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blankDI FULVIO GRIMALDI
Mondocane Fuorilinea

Da randagi che abbaiano alla luna a sorci da interstizio di governance, le nuove avventure di Bertisconi e dei furbetti della sinistrina (sulla pelle di Palestina, Iraq e di tutti noi)

La risacca di sapore massonico che ha trascinato a fondo tanti bravi compagni al traino della carretta bertinottiana, peraltro sospinta in mare dai venti benevoli degli inceneritori televisivi berlusconiani e dei lupanari vespaioli, sia per intima affinità etica e mercantile, sia per meriti conquistati nella difesa a cannonate parlamentari di quel monopolio (governi Dini e Prodi, pronube il munifico berlusconista Niki Grauso), continua a rigurgitare sulla spiaggia rottami d’ogni genere. Siamo alla discarica. Pure tossica se, tra i cumuli di rifiuti, si riesce a scorgere un recente paginone di “Liberazione”, bollettino glbt-femminista delle imprese del principotto e del di lui imperatore D’Alema.Pagina intera nella quale Guido Caldiron (che è poi la Fallaci dopo l’intervento a Casablanca) e consimili corifei dell’impero sionista, tornano a trasfigurare in “primavera libanese” (tipo le analogamente idolatrate “primavere” di Georgia, Ucraina e Jugoslavia) la manovra di destabilizzazione del Libano funzionale alla distruzione della Siria, telediretta dai terroristi di Stato di Tel Aviv e dai colonialisti di Washington e Parigi ed eseguita dai fascisti libanesi della Falange e dai berlusconidi del clan Hariri. Sempre sull’inqualificabile foglio viene esibita al rallenti in prima pagina la luciferina bufala del giornale nazisionista canadese “National Post”, trasparentemente finalizzata a lubrificare il consenso all’irachizzazione anche dell’Iran, secondo cui in quel paese agli ebrei verrebbe imposta una fascetta gialla, di chiaro richiamo nazista (e alle altre minoranze altri colori). La smentita, dilagante su tutti i media del mondo, viene liquidata il giorno dopo in uno di quei trafiletti in capo alle pagine che nessuno legge.

Quiz: chi assomiglia di più a Hitler?

Intanto l’obiettivo dei guerrieri psicologici nazisionisti è stato raggiunto: Ahmadinejad come Hitler, iraniani e, di nuovo, musulmani, come nazisti. Ed è stupefacente che ci provino ancora, dopo che il trucchetto Cia-Ned-UsAid-Mossad si era già abbondantemente ripetuto e logorato con Castro, Arafat, Milosevic (“Hitlerosevic”), Saddam, il mullah Omar e più recentemente con Chavez e Morales. Evidentemente contano, a ragione, sull’ottundimento mediasettiano della gente e sulla perenne disposizione alla captatio benevolentiae delle sinistre. Mai nessuna di queste che, magari confrontandosi con il sindaco criptorabbino di Roma ( o con il suo emulo alla regione, presidente Marazzo, di sciocca memoria tv, che accompagnando studenti e rabbini romani a studiare la Shoah in Israele, coglie l’occasione per la colonizzazione sionista del Lazio in termini di accordi economici vari e manca l’occasione per guardare oltre il muro di Sharon all’olocausto dei palestinesi) avesse osato un ben più giustificabile accostamento tra la defunta epitome del Male e uno qualunque dei premier israeliani. Eppure questi ultimi non gli sono mica molto da meno quanto a soluzioni finali per interi popoli, guerre di aggressione (“Crimine supremo contro l’umanità”, secondo Norimberga), occupazioni, polverizzazione dei diritti umani e del diritto internazionale, sprangate sui denti alla “comunità internazionale” (leggi ONU), torture, genocidio, punizioni collettive, assassini mirati, terrorismo bombarolo, minacce nucleari…

Sgrena e le altre. I silenzi sul rapimento.

