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La Redazione

 

I piu' letti degli ultimi 30 giorni

THE ANTI-EMPIRE REPORT 33

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A cura di God
Il 8 Giugno 2006
111 Views
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blankAlcune cose che dovreste sapere prima della fine del mondo

DI WILLIAM BLUM

“Esci dalla Casa Bianca con le mani in alto!”

”Mi chiamavano fratello, John, papà, zio, amico”, ha detto John Allen Muhammad durante il suo processo in Maryland poche settimane fa. “Adesso mi chiamano malvagio”.

Muhammad, già noto come “il cecchino del Distretto di Columbia”, era sotto processo per sei omicidi in Maryland nel 2002. Già condannato a morte in Virginia per diversi altri omicidi, ha insistito sulla sua innocenza malgrado le prove contro di lui – comprese le analisi balistiche, del DNA e delle impronte digitali relative a un fucile trovato nella sua auto [1].

Privo di ogni reale potere politico, sono ridotto a fantasticare… un’aula di giustizia in qualche parte liberata del mondo, in un futuro non troppo distante, un tribunale… un imputato che testimonia…
“Mi chiamavano fratello, George, figlio, papà, zio, amico, Dubya, governatore, presidente. Adesso mi chiamano criminale di guerra”, dice tristemente, insistendo sulla sua innocenza malgrado le prove schiaccianti presentate contro di lui.

Quest’uomo può mai ficcarsi in testa l’idea che il sistema immunitario degli Stati Uniti sta cercando di liberarsi di lui? Probabilmente no. Non più di quanto possa farlo il suo complice.

Due anni fa il vice presidente visitò lo stadio degli Yankee per una partita di baseball. Mentre si cantava l’inno “God Bless America” (Dio Benedica gli Stati Uniti) nel settimo inning, sul tabellone segnapunti apparve un’immagine di Cheney. Fu accolta con così tanti fischi che gli Yankee rimossero rapidamente l’immagine [2]. Eppure, il mese scorso, il vice presidente si è presentato alla prima partita del campionato in casa dei Washington Nationals per fare il primo lancio. Il Washington Post ha riferito che ha “attirato rumorose proteste dal momento che ha messo piede sul campo finché non è trotterellato via. Questa beffarda accoglienza è stata sorprendentemente forte e lunga, data la natura bipartisan del nostro passatempo nazionale, e ha soffocato i pochi applausi segnalati dalle gradinate superiori.” [3].

Sarà interessante vedere se Cheney si presenterà ancora di fronte a un’ampia folla in un evento pubblico che non sia stato accuratamente scelto per garantire la presenza solo di gente per bene.
E perfino questo potrebbe non essere d’aiuto. Negli ultimi mesi, due volte un discorso pubblico di Donald Rumsfeld è stato interrotto da persone nell’uditorio che lo hanno chiamato criminale di guerra e lo hanno accusato di aver mentito per portare in guerra gli Stati Uniti. Questo è accaduto in una sala riunioni nel rispettabilissimo National Press Club a Washington e ancora in un forum nell’ugualmente rispettabile Southern Center for International Policy ad Atlanta.

In Cile, nel novembre scorso, l’ex dittatore Augusto Pinochet, mentre si avvicinava al processo per la morte di migliaia di persone, ha dichiarato a un giudice: “Sono addolorato per queste perdite e soffro per loro. È Dio che fa le cose, e mi perdonerà se ho commesso degli eccessi, cosa che non credo di aver fatto”. [4]

Dubya non avrebbe potuto dirlo meglio. Speriamo che un giorno potremo costringerlo a comparire di fronte a un giudice, uno non nominato da lui.

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[Criminale di guerra]

E il Piano Marshall?

