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La Redazione

 

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SVEGLIATI, AMORE, LA SITUAZIONE NON E' BUONA (PARTE I)

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A cura di God
Il 3 Febbraio 2008
97 Views

DI FULVIO GRIMALDI
Mondocane Fuorilinea

Cari interlocutori,
Qualcuno di voi mia ha chiesto ragione del lungo silenzio, che probabilmente ha sollevato parecchi, di MONDOCANE FUORILINEA. Bene, ora vi arriva questo mattone che colma il vuoto e riprecipita i volenterosi nell’affanno di una lettura spossante, ma mi auguro anche interessante e mobilitante. Si tratta dell’ultimo capitolo di un libro che in questi mesi ha assorbito tutto il mio tempo. Libro che uscirà a marzo, editore Malatempora, con il titolo
“MAMMA, HO PERSO LA SINISTRA!” e il sottotitolo “compiacenze, obbedienze, connivenze di una sinistra ex”. […] Si potrà trovare in libreria, ordinarlo a [email protected], o trovarlo nei convegni e incontri a cui mi si vorrà invitare. Buona lettura e tanta pazienza. Sono gradite osservazioni, sbertucciamenti e ovazioni. Ciao a tutti,
Fulvio
Se libertà significa qualcosa, significa il diritto di dire alle persone ciò che non vogliono sentire
(George Orwell)

Il titolo del capitolo conclusivo di questo zibaldino parafrasa quello di una canzone e di un memorabile programma televisivo dell’intuitivo – con qualche cattosbavatura – Adriano Celentano. Il formidabile anticipatore (rock, ecologia, pacifismo…), cantante e comunicatore, dice “Dormi,
amore…”, suggerendo forse il sonno-sogno per sfuggire allo tsunami di merda che il ventilatore di un ceto politico cialtrone e criminale spara su quanto resta dell’umanità non lobotomizzata, succube, o
corrotta. Con questo libro, invece, si è tentato di far risuonare una seppure flebile eco della sveglia con cui popoli e classi, più integri e saldi di noialtri nel Nord del mondo, stanno rispondendo alla strategia
di assassinio di massa di un padronato che per ferocia, ottusità e mezzi di sterminio, non pare aver precedenti nella storia umana. Immenso è il credito che, per questo, dobbiamo ai resistenti e combattenti del Sud del mondo, agli iracheni, palestinesi, afghani, indio-afro-latinoamericani.
E a quella minuta, occultata e perseguitata sinistra diffusa che, con la sua solidarietà alla resistenze dei popoli, svergogna viltà e opportunismi, salva briciole di dignità e di onore. Al sacrificio, al coraggio di
tutti questi, alla loro chiaroveggenza, l’intera umanità degli oppressi e sfruttati è debitrice e lo sarà per sempre quando constaterà che “la nuttata” è passata.

Questi sono peggio

Avrete constatato nel percorrere queste pagine, eterodosse e discutibili sul piano epistemologico,
ma ragionevolmente robuste di rabbia, che il bersaglio principale sono le false sinistre, i pacifinti, coloro che “ci hanno ripensato”, quelli che assumono la brodaglia tossica dei paradigmi degli assassini,
limitandosi a storcere un po’ la bocca: cattivi i guerrafondai, esagerati i padroni, ma che ci vuoi fare, i terroristi sono peggio, il governo non si può far cadere sennò torna Berlusconi, l’imperialismo
non esiste, la nonviolenza è la massima delle virtù…
Per cui calma e birra. Se uno poi se la prende in particolare con gente come “il manifesto” è perché, più di un evidente nemico, fa male e
danno il figlio che ti pugnala alle spalle, il padre che ti disereda per una meretrice, la tua donna che se la fa con il capoufficio che ti sevizia, l’amico del cuore che spiffera le tue cose al questurino.
Ricordate quando, al tempo della manifestazione nazionale contro il precariato, per il ministro del precariato, Damiano, “il manifesto” fece la danza di Salomé offrendogli sul piatto d’argento la testa
di Piero Bernocchi dei Cobas, con contorno di insulti e anatemi, perché questo esponente di una sinistra imbarazzante, in quanto non accomodabile, si era permesso di definire quel vindice della Legge Biagi “amico dei padroni”? In quella mossa c’è tutto il perché di questo libro. Come anche nel raccapricciante decadimento di una Rossanda, maestra più veneranda di tutti, che fa sbigottire la parte meno ottenebrata del nostro popolo, legittimando la frode del Mose, elogiando
il fedifrago Sofri, o Gianni Riotta e il “nuovo Tg1” da lui diretto.
Sul Tg1, capace di dedicare la sua edizione principale alla gloriosa ripulsa del papa da parte della Sapienza nel gennaio 2008 (replay di Lama e degli improperi a Bertinotti), ma facendolo con un coro di papisti neri di collera e neanche una vocetta sottile sottile di coloro che, salvando la dignità dell’universo accademico, avevano osato esprimere rifiuto all’intrusione del capo dell’oscurantismo. Un
Gianni Riotta dall’italiano faticoso, ma con cadenza rigorosamente washingtoniana. Un Tg1 riottiano assolutamente reazionario, strumento principe delle volgarità Gran Guignol nelle quali il regime affoga
la percettività della gente verso le questioni che contano e la riguardano.
Ma come si fa! Solo perché, insieme alle Ritanne Armeni, ragazza di bottega dello spione Giuliano Ferrara, Riccardo Barenghi, che preferisce i marines ai guerriglieri iracheni, e tanti altri transfughi, questo
Riotta riverniciato a stelle e strisce esce dal nido del “manifesto”, seppure lì probabilmente deposto da qualche cuculo? C’era in quella covata anche Corradino Mineo. Ve lo ricordate al TG3, petulante con
quella sua vocetta bianca? Lo fecero direttore di RaiNews24, per meriti atlantici. Un’emittente che gli scoop di controinchiesta della precedente gestione (Falluja, le armi sporche di Israele…) se le è
bell’e scordate. Me lo ricordo, Corradino, quando da componente del Comitato di redazione riuscii a tirargli un bastone tra le gambe mentre tentava di far fuori l’ultima dignitosa direttrice di quel Tg, Daniela
Brancati. Il golpe, sostenuto da Cossutta, pensate un po’, fece flop e Corradino me la giurò, ma sorvolò quando fu compensato con la carica più ambita: corrispondente dalla Quinta Strada.

