Qui sotto, la mia traduzione per Tlaxcala dell’intervista al capo dell’organizzazione delle Corti Islamiche della Somalia, che – alhamdulillah – stamattina hanno dichiarato di aver vinto a Mogadishu la guerra che combattevano contro i “signori della guerra” riciclati in “combattenti antiterroristi” dopo l’appoggio statunitense..
Un’altra buona notizia dai numerosi “confini” dell’Impero.
Allahu akbar!
P.S: Leggete le imperdibile considerazioni di Miguel Martinez sugli avvenimenti di Mogadishu. — Andrea Lazzaro
Cairo, Asharq al-Awsat – Qualche anno fa, una banda locale di Mogadishu rapì un giovane studente e chiese alla sua famiglia un riscatto in cambio del rilascio di loro figlio. Questo episodio è stato solo uno degli innumerevoli altri rapimenti ed uccisioni perpretrati dai gruppi armati della capitale somala che approfittavano della disintegrazione del governo centrale, dopo l’estromissione dal potere del presidente Mohammed Siad Barre. Questo incidente, però, segnò un punto di svolta nella vita dello Shaykh Sharif Ahmad, capo dell’organizzazione delle Corti Islamiche, considerato da molti “l’uomo forte di Mogadishu” e accusato di essere l’equivalente somalo del Mullah Omar, fondatore del movimento dei Taliban e guida dell’Afghanistan prima dell’invasione statunitense del 2001.Nato a Chabila, paese della Somalia centrale, nel Gennaio 1964, lo Shaykh Sharif insegnò geografia, Arabo e materie religiose nella scuola media di Juba, dove il giovane studente una volta era allievo. Si sentì oltraggiato dal rapimento, che lo spinse ad intervenire per assicurare il rilascio del ragazzo.
Shaykh Sharif, fluente oratore in arabo, che aveva frequentato l’università in Libia ed in Sudan, si rese conto che non accettava più la società in cui viveva, dove la violenza prevaleva ed il povero soffriva. Decise di cercare una soluzione.
“Incontrai gli insegnanti (dello studente) e decidemmo di agire. Rilasciammo una dichiarazione che attirò l’attenzione della gente a Mogadishu. Cominciai a parlare agli abitanti delle vicinanze del luogo in cui i rapitori tenevano nascoste le loro vittime e gli implorammo di non dargli copertura”, ha detto ad Asharq al-Awsat in un’intervista telefonica.
Prima del rapimento, Saykh Sharif non aveva legami con l’organizzazione delle Corti Islamiche, che senza pretese era stata istituita nel 1996 e crebbe nel 1998. Fu sorpreso della sua nomina a guidare l’organizzazione che mantiene una milizia di 5000 uomin bene armati. “Stavo visitando un amico quando sentì che ero designato per la carica. Pensai di respingere la candidatura e continuare a lavorare come insegnante e guidare gli allievi. Ma presto accettai per timore che l’organizzazione potesse fallire quando era ancora nella sua infanzia.
L’organizzazione delle Corti Islamiche organizza procedimenti di tribunale, condanna gli imputati alla reclusione o alle frustate se trovati colpevoli, secondo la Sharia islamica e tenendosi lontana dalla legge della giungla che ha preso posto in Somalia e soprattutto nella capitale.
Alla domanda sul numero delle forze a lui fedeli, lo Shaykh Sharif ha risposto che non poteva disaminare rappresentazione esatte per ragioni di sicurezza. “Questa è un’informazione riservata. Se ve lo dicessi, alcuni partiti potrebbero sottovalutarci se i numeri sono piccoli. Esagereremmo le nostre forze se accenniamo a grandi quantità. Dall’inizio della guerra civile, tutti i Somali sono armati. Non abbiamo impedito a nessuno di unirsi a noi. Alcune persone hanno l’impressione che noi siamo un’organizzazione pesantemente armata”.
Dopo gli scontri armati scoppiati intorno a Mogadishu la scorsa settimana, Shaykh Serif ha indicato che avrebbe dovuto riconsiderare le misure di sicurezza che prende per salvaguardare la propria vita. “Per natura, non mi piace avere la scorta intorno a me. Ma ero costretto a ricorrere all’aiuto di guardie del corpo molto allenate e armate” data la recente esplosione di violenza della cui responsabilità lo Shaykh Sharif ha accusato gli “alleati del diavolo”, riferendosi ai signori della guerra sostenuti dagli Stati Uniti. “Avevo l’abitudine di uscire abbastanza spesso senza guardie, e mi faceva piacere. Ora questo non è più possibile”, ha aggiunto.
Nonostante queste complicazioni, lo Shaykh Sharif non è pentito di essere diventato il capo dell’organizzazione delle Corti Islamiche. “Questo è il nostro destino e responsabilità. Il nostro intento è essere al servizio del popolo somalo e difendere i suoi diritti e la sua dignità”.
