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DEL PROFESSOR ALBERTO B. MARIANTONI
Gli Scomunicati

Dal greco « oikonomia » («oikos» = casa e «nomos» = amministrazione), l’economia è l’arte del ben gestire o del ben amministrare ciò di cui si dispone.

Per gli antichi Greci, questo voleva soprattutto dire: « non sprecare », « non sperperare » o « non scialacquare »; oppure, se preferite, « non dilapidare », né « dissipare », gratuitamente ed impunemente, ciò che già si possedeva, per poterlo poi impiegare o adoperare nella soddisfazione di bisogni o nell’appagamento di esigenze o di necessità che essi consideravano utili o indispensabili.

Per « utile » o « indispensabile », naturalmente, i nostri giudiziosi antenati intendevano ciò che chiunque tra noi, ancora oggi, intende o può sempre comprendere. Eventualmente, indovinare… Intendevano, in particolare, ciò di cui ognuno può normalmente disporre o fare uso senza per altro essere costretto, né a rischiare la totalità delle sue risorse, né a rimettere in discussione l’insieme delle sue potenzialità pratiche o delle sue possibilità materiali. Questa sommaria e succinta definizione, ci fa comprendere immediatamente che l’economia, da un punto di vista generale, è soprattutto una forma di saggezza, individuale e collettiva, nonché una forma di razionalità che riguarda, sia l’interesse generale che l’interesse particolare.

Inoltre, come sottolineato dai principali autori della Grecia antica (Solone, Antistene, Senofonte, Platone e Aristotele) l’economia – alla stregua dell’architettura, della pittura, della scultura, della poesia, ecc. – non è un’attività che possa essere facilmente praticata da chiunque. O almeno, che possa essere esercitata con lo stesso talento e lo stesso successo di coloro che, invece, ce l’hanno già « nel sangue » o la posseggono spontaneamente, come predisposizione naturale, nel contesto degli specifici meandri cromosomici e strutturali della loro « scheda genetica ».

Per esercitare o praticare l’economia, nel senso che i Greci lo concepivano o l’intendevano, non basta quindi soltanto volerlo fare e – per poterlo veramente fare – magari studiarla ed apprenderla sui libri… E’ necessario, innanzitutto, averne l’intuizione o la sensibilità… E questo, grazie alle «predisposizioni» o « doti » particolari che madre natura ha ben voluto attribuirci o assegnarci. Tra queste, quella della razionalità.

Cerchiamo di capire…

Se gli uomini fossero « tutti uguali » e fossero ugualmente « tutti razionali », l’esercizio o la pratica dell’economia all’interno delle nostre società non creerebbe assolutamente nessun problema. E ne creerebbe ancora di meno, se « tutti », allo stesso tempo, possedessero il senso aristotelico della misura e fossero, naturalmente e spontaneamente, anche altruisti.

Come sappiamo, invece, le realtà che concernono l’uomo e la sua natura, ci dimostrano piuttosto il contrario… Ci dimostrano, cioè, che gli uomini non sono affatto tutti uguali; che non sono per niente tutti razionali; che solo eccezionalmente, posseggono il senso della misura; e che molto raramente, esprimono un qualunque altruismo istintivo o volontario. Tanto più che se gli uomini avessero naturalmente o spontaneamente posseduto quel genere di «predisposizioni», «attitudini» o «vocazioni», lo avremmo senz’altro saputo!

L’uomo – purtroppo o fortunatamente – con tutte le sue « qualità » e tutti i suoi « difetti », è quello che è. E, come tale, nessuno può fare nulla per cambiarlo o modificarlo radicalmente.

Inutile sperare nel possibile avvento di un qualsiasi «uomo nuovo»… Quella nozione, infatti, nata con la Bibbia, funzionalmente laicizzata e speculativamente rilanciata sul «mercato» dai fautori e dagli apologeti degli «immortali principi del 1789» e, qualche tempo dopo, addirittura macchinalmente fatta propria ed ingenuamente propagandata e diffusa dalla vulgate marxista-leninista e nazionalsocialista del secolo scorso, è semplicemente un’astrazione o una figura teorica dell’elucubrazione intellettuale, praticamente impossibile da applicare, trasferire o riprodurre nella realtà.

