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Torino: Q&A

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A cura di Davide
Il 5 Giugno 2017
196 Views

FONTE: ROSSLAND

Pare che a generare il caos a Piazza San Carlo a Torino, che ha procurato 1527 feriti, 2 dei quali gravi, siano stati due ragazzi per “fare una bravata”.
La notizia mi disturba più di quella dell’ultimo attentato di Londra.

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Continuo a chiedermi cosa non mi torna di questa Piazza devastata peggio che se fosse passata una mandria di bisonti infuriati.
Non mi tornano le bottiglie di birra in vetro che circolavano e si sono puntualmente rivelate micidiali al momento del panico.
Non mi tornano i racconti, assolutamente credibili, di gente nel panico che si muove a ondate camminando sopra a quelli che, spinti, cadevano a terra.
Non mi torna poi la totale assenza di servizi d’ordine in una piazza gremita di circa 40mila persone dove girava birra a fiumi senza che nessuno vigilasse intorno alle transenne il via vai di delinquenti fornitori di bottiglie in vetro vietate agli ingressi.

A non farmi tornare niente è però una domanda, decisamente cinica: e se invece di un paio di deficienti sbronzi che gridano Allah Akbar, ci fosse stato un reale terrorista con zainetto armato e pronto a farsi saltare, fra quei 40mila, possibile non ci fosse nemmeno un giovane aspirante eroe capace di provare a fermarlo per fermare la strage?

No, pare proprio di no: è bastato un cretino ubriaco che, a torso nudo e zainetto sulle spalle, urlasse il convenuto grido pre-bomba islamico, per scatenare solo panico, senza eroi.
Niente sangue freddo, solo irrazionale paura pavloviana conculcata a forza di attentati-lezione da imparare.
Certo, il condizionamento innesca reazioni da conigli, e ormai di fronte all’islamico armato si dimostra, come appunto nel caso della piazza di Torino, che l’obiettivo di reazioni da laboratorio di propaganda è raggiunto ed efficace nel 100% dei casi.

Abituati a vivere in gruppo, a pensarsi come parte del gruppo, a ragionare in gruppo, a socializzare per gruppi, l’istinto di sopravvivenza individuale è ormai limitato al classico la miglior difesa è la fuga.
Non è tragico?
Ricordo i numerosi casi di singole persone che di fronte alla minaccia non si sono fatte intimorire reagendo passando all’attacco (ne cito uno per comprenderli tutti, e se cercate in rete sono parecchi).
Rischiando la vita, certo, ma con questo dicendoci anche che la miglior difesa è l’autodifesa, la reazione di fronte a un’aggressione o una minaccia, che è provare a fare scudo contro la sopraffazione e la barbarie, la civiltà; non la fuga al primo babau urlato da un imbecille.
Uno, dico uno su circa 40mila, che sapesse guardare in faccia la minaccia del terrore islamico senza indietreggiare, potrebbe forse innescare il ricordo collettivo della possibilità umana di reagire, anziché subire ritraendosi in se stessi e scappando.

L’eroe, nel 99,9% dei casi muore, si sa.
E la sua morte serve però a ricordare alle pecore che sono tali solo perché anziché coltivare in sé il coraggio, coltivano in sé la paura anche della propria ombra.

Qui, invece, abbiamo ormai la prova che siamo solo un gregge di pecore armate di cuore&amore con cui combattere il nemico (pagandosi pure 40€ di biglietto), quindi incapaci perfino di pensare che il nemico del cuore&amore se ne strafrega, e al dunque ti ammazza comunque e pure con meno fatica.

Capisco il panico, eh? Specie se sei sbronzo e sei educato a reagire in gregge, più che farti guidare dal tuo individuale istinto di sopravvivenza.
Però, vivvaddio, almeno uno che di fronte al falso dinamitardo ubriaco gli si fosse lanciato contro nel tentativo di almeno buttarlo a terra, me lo sarei aspettato.
Uno.
Invece niente.
Tutti polli da batteria che finiscono per ferirsi l’un l’altro passandosi sopra e calpestandosi come niente fosse, e facendosi sgorgare sangue a fiumi con i cocci delle loro stesse bottiglie rotte di birra.
Un’immagine devastante, in tutti i sensi.

Finiremo sottomessi senza batter ciglio, per assenza di anticorpi emozionali e un istinto di sopravvivenza atrofizzato da buoni sentimenti un tanto al chilo.
Una gran brutta fotografia.
Tanti bravi ragazzi che, al momento della prova suprema, quella che può decidere fra la vita e la morte, quella che di fronte alla minaccia della propria e altrui sopravvivenza, non sanno salvare né il mondo né se stessi.
D’altra parte, se ti globalizzano al punto che non hai più un tuo mondo, ma solo un mondo per viaggiare, studiare, lavorare, non hai più ragione di difendere alcun mondo preciso.
Quindi, al più, di fronte a una minaccia ti arrendi.
E scappi da un’altra parte, tanto una vale l’altra.

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Figurati la reazione, mi dico, se ci invadessero “li turchi “oggi…
Ah, no: i “turchi” oggi ce li andiamo a prendere e, dato che siamo quelli buoni del cuore&amore, li vogliamo “integrare”.
E infatti, a integrarci sono loro, avendoci già colonizzato l’organo pensante minacciando “il nostro stile di vita” a furia di paure indotte e difesa del loro diritto alla moschea sotto casa.

Fonte: http://rossland.blogspot.it/

Link: http://rossland.blogspot.it/2017/06/torino-q.html

5.06.2017

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