Duranti gli anni in cui ho scritto e parlato del male e dell’ingiustizia inflitti al mondo da incessanti interventi degli Stati Uniti, spesso mi sono imbattuto nel risentimento di chi mi accusava di riferire solo il lato negativo della politica estera degli Usa e di ignorare i molti lati positivi. Quando chiedo alla persona di darmi alcuni esempi di quello che pensa mostri la faccia virtuosa dei rapporti degli Stati Uniti con il mondo nei tempi moderni, una delle cose menzionate quasi sempre è il Piano Marshall. Ciò viene spiegato con parole di questo tipo: “Dopo la seconda guerra mondiale, abbiamo altruisticamente rafforzato l’Europa dal punto di vista economico, compresi i nostri avversari in tempo di guerra, e abbiamo permesso loro di competere con noi”. Anche chi oggi è molto cinico con la politica estera degli Usa, chi è pronto a mettere in questione i moventi della Casa Bianca in Afghanistan, Iraq e altrove, non ha problemi a bersi questo quadro degli altruistici Stati Uniti nel periodo 1948-1952.

Dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti, trionfanti all’estero e intatti all’interno, videro una porta spalancata per la supremazia mondiale. Solo quella cosa chiamata “comunismo” era di mezzo, politicamente, militarmente e ideologicamente. L’intero establishment della politica estera Usa fu mobilitato per affrontare questo “nemico”, e il Piano Marshall fu una parte integrante di questa campagna. Come potrebbe essere altrimenti? L’anticomunismo era stato il principale pilastro della politica estera degli Usa dalla rivoluzione russa fino alla seconda guerra mondiale, arrestandosi per la guerra fino agli ultimi mesi della campagna nel Pacifico, quando Washington mise la sfida al comunismo prima della lotta contro i giapponesi. Questo ritorno all’anticomunismo incluse il lancio della bomba atomica sul Giappone come avvertimento per i sovietici. [5]

Dopo la guerra, l’anticomunismo continuò come leitmotiv di politica estera con la stessa naturalezza, quasi la seconda guerra mondiale e l’alleanza con l’Unione Sovietica non fossero mai avvenute. Accanto alla CIA, alle fondazioni Rockefeller e Ford, al consiglio per le relazioni estere, a varie aziende, e ad altre istituzioni private, il Piano Marshall fu una freccia in più nella faretra del rifacimento europeo, per fare in modo che il Vecchio Continente si adattasse ai desideri di Washington – diffusione del vangelo capitalista (contrastare le forti tendenze postbelliche verso il socialismo); aprire mercati per fornire nuovi clienti ad aziende Usa (una ragione importantissima per aiutare a ricostruire le economie europee; ad esempio, quasi un milione di dollari di tabacco, ai prezzi del 1948, su stimolo degli interessi Usa legati al tabacco); spingere verso la creazione del Mercato Comune e della NATO come parti integranti del baluardo dell’Europa occidentale contro la presunta minaccia sovietica; soffocare la sinistra in tutta l’Europa occidentale, in particolare sabotando i partiti comunisti francese e italiano nei loro tentativi di vittoria elettorale legale e non violenta. I fondi del Piano Marshall furono segretamente stornati per finanziare quest’ultima impresa, e la promessa di aiuto a un paese, o la minaccia della sua interruzione, fu usata come una clava; in effetti, Francia e Italia sarebbero state certamente escluse dagli aiuti se non si fossero allineate alle macchinazioni per escludere i comunisti.

La CIA, poi, distolse grosse quantità di fondi del Piano Marshall per finanziare segretamente istituzioni culturali, giornalisti ed editori, in patria e all’estero, per l’accesa e onnipresente propaganda della Guerra Fredda; la vendita del Piano Marshall all’opinione pubblica negli Stati Uniti e altrove fu intrecciata con la lotta contro “la minaccia rossa”. Inoltre, nelle sue operazioni segrete, il personale della CIA a volte usò il piano Marshall come copertura, e uno dei principali architetti del Piano, Richard Bissell, passò poi alla CIA, con una breve fermata alla fondazione Ford, a lungo un canale per i fondi segreti della CIA; una sola grande famiglia felice.