Le sole «risoluzioni» ed i soli «provvedimenti» che si possano realisticamente prendere nei confronti dell’uomo, sono esclusivamente due: lasciarlo totalmente allo «stato brado» ed attendersi, presto o tardi, alla moltiplicazione disorganica ed esponenziale dei suoi eccessi o delle sue esagerazioni ed all’automatico ed inevitabile ritorno del caos e della barbarie primordiali; oppure, fare in modo che i suoi naturali eccessi possano essere ragionevolmente limitati o contenuti.

Per tentare di «limitare» o di « contenere i suoi eccessi », possiamo semplicemente cercare di «dirozzarlo», «affinarlo» o «ingentilirlo»… E per tentare di « incivilirlo », non possiamo fare altro che « educarlo » alla vita in comune, servendoci specificatamente di due particolari « strumenti »: la morale societaria (che – liberamente espressa e collettivamente condivisa ed accettata – permette l’aggregazione, la concrezione ed il compattamento dei Popoli-Nazione e delle loro specifiche Società) e le leggi comuni che – codificando i termini di quella collettiva morale ed imponendoli equamente all’insieme dei consociati che l’hanno precedentemente espressa – permettono la nascita ed il consolidamento degli Stati che, a loro volta, assicurano e garantiscono l’esistenza, la persistenza, la continuità e la durata nel tempo, sia di quei Popoli-Nazione che delle loro specifiche Società.

Conoscendo perfettamente la realtà che caratterizza la natura umana, è forse per questa ragione che gli antichi Greci, a differenza dei nostri contemporanei, si limitavano semplicemente ad annoverare l’economia tra le « arti », piuttosto che tra le « scienze »!

Un simile discorso, può senz’altro essere fatto a proposito delle diverse situazioni, contingenze e possibilità che ci contornano e ci inglobano o che sono in esplicito o in implicito rapporto con la nostra medesima esistenza.

Come nel caso della natura umana, infatti, anche queste ultime, purtroppo o fortunatamente, sono quelle che sono… E nessuno, da che mondo è mondo, è mai riuscito a cambiarle, né a modificarle radicalmente!

Certo, non possiamo negare che la maggior parte delle situazioni, contingenze e possibilità che sono in rapporto o in correlazione con il nostro personale contesto, siano (o ci appaiano) molto spesso come « matrigne » ed, in certi casi, addirittura « inumane » o semplicemente « ingiuste ». Ma come potremmo noi, miseri mortali, per giunta « elemento » e « parte integrante » del medesimo ordine cosmico, trasformare completamente le immutabili realtà che ci hanno preceduto su questa Terra e che la natura stessa ha voluto che fossero o esistessero come esse effettivamente sono o esistono?

L’uomo e le realtà che lo circondano e lo incorporano, essendo ciò che sono, possiamo facilmente dedurne che, nella vita di tutti i giorni, è soltanto un caso se i mezzi di cui disponiamo possano, in qualche modo, ugualmente coincidere con i bisogni o le necessità di cui normalmente abbiamo la preoccupazione o il desiderio.

Nella realtà, infatti, « mezzi » e « bisogni » posseggono la specifica particolarità di non armonizzarsi quasi mai tra di loro, né di riuscire ad ottenere o raggiungere un qualunque equilibrio stabile, in maniera naturale o automatica.

La ragione di questa loro costante disarmonia è semplice da spiegare: i « mezzi », infatti, sono sempre limitati dal senso della loro natura o dal compendio della loro specifica o intrinseca possibilità o potenzialità, mentre i « bisogni », all’interno della nostra psiche, non possono essere altro, per definizione, che… naturalmente illimitati!