“Il manifesto” e il lamento di Portnoy

Di “ma che cazzo fate” quel giornale continua a fornirne ragioni con pervicace determinazione
autolesionista. Un giornale, lo ammetto con risentimento, insostituibile, faut de mieux, ma anche per il contributo di alcuni non omologhi “esterni” e, ancora, se non altro, per il grato ricordo di Stefano
Chiarini, giornalista che lì dentro si è battuto e dibattuto, in posizione di coraggiosa minoranza, contro l’idiozia e la complicità di tanti luoghi comuni. Un “ma che cazzo fai”, relativo a un abominio
grosso come la creatura di Frankenstein e altrettanto raccapricciante, scaturisce da un intollerabile articolo di Valentino Parlato, fine gennaio 2008, sulla sucessiva Fiera del Libro a Torino, dedicata a Israele “ospite d’onore” nel 60° della sua fondazione nel 1948, anno in cui in Palestina gli ebrei erano il 13% e gli arabi l’83%. Dimenticando in perfetta malafede che quella fondazione rappresenta per il popolo palestinese la catastrofe, il furto delle sue terre, la negazione della sua identità e vita. Cosa fa questa fiera se non celebrare gli occupanti e assassini. E dov’è la solidarietà di Parlato per le vittime di
oggi? Una provocazione, quella di Torino, o un’iniziativa più incongrua che perfida? In ogni caso fonte di sgomento e indignazione vastissimi e all’origine di una campagna di boicottaggio che si ricollega a quella
lanciata da tempo nel mondo accademico britannico. Parlato, fondatore ed editorialista, è la veneranda e un po’ stazzonata icona di un giornale che ha affidato le incombenze internazionali, vaticane comprese, al buonismo cerchiobottista di cattolicanti come Lettera 22,

Terre des Hommes, non privandosi nemmeno di frequenti iniezioni di lobby ebraica. Basta pensare a quel commentatore israeliano, Schuldiner, che si permette di criticare gli “estremisti” del suo governo genocida, solo dopo aver rimesso tutto a posto dando degli assassini e criminali a Hamas e Hezbollah. “Il manifesto” gareggia con i giornali della destra nell’accaparrarsi le firme di propagandisti e foglie di fico
dell’establishment sionista, come Jehoshua, Oz, Grossman. Questi “grandi letterati”, adibiti a inventare un “volto umano” al regime più violatore dei diritti umani e più responsabile di crimini di guerra
di questo mezzo secolo. Parlato ne rivendica la libertà d’espressione (che del resto nessuno gli nega, è la Fiera che viene punita dal boicottaggio), che è come rivendicarla a un Grandi o a un Bottai mentre, davanti a sopravvissuti dell’olocausto ebraico, esprimono qualche disagio per le leggi razziali. Ma c’è la “giornata della memoria”, si ribatte.
Già, peccato che quella giornata – giusta, per quanto strumentalizzata da allievi del genocidio – si accompagni all’ingiusto oblio dei milioni di comunisti, socialisti, zingari, omosessuali, eterodossi
qualsiasi, pure periti nei campi. E anche di quei milioni di civili tedeschi (mai calcolati, indegni di esserlo, debito da ignorare) sterminati, bruciati vivi dal fosforo, rasi al suolo insieme alle loro città, da
criminali di guerra del tutto equivalenti, con una punizione collettiva senza precedenti. Erano, quei mandanti a Londra e Washington, i veri fondatori del terrorismo.

Belgrado ride?

E non vogliamo ricordarci di quella Primavera di Belgrado, di quel demenziale Belgrado ride, con cui il “quotidiano comunista” inneggiò alla rivoluzione colorata Cia-Otpor, fornendo alibi a un’operazione imperialista che frantumò un paese, distrusse un popolo e consegnò il tutto agli artigli del
colonialismo capitalista? Oggi, con Tommaso De Francesco (quello che ripete coattivamente lo slogan della “contropulizia etnica” dei separatisti, come se prima ce ne fosse stata una fatta dai serbi),
“il manifesto” versa calde lacrime sul destino di un Kosovo, postribolo mafioso ad uso dei trafficanti e militaristi occidentali, e di una Serbia mutilata e umiliata. Ma non nasce tutto da quella Belgrado che “rideva”?
Non era tutto questo nell’orizzonte promesso dalla “primavera di Belgrado”?