Il Piano Marshall imponeva ogni genere di restrizioni ai paesi destinatari, ogni sorta di criteri economici e fiscali che dovevano essere rispettati, progettati per un ritorno a tutto gas alla libera impresa. Gli Usa avevano il diritto di controllare non solo come venissero spesi i dollari del Piano Marshall, ma anche di approvare la spesa di una quantità equivalente di valuta locale, dando a Washington un potere concreto sui piani e i programmi interni degli stati europei; i programmi sociali per i bisognosi sopravvissuti della guerra venivano guardati con disapprovazione dagli Stati Uniti; perfino il razionamento puzzava troppo di socialismo e doveva essere eliminato o ridotto; Washington si opponeva con veemenza ancora maggiore alla nazionalizzazione dell’industria. La grande massa dei fondi del Piano Marshall tornarono negli Stati Uniti, oppure non li lasciarono mai, per acquistare merci americane, mettendo fra i principali beneficiari aziende americane.

Il Piano Marshall potrebbe essere visto più come un’operazione affaristica congiunta fra governi, con contratti scritti da avvocati di Washington, che come una “carità” statunitense; spesso fu un accordo affaristico fra le classi dominanti degli Stati Uniti ed europee, molte di queste ultime fresche di servigi resi al Terzo Reich, e alcune delle prime anche; oppure fu un accordo fra membri del Congresso Usa e le loro aziende favorite per l’esportazione di determinate merci, compreso un mucchio di materiale militare. Così il Piano Marshall pose le basi per il complesso militare industriale come caratteristica permanente della vita Usa.

È difficilissimo trovare, o mettere insieme, una descrizione chiara e credibile di come il Piano Marshall fu responsabile in misura principale del recupero in ciascuna delle 16 nazioni destinatarie. La visione opposta, non meno chiara, è che gli europei – notevolmente educati, qualificati ed esperti – si sarebbero potuti riprendere dalla guerra da sé senza un programma di aiuto e un ampio piano generale proveniente dall’estero, ed anzi avevano già fatto passi avanti significativi in questa direzione prima che i fondi del Piano cominciassero ad affluire. I fondi del Piano Marshall non furono diretti in primo luogo ad alimentare individui o a costruire case, scuole o fabbriche, ma a rafforzare la sovrastruttura economica, in particolare le industrie del ferro e dell’acciaio e la produzione di energia. In realtà il periodo fu contrassegnato da politiche deflazionistiche, disoccupazione e recessione. L’unico esito chiaro fu la piena restaurazione delle classi abbienti. [6]

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[Ripresa europea… può bloccarla?]

Alla fine qualcuno sta imparando una lezione?

Gli Stati Uniti hanno spinto il Consiglio di Sicurezza dell’ONU a invocare il Capitolo VII della Carta dell’ONU contro l’Iran per via della ricerca nucleare di quest’ultimo. Il Capitolo VII (“azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace ed agli atti di aggressione”) può essere usato per imporre sanzioni e agire militarmente contro un paese considerato colpevole di tali violazioni (eccetto naturalmente se il paese detiene un diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza). Gli Stati Uniti hanno fatto uso del Capitolo VII per bombardare la Jugoslavia nel 1999 e per invadere l’Iraq nel 2003. In entrambe le occasioni, l’applicabilità del capitolo e l’uso della forza erano notevolmente discutibili, ma per placare chi nel Consiglio si opponeva all’azione militare gli Usa accettarono qualche modifica nel linguaggio della risoluzione del Consiglio e si astennero dall’affermare esplicitamente che intendevano agire militarmente. Tuttavia in ciascun caso, dopo che la risoluzione fu approvata, gli USA hanno agito militarmente. In modo molto duro.

All’inizio di maggio John Bolton, l’ambasciatore Usa all’ONU, ha affermato: “Il punto fondamentale per la Russia e la Cina è concordare che questa [la ricerca nucleare iraniana] è una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale ai sensi dell’Articolo VII”. Tuttavia Yury Fedotov, l’ambasciatore russo nel Regno Unito, ha dichiarato che il suo paese si opponeva al riferimento al Capitolo VII perché evocava “memorie di passate risoluzioni dell’ONU sulla Jugoslavia e sull’Iraq che hanno portato ad azioni militari guidate dagli Usa non autorizzate dal Consiglio di Sicurezza”.