E’ probabilmente a causa di questa stonatura naturale che l’economia ha simultaneamente il potere di apparire ai nostri occhi, sia come uno degli elementi indispensabili della vita in società che come un male necessario.

Essa, infatti, è un elemento indispensabile delle nostre società, in quanto senza la pratica quotidiana dell’economia sarebbe davvero difficile e problematico riuscire a soddisfare la maggior parte dei nostri infiniti bisogni. Ed, allo stesso tempo, è un male necessario, in quanto – nonostante le innumerevoli contraddizioni che quest’arte ha molto spesso tendenza a generare o suscitare all’interno delle nostre società – nessuno, fino ad ora, è mai riuscito a trovare un migliore «espediente », « metodo » o « rimedio », sia per potersene disfare che per ottenere diversamente ciò che normalmente riusciamo a procurarci attraverso la pratica quotidiana del suo
usuale esercizio.

Ora, cerchiamo di riflettere… Se dopo aver seguito, assimilato e meditato il significato ed il senso di questa mia veloce esposizione, qualcuno venisse a casa vostra e cercasse, in una maniera o in un’altra, di convincervi che siamo « tutti uguali », che siamo « tutti razionali » e che siamo « tutti capaci » di svolgere, con la stessa diligenza e profitto, qualsiasi attività industriale, commerciale, bancaria o finanziaria; e, contemporaneamente, cercasse di dimostrarvi che all’interno delle nostre società – se accettiamo di praticare il « libero scambio » e di sottometterci alle cosiddette « leggi del mercato » – i « mezzi » ed i « bisogni » possono benissimo coincidere… Ebbene, come considerereste quel « qualcuno »? E come lo trattereste?

Per semplificare, diciamo che lo considerereste, come minimo, un « bugiardo », e lo trattereste come normalmente merita di essere trattato un qualunque « truffatore » o un semplice ed incallito « imbroglione »: cioè, a « pesci in faccia »!

Chiunque avesse un minimo di buon senso, infatti, rifiuterebbe decisamente di farsi « agganciare » o « abbindolare » da quell’aspirante « venditore di fumo ». E rifiuterebbe altresì di entrare in argomento. Al limite – se le circostanze gli imponessero di essere meno drastico e sbrigativo – si affretterebbe senz’altro a cambiare d’argomento. Oppure, inventerebbe una qualunque scusa per congedare educatamente quel « disturbatore » e riaccompagnarlo gentilmente alla porta.

Se quel « qualcuno », però, rifiutasse ostinatamente ed ostentatamente di andarsene, la nostra persona di buon senso non esiterebbe affatto ad espellerlo « manu militari » dalla sua abitazione, nonché a corredare quella sua drastica decisione, con uno di quei classici calci nei « fondelli » che, molto spesso, sono la migliore forma di conclusione o di epilogo che meglio si addice ad un tale assurdo ed inconcludente scambio d’idee o di argomenti con certi « ciarlatani »!

Credetemi: chiunque avesse un minimo di buon senso non potrebbe, in linea di massima, discostarsi di molto dalle possibili o prevedibili reazioni che ho cercato sommariamente di descrivere nell’immaginaria e teorica rappresentazione di quel mio ipotetico scenario.

Purtroppo, però, come l’avrete già intuito, il vero problema che si pone in certe situazioni, non è di sapere o di scoprire come potrebbe reagire personalmente colui che possiede, in natura, un minimo di buon senso… Il vero problema – mi sembra – è piuttosto quello di sapere quanti, tra i possibili interlocutori del suddetto « gabbamondo », sono effettivamente in grado di possedere quel minimo di buon senso che permetterebbe loro, in quelle circostanze, sia di individuare « l’imbroglio » che di reagire di conseguenza.

Ancora una volta: se il buon senso fosse una semplice « derrata naturale » che prolifica ed abbonda spontaneamente nelle menti o nei cuori della totalità dei membri del genere umano, la carriera di certi « lestofanti », molto probabilmente, non avrebbe mai preso inizio; oppure, nella peggiore delle ipotesi, avrebbe avuto una brevissima durata o si sarebbe indubitabilmente conclusa con una situazione di continua e costante disoccupazione!