Israele piange?

Torniamo all’articolo della vergogna massima, redatto da chi solitamente e fortunatamente
si limita ormai al periodico “lamento di Portnoy” (noto masturbatore descritto da Philip Roth) sui problemi finanziari di un giornale che continua a dare testate in faccia ai suoi migliori lettori. Ebbene,
Parlato con quell’uscita ha potuto dare l’addio a un’ulteriore bella fetta del suo frastornato pubblico. L’uomo, che con me poco prima aveva partecipato, abbastanza inerte e inconsapevole, a una trasmissione televisiva sul pandemonio dei rifiuti in Campania, nell’articolo redarguisce
arcigno coloro che si sono permessi, a ingiuria della sofferenza inflitta al popolo ebraico nei secoli, di proporre un boicottaggio di quella fiera del libro. D’un fiato solo, l’anziano giornalista inanella
una valanga di incompetenze, già penosamente registrate durante il programma sui rifiuti, e di rabbiosi nonsense di puro stampo sionista: confondendo diritto e abuso colonialista, popolo
con religione, sancisce il diritto degli ebrei a fondare un proprio stato nella viva carne di un altro popolo, multi confessionale, che di quel territorio è titolare millenario. Come se gli ugonotti, in
quanto tali, si fossero presi la Danimarca e, in quanto protestanti, vi avessero eretto uno Stato. Un’apologia di stampo olmertiano, bushiano e prodiano, non solo e neanche scientifica, del razzismo, visto che della razza semita fa parte una minoranza di ebrei (i sefarditi) d’Israele,
contro 300 milioni di semiti arabi. Un’apologia addirittura dello Stato confessionale teocratico, mentre è in corso una pulizia etnica degna del pogrom contro gli armeni.

E al Nostro non basta neanche l’ olocausto che da oltre mezzo secolo Israele infligge
ai palestinesi, con efferatezze genocide che neanche gli afrikaaners,
per indignarsi del paragone che la stessa Onu ha formulato tra apartheid
del Sudafrica e apartheid di muro, sterminio, infanticidio, punizioni
collettive, tortura, affamamento, di Israele contro i palestinesi tutti
e, in particolare, quelli dell’Auschwitz di Gaza. Senza contare che
il Sudafrica non aveva assaltato paesi vicini come Israele continua
a fare, anche ricorrendo alle più spaventose armi proibite. A farlo
sprofondare nell’onta, hanno per fortuna provveduto gli stessi ebrei
italiani, nonché nobili esponenti della resistenza israeliana,
come Uri Avnery e Jeff Halper, che denunciano il fascismo sionista e
ai quali non basta, come basta a Parlato, l’identità ebraica per
consentire quanto di più scellerato, insieme alla distruzione dell’Iraq,
oggi si compia nel mondo. Stefano Chiarini farebbe la trottola nella
tomba. Ma Parlato vanta un grosso sostegno: “Anche Stalin approvò
la creazione di Israele
”. Si può rispondergli meglio che con
un ecchissenefrega? Vanta anche un astuto supporto ideologico: “Gli
ebrei del ghetto di Varsavia cantavano “l’Internazionale”. Anche
George Habash, il grande leader laico e marxista della liberazione palestinese
e della resurrezione araba, la cantava. Si può chiedere a Portnoy-Parlato
di ricorrere a questo episodio per avallare i combattenti suicidi che
si facevano esplodere negli autobus di Tel Aviv?

Gli epigoni di Stefano: diritti umani e società civile

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Il rimpianto per Stefano Chiarini trova ininterrotto nutrimento da tutto ciò che a proposito
di Medio Oriente viene esternato da quel giornale. Vediamo Giuliana
Sgrena, sostenitrice della truffa Usa che tenta di demonizzare la Resistenza
irachena dandole dell’Al Qaida, tra i nostri bravi militari “pacificatori”
in Libano o, in combutta con quelli di Lettera 22 che colonialisticamente
chiamano i guerriglieri afghani “tartari col turbante” , tra i sostenitori
della “società civile”, collaborazionista e filo-occupazione (un
po’ meno bombe e un po’ più ricostruzione
), dell’ Afghanistan.
Leggiamo corrispondenti che da Beirut si prodigano a falsificare la
realtà di quel paese in procinto di ricolonizzazione franco-israelo-italiana,
corroborando lo stereotipo del confronto tra “filo-siriani” e “filo-occidentali”.
Un confronto inteso a mascherare la lampante realtà di uno scontro
nazionale e di classe tra fantocci illegali tenuti in piedi da protettori
esterni e una maggioranza patriottica schiacciata ai bordi della vita,
ma che si criminalizza attribuendole le provocazioni assassine ordite
dalle solite centrali dell’11 settembre. Ci vuole lo stesso comandante
maronita dell’esercito libanese, Michel Suleiman, contro la cui candidatura
a capo dello Stato, accettata dalla resistenza patriottica, si scatena
la destra con l’eliminazione (filosiriana?) di suoi collaboratori,
a mettere le cose sul binario giusto: Israele sta colpendo in vari
modi l’esercito per arrivare a colpire la Resistenza libanese: l’organizzazione
Fatah Al Islam
(quella che, identificatasi con Al Qaida e finanziata
dal clan filoisraeliano e filosaudita di Hariri, ha provocato il macello
del campo di Nahr el Bared) è un’emanazione del Mossad israeliano.

