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Solo le banche centrali tengono a galla l’Italia

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A cura di Davide
Il 10 Gennaio 2020
328 Views

DI PAOLO BECCHI E GIOVANNI ZIBORDI

 MilanoFinanza

Nel 2019 che si è appena chiuso l’Italia come borsa è stata la migliore del mondo industriale avanzato (se si esclude la Russia) con un +32%, e come titoli di stato i BTP hanno fatto meglio di ogni altro titolo con un +17%. Questo risultato è arrivatoin presenza di un PIL nominale piatto cioè crescita reale di 0,1% e inflazione intorno allo 0%, degli zero che ci collocano in fondo a tutte le graduatorie internazionali. Può capitare che sia le borse che i bonds possano salire in presenza di economia con crescita modesta, ma una performance record di borse e titoli di stato assieme mentre il PIL e l’inflazione sono a incremento zero è da Guinness dei primati.

Può essere però che la borsa italiana “anticipi”, che come a volte succede sia un indicatore di qualcosa di buono per l’economia e così anche la bella performance dei BTP?

Cominciando da questi ultimi, il mercato calcola ora che nel 2020 ci sarà scarsità di titoli di stato nell’eurozona, perché il QE lanciato da Draghi prima di andarsene può arrivare a coprire quasi tutte le emissioni di debito pubblico, che in eurozona sono ai minimi storici grazie al pareggio di bilancio che ci impongono i paesi del Nord Europa. Come si vede in Giappone ed Eurozona la Banca Centrale spazzerà via quasi tutti i titoli che gli Stati emetteranno e nel mondo il totale “netto” delle emissioni si dimezzerà, da 1,251 mld nel 2019 a 700 miliardi nel 2020.

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Mentre i politici continuano a preoccuparsi del debito pubblico, sul mercato si moltiplicano i commenti che guardano a questi numeri e lamentano scarsità di “safe assets” nel mondo, cioè di titoli di stato, visto che la FED ha ripreso a comprare treasury al ritmo di 60 mld al mese, la BCE da settembre ha pure ricominciato e il Giappone non vuole smettere.

Questa scarsità di debito pubblico “fresco”, fa sì che i titoli di paesi molto indebitati (dal 100%del PIL in su) come Portogallo, Spagna, Italia, Francia e anche la povera Grecia, siano sempre richiesti e quindi rendano da meno di zero all’1,4% massimo (BTP a dieci anni).

I nostri politici andrebbero quindi informati del fatto che sul mercato finanziario ci si preoccupa non del debito pubblico, ma del fatto che il debito sia troppo poco, perché si considerano le centinaia di miliardi che le Banche Centrali comprano con il QE come finanziamento indiretto dei deficit pubblici (anche se i prof di economia sono restii a riconoscerlo perché nei libri di testo il QE non era previsto). Per il resto è inutile che provino ad attribuirsi meriti perché qui si tratta della “stampa di moneta” della BCE e l’ostinazione dei nordici nel non voler emettere titoli.

L’unica cosa certa per l’Italia è un effetto ricchezza, concentrato sulle fasce alte di reddito, che hanno più investimenti finanziari e non tengono tutto in conti correnti e polizze.

Le quotazioni degli immobili però restano piatte in Italia (a differenza di Francia e Germania ad esempio dove aumentano, specie in Germania che ha un boom immobiliare, senza contare Parigi che sembra presa d’assalto ora dagli investitori internazionali). La produzione industriale è tornata a calare, anno su anno, e il credito alle imprese continua a contrarsi avendo ormai perso il 25% rispetto a dieci anni fa, mentre ad esempio in Francia e Spagna è aumentato e continua ad aumentare. Per quanto riguarda quindi il bel rimbalzo della borsa non ci sono elementi, a parte i tassi di interesse e il QE (e l’onda lunga del rialzo di tutti i mercati) per sperare che sia un buon segnale per l’economia reale.

Questo soprattutto perchè il credito alle famiglie e le imprese è la variabile che più ha sostenuto la crescita economica negli ultimi dieci anni o venti anni nel mondo, dalla Cina agli USA, al Canada, a Hong Kong, all’Australia e all’eurozona stessa.

Un confronto con la Francia illustra il vero problema dell’Italia. Da noi il credito a famiglie e imprese è stato tagliato e tuttora cala (per le imprese) ed è sceso al 110% del PIL. In Francia non ha mai smesso di crescere ed è arrivato al 210% del PIL.

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Come mai i politici francesi e le banche francesi sono riusciti a gestire questa montagna crescente di credito e quindi di debito con successo? Nessuno ha notato che il PIL della Francia, da quando c’è l’euro, è salito un poco più di quello della Germania. Si parla sempre di imitare la Germania parsimoniosa, ma in realtà abbiamo di là delle Alpi una Francia che ha portato il debito pubblico dal 56 al 100% in dieci anni e il debito privato al 210% del PIL!

Non solo in Cina, Giappone e USA, ma anche in eurozona, si è spinta la crescita grazie al debito (pubblico e privato).

Solo l’Italia non lo ha fatto dal 2008 ad oggi, l’aumento del rapporto debito pubblico rispetto al PIL è dovuto solo al collasso del secondo. Come si è visto sopra da noi il debito privato, che era più basso che negli altri paesi, si è ancora ridotto e abbiamo crescita zero o negativa per PIL, inflazione, produzione e mercato immobiliare.

Solo la borsa e BTP si sono ripresi nel 2019 per cui siamo ora aggrappati alla ricchezza finanziaria, a 200 miliardi circa (forse) di capital gain distribuiti tra famiglie e istituzioni finanziarie che possono spingere un poco di consumo di fascia alta.

In sintesi, si dipende ora più che mai largamente dalle Banche Centrali, non solo la BCE, ma anche la FED e BoJ. L’impatto delle manovre dei governi come il nostro, fermi al 2% di deficit, è secondo quasi tutti gli esperti, più o meno nullo e le banche, a differenza che in Francia ad esempio, continuano a tagliare il credito alle imprese e limitarlo alle famiglie. La conclusione è che non avendo altro a cui appoggiarsi nel governo, nelle banche e nel paese, conviene per ora guardare l’andamento di listini e mercati e sperare che aiutino a tenerci a galla, continuando – chi li ha – a fare soldi con soldi.

 

Paolo Becchi e Giovanni Zibordi

Fonte: https://paolobecchi.wordpress.com

Link: https://paolobecchi.wordpress.com/2020/01/08/solo-le-banche-centrali-tengono-a-galla-litalia/

8.01.2019

 

Pubblicato su MilanoFinanza, 08/01/2020

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