Quegli « imbroglioni», invece – essendo praticamente certi che il buon senso, tra gli uomini (come nel caso della « razionalità », del « senso aristotelico della misura », « dell’altruismo », ecc.), è, e resta, una « merce » estremamente rarasono riusciti comunque ad affermarsi e, persino a fare carriera… Sono riusciti, cioè, a vendere le classiche lucciole per lanterne alla quasi totalità delle popolazioni della Terra ed a « fregare » praticamente il mondo intero: ivi compresi coloro che ancora pensano o credono di essere i loro principali « nemici » o «avversari»: i marxisti (& affini…, naturalmente)!

Come giustamente affermava nel suo tempo Angelo Oliviero Olivetti, « il marxismo, in un certo senso, appare come la negazione del liberalismo, ma è una negazione di pura dialettica. In realtà, l’uno completa l’altro ed, a guardarli da vicino, il liberalismo ed il marxismo sono le due facce di un stesso sistema, la faccia concava e la faccia convessa, l’azione e la reazione, entrambe contenute nel cerchio limitato di un identico sistema di forze » (Annuaire 1928, n. 1, Social Editions, Bruxelles, 1928, pag. 96).

I « marxisti », infatti, come sempre animati e sorretti, nelle loro intime convinzioni, dalle « irrefutabili certezze » della loro « infallibile scienza», non solo non si sono mai accorti che le « lanterne » di quegli imbroglioni erano e restano esclusivamente delle « lucciole », ma – intimamente convinti del ben fondato economico del « sistema » di quei « lestofanti » ed, allo stesso tempo, preoccupati e nauseati per le contraddizioni ed i drammi sociali che quest’ultimo, ogni volta, inevitabilmente partorisce – hanno continuato, per cercare di limitare i danni provocati da quei « farabutti », a reclamare la semplice abolizione della « proprietà privata dei mezzi di produzione » dei falsi ed ipotetici « lampioni » di questi ultimi!

Conosciamo i « successi » che ha avuto, fino ad oggi, la loro « rivoluzione »…

Dopo aver fatto inutilmente sperare e vanamente lottare, per più di 75 anni, i milioni e milioni di vittime di quei« turlupinatori »; dopo avere lungamente imposto, alle popolazioni dei paesi nei quali i loro regimi si erano affermati, la più assurda ed atroce delle tirannie che la storia ricordi; e dopo essersi accorti che gli effetti prodotti dalla loro « medicina » erano senz’altro peggiori di quelli che fino ad allora aveva causato o stava causando la rovinosa « malattia » che era stata inoculata alla società da quei « manigoldi », i marxisti di tutto il mondo, hanno semplicemente riconosciuto la superiorità economica del sistema di quei « lestofanti » e si sono rassegnati, a partire dal 1992, a dichiarare forfait ed a chiudere definitivamente la maggior parte delle loro antiche boutiques.

Oggi, in fine, grazie al « seme » dell’ugualitarismo e dell’internazionalismo che hanno insensatamente propagato e che seguitano incoscientemente a diffondere tra i loro adepti, i marxisti di tutto il mondo – anche se, per la maggior parte, abbondantemente “riciclati” nei «partiti riformisti di sinistra» o in quelli del cosiddetto «liberismo democratico»… – continuano, persino oggi, a spianare direttamente o indirettamente la strada al «liberismo», al « cosmopolitismo ed al « globalismo» che a parole (e soltanto a parole!) dicono di combattere.

