The Donald: cosa c’è di sbagliato in lui ?

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DI ROSANNA SPADINI

comedonchisciotte.org

Ventisette psichiatri hanno pubblicato un libro intitolato «The Dangerous Case of Donald Trump», che afferma che il destino del mondo è nelle mani di un pazzo molto pericoloso. Trump viene descritto  come edonista, narcisista, prepotente, disumano, bugiardo, misogino, paranoico, razzista, egocentrico, sfruttatore, antipatico, inaffidabile, arrogante, insensibile, delirante, e apertamente sadico.  Sarebbe affetto da disturbo narcisistico di personalità, disturbo antisociale di personalità, disturbo paranoide di personalità, disturbo delirante. Per di più queste patologie sarebbero in netto peggioramento negli ultimi tempi.

Si erano riuniti lo scorso marzo a una conferenza dell’Università di Yale per confrontarsi con due domande:

1) Cosa c’è di sbagliato in lui?

2) La responsabilità professionale include il dovere di avvertire l’opinione pubblica?

Questi specialisti hanno voluto rispettare a loro modo la «Regola Goldwater», che impedirebbe loro di esprimere diagnosi su figure pubbliche che non abbiano personalmente esaminato … «Rispettiamo la regola, ritenendola subordinata al principio più importante che guida la nostra condotta professionale, la nostra responsabilità per la vita e il benessere umani».

Quindi, questo libro illuminante e sconfortante è stato assunto come espressione del «dovere di avvertire». La prefazione è di uno dei maggiori psicostorici americani, Robert Jay Lifton.

Anche se alcune persone sostengono che il sistema politico americano non stabilisce standard intellettuali o cognitivi per poter diventare Presidente, e quindi le norme ordinarie della pratica di psichiatra dovrebbero fermarsi davanti allo Studio Ovale, Lifton sostiene di avere il dovere di avvertire le persone della pericolosità del Presidente.

E poiché Trump è presidente e opera all’interno delle interazioni politiche della presidenza, c’è una tendenza a considerare ciò che fa come parte del nostro processo democratico, quindi politicamente e persino eticamente normale. Per esempio alcuni psicologi americani divennero architetti della tortura della CIA durante la guerra in Iraq. Questi comportamenti vengono definiti di «normalità maligna».

Donald Trump mente ripetutamente, fa anche affermazioni stupefacenti sulle armi nucleari. La sua è un’evidente forma di disturbo delirante, una profonda perdita di contatto con la realtà esterna. Anche l’Alzheimer potrebbe essere una malattia che lo affligge.

Insomma certamente molti dei presidenti del passato hanno avuto più successo di Trump in quella che Robert J. Lifton chiama la «normalizzazione del male», per esempio l’accettazione della tortura. Oppure per le stragi condotte con missili bomba o droni, normalizzate durante l’era di Obama.

La maggior parte dei sintomi riscontrati a Trump sono esistiti in vari gradi e combinazioni in presidenti passati e membri del Congresso. Ma alcuni dei sintomi in combinazione con altri indicano una sociopatia grave. Obama ha cambiato posizione, mentito, complottato, ha sostenuto 7 guerre contemporaneamente, ha scherzato sull’uso dei droni per i fidanzati della figlia, ecc… però ha parlato sempre bene, ha usato un vocabolario moderato, ha evitato il palese razzismo, il sessismo e il bullismo personale, non sembrava adorare se stesso, non si vantava di violenza sessuale, e così via.

Gli autori del libro accusano Trump di essersi unito alla lunga lista dei presidenti che hanno minacciato di usare le armi nucleari, ma quando Jeremy Corbyn ha detto che invece non le avrebbe usate, nel Regno Unito si è scatenato l’inferno e anche il suo stato mentale è stato messo in discussione.

Questi psicanalisti dicono di voler difendere la «democrazia» americana da Trump, e identificano  Vladimir Putin con Adolf Hitler. Ma guarda caso gran parte del Partito Democratico crede nel «Russiagate» senza averne le prove. E l’Iran è stata considerata dagli americani come la più grave minaccia alla pace nel mondo, mentre Gallup e Pew assegnano  quell’onore agli Stati Uniti.

