DI PAOLO BARNARD
paolobarnard.info
La vita di Roberto Saviano è sacra come ogni vita, ma è la saga della sua scorta che è profana.
Fate questi due esercizi:
1) Aprite su Google tutte le foto che trovate di Saviano e scorta. Guardatele bene e pensate in quante di esse vi era la piena possibilità che un killer della malavita, un professionista del tiro, lo potesse uccidere a 15-20 metri per poi saltare sul retro di una moto e scomparire. Oppure: che un cecchino potesse fare un lavoro alla JFK e avere tutto il tempo per dileguarsi (la malavita sa sempre dove sta la vittima, le soffiate sono la regola e i depistaggi anche più sofisticati, alla lunga, non hanno mai salvato nessuno, basta leggere la storia dei grandi attentati in Medioriente dove fior di servizi segreti, anche USA, hanno fallito).
2) Leggete l’Abc del lavoro delle scorte armate in ogni Paese, da quella della Regina d’Inghilterra a quella dei Capi di Stato, fino a gente come Saviano. E’ specificato con estrema chiarezza che la scorta non ha alcun mezzo diretto per evitare un assassinio quando il protetto si trovi nelle tante occasioni di esposizione alla strada pubblica. Il lavoro delle scorte in questi casi può essere solo preventivo, con una complessa serie di tecniche e misure che sono solo palliativi di efficacia molto limitata, proprio perché il cosiddetto fattore sniper (cecchino) non può essere direttamente contrastato in alcun modo, se non sigillando interi quartieri e sterilizzandoli con immense perquisizioni metro per metro, casa per casa. Questo non accade nel caso delle uscite di Saviano.
Pensateci bene un attimo, poi continuate: i due punti sopra ci dicono che se la malavita non ha ancora ucciso Roberto Saviano è perché non ha nessuna intenzione di farlo.
Non ci serve neppure ricordare le scorte di Falcone e Borsellino, serve invece ricordarsi che quando organizzazioni come le Mafie internazionali decidono di ucciderti, accade, punto. Purtroppo davvero non esiste nulla di fisico che le possa fermare, meno che meno due o tre agenti che fra l’altro, come si evince inequivocabilmente dalle foto di Saviano, sono costretti a esporsi col target in decine di situazioni pubbliche persino affollate.
Non è un qualche veleno che me lo fa dire, è l’evidenza sopra esposta che impone di affermare che la scorta per Saviano serve a fargli vendere libri, non a salvargli la vita. E non sto affatto ‘insultando’ la sua presunta perdita di libertà. Sciocchezze, Saviano non è Julian Assange che sta davvero morendo nelle ‘catene’ dell’eroe in condizioni agghiacciati; il nostro Roberto è un super privilegiato con una libertà di esprimersi, di muoversi, e di godere di gratificazioni un milione di volte superiore a quella di qualsiasi cittadino libero.
Le Mafie non l’hanno ancora colpito per due ragioni evidenti, sopra a probabilmente altre:
Prima, è fin ridicolo sostenere che le indagini dello scrittore – che per misteriosi motivi spiegabili solo dalla fisica quantistica senza quasi potersi muovere da casa otterrebbe esclusive mondiali sulle cosche per cui sarebbe più in pericolo di vita di molti inquirenti – siano più letali di quelle di decine di eroici giornalisti, magistrati minori e forze dell’ordine anonimi del sud Italia, o colombiani, venezuelani, pakistani, russi, ceceni, che nessuno conosce e che come scorta hanno solo il cane, se ne hanno uno. Questo è assurdo. Dunque perché ucciderlo e creare un putiferio? Falcone e Borsellino erano un’altra cosa, siamo tristemente seri.
Secondo: l’opera di Saviano ha manifestamente offerto una dignità finora sconosciuta alla malavita, quella della celebrità mediatica come mai prima in Italia (CamorraNetflix, è ben il caso di dire oggi). In questo modo la ‘Saviano Inc.’ ha fatto – e lo affermo senza prove documentali che sarebbero impossibili, ma con la prova dei flussi umani che sempre piovono ovunque vi sia celebrità, anche della peggior specie – ha fatto, dicevo, di certo fluire inaspettate adesioni di giovanissimi alle cosche. Esse sono oggi divenute, grazie proprio a Saviano e all’impressionante industria mediatica che lo circonda, parte crimine parte Vippismo hollywoodiano, molto, ma molto più attraenti di prima per giovanissimi senza arte né parte. Solo lo stolto uccide la gallina dalle uova d’oro. E vi è uno storico, quanto autorevole, antecedente di quanto affermo. Il colossale apparato mediatico del film Il Padrino di Francis Ford Coppola attizzò l’ego della Mafia di New York al punto che il super boss Joe Colombo volle una fetta della torta in notorietà, e senza motivi di lucro collaborò col produttore Al Ruddy. Ed infatti è noto che dopo l’eccezionale successo di pubblico del film, per la prima volta fra i mafiosi di Little Italy comparvero atteggiamenti letteralmente copiati dal set, come i baci guancia-guancia o i giuramenti di fedeltà in stile papale all’anello del Padrino. Effetto Vip appunto.
E per chi sostiene che l’epica ‘saviana’ ha contribuito a puntare i riflettori sulle mafie, ricordo che riflettori di Coppola, o di Scarface, o di Goodfellas, non hanno affatto contribuito a nulla, se non appunto il contrario. Ben altro funziona, come ho scritto in passato.
Queste sono alcune osservazioni ragionate per stare al di sopra della ‘caciara’ salviniana e piddina sulla questione, ma che hanno però un valore sostanziale in questa drammatica domanda:
Quante scorte sono elargite in Italia a insulsi personaggi benedetti dal Vippismo mentre altri eroi sconosciuti sono condannati a una vita di snervante paura? E tornando all’essenza di cosa davvero una scorta può prevenire, cioè un’infinita serie di angherie non letali contro la vittima ma di fatto distruttive, sono proprio questi abbandonati eroi che ne avrebbero più bisogno.
Paolo Barnard
Fonte: http://paolobarnard.info
Link: http://paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=2083
25.06