Sprofonda nel conformismo della propaganda colonialista, “il manifesto”, anche quando tratta
di situazioni incandescenti e complesse come lo Zimbabwe e il Sudan,
entrambi i paesi fulminati dalla riprovazione occidentale, da sempre
propedeutica all’aggressione. La mosca cocchiera sono ovviamente i
diritti umani, indistin-guibili dalle labbra di Bush a quelle di Bertinotti
e dei cronisti di esteri nel quotidiano. “Diritti umani” violati
in Zimbabwe, dove il presidente Mugabe finalmente riduce la manomorta
dei feudalisti bianchi sulle terre fertili, distribuendone parte ai
veterani della cacciata dei coloni, protervi e bulimici nipotini di
Cecil Rhodes. “Diritti umani” in Sudan travolti del “genocidio”
governativo nel Darfur, dove chiunque sia onesto e cosciente individua
l’ennesima operazione separatista, con bande armate e finanziate da
fuori, per predare le risorse minerarie e la posizione geostrategica
del Sudan, nell’era del ritorno colonialista euro-statunitense. Simbolo
della criminalità dei protagonisti, quel Sarkozy che si precipita in
Ciad per coprire lo scandalo di una Ong francese, “L’arca di Noè”,
che, facendoli passare per “orfani del Darfur”, aveva sottratto alle loro famiglie un centinaio di bambini da convogliare verso adozioni illegali e chissà quali altri turpi traffici. Il mercato degli snuff
(film pornografici in cui si torturano e uccidono gli “attori”, perlopiù donne e bambini sequestrati, magari a Ciudad Juarez in Messico) e degli organi da trapiantare, è dei più dinamici.

L’amica rivoluzionaria Hillary

Altro colpo doloroso alla credibilità e al rango politico-informativo preteso dal “manifesto”
lo ha inferto, all’epoca delle primarie Usa per la successione a Bush,
la dama di punta della ginocrazia non solo di quel giornale, quando
ha dedicato un corsivo di prima pagina a quella vittima delle cattiverie
maschili che è Hillary Clinton. Davvero agghiacciante con quale disinvoltura
Mariuccia Ciotta, condirettrice, dedica una vibrante ovazione alla candidata
democratica, finalizzata a depistare da una becera e corrotta competizione-farsa,
tra settori oligarchici e militaristi, verso un conflitto di genere,
nel quale si evidenzia il rifiuto maschilista di far accedere al potere
le donne, ontologicamente migliori. E che vogliamo dire delle
serial killer
Madeleine Albright, Condoleezza Rice, Golda Meir,
Tzipi Livni, Margaret Thatcher, della compianta law and order
Sigolene Royal, dell’ammirata Bachelet, della trionfante Merkel, di
Benazir Bhutto, esempio di corruzione, autoritarismo, servilismo a Usa
e Israele (tolta di mezzo dopo aver annunciato che l’agente Cia Osama
Bin Laden era stato ucciso, a dispetto delle protezioni Usa), destinataria
dello stupefacente panegirico di una Beena Sarwar sul “manifesto”?
Tutte esponenti di minoranze che sfidano la norma del potere maschio,
giovane e bianco
? E venendo al trucchetto della commozione
esibita a decine di telecamere nella caffetteria, dopo la sconfitta
per opera del maschio (seppure nero), ecco la prosa rettificatrice di
Ciotta: La voce di Hillary si è semplicemente incrinata nella furia
di vedersi etichettata come rappresentante dell’establishment

(ma figurati!), in continuità con la politica che ha portato l’America
a svendere se stessa nei 7 anni di Bush. La sua commozione tradiva
non la donnina dai nervi fragili, ma la passione politica che scuote
gli Stati Uniti dopo l’era della guerra e il primato della forza e
che trascina alle urne gli americani… Segni dissonanti, simboli di
un’inversione di tendenza. Forti in quanto deboli, agli antipodi della
rappresentanza del comando. Solo in America, forse, è concepibile una
così radicale metamorfosi delle insegne del potere
. Non basta,
siamo all’apoteosi: Barack e Hillary, uguali e diversi, vogliono
ridare voce alla politica… sotto gli occhi scorre il tentativo di
trasformare il futuro mondiale… non sarà la rivoluzione

(ma no?), ma l’uscita almeno dal medioevo di un occidente suicida.
L’11 settembre è finito
(aspetta, aspetta). Agevoli e ovvii i
commenti dei miei lettori.