In passato, gli Stati Uniti avevano sostenuto che il riferimento al Capitolo VII in una risoluzione del Consiglio di Sicurezza era necessario per ottenere un “linguaggio robusto”, ha detto Fedotov, ma “in seguito è stato usato per giustificare l’azione unilaterale. Nel caso della Jugoslavia, ad esempio, all’inizio ci era stato detto che i riferimenti al capitolo VII erano necessari per inviare segnali politici, e alla fine si è arrivati ai bombardamenti della NATO”. [7]

Rimane da vedere se la Russia o qualsiasi altro membro del Consiglio di Sicurezza abbiano interiorizzato questa lezione e riescano a resistere a pressioni da ragazzetto prepotente rifiutando di dare agli Stati Uniti un altro pretesto per estendere il controllo dell’impero sul Medio Oriente.

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[Yuri Fedotov]

Puoi amare la mamma, mangiare un sacco di torta di mele, e sventolare la bandiera statunitense, ma se non credi in Dio sei un sovversivo destinato all’inferno

Un recente studio del dipartimento di sociologia dell’Università del Minnesota ha identificato gli atei come “la minoranza statunitense di cui più si diffida”. I ricercatori dell’università hanno scoperto che gli Statunitensi mettono gli atei al di sotto dei musulmani, delle persone immigrate da poco, degli omosessuali e di altri gruppi minoritari quanto a “condivisione della loro visione della società statunitense”. Gli atei sono anche il gruppo minoritario con il quale la maggiore parte degli americani è meno disposto a lasciare che i propri figli si sposino. I ricercatori hanno concluso che gli atei offrono “una vistosa eccezione alla regola di crescente tolleranza sociale negli ultimi 30 anni”.

Molte delle persone intervistate dallo studio hanno associato l’ateismo con una gamma di trasgressioni morali che vanno dal comportamento criminale al materialismo dilagante e all’elitismo culturale. Il ricercatore che ha coordinato lo studio crede che dietro ai risultati ci sia una paura del declino morale e del disordine morale che ne deriva. “Gli Statunitensi credono di condividere con i propri concittadini, più che regole e procedure, una comprensione del giusto e dello sbagliato. I risultati della nostra ricerca sembrano basarsi su una visione degli atei come individui interessati che non si preoccupano del bene comune”. [8]

Hmmm. Sono un attivista politico da più di 40 anni. Ho marciato e lottato e pubblicato settimanali accanto a innumerevoli atei e agnostici che hanno rischiato la galera e di prendersi bastonate in testa, e che hanno rinunciato a un livello di vita molto più alto senza altro fine che il bene comune. Materialismo dilagante? Non proprio. “Umanesimo secolare”, lo chiamano molti atei. E non leggiamo di folle di atei che lapidano, massacrano, o in altro modo fanno del male o umiliano esseri umani che non condividono le loro non-credenze.

L’atteggiamento pubblico dipinto da questo studio può derivare in parte dall’educazione da Guerra Fredda di tanti Statunitensi – l’idea e l’immagine del “comunista ateo senza Dio”. Ma penso che più di questo sia la radicata sensazione di insicurezza, perfino minaccia, che gli atei riescono a far emergere nei religiosi, mettendo in questione, consapevolmente o meno, le loro credenze fondamentali.

A volte dovete chiedervi, come faccio io, in che modo questo mondo è diventato così insopportabilmente crudele, corrotto, ingiusto e stupido. Può aver raggiunto questo notevole livello per caso, o è stato pianificato? Questo basta per farti credere in Dio. O nel Diavolo.

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[Chi bombarderebbe Gesù?]

Letame di toro

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La sezione per gli interessi Usa all’Avana ha proiettato sull’edificio in cui è situata messaggi elettronici a beneficio dei passanti cubani. Un messaggio recente diceva che Forbes, la rivista economica settimanale, aveva nominato Fidel Castro settimo capo di stato più ricco del mondo, con una fortuna stimata a 900 milioni di dollari. Questo ha sconvolto i passanti cubani [9], come dovrebbe in una società socialista che pretende di avere la distribuzione del reddito più equa del mondo. Non siete sconvolti anche voi, cari lettori?

