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La Redazione

 

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Sintomi americani

Non una nuova crisi finanziaria, ma sociale
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A cura di Redazione CDC
Il 5 Luglio 2022
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Di Guido Salerno Aletta, teleborsa.it

A guardarsi indietro, per capire come stanno andando le cose negli Stati Uniti, occorre fare riferimento agli ultimi due anni, visto che tutta l’economia è stata investita pesantemente dall’epidemia più grave da un secolo a questa parte. Ma serve anche considerare gli anni che precedettero la Grande Crisi Finanziaria del 2008.

E’ l’inflazione altissima da un anno a questa parte, un fenomeno sconosciuto dai primi anni Ottanta, che sta cambiando radicalmente il quadro prospettico: per le famiglie bisogna considerare il reddito reale disponibile, il risparmio in percentuale rispetto al reddito, l’andamento dei tassi di interesse e quello dei prezzi delle case.

Cominciamo col fare riferimento al 2020 per quanto riguarda il risparmio: con tutta l’economia ferma ed i sussidi pubblici, si era gonfiato a dismisura, arrivando alla astronomica percentuale del 26,1% del reddito. Da allora, da quando l’economia ha ripreso a girare, è sceso in picchiata, ma ormai è al di sotto del livello pre-crisi, al 5,6%, quando arrivava al 7,4% alla vigilia della crisi pandemica.

Si risparmia di meno, perché c’è l’inflazione dei prezzi al consumo: sta erodendo pesantemente i redditi reali disponibili, quelli che vengono calcolati al netto delle tasse: in un anno. Ed infatti, tra il primo trimestre del 2021 ed il primo trimestre di quest’anno, hanno registrato un crollo dell’11,8%: questo è il dato che segnala l’impoverimento delle famiglie.

Il totale del risparmio delle famiglie americane, che alla fine del 2019 ammontava a 1.237 miliardi di dollari, era arrivato al massimo storico di 2.887 miliardi alla fine del 2021, ed ora è sceso a 2.281 miliardi: questa riduzione del risparmio è andata a finanziare gli acquisti, e dunque l’inflazione.

Ed infatti di recente c’è stato un vistosissimo aumento dei prezzi degli immobili: fatto pari a 100 il prezzo del 1980, l’indice era salito a quota 381 nel 2007, alla vigilia della Grande crisi finanziaria, per scendere a 308 nel secondo trimestre del 2012. Da allora si era registrata una crescita continua: dopo aver raggiunto il livello di 450 nel primi trimestre del 2020, l’indice si è impennato fino alla quota di 578 che è stata raggiunta nel primo trimestre di quest’anno: nel settore immobiliare siamo in presenza di una bolla dei prezzi, cresciuti del 128% nel giro di due anni. Non c’è alcun dubbio che il risparmio accumulato forzatamente durante i mesi di pandemia sia andato ad alimentare gli acquisti di case.

Se da una parte c’è un “effetto ricchezza reale” per chi già possiede casa, c’è un “effetto povertà reale” per chi la vuole comprare: non solo si deve fare i conti con il minor reddito reale disponibile e con la minore percentuale di risparmio accantonabile, ma anche con l’aumento dei tassi sui mutui immobiliari. I tassi fissi sui mutui a trent’anni sono passati dal 2,66% del dicembre 2020 al 5,81% di questo mese di giugno: praticamente raddoppiati in un anno e mezzo. A tassi variabili, si è passati dal 2,41% dello scorso dicembre al 4,41% di questo stesso mese: anche in questo caso, praticamente raddoppiati ma in appena sei mesi.

Il controllo dell’inflazione avrà un grande peso, perché il punto di rottura del sistema non è rappresentato solo dalla quota del reddito delle famiglie che viene assorbita dal rimborso dei mutui e dei prestiti in generale, ma ancor dai costi essenziali per poter vivere e lavorare: dal prezzo dei carburanti e delle bollette della luce, che hanno registrato aumenti a tripla cifra, al canone di affitto di casa che è già aumentato in media del 7% dal 2019 ad oggi, ma nelle grandi città di una decina di punti percentuali in un solo anno, adeguandosi al maggior valore immobiliare.

Non c’è tanto un pericolo di default finanziario, ma quello di una crisi sociale, esacerbata dalla enorme divaricazione dei redditi e delle condizioni di vita che si è andata creando: dallo smart working obbligatorio per evitare i contagi siamo passati a quello reso indispensabile per risparmiare sulla benzina che serve per andare in fabbrica o in ufficio. Sono soprattutto gli anziani con pensioni modestissime e le donne sole con figli minori ad essere colpite da questa condizione.

Un Paese che ha fatto della mobilità il senso stesso della esistenza, lo strumento per poter cogliere ogni opportunità, si sta bloccando. Ci sono i centri delle grandi città, in cui i prezzi degli affitti crollano perché gli uffici sono stati abbandonati, i centri commerciali sempre più deserti per via dell’incremento esponenziale dell’e-commerce, mentre nelle periferie la vita si abbrutisce ed aumentano i senza dimora.

C’è un problema profondo, di comprensione della realtà, di interpretazione delle tendenze.

Si trascorre troppo tempo di fronte agli schermi dei computer e troppo poco ad osservare la realtà che ci circonda: consultiamo dati statistici su tutti i fenomeni economici e finanziari, abbiamo aggiornamenti in tempo reale delle quotazioni di Borsa di tutto il mondo, mentre non ci accorgiamo di ciò che succede nelle nostre città, nelle campagne circostanti. I temi della vita sociale rimangono in ombra, trascurati, mentre dalla loro dinamica e da questa organizzazione tutto dipende.

Non una nuova crisi finanziaria, ma sociale.

Di Guido Salerno Aletta, teleborsa.it

04.07.2022

 

link fonte: https://www.teleborsa.it/Editoriali/2022/07/04/sintomi-americani-1.html#.YsNHiWAzbDc 

Pubblicato da Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org
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