S’impone qualche domanda. Si tratta della Clinton che, affiancata al marito, prosecutore
della guerra infinita col massacro della Jugoslavia, ha iniziato solo
pochi giorni prima a farfugliare, sotto l’immane pressione popolare,
qualche opportunistica perplessità sulla catastrofe irachena? Della
Clinton che siede al vertice della Wal Mart, il tritacarne sociale capitalista,
socia del marito nella massiccia distribuzione di prebende alla minoranza
ricca del paese? Della donna-cannone dell’Afghanistan? Della Clinton
che, più di ogni candidato, è stata sovvenzionata dal complesso militar-industriale
e da altri mostri dell’olocausto sociale mondiale, in perfetta
continuità con uno Stato teppista che dal 1945 ha rovesciato 50 governi
e bombardato 30 nazioni, eliminando decine di milioni di vite?
Della Clinton ferocemente antifemminista e, più di tutti, violentemente
filosionista? Della Clinton che non ha sollevato un sopracciglio di
fronte alla distruzione di quella parvenza di democrazia che erano gli
Usa prima di Bush il fesso, della bill of rights, dell’habeas corpus, della separazione dei poteri, dell’incarcerazione di massa su sospetto, dello tsunami securitario anti-poveri. Della Clinton
che, rispondendo alla Condoleezza della guerra è sempre un buon
investimento
, in linea con i nostri Napolitano e Prodi,
rilancia e promette agli industriali commesse ancora maggiori per
un arsenale militare ancora più ampio
? Ovvio, il PIL è tutto
e il PIL questo esige. Ciotta riesce ad arrivare al sublime inventandosi
per la Clinton un tentativo di trasformare il futuro mondiale
che scaturirebbe da quella parodia di campagne presidenziali che passano
sulla testa del popolo come i grotteschi diktat di Prodi, campagne-truffa
per gonzi, fatte di volgarità e di intrattenimenti disneyani, una danza
macabra rituale finalizzata a camuffare un sistema venale, fondato
sul potere del denaro, la frantumazione sociale e la cultura della guerra
permanente
(John Pilger). E vi risparmiamo i brogli che rovesciano,
con la stessa impossibilità scientifica dei risultati delle nostre
elezioni nel 2006, i sondaggi precedenti le primarie dell’inusitata
vittoria di H.C. e che analisti seri hanno visto risalire alla solita
società Diebold. La Diebold, già collaudata nel’Ohio del 2004, è
legata ai repubblicani (che preferiscono Clinton a Barack, zio Tom da
consiglio d’amministrazione, ma pur sempre un nero). Società di giocolieri
informatici, già si era adoperata, ed era stata smascherata, in occasione
delle due false elezioni di Bush. Fortunatamente dagli Usa, sempre sul
“manifesto”, ma in posizione defilata, John A. Manisco ( buon sangue
non mente) ha messo le cose in una luce meno distorta e riprovevole.

A questo punto vorrei che qualcuno mi dicesse se si possa continuare a comprare –
e sostenere! – l’indispensabile “manifesto”, senza provare una stenosi all’intelletto, una fitta al cuore e una stretta al portafoglio.
Portafoglio che o è borghese, a tempo indeterminato, con ripieno che arriva alla fine del mese, o per “il manifesto” non serve.

Il crepuscolo dei falsari

Sarebbe questo giornalismo, militante di un Israele giustificato come si potrebbe giustificare
Dracula e della Clinton che “trasforma il futuro mondiale e ci restituisce alla politica”, a doverci accompagnare e guidare fuori
dalla cloaca in cui è sprofondata tutta la nostra classe politica ed
economica? Un ceto politico ignorante, rozzo, incompetente, mafioso
dall’A alla Z, che sputa protervo dall’alto della pila degli stipendi
più alti d’Europa sui lavoratori e sulle famiglie dai redditi più
bassi d’Europa. Una classe politica ai cui brandelli “il manifesto”
ancora si appende, schizzando tutto quello che non rientra nell’ordine
decente delle cose, sindacati di base in testa. Che peso può avere,
quando si affermano simili capisaldi della circonvenzione di incapace,
della fascistizzazione galoppante, della devastazione planetaria, il
sopracciglio alzato sulle sedicenti sinistre, totalmente mercenarie,
che applaudono ministri farabutti? Sinistre che tollerano, per il bene
poltronario, la liquidazione di magistrati in odore di eversione nei
confronti della corruzione, che partecipano in qualità di paggetti
reggi-strascico (i dirigenti RC) al tentativo di cacciare in gola ai
cittadini una legge elettorale partorita dal connubio tra finti opposti
per garantirsi un potere alternato, analogo a quello del dittatore in
Vaticano? Che, vero obbrobrio, partecipano col voto all’annientamento
di popoli, della libertà (pacchetto sicurezza), della giustizia?
Un mio amico, docente universitario a Palermo, ha fatto un bilancio
dell’operato del governo Prodi che ci aveva promesso un programma
di almeno vaga rettifica dello schifo berlusconiano. Ne traggo alcuni
elementi e, intanto, ve ne consiglio la lettura: http://comedonchisciotte.org/controinformazione/modules.php?name=News&file=article&sid=4202

