DI MICHAEL GOODSPEED
Thunderbolts
“Non esiste alcun psicofarmaco che sia in grado di curare uno stato di depressione le cui cause sono spirituali, perchè il malessere non si origina da una disfunzione del cervello, ma non è altro che una accurata risposta alla dissacrazione della vita” – David R. Hawkins, Potere vs Forza
Recentemente ho letto un reportage che afferma che per milioni di Statunitensi la solitudine è diventato un problema di salute molto serio. Secondo questo reportage, stiamo assistendo all’emergere del paradosso di una popolazione che è in vertiginoso aumento, e del crescente isolamento sociale a cui molti di noi sono destinati. Adesso lo Statunitense medio può contare solamente su due amici con i quali si può confidare su questioni importanti, e approssimativamente un quarto di noi non ne ha nemmeno uno. È anche possibile che gli Stati Uniti vengano visti ancora oggi come la Terra delle Opportunità, ma è anche in maniera crescente la terra dei depressi e degli emarginati sociali. L’ovvia ironia è che un numero sempre maggiore di noi è socialmente isolato nonostante la totale e penetrante diffusione della “comunicazione” elettronica. I telefoni cellulari, le messaggerie, le email e le chat su internet hanno fallito in maniera clamorosa nello svolgere la funzione di sostituti dei veri contatti umani.
Ma perchè siamo tanto soli? Naturalmente la necessità di lavorare, gli obblighi famigliari e le infinite distrazioni dell’intrattenimento ci strappano una gran quantità di tempo che potrebbe essere usato per socializzare. Ma esiste un problema ben più profondo che potrebbe essere la causa che ha spinto molti di noi a rifugiarci nei nostri mondi privati privandoci così di amore e amicizia.
Dal mio punto di vista, la depressione e la solitudine di un numero tanto grande di Statunitensi possono essere inevitabili tanto quanto lo è il cancro ai polmoni per i fumatori. Nessuna cultura che svaluta la vita, l’amore e il significato in maniera tanto profonda come la nostra può dar vita ad una popolazione che si senta felice o unita. Fin dal giorno della nostra nascita, la capacità di amare noi stessi e di relazionarci con gli altri è stata sovvertita da un migliaio di barriere messe in campo dal condizionamento culturale.
Quali sono queste “barriere”? Sono le modalità in cui vediamo noi stessi, gli altri e il mondo circostante, che ci portano a provare un senso di separazione e di solitudine. Una di queste enormi barriere è l’abitudine che abbiamo, basata sul condizionamento, di giudicare. I rispettivi meccanismi dell’educazione, della religione e dei media, in maniera diversa, ci programmano a giudicare noi stessi e gli altri in una luce profondamente limitata. Quando chiediamo a noi stessi, “Chi sono io? Chi sono le persone che mi circondano?” le risposte che otteniamo sono irrimediabilmente distorte.
Il “giudicare” implica la conoscenza di cosa é “giusto” e di cosa é “sbagliato”. Quando ci leviamo a giudicare le altre persone, accettiamo coloro che sembrano “buoni” e condanniamo quelli che ci paiono “cattivi”. Ma qual’é la base sulla quale discerniamo la “bontà” o la “cattiveria” di una persona? Considerate questo esempio: quando un uomo vede una donna giovane e attraente vestita in maniera provocante, tende a sentirsi “bene”. Quando vede una donna anziana senza denti e dai vestiti stracciati, tende a sentirsi “male”. Ha accettato la donna attraente giudicandola “buona” e ha condannato la donna anziana definendola “cattiva”.
L’esempio appena illustrato dimostra che la nostra abituale capacità di giudizio tende ad essere folle e squilibrata. La donna attraente é stata accettata e definita “buona” anche se non ha rivelato niente in superficie che é destinato a durare, che é amabile, significativo, o di alcun aiuto. La donna anziana viene invece condannata e quindi giudicata “cattiva” anche se é “colpevole” di nient’altro se non il declino fisico a cui noi tutti siamo inevitabilmente destinati. Quindi perché l’uomo crede che la donna attraente gli possa offrire qualcosa, e che la donna anziana invece non possa offrirgli niente? Il suo pensiero é influenzato da qualcosa di molto più profondo di un semplice bisogno biologico. Può solo vedere e sentire nella maniera in cui é stato programmato a fare per tutta la vita.
Tutti noi sappiamo quali sono i valori e le ricompense della nostra cultura: l’attrattività fisica, la statura, il benessere economico, e il potere. I media sono tanto pervasivi che é quasi inevitabile che ci martellino con le immagini di “persone molto speciali” — attori, cantanti, modelle e atleti che fisicamente sono bellissimi. Veniamo educati ad attribuire valore a noi stessi e agli altri solo sulla base di quello che é transitorio, temporaneo, che non é di alcun aiuto e che non produce amore.
Il sistema di pensiero individuale che viene a crearsi da questi “valori” collettivi può essere solo l’egotismo. La prova di ciò é visibile ovunque. Se recentemente ti é capitato di camminare in un centro commerciale o in un cinema, é probabile che tu ne sia consapevole. I tuoi concittadini probabilmente non ti hanno accolto con lo sguardo degli occhi e con un caldo e largo sorriso. é più probabile che i loro occhi si siano lanciati su di te – sfidando, giudicando, ricercando una “scena” sessualmente attraente, e misurando la “competizione”. O forse ti hanno fissato senza alcuna espressione, senza prestare alcuna attenzione nei confronti della tua presenza. Tu probabilmente ti sei reso conto dell’impossibilità di stabilire alcuna connessione con loro.