Non poteva mancare al richiamo del pifferaio sorciaiolo di “Liberazione” il caposquadra delle femministe al cianuro che alluvionano gli scarsi fogli del giornale con ossessioni machiste di genere, di corpi e di veli islamici. Monica Lanfranco, a smentite straripetute da giorni, ancora rinnova l’istigazione a razzisticamente delinquere ribadendo la balla criptonazi della fascetta gialla agli ebrei d’Iran. Ignoranza, malafede? In ogni caso accanimento psicossessivo di veterofemministe con il bazooka, più fanaticamente occidentocentriche che intelligentemente femministe, che in ogni caso fanno vibrare di soddisfazione coloro che, scambiando da sessant’anni il proprio ruolo di carnefici con quello delle vittime, grazie a simili coperture possono perpetuare e allargare i crimini. E’ della stessa scuola, dispiace dirlo, anche Giuliana Sgrena, della quale rispettiamo la dura esperienza subita, ma non per questo apprezziamo l’interpretazione delle cose. Lacrimevole e faziosa sostenitrice dei peggiori stereotipi della propaganda imperialista con falsificazioni come la “primavera berbera” (strategia destabilizzatrice della Francia contro l’Algeria), il “terrorismo” e “l’integralismo” islamico (di cui mai intende il telecomando Usa-Sion), i “crimini di Saddam e del Baath” (interamente usciti dalle agenzie di disinformazione), specialista in vittime e non violenza e quindi inconsapevole fiancheggiatrice di chi sinceramente avversa, ancora ci deve parlare di molte cose misteriose che circondano il suo sequestro. Tra le altre, che ne è stato del “quarto uomo” sulla vettura di Calipari, successivamente svaporato, ma di cui hanno parlato per 24 ore dalla liberazione e ancora ieri a “Report” (4/6/6) il direttore Gabriele Polo, Nicolò Pollari, Gianni Letta e tutti i media. Ci spieghi anche per quale ricatto, o pressione, o (comprensibilissima) paura ha atteso le rivelazioni di RaiNews 24 su Falluja, un anno dopo, per riferirci almeno qualcosina di quanto le avevano raccontato di quell’olocausto le donne sopravvissute, intervistate prima del rapimento. Monica Lanfranco, a smentite da giorni già straripetute, ancora rinnova l’istigazione a delinquere della fascetta gialla agli ebrei iraniani. Ignoranza o malafede? In ogni caso accanimento psicossessivo e orrendamente occidentecentrico, da far vibrare di piacere coloro che, scambiando da sessant’anni il ruolo di carnefici con quello delle vittime, grazie a simili coperture possono perpetuare e allargare i propri crimini.

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[Giuliana Sgrena]

Bertisconi e la sua spilla

Cosa faceva intanto il prestidigitatore Berluscotti, neopresidente della Camera e quindi vieppiù disponibile (e autorizzato) a ogni nefandezza in nome del “ruolo istituzionale”? Mandava i suoi graduati a mostrarsi nella marcia antiguerra e antimperialista (Grazie Piero Bernocchi, che ci hai messo la voglia e la faccia, a dispetto della diserzione veltroniana dei neoaccoliti del sindaco, Disobbedienti e radiocomunisti) e, mentre i suoi sicofanti mediatici, allievi di funambolismo, glielo puntellavano, ergeva un ditino per nascondervisi dietro. Il dito era la spilletta della pace, il pachiderma che vi si intravedeva dietro era l’ex-segretario del PRC e presidente della Camera (che, diciamolo una volta per tutte, da nessunissimo obbligo istituzionale era costretto a tale sconcezza) sul palco della parata dei militi del nuovo colonialismo, professionisti destinati a “proiettarsi oltremare dove far sventolare – nelle parole del correo dell’assassinio di Jugoslavia e jugoslavi, Massimo D’Alema – orgogliosamente il vessillo tricolore della Sesta Potenza Militare del mondo”. A questo proposito c’è da chiedersi, oltre i fumogeni arcobaleno con cui ne circonfonde il bellicismo “Liberazione”, cosa aspettiamo a capire che Massimo D’Alema è proprio il più pericoloso di tutti, un illusionista inciucista e guerrafondaio, legato a proprio tutti i poteri peggiori, divorato da un’ambizione che, mancando una cultura purchessia e un’intelligenza profonda, si inerpica sui gradini della più presuntuosa iattanza. E sapete cosa fa il bertinocchiano “Liberazione”: da uno a cento, gli assegna uno smagliante 75 di identità di sinistra! Come mettere alla volpe le piume della gallina spennata. Tornando alla spilletta di Bertisconi, la lazione è che è così che si fa la non-violenza: cioè rigorosamente limitata, ovviamente nel loro interesse (magari più etico che biologico), ai deboli e alle vittime, a palestinesi, iracheni, afgani, popoli e irregolari imbecilli di tutto il pianeta. Quanto a noi – vero Berluscotti? – si va alla grande al passo dello zum-pa-pa, zum-pa-pa, che fa cinguettare il patrio cuore. Non per nulla, rinnovando antiche intimità, l’abbraccio più affettuoso glie l’ha dato al termine dello zum-pa-pa lo sponsor originale, Silvio. Del resto, cosa aspettarsi da un Bertisconi che, quando inusitatamente un pezzo riottoso della sua guardia pretoriana aveva chiesto di non restare in Afganistan con gli USA a massacrare contadini e smerciare eroina, aveva dato la nobilissima risposta: “E ché, vogliamo far cadere il governo?”