Le Grandi Opere del Centrosinistra

Si incomincia con il Bertinotti, non ancora scopertamente ruotina di scorta del tiro a due veltrusconi, che all’indomani della truffa per cui, in 48 minuti di fermo notturno delle operazioni elettorali, si passa dal 6% di vantaggio dell’Unione al testa a testa finale, è tra i primissimo a sancire la regolarità del voto (e si veda a proposito della truffa l’inconfutabile documentazione di De Aglio e Cremagnani). Si fossero denunciati i brogli e si fosse andati subito a nuove elezioni, l’Unione – e le sinistre!
– avrebbero avuto ben altra agibilità governativa. Si creano le condizioni per le quali una maggioranza sull’orlo del baratro non sfiora neanche con una piuma le leggi berlusconidi dell’illegalità, dell’abuso
e del massacro sociale e civile. Il che deve far sghignazzare amaramente
davanti al costante sventolio della minaccia di un berlusconismo di
ritorno. Intanto il “monarca dei pacifinti” si insedia sullo scranno
per il quale aveva manovrato: il terzo della Repubblica. E, sotto la
sua ferula, niente leggi sul conflitto d’interesse, sulla sicurezza
del e sul lavoro, sui provvedimenti ad personam, su scuola, Rai, CPT da abolire, Bossi Fini, commissione d’inchiesta sulla Genova cilena (anzi il poliziotto a capo delle giornate cilene promosso ad alter ego del ministro dell’interno e poi a castigamatti di coloro che non vogliono morire avvelenati dai rifiuti di Camorra, Impregilo e Bassolino).
Poi l’indulto, per restituire all’amica malavita imprenditorial-finanziaria
in cui prosperano, i mascalzoni di alto bordo. Da un lato. Dall’altro,
invece, pacchetti di sicurezza di quel dottore sottile quanto un manganello,
per ammaestrare alla sottomissione il popolino, agitando tifosi ultrà,
ubriachi al volante, pedofili come se piovesse, bambini delinquenti,
baby-squillo, terroristi islamici ante et post portas e la caterva
di efferatezze di cronaca nera con la quale i tg e i giornali ti stuzzicano
e ti spaventano a morte e nascondono sia la decrescita statistica dei delitti contro la persona, sia gli attacchi con i quali il potere ti azzanna i movimenti di mente, gambe e parola.

Teniamo una banca

In compenso si buttano nel fosso la scuola e la sanità pubblica e si coprono d’oro scuole e cliniche private, nonchè i bubboni di cemento e mattoni del Vaticano, purchè abbiano un santino sotto il campanello, si chiamino Santa Rita, o assicurino round trip dal Grande Baro di Montalcina. Le leggi finanziarie più favorevoli ai padroni da molti decenni a questa parte, prodighe, come mai in passato, per militari (aumenti a poliziotti, carabinieri e soldati, niente ai
maestri morti di fame: meglio i bravi con lo schioppo che un Renzo istruito,
no?) e i loro divertissements bellici da lanzichenecchi, in aggiunta
a cunei fiscali, trattamenti di fine rapporto, defiscalizzazione di
straordinari ammazzacristiani. Con qualche regalìa ai sindacati che
da rossi si fanno subito gialli e firmano protocolli welfare
e contratti metalmeccanici per stringere un po’ di più il cappio
al collo di lavoratori e cittadini. Sindacati che, invocando l’italianità
della compagnia di bandiera Alitalia, resa accessibile agli amici degli
amici dal terminator più pagato del mondo (Giorgio Cimoli, reduce
dal disfacimento delle ferrovie), contrastano una compagnia seria come
Air France
, per favorire il parvenu “Air One”, occultando
che lì dietro si nascondono i briganti finanziari di Goldman & Sachs, quelli di Mario Draghi. Del resto, dopo il fassinian-dalemiano “Teniamo una banca”, chi si stupisce più

dell’omologazione trafficona a sinistra? Enti di ricerca e università a bagno.
Ma che fa: a Montezemolo basta piazzare milionate di scadenti e tossiche
scatole di latta addosso a strade, prati e polmoni, alle quali veniamo
indottrinati da slavine di spot demenziali, fianco a fianco di annunci
“pubblicità progresso” che ci invitano a risparmiare energia e
ambiente sennò finisce il mondo. Le grandi opere pubbliche, tralasciato
il dissennato Ponte sullo Stretto, proseguono a tutto denaro pubblico,
che si tratti di squarciare comunità, biotopi e montagne, o di scavare
buchi affittati dalla camorra che minino alla base vacche, mozzarelle,
pomodori e vite umane. E a chi vuole avere salva la vita, perlomeno
dei figlioli, botte da orbi. L’inneffabile slavofobo albanese del
“Manifesto”, Astrit Dakli, furoreggia contro “lo zar Putin”
perché ai miserandi rivoluzionari colorati Cia di Kasparov si da qualche
strattone. Vorrebbero forse rifugiarsi a Mosca tutti quei bravi cittadini,
donne, ragazzi, anziani, sulle quali piovono mazzate voluttuose, come
non visto neanche negli anni ’70, di sbirri bene addestrati dal quartetto
De Gennaro-Scaiola, Pisanu, Amato. A fornire i manuali sono stati i
parà di Derry, in Irlanda del Nord e i ricercatori del Grande Laboratorio
Tsahal d’Israele.

