertario #44: “Noi non siamo, né vogliamo essere, competitori per il controllo del potere istituzionale: siamo anarchici e aspiriamo alla scomparsa del potere statale e di ogni struttura gerarchica oppressiva. Questa non è solo una professione di fede; le nostre azioni qui ed ora significano l’assunzione dell’impegno a promuovere e a rafforzare l’autonomia di ogni movimento sociale compatibile con l’ideale. Inoltre, non siamo interessati a costruire ‘movimenti sociali anarchici’ che si dimostrerebbero tanto inutili al progresso civile quanto i circoli bolivariani o quei partiti d’opposizione travestiti da ONG. Noi scommettiamo sui movimenti sociali che costruiscono le dinamiche per l’azione e l’organizzazione indipendente, in base alla più vasta partecipazione, a tutti i livelli, che permetterebbe la formazione di differenti modalità d’azione diretta ed auto-gestione fuori dal controllo dello stato o da ogni altro esempio di oppressione. E’ l’unico modo per consolidare gli spazi di libertà, uguaglianza e solidarietà che saranno il seme e il sostegno del futuro per cui lottiamo. La nostra posizione può essere sintetizzata in queste parole di John Holloway: cambiare il mondo senza prendere il potere.
Da questi punto di vista, la CRA / El Libertario pensa ad uno sforzo più ampio per diffondere le idee anarchiche che promuove?
Considerando la storia del Venezuela, questo compito educativo è una priorità, perché abbiamo un ambiente dove l’ignoranza degli ideali libertari era quasi assoluta. Dopo 10 anni di attività possiamo presentare alcuni successi in quest’area, ma sono appena all’inizio e c’è ancora molto da fare, quindi la diffusione del pensiero anarchico è ancora un problema costante per quelli di noi in questo collettivo, ed invitiamo tutti a conoscere il nostro lavoro, a mettersi in contatto con noi, personalmente o via email, visitando i nostri gruppi locali in cui teniamo le nostre attività – come il Centro de Estudios Sociales Libertarios di Caracas, www.centrosocial.contrapoder.org.ve, e ad informarsi sul CRA ed El Libertario.
Note del traduttore:
[1] CRA = Comisión de Relaciones Anarquistas .
[2] Komintern: Terza Internazionale Comunista.
[3] Unete = Unión Nacional de Trabajadores de Venezuela (Sindacato Nazionale dei Lavoratori Venezuelani)
[4]Nella dottrina maoista, i borghesi comprador sono borghesi non capitalisti che devono la loro esistenza ai capitalisti ma che non fungono da classe capitalista.
El Libertario
Fonte: http://www.nodo50.org/ellibertario/
Link: http://www.nodo50.org/ellibertario/seccioningles.htm#against
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CARLO MARTINI