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La Redazione

 

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Un Berchtesgaden bis? Mar-a-Lago, il rifugio ideologico di Trump

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A cura di Davide
Il 7 Marzo 2017
131 Views

DI NORMAN POLLACK

CounterPunch.org

Talvolta i simboli aiutano a comprendere meglio la realtà, come nel film di Mel Brooks “Per favore, non toccate le vecchiette”, l’umorismo tratta dell’indicibile e offre une sorta di liberazione o di conforto. È questo il caso di cui tratto, a Mar-a-Lago, la casa bianca meridionale di Trump, a Palm Beach, in Florida. Un autentico termitario (un nido di termiti) di una ricchezza estrema, finora nascosto, ora uscito allo scoperto.

Noi dobbiamo a Trump ciò che Veblen, C. Wright Mills e innumerevoli critici radicali del sistema di classe e del potere in America non erano riusciti a smascherare: le viscere dure e pure dell’oligarchia, associate a valori autoritari, sempre latenti e in formazione dagli inizi della guerra fredda. La guerra, calda o fredda, è la condizione ideale per il consolidamento e l’incremento della ricchezza. Si tratta di un semplice confronto politico in una fase particolare dell’imperialismo mondiale.

Si tratta piuttosto dell’ascesa dell’America, che si realizza, ovviamento, nel contesto mutevole delle rivoluzioni mondiali, con la Russia e la Cina come economie politiche socialiste d’avanguardia – e i paesi del terzo mondo che si industrializzano e cercano un terreno comune. Quello era il contesto, e restano ancora delle differenze ideologiche, anche dopo la dissoluzione dei socialismi russo e cinese. Dopo la seconda guerra mondiale, l’America ha dato avvio a una nuova fase dell’imperialismo adottando un atteggiamento controrivoluzionario, applicabile tanto al capitalismo quanto al socialismo: una marcia contro la Storia stessa. L’America ha giocato, fino a oggi, un ruolo preminente tra i capitalismi mondiali.

Quello di Mel Brooks non è argomento su cui ridere, proprio come Trump non è un apprendista dittatore da quattro soldi che riappare ciclicamente, o quasi, come nelle opere di Sinclair Lewis o Robert Penn Warren. Trump è un articolo autentico, non soltanto come individuo, ma anche per quello che mette sul tavolo: il Grande Capitale, impudente, rivendica un preteso diritto a dettare le sue condizioni, prescrivendo la guerre, l’aggressione, l’egemonia.

Le incantevoli SS di Brooks, che danzano in pelle nera formando una croce uncinata, non corrispondono alla realtà; ogni annuncio di Washington segnala lo smantellamento prossimo del governo democratico, lasciando il popolo vulnerabile e senza protezione, maturo per lo sfruttamento. Il risultato, sotto lo slogan della privatizzazione come bene assoluto – e segno di libertà –, è una politica nazista in tenuta pseudo-Jeffersoniana. Con l’obiettivo dichiarato di ridurre – fino alla sua distruzione –, un settore pubblico vitale, – a eccezione dell’esercito.

Mar-a-Lago, come simbolo e realtà, riassume bene dove la nazione è arrivata con l’elezione di Trump. La sua elezione non è determinante in sé, ma ha rivelato una predisposizione americana al fascismo. Altrimenti, come si spiega la sconfitta Hillary Clinton, sostenitrice per eccellenza della guerra fredda, alle dipendenze di Wall Street, non sufficientemente reazionaria e in verità non troppo dissimile da Trump?

Che sia ancora latente, questa identità fascista, che si applica alla politica interna quanto a quella estera, è una tendenza a lungo termine avviatasi dopo la fine della guerra civile del 1861 attraverso l’accentramento della ricchezza industriale, seguita dall’accomulazione progressiva del capitale finanziario e una politica estera più aggressiva. Durante la prima guerra mondiale e il tentativo di conquista della rivoluzione russa, The Donald doveva essere già visibile in lontananza, era solo questione di tempo.

Mar-a-Lago non è una novità, è uno dei tanti posti in cui si raduna la ricchezza industriale e finanziaria come a Bar Harbor, e a White Sulphur Springs e altre enclavi. Ma per il momento è solo il quartier generale di uno stretto gruppo dirigente, necessariamente saldo, ma che non ha ancora raggiunto il suo obiettivo. Ma è un microcosmo del futuro.