I suddetti « impostori », in ogni caso, grazie pure al concorso o alla collaborazione diretta o indiretta (cosciente o inconscia) dei «marxisti & affini» sono riusciti a diffondersi ed a moltiplicarsi a mo’ di agente patogeno all’interno delle nostre società. E, grazie al monopolio dell’informazione che ormai detengono da una vita, sono altresì riusciti a far dimenticare ai nostri antichi ed nobili Popoli-Nazione, il senso della loro esistenza e del loro divenire; e ad imporre loro ugualmente, allo stesso tempo, un « modello » che, oltre a non avere di « economico » che il nome, è addirittura largamente « antieconomico », in quanto, nella sua pratica quotidiana, « produce » esattamente il contrario (procrea, cioè, « rarità », « discriminazione » e « ingiustizia »…) di ciò che una normale e sana economia potrebbe o dovrebbe generare (cioè, « abbondanza », « equa ripartizione » e « armonia sociale »…).

Mi riferisco, naturalment
e, a quegli onesti galantuomini che, nel nostro tempo, hanno la « faccia tosta » di riproporre impunemente alle nostre società, il « liberismo » ed il « liberoscambismo »: due visioni soggettive ed arbitrarie dell’economia che, per giunta, negli ultimi duecento anni, hanno già provocato indicibili drammi ed infiniti disastri alle nostre società, senza contare le sonore « bocciature » e le inequivocabili « condanne » che hanno già sistematicamente ricevuto, sia dall’esercizio quotidiano delle loro stesse tesi che dai successivi ricorsi che hanno imposto o ripetutamente sottoposto all’infinita e clemente pazienza della storia.

Che volete: adducendo a pretesto l’inevitabilità e l’ineluttabilità delle loro stantie ed elucubranti «scelte economiche», i galantuomini di cui sopra, cercano, oggi, dunque, per l’ennesima volta, di « farci fessi »… Cercano, cioè, di « venderci » ad ogni costo il « modello » dei loro passati fallimenti e di « contrabbandarci » spudoratamente il senso delle loro improduttive e criminali teorie, come se fossero degli « onnipotenti toccasana », dei polivalenti e super efficaci « elisir di lunga vita » o delle ultramoderne e strabilianti invenzioni… « dell’acqua calda »!

Questo, naturalmente, senza avere nessun minimo ritegno civile o morale, e strafregandosene altamente se la maggior parte degli abitanti della Terra, è praticamente obbligata a « tirare la cinghia » e, qualche volta, persino le « cuoia »…, per permettere loro di tentare di appagare le ricorrenti ed insoddisfatte frustrazioni della loro congenita impotenza ed i famelici appetiti del loro insaziabile egoismo, attraverso la mera soddisfazione degli sporchi interessi della loro indicibile ed innominabile malafede.

Inutile chiedersi il motivo di una tale insolenza e di una tale arroganza.

I « liberisti » di tutto il mondo, infatti, conoscendo perfettamente le « predisposizioni » o le potenziali « inclinazioni » della natura umana, sanno benissimo che possono tranquillamente continuare a contare sul normale comportamento della maggior parte dei membri delle nostre società, per seguitare a fare quello che hanno già fatto e perpetrato nel corso delle loro precedenti e funeste esperienze. Possono, cioè, continuare placidamente e caparbiamente ad infrangere e calpestare le leggi e le convenzioni nazionali ed internazionali dei diversi paesi del mondo; possono altresì continuare a sfruttare, opprimere ed affamare la povera gente; distruggere o rimettere in discussione gli equilibri sociali delle nostre antiche Nazioni; impinguare sproporzionatamente le loro « pance » ed i loro… conti in banca, senza per altro rischiare di dover rispondere, un giorno o l’altro, davanti a chicchessia, per i loro raggiri, i loro soprusi e le loro quotidiane e stomachevoli malversazioni e nefandezze.

Il motivo?

Poiché, in generale, è sempre all’ombra dell’umana stupidità e della pubblica irresponsabilità che i tossici e velenosi germogli del «parassitismo economico» e della « gramigna sociale », possono continuare a sbocciare, crescere e propagarsi, in tutta libertà ed in tutta impunità.

Alberto B. Mariantoni
Fonte: http://www.gliscomunicati.com/
Link: http://www.gliscomunicati.com/content.asp?contentid=822
20.03.2007

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