I problemi legati al rampante egotismo per come la vedo sono i seguenti: 1. l’ego non può esprimere “giudizi” che siano fondati sulla verità; 2. l’ego non é capace di amare o di essere amato. L’unica cosa che l’ego può mai sperare é di essere l’oggetto delegato al potenziamento di altri ego. Guardate solamente alla maniera in cui adoriamo gli atleti professionisti. Quando un atleta realizza una buona prestazione, i suoi sostenitori fanno esperienza di un crescente senso di se stessi. Quando invece un atleta realizza una cattiva prestazione, questi stessi fan maledicono il suo nome e si mettono a cercare un altro idolo. A quale persona risulta anche solo lontanamente soddisfacente quel tipo di “amore”? Dov’é il concreto innalzamento del proprio io in tutto questo?
Questi orripilanti giudizi che gettiamo su noi stessi e sugli altri ci stanno conducendo all’isolamento sociale e alla depressione. In forma crescente, vogliamo per noi stessi solamente quelle transitorie qualità di superficie che il mondo definisce “speciali”. E queste sono le sole qualità che troviamo desiderabili negli altri.
Questo bisogno patologico di “essere speciali” é molto più distruttivo della mera vanità o superficialità. é la fonte da cui fuoriesce gran parte della confusione, della follia, e degli omicidi di cui sentiamo parlare nei notiziari della sera. Il bisogno di “essere speciali” dal punto di vista religioso, razziale, o nazionalista ha provocato ben più morte di qualunque altra forza nella storia. Gli Ebrei che odiano i Musulmani e i Musulmani che odiano gli Ebrei sono entrambi rimasti vittime della stessa patologia. Tanto quanto una persona che é stata programmata al solo valore dell’attrattività fisica, questi “combattenti” religiosi e razziali non possono fare esperienza di alcuna vera connessione o di alcun sentimento di amore verso un altro essere umano. L’amore é stato strangolato dai giudizi che sono completamente illusori e condizionati dalla cultura.
Ma la VERA connessione – sia con gli altri che con la propria vera natura – é possibile, e può essere sorprendentemente facile da raggiungere. Tutto ciò che ognuno di noi deve fare é riconoscere di essere completamente insano di mente, e scegliere di non accettare la validità dei suoi abituali parametri di giudizio. Questo comportamento é consigliato da tutti i più grandi maestri spirituali della storia. Gesù ha insegnato che uno deve amare il suo prossimo come se stesso, e amare i suoi nemici e pregare per quelli che lo perseguitano. Budda ha insegnato che la percezione é in grado di vedere solo ciò che é illusione, e che quindi tutti i giudizi devono per forza di cose essere fallaci. Non é chiaramente possibile VEDERE un’altra persona da una posizione di giudizio, che é sempre un’emanazione dell’ego.
Non penso che avrei mai potuto scrivere questo saggio se non mi fosse capitato di camminare con la tristezza al mio fianco. Mi sento più spesso triste di quanto mi senta felice. Ambisco a connettermi con gli altri più di ogni altra cosa sulla Terra. E non provo altro che compassione per i miei numerosi fratelli e sorelle che hanno perduto la capacità di amare e di essere amati. Ma sono pieno di speranza perché ho compreso che quel primo passo critico che noi tutti dobbiamo fare prima di poter trovare una vera connessione é possibile.
Non sarò mai più tanto stupido da giudicare un’altra persona – o me stesso – sulla base delle mie abitudini di percezione. Conosco molto poco, ma una cosa che so per certo é che la creazione di Dio merita di essere amata. Abitualmente condanniamo gli altri sulla base di quello che vediamo in superficie, ma tutto quello che possiamo VEDERE é il transitorio congegno corpo/cervello/ego che é stato contaminato e degradato dalla programmazione culturale. Ma questo non é quello che una persona é realmente. Non é quello che sono io.
Forse hai scelto di leggere questo saggio perché il suo titolo riflette la tua condizione. Forse anche nel tuo caso la più stretta compagna é la tristezza. Senza alcuna falsità, senza seguire alcuna strategia o senza alcun sentimentalismo voglio dirti “Ti amo”. Te lo dico solo perché é una semplice affermazione di fatto. Dio ti ha creato come Amore, allo stesso modo come ha creato me. Se ti guardo negli occhi e ti vedo veramente per quello che sei, vedrò solo me stesso riflesso. Ti amo. Chiunque tu sia, qualunque sia la tua storia, qualunque sia il caso. Ho sprecato anni della mia vita a tentare l’alternativa, ed é troppo doloroso andare avanti in questa maniera.
Possiamo essere amici ancora una volta. Possiamo porre fine a tutta la sofferenza, la tristezza, la violenza e la morte. Possiamo tornarcene a casa. Basta fare semplicemente un piccolo passo. Il primo passo.
Perdonare.
Versione originale:
Michale Goodspeed
Fonte: http://www.thunderbolts.info/
Link: http://www.rense.com/general73/sadness.htm
10.09.2006
Versione italiana:
Fonte: http://www.radioforpeace.info/
Link: http://www.radioforpeace.info/articolinuovaera/itapiece191.htm
Traduzione a cura di Melektro per www.radioforpeace.info
Painting: Loneliness by Sergei Chepik