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Vicenza e le
altre

Cito dal documento di cui sopra: “D’Alema (una specie di convitato di pietra
di tutte le stagioni del nostro sconforto) si sbraccia a difendere
il multilateralismo, come se lo stupro perpetrato da un gruppo fosse
meno esecrabile di quello perpetrato da un singolo
. E così, dopo
aver rotto Jugoslavia e Iraq, multinazionalmente siamo andati in Libano
per conto dei delocalizzatori nostrani e dei geostrateghi di USraele
ed Europa, facendo gli interposi tori. A guardia e sul territorio dell’aggredito,
logico, no? In Afghanistan facciamo i mercenari, in aumento per
numero e mezzi sotto Prodi-Bertinotti, del multilateralismo, intendendo
per tale i molti lati della macchina necrofaga occidentale. Rimane,
in politica estera, qualche dignità del PdCI, che non sputa su Cuba
le oscenità di “Liberazione”, anzi, riconosce le resistenze dei
popoli in Medio Oriente, sostiene la battaglia antimperialista e di
giustizia sociale di Chavez, pur cedendo sulla “missione di pace”
in Libano e sull’aberrante teoria dei “due popoli due stati” in
una Palestina che, invece, o si unisce tutta, o muore tutta. Sulla base
di Vicenza, Prodi e le sue “sinistre” hanno scritto la pagina forse
peggiore. L’uno a fare il duce promettendo che spezzerà le reni a
chi si oppone a questo forno crematorio della pace mondiale, le altre
farfugliando piacevoli vaghezze ai presidianti della base, ma defilandosi
all’inglese nei momenti della resistenza di popolo. Il 9 giugno 2007,
con il corteo anti-Bush e anti-valvassini, di cui si parla nel libro,
gli è stata impartita una lezione memorabile, a loro che se ne stavano,
più grotteschi che infingardi, in capannelli a Piazza del Popolo, circondati
da una voragine politica stupidamente, ma accuratamente costruita. Hanno
cercato di rimediare il 20 ottobre successivo a S. Giovanni, tirandosi
dietro, con il filo di carta della speranza che non vuole morire, un
sacco di brave persone. Sono bastate altre due capriole all’indietro,
subito dopo, per vedere svaporare nei fumi dell’orizzonte quella folla
già scintillante. Che fanno questi saltimbanchi per coprire le loro pudenda? Fanno quello di cui è mosca cocchiera “il manifesto”, danno addosso ai Cobas, nucleo organizzato, sindacale e politico, di
una sinistra diffusa e la cui lucidità e il cui potenziale oggettivo
sono temuti come l’ira di Achille. Per il resto è privatizzazione
di tutto e, con le intercettazioni e la conservazione ad libitum
dei tuoi dati privati, anche dell’anima. Scalate alle banche in tandem
o in competizione, cooperative “rosse” dalle tentazioni Parmalat,
inceneritori Fiat e altri a vaiolo sulla faccia del belpaese, prima
che un popolo inferocito e asfissiato gli strappi dai musei pannelli
solari e pale eoliche. Intanto, il sempre coerente Pietro Ingrao, dall’alto
di ottant’anni di incoerenze, dice “unitevi!” ai ranocchi
salterini della “sinistra” e Napolitano detta il suo mantra “unitevi!”
ai due fantini, il batrace dagli occhi bianchi e le guance in dissoluzione
e il cabarettista da processo, sull’unico cavallo dell’oligarchia
(citazione da Gore Vidal). Fatto che succede perché è nella natura
delle cose, di queste cose. Divertente quanto imbarazzante, il paggetto
acchitato di cachmere che regge la coda al cavallo.

Tra zombie e licantropi, con la Spectra quadricefala (Usa, Israele, Vaticano, Mafia)
che li manovra e protegge

Coerentemente il governo di “centrosinistra” di Prodi-Fassino-D’Alema-Bertinotti,
all’inizio del 2008, si frantuma sotto la pioggia acida delle mastellate, delle cuffarate e dell’altamente simbolico trionfo dell’immondizia, grazie alla quale questo Stato, obbediente ai non eletti di Confindustria,
UE, FMI BM, mafia e massoneria, prima distrugge territori e vite e poi massacra di botte i sopravvissuti. Il governo non aveva annullato neanche una delle leggi-vergogna del predecessore circondato da amministratori condannati per mafia e omicidio, aveva abbattuto per intero la fiera
delle illusioni di un programma che, imbonitore come l’altro, aveva
sventolato davanti agli elettori. In compenso aveva ridato vita, lustro
e protagonismo a questo Berlusconi all’orlo della putrefazione, facendolo
scegliere da Veltroni e Bertinotti a partner del futuro Stato autoritario,
mentre era stato disintegrato dal dileggio planetario e dalla guerra
per bande nella sua coalizione. Poi era andato alla guerra coloniale
con più zelo e più mezzi di quanto, di fronte a un’opposizione di
massa non ancora narcotizzata, aveva osato l’apologeta della “superiore
civiltà occidentale”. Oggi le “forze speciali” del mercenariato
professionale combattono e crepano trucidando afghani, pretacci terroristi
a cui ovviamente bisogna impedire che occupino il nostro paese. E Valentino
Parlato fornisce attenuanti e falsi scopi affermando che è
la società civile che esprime questo ceto politico
. Non i voti
di scambio tra mafia, potentati mastellati e cuffarati, non il terrorismo
della Chiesa, non le manipolazioni dei media, non la paura endemica
diffusa ad arte tra cittadini ormai incapaci di distinguere il giorno dalla notte.

