DI ROSTISLAV ISHCHENKO
Non credo che sia stato un caso che Vladimir Putin a Valdai abbia cominciato a parlare dell’aumento dei rischi di una guerra nucleare e che abbia ripetuto l’assioma che la Russia è pronta a far saltare il mondo intero inclusa sé stessa, e che poi abbia discusso sul diritto di sparare il “preventive strike”, il primo colpo.
Su quest’ultimo problema, gli esperti hanno immediatamente cominciato a dibattere se il Presidente russo abbia voluto intendere o no, un primo passo in un attacco nucleare, e se così, come correlarlo con la sua affermazione che non sarà lui il primo a spingere il pulsante nucleare.
Risponderemo sinteticamente.
Per prima cosa, il ragionamento fila, dal momento che un primo colpo è considerato dal diritto internazionale come risposta ad una aggressione che è già diventata inevitabile. Comunque Tu, bisogna dimostrare che essere aggrediti era inevitabile. Ma è improbabile che qualcuno sia interessato a cercare le prove dopo che è scoppiata una guerra nucleare. Chi vince sarà quello che sopravvive, e non saranno in molti a sopravvivere (se mai sopravvivrà qualcuno). E, nel caso, sarà qualche persona e/o qualche comunità, e non qualche stato o qualche organizzazione internazionale. Quindi, se la leadership russa dovesse ricevere informazioni sull’inevitabilità, nelle prossime ore, di essere concretamente sotto attacco nucleare, avrà il diritto (e perfino l’obbligo) di sparare il primo colpo nucleare, e questo non significherebbe essere il primo ad usare l’arma nucleare.
Secondo, questo non ha nessuna importanza, perché anche se il primo colpo sarà sferrato con armi convenzionali di precisione e diretto contro le zone in cui sono schierate portaerei nucleari e sistemi di difesa antimissile che minacciano la Russia, dal punto di vista delle dottrine militari sia dell’URSS che della Russia, un attacco massiccio a zone nucleari strategiche da parte di forze non nucleari è equiparato all’inizio di una guerra nucleare e garantisce il diritto ad una risposta nucleare. Gli americani affrontano la questione esattamente allo stesso modo.
Quindi, in linea di principio, non fa nessun senso discutere se Vladimir Putin intendesse o no parlare di un attacco nucleare preventivo o se si sia riferito ad un attacco reciproco nucleare o non nucleare. Ha chiaramente messo in evidenzia il forte aumento del livello di pericolo che avvenga uno scontro nucleare. E questa è la cosa più importante, perché “chi ha cominciato per primo” non sarà importante, e nessuno andrà a domandarselo e nemmeno lo saprà mai.
Quindi la domanda che ci interessa di più suona così: “Perché il presidente della Russia ha cominciato a parlare della minaccia di una catastrofe nucleare proprio in questo momento, quando non siamo più in piena crisi siriana e e nemmeno ucraina, e nella penisola coreana Seoul e Pyongyang cominciano ad andare a braccetto e discutono seriamente della denuclearizzazione della penisola nell’ambito di un diialogo intercoreano e di una cooperazione economica tra il Nord e il Sud? ”
Sono sicuro che questa sia stata una risposta per anticipare la comunicazione USA del ritiro dal INF Treaty annunciato il giorno dopo.
Ma perché questa decisione ha provocato una reazione così decisa? Dopo tutto, il trattato INF, firmato a Washington da Gorbaciov e Reagan l’8 dicembre 1987 entrò in vigore nel giugno del 1988 e già nel giugno 1991 era cominciò a dare i suoi effetti. Per esempio, tutte le armi che rientravano nei veti furono distrutte sia dalla Russia che dagli Stati Uniti e lo sviluppo delle attrezzature militari negli ultimi 30 anni prevede che vengano riassegnate quote di armamenti che in passato erano già esistenti e che sono state distrutte in base al trattato e ad altri sistemi di controllo che, senza violare formalmente il trattato, sono ancora più efficaci.