[Bertinotti]

Handke e Sofri

Restiamo con “Liberazione”, solitamente vetta del transgender ideologico da sinistra. Vi si riferisce della secessione del Montenegro dall’unione con la Serbia, estremo rimasuglio di una Jugoslavia sovrana, progressista, multiculturale e multiconfessionale, dall’Italia dalemian-veltronian-prodiana cosbranata, facendo sgorgare dalle colonne il tripudio di una folla osannante al micronarcostato da taschino, subito indossato dalla mafia, oltrechè da Nichi Vendola (imperialismo pugliese?) e dai becchini di libere nazioni insediati a Bruxelles, Washington e Tel Aviv. Neanche un rigo su una secessione ordinata dagli imperiali ed eseguita da un vassallo, Milo Djukanovic, perseguito per mafia e grande ufficiale della criminalità organizzata internazionale. Evidentemente sta bene all’autore che il Montenegro diventi, insieme al Kosovo e all’Albania, corridoio privilegiato e assicurato per uno scambio sul quale far campare i residui sprazzi di vita dell’ultracapitalismo. Scambio tra armi e armamenti verso l’Asia russa, cinese e petrolifera, ed eroina afgana verso le vene di quelle banlieues incazzate d’Occidente contro le quali si stanno approntando, a ribadire il concetto, anche le armi a energia (grazie, RaiNews 24!) che sminuzzano, recidono, accecano, torturano, senza che neanche sai cosa e da dove ti colpisce. Neanche un rigo, invece, sulla grandiosa conferma della libertà d’espressione in Europa come esercitata nei confronti di uno dei massimi scrittori viventi di lingua tedesca, l’austriaco Peter Handke, dai media di sinistra e destra tedeschi e dai parabertinottiani consiglieri comunali verdi e socialdemocratici di Duesseldorf. Peter Handke era stato insignito del prestigioso premio letterario “Heinrich Heine”. Qualche settimana prima nella Francia della “feccia” sarkozyana nella banlieu, messa in ginocchio da quell’altra feccia di studenti e lavoratori, vittoriosi sulla precarietà senza confini di Villepin, il regime si era rifatto con una sua longa manus, la Commedie Francaise, che aveva bandito un lavoro teatrale di Handke. Contro il conferimento dell’”Heinrich Heine” avevano sputato fiele sia la Frankfurter Allgemeine Zeitung, di destra, sia la Tageszeitung, di sinistra. Conseguentemente, manco fossero il Bertinotti che liquida il candidato Marco Ferrando su ordine di Casini e Bondi, i consiglieri comunali verdi e rossi di Duesseldorf, città autrice del premio, lo revocano. Quale il delitto di Handke per la Commedie, la stampa d’ogni tipo, il Comune di Duesseldorf? Rizzate le orecchie: aver presenziato al funerale di Slobodan Milosevic, presidente della Jugoslavia, ucciso dal Tribunale dell’Aja per non essersi piegato e per aver sbugiardato i suoi accusatori e i loro crimini. Tale è l’orrenda coda di paglia degli stragisti euro-statunitensi, che rendere omaggio a una salma contraddice la mostrificazione a copertura della strage costruita in decenni di falsificazioni e deve essere immediatamente punito. Intanto il verde Joska Fischer, già ministro degli esteri, di provatissima fede sionista, incita a menar le mani in Afganistan e dappertutto e il verde Marco Boato, di fede ultrasofriana (e può esserci di peggio?), caccia il petto, dalle molte decorazioni di sistema, alla parata dei proiettandi ai Fori Imperiali. Intanto un ragazzino serbo dei sopravvissuti alla pulizia etnica UCK-Onu-Nato del Kosovo (l’unica pulizia etnica, caro Tommaso De Francesco del “manifesto”, l’unica, non la tua ossessiva “contropulizia”!) viene ucciso a fucilate a Zvecan ed è la 186esima aggressione subita da coloro che sono rimasti dopo la cacciata dei 300.000 per grazia di Clinton, D’Alema, Veltroni, Prodi, Kouchner, Solana, Albright e altri. Ricordo con dolore, rabbia e commozione un incontro con Peter Handke, alto e sottile, timido, attento e intenso, già tormentato dall’ostracismo per essere stato tra i pochi ad aver scritto e detto alcune verità sulla Jugoslavia, sui serbi, su Slobo, verità insopportabili per gli “interventisti umanitari”. Era l’inverno 1999-2000, Parigi, Aula Magna della Sorbona, si proiettava il mio “Serbi da morire”. Handke si era seduto lontano, in alto. Non aveva voluto intervenire, anche perché aveva gli occhi rossi, ma mi aveva stretto forte la mano. Come dire: noi terremo duro. Lui l’ha fatto, lo sta facendo, sette anni di diffamazioni, persecuzioni, esclusioni professionali. Handke all’inferno, Adriano Sofri, mentitore e propagandista al servizio della criminalità politica internazionale, graziato, libero e imperversante. Tutti gli altri “politici” dentro a marcire da trent’anni.