Attualmente, secondo gli esempi che presenterò a breve, riflette il livello intermedio: i membri, gli invitati, i visitatori dotati di una ricchezza estrema e di una formazione superiore, la maggior parte dei quali, vicini all’apice del potere, gode di un flusso incrociato di diritti di visita e relazioni consanguigne e ha come obiettivo quello di incorporare l’esercito americano nella struttura del potere. La ricchezza riguarda la supremazia di classe, la sua militarizzazione riguarda il fascismo.

Non sto denigrando la maestà del grande capitalismo occupandomi qui questo strato intermedio, ma è a questi livelli che si costruisce una più salda coesione e cementazione identitaria. Trump incarna il processo al lavoro, ed è già entrato nella zona di pericolo, avviandosi verso un irreversibile cambiamento sociale, un totalitarismo che sarà difficile da rimuovere. Nel frattempo i democratici – e anche i radicali – , che da decenni si sono spostati verso destra, raccolgono margherite nel mondo dei sogni.

Qui cito rapidamente un eccellente articolo pubblicato su The Times del 19 febbraio, di Nicholas Confessore, Maggie Haberman ed Eric Lipton intitolato Uno sguardo sui membri di Mar-a-Lago, Un posto in prima fila sulla storia. Si tratta di una testimonianza involontaria a proposito del cambiamento qualitativo che si sta compiendo in America, contro il quale i Democratici si oppongono in termini politici classici, piuttosto che – come sarebbe necessario – attraverso un’opposizione senza cerimonie per contrastare il grave pericolo al quale la Repubblica è esposta. Chuck Schumer non è che un oppositore di cartapesta, che sarà schiacciato dal rullo compressore, esattamente come gli oppositori di Hitler durante e dopo la Repubblica di Weimar.

La scena [a Mar-a-Lago] è idilliaca, Kushner [il genero di Trump], «sulla spiaggia, vicino alla macchina del gelato», Bannon [consigliere ed eminenza grigia di Trump], «nella sala da pranzo del patio», mentre Trump «potrebbe fermarsi al vostro tavolo per una rapida conversazione». Tuttavia, «dovrete pagare 200.000 dollari per il privilegio [della breve chiacchierata] – e i pochi posti disponibili vengono rapidamente esauriti». Perché una quota di iscrizione così onerosa (senza contare la quota annuale)? Ricchezza attira ricchezza e la finestra è aperta, i cocktail e la danza conferiscono dignità e rispettabilità al traffico d’influenze.

Sì, idilliaco, lontano dalla marmaglia – i radicali –, dove la negoziazione è meno importante dell’identità dei negoziatori, una classe fiorente di miliardari, usciti dallo stesso calco, che mirano agli stessi obiettivi. Praticamente, dall’oggi al domani, Trump ha accolto un capo di Stato straniero [il giapponese Abe], dirigenti dell’industria sanitaria e altri invitati presidenziali – e questo solo nelle prime quattro settimane della sua presidenza.

I giornalisti non si trattengono nella loro descrizione, la plutocrazia e i conflitti di interessi non sono citati esplicitamente ma sono palesamente evidenti: «Le riunioni di Trump […] sono altresì occasione per creare un potenziale traffico di influenze politiche come raramente si è visto nella storia americana: una sorta di steakhouse di Washington sotto steroidi, un soleggiato campo da gioco per ricchi e potenti, al quale i membri e i loro invitati godono di un accesso privilegiato che sfugge anche ai migliori lobbisti».

Ci troviamo infatti oltre il livello dei lobbisti – che si sono rivelati essere degli intermediari inutili – là dove la ricchezza può discutere con sé stessa, libera da quel senso di disonestà, di sordidità o d’illegalità. Il fascismo è così presentato come rispettabile e vantaggioso per la comunità, nel quale lo Stato e il capitalismo sono integrati, luogo maturo per la recezione del fattore militare come componente essenziale dell’insieme.

Chi, secondo il reportage, si trovava là lo scorso fine settimana? Oltre al corteo che Trump ha già riunito, un’élite influente composta dalla famiglia – nepotismo? – e di burocrati nominati e in attesa –, era presente, senza dubbio, un gruppo scelto tra «i quasi 500 membri paganti del club, un assortimento di una dozzina di imprenditori, di finanzieri di Wall Street, alti dirigenti nel settore energetico – crescente centro di potere e di interesse per la nuova amministrazione – e altri le cui imprese potrebbero essere toccate – o potrebbero influenzare – dalle politiche di Trump».