Cosa? Volete sapere esattamente su cosa ha basato Forbes la sua classifica? Beh, si dà il caso che, due mesi prima che la Sezione proiettasse il suo messaggio, Forbes avesse già dichiarato che le stime erano “più arte che scienza”. “In passato”, scriveva la rivista, “abbiamo fatto affidamento su una percentuale del prodotto interno lordo di Cuba per stimare la fortuna di Fidel Castro. Quest’anno, abbiamo usato metodi di valutazione più tradizionali, confrontando attività di proprietà dello stato che Castro si suppone controlli con società quotate in borsa paragonabili”. La rivista dà come esempi società di proprietà dello stato come aziende farmaceutiche e di vendita al dettaglio e un centro congressi. [10] Così ecco qua. Era basata sul nulla. Nella misura in cui George W. “controlla” i militari Usa assegneremo il valore di tutti i beni del Dipartimento della difesa alla sua ricchezza personale? E la ricchezza di Tony Blair include la BBC, o no?

Un altro messaggio proiettato dalla Interests Section è: “In un paese libero non hai bisogno di permesso per lasciare il paese. Cuba è un paese libero?” Anche questo è un tentativo di gettare fumo negli occhi della gente. Implica che c’è qualche sorta di restrizione o proibizione generale di viaggio all’estero del governo per i cubani, una limitazione alla loro “libertà”. Tuttavia, la realtà è molto più complessa e molto meno orwelliana. La barriera principale al viaggio all’estero per la maggior parte dei cubani è finanziaria; semplicemente non possono permetterselo. Se hanno i soldi e un visto normalmente possono andare dove vogliono, ma è molto difficile ottenere un visto dagli Stati Uniti a meno di far parte della quota di immigrazione annua. Cuba, essendo un paese povero preoccupato dell’uguaglianza, cerca di assicurarsi che i cittadini completino il proprio servizio militare o il proprio servizio sociale. Prima di emigrare all’estero, i professionisti qualificati dovrebbero restituire qualcosa al paese in cambio della loro educazione gratuita, che include la scuola medica e tutte le altre scuole. E Cuba, essendo continuamente minacciata da un ben noto paese a nord, deve prendere precauzioni: anche alcune persone nelle forze armate e chi ha lavorato nei servizi segreti o possiede altre informazioni sensibili possono dover ricevere un permesso per viaggiare; questo è qualcosa che in una misura o nell’altra ritroviamo in tutto il mondo.

Gli Statunitensi hanno bisogno di un permesso per viaggiare a Cuba. Gli Stati Uniti sono un paese libero? Washington rende tanto difficile ai propri cittadini ottenere il permesso di viaggio per Cuba che praticamente si tratta di una proibizione. Io ho ricevuto due volte un rifiuto dal Dipartimento del Tesoro Usa.

Gli Statunitensi sulla “No-fly list” non possono andare da nessuna parte.

Hanno tutti bisogno di un permesso per lasciare il paese. Il modulo del permesso – che bisogna avere in quantità sufficiente – è verde e porta l’immagine di un presidente degli USA.

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[Fidel Castro]

Mettetela da parte per quel glorioso giorno in cui oltre due secoli di “democrazia” statunitense raggiungeranno il loro apice con una scelta fra Condi e Hilary

Condoleeza Rice, testimoniando il 5 aprile di fronte alla Commissione esteri del Senato sull’accordo nucleare USA-India:

“La società indiana è aperta e libera. È trasparente e stabile. È multietnica. È una democrazia multireligiosa caratterizzata da libertà individuale e sovranità della legge. È un paese con il quale condividiamo valori comuni. […] L’India è una potenza globale in crescita che crediamo possa essere un pilastro di stabilità in un’Asia che sta cambiando rapidamente. In altre parole, in breve, l’India è un partner naturale per gli Stati Uniti”.

Ed ecco un rapporto sui diritti umani del Dipartimento di Stato – rilasciato lo stesso giorno – che aveva questo da dire sull’India:

“Il governo in genere ha rispettato i diritti dei suoi cittadini e ha continuato gli sforzi per frenare le violazioni dei diritti umani, anche se sono rimasti numerosi gravi problemi. Fra questi uccisioni extragiudiziali, sparizioni, morti in custodia, uso eccessivo della forza, arresti arbitrari, tortura, cattive condizioni carcerarie, e carcerazione in attesa di processo protratta, specialmente in connessione con la lotta alle insorgenze in Jammu e Kashmir. La violenza nella società e la discriminazione contro le donne, il traffico di donne e bambini per prostituzione e lavoro forzato, e l’infanticidio e il feticidio femminile sono rimaste delle preoccupazioni. La scarsa imposizione del rispetto delle leggi, la diffusa corruzione, una mancanza di responsabilità, e il sistema giudiziario gravemente sovraccarico hanno indebolito l’amministrazione della giustizia”.