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[Peter Handke]

Chi ha fatto l’11 settembre?

“il manifesto”, diversamente da “Liberazione”, mantiene una sua dignità, momenti di coraggio e coerenza intervallati da stupefacenti cedimenti o assenze. Nessuno scrive meglio di Medio Oriente, Palestina, America Latina non sempre, interni, cultura… Su alcune cose fondamentali, la dove non dovrebbe mai, l’asino casca. Una è il “terrorismo islamico” con tutto il suo corredo di Osama, Al Zarkawi, Al Qaida, cellule qua, cellule là, attentati a Sharm El Sheik, Amman, Londra, ovunque. Sempre solo la versione di comodo dei veri terroristi. Il giochino epocale dei terroristi di Stato nazisionisti, con “il manifesto” funziona sempre. E non solo quando si precipita nell’abisso di un “meglio i marines dei tagliatori di testa”, del non rimpianto ex-direttore Barenghi cui, pure, un minimo di esperienza delle provocazioni (in Italia ne siamo l’abbecedario, da Piazza Fontana in qua) avrebbe dovuto accendere quantomeno uno zolfanello tra le sinapsi, seppure già contaminate da stipendi Fiat in avvicinamento. Di tale impeto e forza è cresciuto l’uragano delle controverità sull’11 settembre, di protagonisti tanto qualificati a tutti i livelli si è arricchito negli Stati Uniti e fuori (da noi solo un pochino in rete, niente a sinistra), tali e tante prove, audio, video, testimoniali, documentali, sono state prodotte contro la grottesca, reticente e controllata versione ufficiale (in questo momento è in corso un megaconvegno di accademici Usa a Chicago), da aver costretto anche i media più in sintonia con l’impostura della “guerra al terrorismo” di affrontare la questione. Non “il manifesto”, che si penserebbe il più coinvolto. L’ha fatto in ben tre puntate Enrico Mentana in “Matrix”. Ovviamente l’ha fatto con la scaltrezza del finto investigatore, aperto a tutte le opzioni. Ha esibito per un decimo dei tempi le principali obiezioni alla menzogna ufficiale, poi ha allestito un consesso di demolitori che, assolutamente senza argomenti fattuali, con la solita tecnica della ridicolizzazione di una presunta “enormità”, della messa sullo stesso piano di arzigogoli come il “Codice da Vinci” o “I protocolli di Sion” e dell’accusa di “dietrologia” e “complottismo”, hanno fatto piazza pulita perfino del minimo dubbio. Tutto a posto, fino alla prossima bocca lavica. Magari, nel frattempo, salterà Notre Dame o il porto di Genova e per un po’ la vulgata dei “terroristi islamici” avrà di nuovo indiscusso corso legale. Su “il manifesto”, solo un paio di cartelle dell’ineguagliabile Giulietto Chiesa, ultimo dei moicani. E neanche comunista…

[11 settembre 2001 – Chi è stato?]