Il trattato vieta la produzione e il dispiegamento di razzi terrestri con un raggio da 500 a 5000 chilometri. Ma oggi la Russia ha schierati, nel suo arsenale, un complesso di missili “Iskander” (fino a 500 km) e di missili da crociera “Kalibr” cielo/mare (che gli USA hanno detto in passato che non rientrano nelle restrizioni del Trattato). Questi razzi possono raggiungere i 1500 chilometri dichiarati, ma alcune fonti parlano di 2000-2500 chilometri. La portata del complesso “Kinzhal” (compresa la portata del vettore) messa a bordo di un Tu-22М3 raggiunge i 3000 chilometri, solo se in combattimento l’aereo viaggia a livello supersonico. In un regime misto [sia subsonico che supersonico] il raggio di combattimento dell’aereo aumenta da 1500 a 2500 chilometri, quindi la portata del complesso insieme al razzo può raggiungere i 4000 chilometri.
Ad esempio, senza violare formalmente il Trattato, grazie alla più recente tecnologia, la Russia è in grado di assolvere compiti che nel secolo scorso erano fattibili solo con missili a medio raggio. Inoltre, i prossimi sviluppi, entro 10-12 anni, in generale avranno una gamma di portata per cui, in linea di principio, non ci sarà nessun obiettivo inaccessibili sul pianeta Terra.
Ricorderò inoltre che in passato anche la Russia aveva dichiarato di volersi ritirare dal Trattato INF, se gli americani si fossero ritirati dal Trattato ABM , ma penso che un ritiro non sia mai avvenuto perché si ritenne più efficace sviluppare e adottare nuove armi di alta precisione che permettessero di non violare il Trattato e allo stesso tempo non essere particolarmente legati da un punto di vista strategico.
Negli ultimi 30 anni la Russia ha semplicemente ribaltato la sua situazione: quando fu firmato il trattato INF, gli USA avevano un enorme vantaggio nelle armi di precisione non nucleari che erano già in grado di colpire i missili strategici sovietici (e in seguito russi) nel momento stesso in cui avessero messo in atto il primo disarmante massiccio attacco non nucleare. L’URSS recuperò lo svantaggio contro i missili americani (compresi i “Tomahawk” aerei-terra-mare) con propri missili a medio raggio, che produsse acquisendo un vantaggio tecnologico. Gli Stati Uniti tolsero dal Trattato i missili da crociera imbarcati sulle navi (promettendo che sarebbero stati tolti solo una parte degli armamenti-non-nucleari), ma allo stesso tempo deprivarono completamente l’URSS / Russia di un’intera classe di armamenti strategici, in cambio dell’eliminazione delle loro analoghe forze nucleari a raggio intermedio, che per gli USA non avevano più nessuna importanza.
All’epoca gli Stati Uniti potevano risolvere i loro problemi strategici senza ricorrere all’uso di missili a medio raggio, ma la Russia non poteva ancora farlo, per questo diede disponibilità a Washington per distruggere questi missili. Ora, con grande dispiacere degli americani, appare chiaro che per quanto riguarda le armi di alta precisione (compresi i missili balistici e quelli da crociera), la Russia ha seriamente sorpassato gli USA e questa superiorità aumenterà nel prossimo futuro. Anzi, Mosca può continuare ad aumentare la sua superiorità senza violare formalmente il Trattato INF.
Quindi, Washington aveva bisogno del tornare agli armamenti nella classe dei missili a medio raggio solo perché il suo ritardo tecnologico rispetto a Mosca non si arrivasse ad essere un fattore di impotenza strategica. Dopotutto, possiamo comprendere che un carro armato T-90 può distruggere un carro armato T-34, anche se questo deve arrivare sotto tiro del suo fuoco di torretta e questo vale anche per i missili. Non è solo il missile ad essere importante, sono i suoi dati tattici-tecnici ad essere importanti.
Ma proprio come un carro armato obsoleto può ancora distruggere un carro armato super-moderno, se si avvicina tanto da entrare nel suo raggio di tiro, le carenze di un certo tipo di missile possono essere compensate dalla vicinanza del suo posizionamento.