Non basta per farvi uscire pazzi?

Per la cronaca

In marzo ho accettato di parlare ad una tavola rotonda riguardo la convenzione del Comitato Anti-Discriminazione Arabo-Statunitense, che si doveva svolgere in giugno a Washington, DC. La tavola rotonda è intitolata: “Stati Uniti, Impero, Democrazia e Medio Oriente”. Poi qualcuno all’ADC deve essersi reso conto che ero io la persona il cui libro era stato raccomandato da Osama bin Laden in gennaio, e hanno cercato di cancellare la mia presenza con scuse fasulle. Ho obiettato, chiamandoli fifoni; hanno ceduto, poi hanno cambiato ancora idea, dicendomi alla fine “tutti i posti nella tavola rotonda sul giornalismo e per la convenzione dell’ADC, sono occupati”. Due mesi dopo il nostro accordo, avevano scoperto che tutti i posti nella tavola rotonda erano occupati.

I musulmani degli Stati Uniti sono molto conservatori. Il 72% di loro ha votato per Bush nel 2000, prima di assaggiare uno stato di polizia. Adesso sono ancora molto conservatori, e in più spaventati.

Anche i funzionari delle università sono conservatori, oppure possono essere facilmente costretti con minacce da organizzazioni universitarie conservatrici che sono parte di una campagna nazionale ben finanziata (pensate all’attivista conservatore David Horowitz) per attaccare la sinistra nei campus, si tratti del corpo insegnante, degli studenti o di conferenzieri esterni. Dopo la raccomandazione di bin Laden, il 19 gennaio, nessun campus mi ha offerto una sola occasione di parlare in pubblico; alcuni studenti hanno cercato di organizzare qualcosa per me ma non sono riusciti a convincere i funzionari scolastici. Questo malgrado gennaio-maggio normalmente sia il periodo più attivo per me e per gli altri conferenzieri che parlano nei campus.
Speakout, un’agenzia californiana che piazza oratori progressisti nei campus, mi informa che gruppi tipo quello di Horowitz sono riusciti a ridurre nettamente le nostre attività. [11] .

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[David Horowitz]

Note:

[1] (Ringrazio Kevin Barrett della Alleanza Cristiano-Musulmano-Ebrea per la verità sull’11 settembre per il titolo di questa sezione), Washington Post, 5 maggio 2006, p. B1

[2] New York Times, 30 giugno 2004

[3] Washington Post, 12 aprile 2006, p.C3

[4] Associated Press, 16 novembre 2005

[5] Si veda il mio saggio sull’uso della bomba atomica: http://members.aol.com/essays6/abomb.htm

[6] Si veda, per esempio, Joyce & Gabriel Kolko, “The Limits of Power: The World and US Foreign Policy 1945-1954” (1972) [trad. italiana “I limiti della potenza americana: gli Stati Uniti nel mondo dal 1945 al 1954” Einaudi, 1975], capitoli 13, 16 e 17; Sallie Pisani, “The CIA and the Marshall Plan” (1991) passim; Frances Stoner Saunders, “The Cultural Cold War: The CIA and the world of arts and letters” (2000) passim.

[7] The Independent (London), 8 maggio 2006

[8] http://www.ur.umn.edu/FMPro?-db=releases&-lay=web&
-format=umnnewsreleases/releasesdetail.html&ID=2816&-Find

[9] Washington Post, 13 maggio 2006, p.10

[10] Reuters, 17 marzo 2006
[11] http://www.speakersandartists.org/

William Blum
Fonte: http://www.killinghope.org/
Link: http://members.aol.com/bblum6/aer33.htm
21.05.2006

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LUCA TOMBOLESI

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