Ha espresso timore per il futuro del suo paese, e preoccupazione per la Somalia, che sembra essere stata “dimenticata dal mondo” ed estromessa dai programmi del mondo. Lo Shaykh Sharif ha detto ad Asharq al-Awsat che vive con sua moglie e due bambini – Ahmad di 9 anni, e ^abdullah, che è un bambino ai primi passi – in una modesta casa a Mogadishu. Non possiede un computer né un telefono satellitare, ha aggiunto. “Vivo una vita semplice, come la maggior parte dei Somali”, ha detto in risposta a chi lo accusa di ammassare una grande fortuna come nuovo “re senza corona di Mogadish”.
“Perché la pace e la sicurezza facciano ritorno in Somalia, i cittadini del paese dovrebbero unirsi e accantonare le differenza politiche e tribali”, ha detto lo Shaykh Sharif. Comunque, ha insistito che lui non è il Mullah Omar che ha vinto il supporto popolare afghano ed è arrivato al potere sulla schiena di una distruttiva guerra civile e di screditati signori della guerra. “La nostra situazione è diversa da quella dell’Afghanistan e noi non ci stiamo presentando come un governo alternativo, né stiamo cercando di controllare la capitale, diversamente da quanto asseriscono i nostri nemici”. Ma concordemente all’ultimo rapporto del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, le milizie fedeli alle dodici corti amministrate dallo Shaykh Sharif attraverso Mogadishu controllano adesso l’80% della capitale.
Rifiutando di ricevere aiuti finanziari dall’estero, lo Shaykh Sharif ha detto che il favore popolare dell’organizzazione deriva dall’affetto e dall’apprezzamento del popolo per le sue azioni, data l’assenza di un’autorità centrale. “Facciamo affidamento sulle nostre limitate risorse e su ciò che ci forniscono dei comuni cittadini. I contributi economici sono ben accetti, per quanto piccoli siano, ma non obblighiamo i cittadini a contribuire”.
Ha negato di avere qualsiasi contatto con il governo federale di transizione guidato dal Presidente ^abdullahi Yusuf e dal Primo Ministro ^ali Mohammeh Ghedi, attualmente a Nairobi, aggiungendo che non si oppone a future discussioni, se sono nell’interesse del popolo somalo. Criticando il ruolo del governo statunitense nei recenti combattimenti, Shaykh Sharif ha detto che Washington non sta agendo nell’interesse dei Somali ma sta ripetendo gli errori del passato. Le osservazioni del Presidente Bush sulla presenza di Al Qaeda in Somalia sono “menzogne”, per promuovere la statunitense guerra al terrore, ha aggiunto.
Secondo fonti di servizi segreti occidentali, l’organizzazione delle Corti Islamiche sta dando protezione ad estremisti islamici, alcuni dei quali ha legami con Al Qaeda, inclusi tre sospettati di aver condotto gli attacchi alle ambasciate statunitensi in Africa orientale nel 1998.
Da parte sua, lo Shaykh Sharif ha messo in evidenza che il gruppo di Osama Bin Laden non ha alcuna presenza in Somalia. “Non ci sono fuggiaschi di Al Qaeda né di nessun altra organizzazione, come invece affermano i servizi segreti statuintensi ed etiopi”. Questo è un paese accessibile e gli stranieri verranno scoperti molto velocemente. Guardate il numero di menzogne che Washington sta raccontando sull’Iraq e sull’Afghanistan. Sta provando a ripetere la stessa cosa riguardo a Mogadishu ma non glielo permetteremo”.
Per quanto riguarda l’organizzazione dell’Unione Islamica, accusata da Addis Abeba di essere coinvolta in una serie di attacchi terroristici che colpirono la capitale negli anni ’90, lo Shaykh ha detto che no è più attiva, dopo aver subito pesanti perdite per la violenta campagna che le forze etiopi le hanno lanciato contro.
Ha anche accusato il mondo arabo di dimenticare doppiamente la Somalia: la prima volta ignorando la crisi nel paese, la seconda rifiutando di intervenire per risolverla e fornire l’urgente aiuto umanitario e finanziario per salvare le vite di milioni di civili diventati profughi a causa della guerra civile. “Loro (gli Arabi, NdA) sentono di noi attraverso i media stranieri che esagerano le notizie dalla Somalia e ci descrivono in un modo che si soddisfa i loro interessi (dei media, NdT). Nessuno di loro (gli Arabi, NdA) ha pensato di contattarci come avete fatto voi, per ascoltare e imparare dal nostro punto di vista. Questo è molto triste.”
Versione originale:
Il Puntland Post intervista Shaykh Sharif Ahmad
Fonte: http://www.puntlandpost.com/
Link: http://www.puntlandpost.com/englishnewspage.php?articleid=4485
17.05.2006
Versione italiana
Fonte: http://antiamericanista.splinder.com/
Link
–Tradotto dall’inglese in italiano da Andrea Lazzaro, membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questa traduzione è in Copyleft.–