Questo, in sé, non costituisce un gruppo regnante, ma sono all’opera dei meccanismi di esclusione volta a selezionare il grano buono – i sostenitori di Trump – dalla pula e fornire così la formazione di un gruppo strategico di detentori del potere, in particolare in campi decisivi come la difesa e l’energia, che concordi con la necessità e l’opportunità di un regime fascista. Non sono stato io a preparare gli inviti, ma noto la presenza di Koch, «che supervisiona un’importante società mineraria e delle compagnie petrolifiche» e – per me una novità– «il commerciante miliardario Thomas Peterffy, che nel 2012 ha speso più di 8 milioni di dollari in pubblicità a carattere politico per mettere in guardia la massa dall’avanzata del socialismo in America».

Poi c’è Janet Weiner, azionista e capo della direzione finanziaria della società delle bibite energetiche Rockstar, che ha speso centinaia di migliaia di dollari per fare pressione sui funzionari federali al fine di evitare regolamenti troppo restrittivi sui suoi prodotti. Fin qui niente di strano, trattasi semplicemente di business, come ha confermato nell’intervista il figlio di Trump, Eric, che ha rigettato le accuse secondo le quali la sua famiglia offra un accesso privilegiato a suo padre e approfitti di lui . «Innanzittutto, ha detto, nell’ultimo anno sono stati ammessi solamente tra i 20 e i 40 nuovi membri, e, secondariamente, i ricchi imprenditori che frequentano questo club possono ricorrere ad altri modi per comunicare con il governo, se lo vogliono».

Eric ha ragione. Questa è una descrizione utile per comprendere la relazione tra le aziende e il governo. Abbiamo già visto nella presidenza Trump e la selezione del suo gabinetto (e la nomina alla Corte suprema dell’autoproclamato Scalia junior), persone scelte appositamente per distruggere il funzionamento dei dipartimenti che amministreranno. Conflitti di interesse? Impossibile con la nuova deroga, come ha affermato Hope Hicks, un portavoce della casa bianca, «la legge federale esenta [il presidente] da queste disposizioni». Insomma, il POTUS [President of the United States] è al di sopra della legge, o meglio, è la legge stessa.

E come per Eric, anche la legge ha ragione. L’arricchimento personale, per Trump, è ben poca cosa, perché adesso può consacrarsi alla costruzione ideologica e alla difesa di un quadro sistematico di accrescimento della ricchezza. I suoi avversari, sfortunatamente, si concentrano più sulla sua ricchezza personale derivante dalle sue holding internazionali piuttosto che sul danno che può causare alla società americana. Ci troviamo di fronte a un governo senza precedenti. Mar-a-Lago è una riserva privata: «Ma contrariamente alla casa bianca, non è accessibile al pubblico e non dispone del registro ufficiale dei visitatori.» Gli addetti stampa al seguito di Trump «sono stati alloggiati durante una parte del viaggio in una stanza le cui finestre erano ricoperte di plastica nera».

Forse presto tutta la nazione sarà ricoperta di plastica nera. Alle élite, da cui provengono gli aderenti al club, questo non si applica, e pravale un cameratismo in base al quale il presidente «potrebbe cercare dei consiglieri per un grande progetto governativo come un qualsiasi newyorkese potrebbe chiedere consiglio al caso per trovare un buon ortopedico». Ecco la comunità della ricchezza e dell’amicizia che fa comunella e opera insieme. Berchtesgaden? Forse sto esagerando, ma potrebbe essere solo questione di tempo. Il fascismo di impronta americana non si richiama al modello tedesco basato sull’interiorizzazione della disciplina e sull’obbedienza della società nel suo insieme, ma potrebbe ricorrere ad altri mezzi, come l’invenzione di un nemico interno o esterno alla nazione. Ciò che appare certo è che la democrazia, per il momento, non abbia alcuna voglia di combattere.

 

Norman Pollack –  CounterPunch

Fonte: http://lesakerfrancophone.fr

Link: http://lesakerfrancophone.fr/un-berchtesgarden-bis-mar-a-lago-le-refuge-ideologique-de-trump

22.02.2017

Traduzione dal francese per vwww.comedonchisciotte.org a cura di VOLLMOND

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