David Swanson sta raccogliendo sul suo blog, numerosi articoli che dimostrino i reati commessi da Trump.  Sebbene diversi potenziali articoli di impeachment contro Trump siano molto forti, dice Swanson, e sceglierne uno qualsiasi sarebbe sufficiente, l’esempio più evidente a prova della legittimità dell’impeachment è cumulativo.

Swanson aveva già spinto per l’impeachment di Bush e di Obama per alcuni reati simili, però molti degli alti crimini e misfatti di Trump non avrebbero precedenti.

Una tesi decisamente contraria è invece quella di Thierry Meyssan, per il quale sarebbe un grave errore giudicare il presidente Trump con i criteri della classe dirigente di Washington e di buona parte dell’opinione pubblica americana, e non tener conto della storia e della cultura degli Stati Uniti. Ed è errato anche interpretare le sue azioni in base agli schemi del pensiero europeo. In effetti, la difesa di Trump del porto d’armi o dei manifestanti razzisti di Charlottesville non avrebbero nulla a che vedere col sostegno agli estremisti, ma rispecchierebbero unicamente la promozione della Bill of Rights.

Thierry Meyssan cerca di spiegare la corrente di pensiero rappresentata da Trump e traccia un bilancio delle sue politiche economiche e militari, ponendo al tempo stesso il problema dei limiti del pensiero politico statunitense e dei rischi che implica lo smantellamento dell’«Impero americano».

Trump infatti ha condotto una campagna elettorale fondata sulle basi storiche del suo partito, da molto tempo dimenticate dai politici, ed è riuscito ad eliminare ogni rivale. Egli ha vinto nonostante tutte le previsioni avverse, così come oggi tutti i media sostengono che non abbia alcuna possibilità di essere rieletto.

Lo stesso Donald Trump sembra mascherare i propri atti più significativi dietro un flusso di dichiarazioni e tweet contraddittori, mentre l’opposizione e i media, lo dipingono come un folle. Però le sue politiche vorrebbero essere espressione della storia degli Stati Uniti, promossa dai «Padri pellegrini», i puritani del «Mayflower», il cui arrivo viene festeggiato con il «Thanksgiving», e al tempo stesso da una moltitudine di migranti dell’Europa del nord.

I primi rappresentavano un piccolo gruppo, ma avevano un progetto religioso e politico, volevano costruire una New Jerusalem, organizzata secondo la legge di Mosè. Contemporaneamente però volevano sostenere con perseveranza lo scontro contro l’Impero inglese e quello spagnolo. I migranti dell’Europa del nord cercavano invece fortuna in una terra che immaginavano libera, senza abitanti, senza costrizioni, senza un governo che non fosse quello del territorio. L’insieme di questi due gruppi diedero origine ai White Anglo-Saxon and Protestant (WASP, Bianchi, Anglosassoni e Protestanti).

Quando fu stesa la Costituzione, dice Meyssan, i «Padri fondatori» erano in maggioranza rappresentanti dei puritani. Su impulso di Alexander Hamilton, elaborarono un testo antidemocratico che riproduceva il funzionamento della monarchia britannica, ma che trasferiva il potere della gentry alle élite locali, i governatori. Il testo suscitò l’ira dei migranti nordeuropei cui la Guerra d’Indipendenza era costata il sacrificio di molte vite. Invece di riscrivere la Costituzione e di riconoscere la sovranità popolare, su iniziativa di James Madison vi furono aggiunti una decina di emendamenti, che costituiscono la «Bill of Rights», a garanzia del loro diritto di difendersi nei tribunali contro la Ragione di Stato. L’insieme dei due testi restò in vigore per due secoli, con soddisfazione per entrambi i gruppi.