Veltroni e i furbetti della sinistrina

E qui entrano in campo alla grande dei minuscoli neoadepti della scenografia planetaria disegnata a Langley e, oggi, dallo zar terrorista John Negroponte. Ne ho già parlato in questa rubrica: sono quelli che non si sono fatti vedere alla marcia Cobas contro la parata militare di Roma, ma che molto si erano fatti vedere e sentire (hanno qualche centro sociale, una radio, una facoltà, qualche rivista) a supporto di Veltroni sindaco. Sì, di quel Veltroni che resterà nella storia nazionale e internazionale come benzinaio della guerra dalemiana contro i Balcani, frequentatore di sinagoghe e conventicole sioniste e mai di frantumi di Palestina, sponsor della “Sinistra (giulianoferraresca e gianfrancofiniana) per Israele”, garante della sicurezza occidentale dai bruti islamici, primogenitore di quel Partito Democratico clintoniano (dal modello alla farsa) destinato a ridurci ai bassifondi della civiltà umana, ma distolti dalla “cognizione del dolore” grazie a feste, mostre, band, nani e ballerine. In chiaro: polvere di stelle per coprire le polveri sottili che ci ammazzano ora dopo ora. Quel Veltroni fregoliano reinventatosi “mai comunista” dopo trent’anni di onori, prebende e traffici PCI. Quel Veltroni che in cinque anni ha degradato una capitale peggio di molti suoi predecessori, dando la stura alle prevaricazioni e devastazioni di ogni singolo potere forte, accompagnando queste prestazioni di regime con la demolizione dei servizi pubblici, una mobilità da formicaio incendiato, un inquinamento da camera a gas ciarlatanescamente affrontato con le targhe alterne, una nettezza urbana da capitale delle pantegane, le privatizzazioni, le precarizzazioni, gli appalti, subappalti, gli sgomberi e le rimozioni di cui ha anche menato vanto rispetto al “lassismo” dei fascisti e berlusconidi (ultimo, la cacciata di molte famiglie di immigrati senzatetto dalla “Casa dei diritti negati”, occupata e ottimamente gestita per mesi).

Gli ex-antagonisti della lista veltronian-vernacolare Arcobaleno, stancatisi di abbaiare alla luna, hanno voluto, una volta di più, dopo la fregatura rifilatagli dal Bertisconi, strumentalizzare e sfruttare immagine e nome di ‘nu bravo guaglione, Nunzio D’Erme, mandandolo allo sbaraglio (Nunzio con i furbi, ti dovevi candidare, non con i furbetti) e beccandosi la bellezza dello 0,6% del voto capitolino. Ecco lo schiaffazzo che i romani (che pure avevano premiato un precedente sforzo dei centri sociali, sine furbetti) hanno ritenuto di dover riservare a chi ieri, da “antagonista rivoluzionario”, serpeggiava per le vie in kefì’ah e oggi si è prestato da puntello sinistro a un Veltroni che non ne aveva il minimo bisogno, visto che lo sostenevano burocrazia, mercato, opusdeisti e integralisti d’ordine, palazzinari e loro clientele, Vaticano e sue clientele, immobiliaristi di ogni estrazione e clientele. Uno 0,6% che li ha estromessi perfino da quegli “interstizi della governance” (in linguaggio primitivo: governabilità. Vedi l’editoriale di Radio Città Aperta del 30 maggio)che ora sono tornati a disprezzare, ma in cui avevano cercato di annidarsi fin da quel loro strabiliante documento che, suggeritore Lucio Caracciolo (De Benedetti non è lontano), s’inchinava, sposandola con fervore, alla frode neocon del secolo, forse del bimillennio: “Al Qa’ida oppositore globale degli Usa”. E non più, come è dimostrato da mille prove, coronate dalla disintegrazione della bufala dell’11 settembre, “dipartimento provocazioni della Cia”. Si sa, piegarsi alla menzogna che tiene in piedi tutta quanta l’architettura dei criminali impossessatisi del potere imperiale e dei loro ascari, ne garantisce la sopravvivenza, gli evita la forca e gli assicura ricchezze incalcolabili e conditio sine qua non per accedere anche solo ai tinelli del potere. L’avevano capito molti anni fa i boss del PCI-DS, l’ha capito, sicuramente fin dal 1993, Bertisconi, i furbetti della sinistrina sono arrivati fuori tempo massimo. Gli rimane il “delegato zero”, Zorro, l’uomo mascherato, il furbone della selva che con loro ha diverse affinità. Salvo una: mentre gli arcobaleno si sono spesi, e hanno speso ogni residuo di credibilità (e non basteranno cento convegni ultraradicali a ridargliela) al servizio di un sindaco nemico di classe, lo pseudozapatista a cavallo si spende invece per far fuori Amlo, Lopez Obrador, uno cento volte meglio di Veltroni, ma dal provocatore Marcos definito “pessimo come tutti gli altri”, per quanto già bravissimo sindaco di Città del Messico, unica speranza per il disperato paese di uscire vagamente a sinistra dalla contesa presidenziale, contro i delinquenti amerikani del Pan e del Pri.

