Brad Will, giornalista da New York di Indymedia, è stato ucciso ieri da forze governative messicane a Oaxaca. Questo è il suo ultimo comunicato intitolato: “Morte a Oaxaca”
— Comitato Chiapas di Torino
DI BRAD WILL
Ieri sono andato a fare un giro con la brava gente di Oaxaca – veramente camminavo da tutto il giorno. Nel pomeriggio mi hanno mostrato dove le pallottole hanno colpito il muro. Hanno contato il numero di pallottole che potevano. Mi ha ricordato il portone della casa di amadou diallos, ma là c’erano i graffiti prima che cominciasse la sparatoria. Una pallottola che non avevano contato era ancora nella sua testa. Aveva 41 anni, Alejandro Garcia Hernandez, ogni notte sulla barricata del quartiere. Quella notte era uscito per raggiungere sua moglie e i figli e per far passare un’ambulanza. Un camioncino ha tentato di proseguire. Lui s’è preso la pallottola quando ha detto loro che non potevano passare. Non l’avevano mai fatto. Quei militari in abiti civili hanno sparato.
A seguito,
Brad, un mediattivista innamorato dei popoli e delle loro lotte (Francesco Bria; Liberazione); Oaxaca: il Messico somiglia sempre più al Cile pregolpe (Gennaro Carotenuto); Link vari per gli aggiornamenti sulla situazione a OaxacaUn giovane che vuole essere chiamato solamente Marco era con loro quando sono avvenuti gli spari. Una pallottola gli ha trapassato la spalla. Era sotto shock quando l’abbiamo incontrato. 19 anni, non l’aveva ancora detto ai suoi. Ha detto di essere stato sulle barricate ogni notte e che ci sarebbe ritornato non appena le ferite si fossero chiuse.
Solo giorni prima c’era stata una delegazione di senatori in visita per verificare l’ingovernabilità dello stato. Ci hanno provato. La voce è girata per fermare il resto del governo. In dozzine sono usciti dal centro della città con bastoni e bombole di vernice. Hanno preso tre autobus e sono andati per tutta la mattina nei palazzi del governo ad informarli che erano chiusi. Abbiamo apprezzato la loro cooperazione volontaria. Quando sono ripartiti dopo l’ultima fermata, sono comparsi tre uomini armati che hanno cominciato a sparare. Due autobus erano già stati portati via. 10 minuti di battaglia con lancio di pietre razzi e urla. Un ferito alla testa. Un altro alla gamba. Sono andati da soli all’ospedale mentre continuava la battaglia. Un appello alla radio e sono arrivate persone da tutte le parti. Gli uomini amati erano intorno all’edificio. Sono andati via. Forse dentro. Non è sicuro. Allerta. Sono stati avvistati dei poliziotti in borghese appostati intorno all’ospedale e la gente è corsa a proteggere i feriti.
Cosa si può dire di questo movimento. Questo momento rivoluzionario. Si sa che si sta costruendo, crescendo, plasmando. Lo puoi sentire. Cercando disperatamente una democrazia diretta. In novembre la APPO terrà una conferenza a livello nazionale per la formazione di un’Assemblea Nazionale del Popolo di Oaxaca (AEPO). In questo momento sono 11 gli stati, tra i 33 stati messicani, ad aver dichiarato la formazione di assemblee popolari come la APPO. Alcune dall’altra parte negli Stati Uniti – I marines sono tornati in mare anche se la polizia federale che ha devastato Atenco resta nelle vicinanze – Nel nuovo accampamento in Messico è iniziato uno sciopero della fame. Il senato può espellere URO. Chi sarà il prossimo nessuno lo sa. E’ un puntino luminoso attraverso un vetro pronto a bruciare o mostrare la strada. E’ chiaro che questo è più di uno sciopero, più dell’espulsione di un governatore, più di un blocco, più di una coalizione di settori. E’ una vera rivolta di popolo. Dopo decenni di PRI regolato da corruzione, frode e pallottole la gente è stanca. Lo chiamano il tiranno. Parlano di distruggere questo autoritarismo. Non puoi non sentire il bisbiglio della giungla Lacandona nelle strade. Ad ogni angolo di strada decidono di resistere insieme. Lo vedi sui loro volti. Indigeni, donne, bambini. Così coraggiosi. In allerta nella notte. Orgogliosi e risoluti.
Ho camminato dalla barricata di Alejandro con un gruppo di simpatizzanti che venivano da una zona di periferia, ad un mezz’ora di distanza. Procedevo con gente furiosa, diretta verso l’obitorio. Sono entrato e l’ho visto. Non ho visto molti cadaveri nella mia vita. Ti opprimono. Un mucchio di cadaveri senza nome in un angolo. Il numero del morto, chi era più o meno. Niente refrigerazione. L’odore. Hanno dovuto aprirgli il cranio per estrarre la pallottola. Sono tornato con lui e con gli altri.
Ed ora Alejandro aspetta nello zocálo, come gli altri nei loro presidi, aspetta ad un punto morto, un cambiamento, una via d’uscita, una strada per proseguire, una soluzione… sperando che la terra si muova e si apra, aspettando che arrivi novembre per potersi sedere coi suoi cari nel Giorno dei Morti, per condividere cibo, bibite e canti… aspetta che la piazza si consegni a lui e scoppi… da solo aspetterà fino alla mattina ma questa notte spera che il governatore e i suoi prezzolati se ne vadano e non ritornino mai… una morte in più, un martire in più in una guerra sporca… un’occasione in più per piangere e sentire il dolore… un’occasione in più per conoscere il potere e la sua malvagità… una pallottola più cattiva nella notte… un’altra notte sulle barricate… alcuni fanno un falò, altri si coricano a dormire, ma tutti stanno con lui mentre si riposa per un’altra notte nella sua guardia”…
URO = Ulises Ruiz Ortiz, “governatore” dello stato di Oaxaca
Planton = sit in, veglia
Cocalo = Piazza centrale
Versione originale
Brad Will
Fonte: http://nyc.indymedia.org/
Link: http://nyc.indymedia.org/en/2006/10/77343.shtml
17.10.2006
Versione italiana
Fonte: http://www.ipsnet.it
Link: http://www.ipsnet.it/chiapas/2006/271006o1.htm
(tradotto dal Comitato Chiapas “Maribel” – Bergamo)
Link
http://www.ipsnet.it/chiapas/unotiz06.htm