Poi il 13 settembre 2001 il Congresso adottò poi precipitosamente un Codice antiterrorismo molto consistente, lo «USA Patriot Act», un documento, preparato in segreto negli anni precedenti, che sospese la Bill of Rights in ogni circostanza connessa al terrorismo. A partire da quella data, gli Stati Uniti del repubblicano George Bush Jr. (discendente diretto da uno dei puritani del Mayflower) e del democratico Barack Obama, sono stati governati esclusivamente secondo i principi puritani attualizzati.

Donald Trump si è presentato alle elezioni come candidato dei nordeuropei, ossia dei WASP non puritani. Ha sostenuto la sua campagna elettorale sulla promessa di restituir loro il Paese confiscato dai puritani e invaso da ispanici, che rifiutano di integrarsi nella cultura americana. Lo slogan di Trump «America first!» deve essere inteso come volontà di restaurare il «sogno americano», quello di far fortuna, in contrapposizione al progetto imperialista puritano e all’illusione del multiculturalismo.

La difesa della Bill of Rights include anche il riconoscimento del diritto di manifestare anche a gruppi estremisti (1° emendamento) e il diritto dei cittadini di possedere armi per resistere a possibili eccessi dello Stato Federale
(2° emendamento). È perciò perfettamente legittimo, dice Meyssan, che il presidente Trump abbia sostenuto il diritto di manifestare di gruppi razzisti a Charlottesville e abbia espresso il proprio appoggio alla National Rifle Association (NRA). Questa filosofia politica può sembrare assurda a un non-statunitense, ma è espressione della storia e della cultura di quel Paese.

Dal suo arrivo alla Casa Bianca, Trump agisce secondo alcuni obiettivi: sviluppare l’economia e inibire la finanza; smantellare l’Impero americano e ristabilire la Repubblica, ossia l’interesse nazionale; difendere l’identità WASP ed espellere gli ispanici che rifiutano di integrarsi nella cultura statunitense.

Ebbene, Donald Trump ha da poco nominato Jerome Powell, a capo della Federal Reserve Bank. Per la prima volta a presiedere questa istituzione non sarà un economista, bensì un giurista. Il suo compito sarà mettere fine alla politica monetarista e alle regole in vigore dalla disfatta americana in Vietnam e dalla fine della convertibilità del dollaro in oro. Dovrà studiare nuovi regolamenti che rimettano il capitale al servizio della produzione, non più della speculazione.

La poltrona della Fed è il principale lavoro che guida l’economia americana. Powell ha difeso alcuni dei controlli più rigorosi della Fed sul mercato finanziario, ma ha anche indicato le aree in cui ritiene che la regolamentazione potrebbe essere stata violenta.

La riforma fiscale di Donald Trump ha poi agevolato soprattutto le imprese, con un’imposta aziendale tagliata al 20% contro la precedente del 35%, un livello attaccato come il più punitivo e meno competitivo per le grandi economie globali.

Riforma fiscale e doganale insieme, dovrebbero far cessare la convenienza economica dei tanti posti di lavoro delocalizzati e dovrebbero indurre diverse industrie a rientrare in patria.

 

 

Per Donald Trump sarà grande la tentazione di risolvere il problema culturale e demografico degli Stati Uniti favorendo l’espulsione definitiva dei No-WASP e la secessione della California, la «Calexit». Perché secondo il geopolitico messicano Alfredo Jalife-Rame, due terzi degli ispanici che non parlano inglese abitano in California, ex territorio messicano.

In questo caso la Casa Bianca dovrà fare i conti con i problemi posti dalla perdita dell’industria dello spettacolo di Hollywood, dell’industria del software della Silicon Valley e, soprattutto, della base militare di San Diego.

L’operazione condotta dalla Casa Bianca e dalle sue casse di risonanza contro Hollywood con l’affare Weinstein potrebbe indicare che questo processo è già iniziato. E la secessione della California potrebbe dare avvio a uno smantellamento etnico degli Stati Uniti fino al ripristino del loro territorio iniziale, costituito dai 13 Stati che adottarono la Costituzione, Bill of Rights inclusa.

Anche se questa tesi di Meyssan mi sembra obiettivamente fantapolitica …

 

Rosanna Spadini

Fonte: comedonchisciotte.org

23.12.2017

 

 

 

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