Ed è proprio qui che c’è pericolo. Se gli Stati Uniti dispongono ancora della tecnologia di produzione dei missili a medio raggio degli anni ’80, allora possono produrre ancora una gran quantità di “Pershing II”. La prossima domanda però è dove posizionarli: dove saranno essere schierati? Dagli Stati Uniti non raggiungeranno mai il territorio della Russia , quindi esistono tre opzioni: Europa, Giappone e Corea del Sud.
Non è niente di nuovo il fatto che Seoul accetterà di partecipare a un nuovo round nella corsa agli armamenti, tenendo conto della attuale luna di miele con Pyongyang e del suo timore reale di essere buttata dagli Stati Uniti sulla linea di fuoco degli attacchi di rappresaglia nordcoreani o cinesi. E dalla penisola coreana e dalle isole giapponesi è possibile sparare solo a bersagli in Estremo Oriente, dove gli obiettivi per questi missili sono, francamente parlando, molto pochi e lontani tra loro, oltre che ben protetti.
L’ultima volta, le zone dove gli USA hanno posizionato i loro missili di media distanza erano nell’Europa occidentale (Germania, Gran Bretagna, Italia e Danimarca). Allora il tempo di volo dei “Pershing” per raggiungere Smolensk e Mosca era tra 6 e 10 minuti. Cosa che ha drasticamente ridotto il tempo per prendere decisioni in una situazione di crisi ed ha aumentato la probabilità che un conflitto nucleare capiti per sbaglio. È proprio per questo motivo che a quei tempi la leadership sovietica, come quella russa odierna, dichiarò che gli Stati Uniti avevano cominciato una pericolosa partita che avrebbe potuto far perdere il controllo della situazione e trasformarsi istantaneamente in una guerra nucleare su vasta scala.
Ora è difficile pensare che gli americani riusciranno di posizionare i missili USA negli stessi paesi in cui li posizionarono nel secolo scorso. Finora è solo la Gran Bretagna che ha sostenuto in modo inequivocabile gli Stati Uniti, dopo aver affermato che non si considera più legata al Trattato INF. Germania e Italia non saranno entusiaste se riceveranno la stessa proposta. Oltretutto Trump ha avviato una guerra economica contro la UE, mirando in particolare contro la vecchia Europa.
Ma c’è una Nuova Europa. Chi può garantire che Polonia, Paesi baltici e Ucraina continueranno ad accettare la proposta USA di ospitare i “Pershing” (o qualcosa di simile) sul loro territorio? Dopotutto, ora il tempo di volo dei missili fino a Mosca non durerà più di 3-4 minuti, e ancora meno fino a San Pietroburgo – 1,5 minuti.
È davvero una situazione in cui una qualsiasi casualità può provocare il fatidico primo passo-preventivo. Inoltre, in una situazione in cui si sparasse il primo-colpo da una zona di lancio dei missili nucleari americani, è possibile – senza filosofeggiare troppo – che vengano lanciati immediatamente dei missili intercontinentali anche su Washington. Ad ogni modo, scivolare dentro un conflitto nucleare su vasta scala sarebbe questione di pochi minuti, o nel migliore dei casi, di poche ore.
Ed è di questo che Putin ha parlato a Valdai, quando ha promesso agli aggressori che NOI andremo in paradiso e loro semplicemente moriranno.
Il sistema di trattati internazionali inteso a garantire la stabilità nucleare faceva affidamento sul Missile Technology Control Regime, sul Non-Proliferation Treaty, sul Anti-Ballistic Missile Treaty, SALT I e SALT II, START I, START II, sullo Strategic Offensive Reductions Treaty,START III e sul INF Treaty.
Il regime di controllo della tecnologia missilistica e il trattato di non proliferazione sono praticamente diventati pezzi di carta inutili. Dopo averci sputato sopra, India e Pakistan si sono armate con armi nucleari. Israele, che si stima abbia 100-200 testate nucleari tattiche, è anche informalmente una potenza nucleare, ma il “mondo civilizzato” fa finta di non essere consapevole che un paese in guerra permanente sta violando questo Trattato.
