DI MICHELE PUTRINO
medium.com
In questi giorni l’intero giornalismo mainstream si è scatenato alla notizia che, forse, i russi si fossero messi a influenzare il pensiero politico degli italiani attraverso la creazione di finti account su Twitter. Un allarmismo esagerato e risibile se non fosse che dietro si nasconde qualcosa di molto serio.
Twitter: il social dell’élite
In pochi tra i giornalisti e i politici se ne rendono conto ma per il grande pubblico Twitter è solo il nome di un social spesso citato in TV e nulla più. Sì perché, come l’ultima indagine condotta da We Are Social in collaborazione con Hootsuite dimostra, Twitter non solo è il social network che, nel mondo, è di gran lunga meno usato rispetto a Youtube, Facebook e Instagram ma, in Italia, si trova addirittura dietro a Google+, social di cui molte persone ignorano addirittura l’esistenza! Eppure il caso “troll russi” è scoppiato proprio a causa di eventi accaduti su Twitter. Ora, immaginando che il lettore sia già a conoscenza di questa storia, passo subito ad analizzare la questione.
Considerando che è semplicemente ridicolo pensare che 1500 tweet possano seriamente influenzare la politica italiana e che questi nulla hanno a che fare con il governo russo — come ha dimostrato la rivista Wired — sorgono spontanee due domande. La prima è: visto che Twitter è così poco influente sul grande pubblico, perché tutta questa ossessione per quello che accade su quel social? La seconda invece è: e perché esiste questa costante esigenza di identificare come nemici i russi? Alla prima domanda è facile rispondere: perché essendo molto attivi su Twitter soltanto giornalisti e politici, questi si alimentano a vicenda fino a cadere nella classica illusione di credere che tutto il mondo si trovi lì. Già perché, come qualsiasi esperto di comunicazione sa bene, noi amiamo e riconosciamo solo ciò che è simile a noi e che, a sua volta, ci riconosce. Di conseguenza diventa estremamente palese il fatto che ad alimentare il caso “troll russi su Twitter” siano stati proprio alcuni politici e giornalisti che hanno prontamente riportato il caso sui grandi media mainstream, nella convinzione che ciò che riguarda Twitter sia grave. Un errore grave non soltanto perché fa vedere:
- l’estrema non-conoscenza del sistema comunicativo contemporaneo da parte di alcuni politici e giornalisti;
- che la strumentalizzazione di questi tweet “sospetti” è partita da chi è abituato a vedere Twitter come social principale e non certamente da qualche struttura statale o privata che ha conoscenze professionali tali da non commettere certamente questi errori da principianti;
- tentando di attaccare una controparte politica o ideologica attraverso questi metodi, si spinge il grande pubblico a guardare con sospetto queste notizie che ruotano intorno al “mondo” Twitter. Sì perché il principio del “rifiuto ciò in cui non mi riconosco” vale anche per la gente comune, che è la maggioranza; e dato che Twitter non appartiene ai più, inevitabilmente la maggioranza tenderà a non “assorbire” questo tipo di notizie ascoltando, invece, chi gli parla “direttamente” attraverso un social a loro più vicino (come accade, ad esempio, con gli esponenti di Lega e M5S con Facebook).
La Russia, nemico pubblico di progressisti e globalisti
Insomma, in estrema sintesi, è abbastanza palese che dietro al tentativo, parecchio maldestro, di far scoppiare il caso “troll russi” su Twitter ci siano alcuni politici e giornalisti che vedono con terrore il fatto che questa nuova visione politico-culturale, che si sta diffondendo rapidamente e che rifiuta la visione progressista e globalista che ha regnato incontrastata gli ultimi decenni, possa affermarsi definitivamente. E, dato che la Russia, ormai da decenni, si è posta come “missione” il respingere questa visione progressista e globalista e, quindi, a difesa della visone tradizionale della vita, va da sé che la Russia diventa, per i così detti “poteri forti globalisti”, il nemico pubblico numero uno. Inoltre, questa situazione va a soddisfare un’esigenza psicologica fondamentale per i popoli, e cioè quella di avere un nemico pubblico da combattere.
Nella regola numero tre del mio ebook La mente dello stratega scrivevo:
Avere un nemico è necessario: consente di concentrare le forze verso una ben determinata direzione e, così facendo, aumenta l’efficacia dell’azione. Inoltre, questo orientamento delle proprie forze fa sentire sani e incredibilmente vivi. […] Per sentire la vita è necessario il contrasto. Senza contrasto, infatti, sarebbe impossibile anche camminare. E il nemico, nella vita, è il necessario contrasto che ti permette di avanzare.
Quale miglior nemico, dunque, della Russia e dei russi? Nell’immaginario collettivo occidentale, infatti, dopo decenni e decenni di Guerra Fredda in cui tutto ciò che proveniva dalla Russia era descritto e rappresentato come “mostruoso”, questa immagine “negativa” è rimasta più o meno inevitabilmente impressa. E oggi la parte progressista della politica occidentale sta provando in tutti i modi a riattizzarla con l’obiettivo di spegnere l’ultima sacca di resistenza tradizionale e far proseguire, con le buone o con le cattive, in ogni modo il progressismo. Ecco quello che si nasconde dietro alle vicende come quella dei “troll russi”.
Si sta combattendo un’enorme guerra ideologica a carte coperte: prendetene coscienza.
Michele Putrino, Esperto in Leadership e Comunicazione
Fonte: https://medium.com
Link: https://medium.com/@ItPutrino/troll-russi-twitter-e-la-costante-esigenza-di-identificare-un-nemico-pubblico-c7e3c4a6019c
8.07.2018