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[Veltroni e Sharon]

Caro manifesto, Draghi compagno di strada???

Chiudo. Di solito risparmio “il manifesto”. Un po’ perché a chi lì dentro si batte e resiste voglio bene, conoscendolo, o gli devo stima. Penso a Stefano Chiarini, Carla Casalini (un costante imbarazzo per le strepitone corpodipendenti di “Liberazione”), Marco D’Eramo, Manlio Dinucci, Roberto Zanini…Un po’, perché una volta l’anno appare la firma coraggiosa, incontestabile, controinformatrice di Giulietto Chiesa. E un po’ perché, sennò, che cosa cazzo ci rimane? Ma questa non gliela dobbiamo lasciar passare.

Il 1.giugno Galapagos (pseudonimo di un economista) scrive un editoriale in cui si rende un incredibile, sconvolgente tributo a Mario Draghi, direttore di Bankitalia e reduce da una discorso all’establishment che più spietatamente anti-proletario e arrogantemente schierato con i poteri forti non poteva essere. L’avrete letto. Un delirio. Colui che aveva riproposto i più logori e perfidi strumenti dell’oppressione di classe – concorrenza allo spasimo sulla pelle dei lavoratori, precarietà, bassi salari, mercato e solo mercato, privatizzazione di ogni cosa, lavoro fino allo sfinimento bio-fisiologico (80?), thatcherismo se non chicagismo, addirittura manchesterismo senza limiti – e tutto questo, come scrive di rimando (per pietà di patria sul “manifesto”) il buon Giorgio Cremaschi, condito da consenso bipartisan politico e quasi totalitario dei media, bene, costui viene insignito dall’inneggiante Galapagos del titolo di “innovatore” e, delirio! di “compagno di strada”! Mario Draghi è colui che negli anni ’90, da direttore del Tesoro, congiurò con la massoneria britannica, il gangster della speculazione George Soros e la finanza criminale ufficiale, contro l’Italia e la sua moneta. Contribuì alla sua svalutazione che permise la messa sul mercato dei gioielli di famiglia, le industrie di Stato, a prezzi stracciati, promosse con Amato e nella collusione delle sinistre sinistre, la più tsunamica privatizzazione mai vista in Europa. Ci ridusse a brandelli. Ci cacciò nell’ospizio. Ora invita gli avvoltoi a consumare i resti. Fa coppia con Hank Paulson, già presidente e direttore esecutivo di Goldman Sachs, nominato dal gangster numero uno al Tesoro Usa. Con Draghi, già vice di Paulson nella più grossa – e malavitosa – banca d’affari dell’universo, padrone di Bankitalia e nume tutelare dell’elite finanziaria italiana, il suo capo e sodale padrone della Casa Bianca, il vice capo della Banca Comune Europea, motore dell’ultraliberismo e signora della moneta, Padoa Schioppa, padrone della nostra economia, ci possiamo davvero dire sistemati.

E la politica di noialtri come risponde? Con le spillette colorate alle parate di guerra. Berlusconismo? Bertinottismo? Berluscottismo? E con quelli che dagli interstizi della governance (termine di cosmopoliti di borgata) gridano “Viva Cuba”?

[Mario Draghi]

Fulvio Grimaldi
Fonte: http://www.uruknet.info/
Link: http://www.uruknet.info/?p=s5916&hd=0&size=1&l=i
16.06.2006

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