DI JIMMY CARTER
The Washington Post
[ Quando si tratta di personaggi così noti esito sempre a tradurre i loro testi perché c’è il rischio dei doppioni, cioè che due o tre persone, potendo mettere in circolazione diversi testi interessanti e accessibili per il lettore di lingua italiana, senza sapere l’uno dell’altro traducano invece tutti lo stesso articolo. Questo contributo di Jimmy Carter mi pare però una smentita così solenne (per chi la fa, più che per quello che dice) alle menzogne ripetute dai nostri media e dai nostri politici, che non può aspettare, e dunque lo traduco. Se ne circoleranno più versioni, tanto meglio. Mi piacerebbe sottoporre questo testo ad analisi stilistica e retorica: è un capolavoro assoluto di arte dell’argomentazione. Fate caso alla finezza con cui Jimmy Carter, attraverso una scarna narrazione di fatti vissuti in prima persona, fa apparire Israele nella sua vera luce — Gianluca Bifolchi ]
Io so per il mio personale coinvolgimento negli eventi che la
devastante invasione di Gaza da parte di Israele avrebbe potuto facilmente essere evitata.
Dopo aver visitato Sderot lo scorso aprile e aver visto i seri danni psicologici causati dai razzi
che erano caduti su quell’area, mia moglia, Rosalynn, e io dichiarammo che non c’era scusa per il
loro lancio da Gaza, e che si trattava di un atto di terrorismo. Sebbene le vittime fossero rare (
tre morti in sette anni), la città era traumatizzata da esplosioni imprevedibili. Circa 3.000
residenti si erano trasferiti in altre comunità, e le strade, i campi da gioco, e i quartieri
commerciali erano quasi vuoti. Il Maggiore Eli Moyal riunì un gruppo di cittadini nel suo ufficio
per incontrarci e si lamentò che il governo di Israele non fermasse i razzi, o con la diplomazia o
con l’azione militare.
Sapendo che avremmo presto incontrato i leader di Hamas a Gaza e a Damasco, promettemmo di valutare
possibilità per un cessate il fuoco. Dal capo dell’intelligence egiaziana Omar Suleiman, che stava
negoziando tra Israele e Hamas, apprendemmo che c’era una differenza fondamentale tra i due lati.
Hamas voleva una cessate il fuoco che coprisse sia Gaza che la West Bank, mentre gli Israeliani
rifiutavano di discutere qualunque cosa che non fosse Gaza.
Sapevamo che il milione e mezzo di abitanti di Gaza erano alla fame, dato che il relatore speciale
per le Nazioni Unite sul diritto al cibo aveva scoperto che la denutrizione a Gaza era altrettanto
seria di quella delle nazioni più povere nel sud del Sahara, con più della metà delle famiglie
palestinesi che mangiavano solo un pasto al giorno.
I leader palestinesi si dimostrarono refrattari su tutte le questioni, affermando che i razzi erano
il solo mezzo per rispondere al loro imprigionamento e per rendere testimonianza alla loro grave
situazione umanitaria. I più alti leader di Hamas a Damasco, comunque, erano d’accordo a
considerare un cessate il fuoco solo per Gaza, a condizione che Israele non attaccasse Gaza e
permettesse l’accesso ai rifornimenti umanitari per i cittadini palestinesi.
Dopo lunghe discussioni con quelli di Gaza, questi leader di Hamas furono d’accordo anche ad
accettare un accordo di pace negoziato tra gli israeliani e il presidente dell’Autorità Palestinese
Mahmoud Abbas, che guida anche l’OLP, a condizione che fosse approvato a maggioranza dai
palestinesi in un referendum o da un governo di unità nazionale regolarmente eletto.
Dato che eravamo solo osservatori e non negoziatori, passammo queste informazioni agli egiziani, e
loro andarono a fondo di questa proposta di pace. Dopo circa un mese, gli egiziani e Hamas ci
informarono che tutta l’azione militare da entrambe le parti e il lancio dei razzi si sarebbero
fermati il 19 giugno, per un periodo di sei mesi, e che gli aiuti umanitari sarebbero stati
ripristinati al normale livello precedente al ritiro israeliano del 2005 (circa 700 camion al
giorno).
Non eravamo in grado di confermare questo a Gerusalemme a causa dell’indisponibilità di Israele ad
ammettere qualunque negoziato con Hamas, ma il lancio dei razzi fu subito interrotto e ci fu un
aumento nelle forniture di cibo, acqua, medicinali e combustibile. Tuttavia l’aumento fu in media
del 20% del livello normale. E questa fragile tregua fu parzialmente rotta il 4 novembre, quando
Israele lanciò un attacco a Gaza per distruggere un tunnel difensivo che veniva scavato da Hamas
all’interno del muro che rinchiude Gaza.
In un’altra visita in Siria a metà dicembre, cercai di ottenere che l’imminente scadenza della
tregua di sei mesi fosse allungata. Era chiaro che la questione preminente era l’apertura dei
valichi di frontiera per Gaza. Rappresentanti del Carter Center visitarono Gerusalemme, si
incontrarono con funzionari israeliani e chiesero se era possibile ottenerla in cambio della
cessazione del lancio di razzi. Il governo d’Israele fece sapere informalmente che il 15% delle
forniture normali era possibile se Hamas fermava il lancio di razzi per 48 ore. Ciò era
inaccettabile per Hamas, e le ostilità esplosero.
Dopo 12 giorni di “combattimento”, le Forze di Difesa di Israele resero noto che 1000 obiettivi
erano stati presi di mira e bombardati. Durante quel periodo, Israele respinse gli sforzi
internazionale per ottenere un cessate il fuoco, con pieno appoggio di Washington. Diciassette
moschee, la Scuola Internazionale Americana, molte case private e molta dell’infrastruttura di base
della piccola ma densamente popolata area erano state distrutte. Ciò include i sistemi di fornitura
di acqua potabile, elettricità, rete fognante. Volontari medici coraggiosi di molte nazioni hanno
preso nota delle pesanti perdite civili, mentre i più fortunati operano sui feriti alla luce di
generatori diesel.
Si spera che quando ulteriori ostilità non saranno più produttive, Israele, Hamas e gli Stati Uniti
accettino il cessate il fuoco, allora il lancio dei razzi cesserà di nuovo e un adeguato livello di
aiuti umanitari arriverà ai palestinesi sopravvissuti, in base a un accordo pubblico monitorato
dalla comunità internazionale. Il prossimo possibile passo: una pace completa e permanente.
L’autore è stato presidente degli Stati Uniti dal 1977 al 1981. Nel 1982 fondò il Carter Center,
un’organizzazione non governativa che promuove pace e salute in tutto il mondo.
Jimmy Carter
Link: http://achtungbanditen.splinder.com/post/19534023/Una+guerra+non+necessaria
08.01.2009