La vittoria della P2

Siamo più poveri di quanto non lo fossimo all’uscita dal fascismo, il 10% delle famiglie
italiane possiede, come in un qualsiasi Stato banana, quasi la metà
della ricchezza nazionale, due terzi dei cittadini si sbattono intorno
alle bancarelle per arrivare, con doppi e tripli lavori, a nutrire i
propri figli e pagare le bollette, compilate da autentici ladri, entro
almeno la terza settimana del mese. 15 milioni di italiani sono sotto
il livello di povertà, o lo stanno rasentando. Si suscitano guerre
all’ultimo sangue tra giovani (bamboccioni), ai domiciliari forzati
fino a 40 anni, e anziani (egoisti a 400 euro al mese), in modo che,
oltre a lasciarsi fregare, si freghino tra di loro. I media arabi, espressione
della barbarie secondo il vangelo di Giuliano Ferrara e Magdi Allam,
hanno mille ragioni per schernire la nostra inciviltà. Interi partiti
vengono arrestati e incriminati da residui magistrati dalla vita professionale
– ma a volte anche biologica – breve. Ma che fa. I fondi che l’Europa
destina a sollevare le sorti di settori in angustie finiscono nei baratti
dei ras locali, o nelle tasche della più grossa organizzazione papista
di servizi sociali. Quanto ai diritti umani e civili, di cui le sinistre
si fanno vindici, il sindaco romano dei nani e delle ballerine,
genuflesso davanti al papa, rifiuta il registro delle unioni civili,
quelle unioni che non ottemperano ai dettami di chi di coppie, sesso,
famiglia non sa un accidente. Ma RC rimane incollata in giunta, come
con l’obliterazione dei campi nomadi, la cacciata dei rumeni. Luttazzi,
un coprologo sgradevole ma con ogni diritto di ripetere con intelligenza
il turpiloquio cretino che si pratica in parlamento e al telefono tra
compari di rango, viene radiato peggio del Santoro bulgaro. Ci consoliamo
ridendo di Padre Pio, Madre Teresa e Dalai Lama. Un’emerita industria
tedesca, opportunamente delocalizzata tra i peones italiani, lascia
cremare nei suoi forni sette operai. Non basta perché si emani seduta
stante un pacchetto sicurezza sul lavoro, come lo si è fatto per buttare
a mare tutti i rumeni. Tanto non è emergenza: ne vengono uccisi quattro
al giorno. Non c’è – Telecom insegna – nostra esternazione vocale,
telematica, telefonica (tabulati da conservarsi per otto anni) che non
venga archiviata, a fini di futura repressione poliziesca, seguendo
alla lettera il modello bushiano della totale liquidazione della privatezza
dei cittadini. A quando i chip nel cervello per incriminare anche i
nostri pensieri? I media “intelligenti” nostrani, da Fazio
a Chiambretti, non esitano a farsi prosseneti di propagandisti del collasso
etico e sociale, perfino di Dell’Utri. Gli eredi di Togliatti, Berlinguer,
Natta, promuovono sistemi elettorali che farebbero la vergogna
del legislatore fascista Acerbo e la gioia di Pinochet: chi turlupina
un elettore più degli altri, anche se rappresenta meno di un quarto
della popolazione, spazza via tutto il resto. E a chi vuole spazzare
di dosso a sé e agli altri la fanghiglia tossica riversatagli dall’alto,
pacchetti sicurezza, mazzate e sentenze da tribunale speciale per omicidi:
galera a perdere a chi s’è fatto pestare a sangue a Genova, Firenze,
Cosenza…In compenso, papisti, fascisti e sinistri corrono a Piazza
S. Giovanni per universalizzare e blindare una santa famiglia, corrosa
dagli acidi suoi propri e da quelli iniettatigli dalla macelleria sociale.
Metà del paese, seguendo la direttrice dell’astuto sabaudo Cavour, è ridotto a serbatoio di truppe criminali a supporto del sistema e di carne da cannone dentro e fuori dal paese. E al riscatto dei responsabili di tutto questo ci pensano le pallottole in busta e le minacce ad personam di un Bin Laden resuscitato per la bisogna, come ogni volta che Bush va in crisi di consensi. Ci sarebbe da morir dal ridere, se non fosse che quella cosca di vertice che era la P2 trent’anni fa, ha lavorato bene e oggi occupa l’intera cupola dei poteri. Il suo Piano di Rinascita è bell’e realizzato. Ma chi ci pensa, ipnotizzato com’è dalle stuzzichevoli e totalizzanti divagazioni sui “grandi delitti” officiati a “Porta a Porta” e dovunque, da Cogne a Garlasco, da Erba a Perugia. Per finire in bellezza, modellati dalla scuola aziendale di Berlinguer-Moratti-Fioroni, due terzi degli studenti nelle superiori non sanno perché dalla notte si passa al giorno, un terzo pensa che Tolomeo avesse ragione. Nei paesi Ocse, l’Italia, paese di Dante e di Manzoni, in fatto di alfabetizzazione è precipitata al 36mo posto.
Ma che fa, Prodi va in Afghanistan e Bertinotti in Libano per dire: Soldati italiani, siete l’orgoglio d’Italia.

CONTINUA

Fulvio Grimaldi
Mondocane Fuorilinea
01.02.2008

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