Bene, ora dopo che la Repubblica Democratica Popolare di Corea è stata non solo in grado di realizzare un proprio programma nucleare, con l’aiuto di tecnologie ricevute dall’Ucraina ed è stata capace di creare tutti i tipi di missili, compresi quelli intercontinentali, non ha più senso parlare dell’efficienza di un sistema di controllo della tecnologia missilistica e del trattato di non proliferazione. Qualsiasi paese abbia un peso internazionale leggermente superiore a quello dello Swaziland o del Lesotho, potrà fare quello che ha fatto Kim Jong-un. Come è noto, gli Stati Uniti si sono ritirati dal Trattato sui missili anti-balistici.
Il SALT-I limitava gli arsenali strategici al livello della fine del 1972 (e questo significava a decine di migliaia missili-vettori). Il SALT II non entrò mai in vigore, perché il Senato USA bloccò la sua ratifica in occasione dell’ingresso delle truppe sovietiche in Afghanistan. Lo START-I e lo Strategic Offensive Reductions Treaty non sono effettivi, perché sono stati sostituiti dallo START III, che ha leggermente ridotto il numero totale di vettori schierati rispetto al trattato sulle riduzioni strategiche offensive. Lo START-II (che proibiva l’equipaggiamento di missili con testate separabili guidate individualmente) fu firmato nel 1993, ratificato dalla Duma nel 2000, e nel 2002 la Russia si ritirò in concomitanza con il ritiro USA dal Trattato missilistico anti-balistico.
Così, oggi dopo che gli Stati Uniti hanno dichiarato il ritiro dal Trattato INF, dell’intero sistema di trattati internazionali che regolano il sistema dei potenziali strategici, resta in funzione solo lo START III, ma questo accordo significa veramente poco nel contesto della corsa agli armamenti in atto.
Forse gli Stati Uniti vogliono ripetere il loro tentativo di ricatto che riuscì negli anni ’80 e che costrinse l’URSS a fare concessioni mentre si stava finalmente assistendo al suo crollo. Ma la situazione ora è radicalmente differente.
In primo luogo, la Russia ha imparato e sa che non basta la parola di un gentiluomo ma che i contratti si firmano per il loro valore nominale.
In secondo luogo, se la Russia fino ad ora si è mossa in salita, sia in politica che in economia, per quanto riguarda gli Stati Uniti ora nel migliore dei casi si parla di stagnazione. Tuttavia, Trump preferisce parlare di una crisi che vuole superare per “rendere grande l’America”.
In terzo luogo, nel rispetto delle tecnologie militari, nell’ultimo secolo l’Unione Sovietica ha recuperato territori agli Stati Uniti, ma ora sono gli Stati Uniti a recuperare terreno.
In quarto luogo, le storie sugli aerei da caccia di quinta generazione, così come le ultime cacciatorpediniere e le navi traghetto, dimostrano l’inadeguatezza della efficienza del complesso militare-industriale USA, che spende enormi somme di denaro, ma con risultati assenti.
In quinto luogo, nel secolo scorso tutti i centri di forza del mondo (Stati Uniti, Unione europea, Cina e Giappone) erano contro l’Unione Sovietica, che fu costretta a tirare la coperta con le sue magre risorse militari, politiche, finanziarie, economiche e diplomatiche per coprire tutto il suo territorio. Ora nemmeno il Giappone appoggia più incondizionatamente gli Stati Uniti. In Europa, gli Stati Uniti hanno solo la Gran Bretagna – che è lacerata da contraddizioni interne – e qualche indigenti paese marginale. Lo scontro USA con la Cina è più duro di quello con la Russia, e ora l’America inizia a parlare anche di imporre sanzioni all’India.
In generale, se gli USA continueranno a pensare a un tentativo di ricatto, allora questo tentativo è condannato a fallire. Ma questo non cancella il pericolo militare di fare questi giochetti. Si sa che mettere a cuocere lo shish kebab su un barile di polvere da sparo, prima o poi lo farà esplodere, allora bisognerà sviluppare un nuovo sistema di trattati internazionali per limitare, ridurre o, idealmente, smaltire gli arsenali nucleari esistenti.
Per cominciare però gli Stati Uniti devono decidere da che parte staranno nel nuovo mondo e dovranno anche accettarlo.
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Fonte: http://www.stalkerzone.org
22.10.2018
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario