di Davide Amerio per comedonchisciotte.org
Al Tribunale di Torino rieccheggia, per ore e ore, la requisitoria della pm Manuela Pedrotta, durante le fasi conclusive del processo contro alcuni attivisti del centro sociale Askatasuna, del movimento No Tav, e dello spazio popolare Neruda. L’accusa è “associazione a delinquere”(1). Non solo! In prima ipotesi la procura di Torino ipotizzava il reato di “associazione a delinquere con finalità eversive” (2).
La stessa Procura “vanta” una decennale storia di persecuzione del mondo No Tav e dei suoi attivisti. L’impianto accusatorio per finalità eversive, non è una novità, che già anni addietro fu smontata da parte della Corte di Cassazione. Come suol dirsi “errare è umano…perseverare è diabolico”. Questo non ha impedito a molti appartenenti alla galassia dei No Tav di finire in carcere con le accuse più discutibili.
Intere carriere di alcuni magistrati si sono sviluppate nella persecuzione degli “eversivi No Tav”; sempre con l’ausilio di una “stampa” curata da giornalisti pronti (e proni) agli interessi del grande capitale.
Abbiamo già assistito, negli ultimi anni, con una feroce recrudescenza nel periodo pandemico, ad attacchi fisici e giuridici verso il “dissenso” in generale. Dalla reazione delle FfOO sui lavoratori di Trieste passando per le manganellate sugli studenti che hanno manifestato contro la sterminio dei Palestinesi, sino alle aggressioni verbali a mezzo stampa o TV: è tutto un fiorire di manganelli (fisici o virtuali) contro chi manifesta pubblicamente un dissenso. Ma lo stesso “riguardo” non sembra essere dedicato a chi, palesemente, riecheggia la mitologia del “buon” Fascismo dei tempi andati.
L’attacco ai centri sociali “comunisti”, a detta di Salvini (che non sa distinguere “anarchia” da “comunismo”), trova certo giustificazione in manifestazioni – anche “rabbiose”- di chi cerca di far ascoltare la propria voce, di fronte a una gestione del potere arrogante e, spesso, volutamente ignorante e indifferente delle esigenze della gente normale.
Quasi non stupisce, quindi, la conclusione dell’arringa del PM nel processo di Torino, che vorrebbe infliggere 88 anni di carcere agli imputati, come se si trattasse di una associazione a delinquere di stampo sovversivo, oppure addirittura di carattere mafioso.
Proprio il paragone del dissenso con la criminalità organizzata (con finalità di spaccio) e con il “terrorismo” è stato il fulcro della requisitoria, cui hanno assistito, basiti e increduli, quanti hanno presenziato al processo, in solidarietà agli imputati.
In un’intervista al giornale on line Lindipendente (2), Dana Lauriola, una dei tanti giovani finiti in carcere perché presenziavano a manifestazioni No Tav, racconta che l’accusa prende spunto da intercettazioni decontestualizzate al punto che
[…] i ricavi dei panini venduti al Festival Alta Felicità organizzato dal Movimento No TAV sarebbero serviti a finanziare le finalità di questa ipotetica organizzazione criminale, mentre la raccolta di contributi che si faceva una volta al mese allo Spazio Neruda per creare una cassa comune per i lavori di ristrutturazione è diventata estorsione». Secondo la pm, Manuela Pedrotta, non vi sarebbe alcuna differenza tra la raccolta fondi effettuata dal Movimento per aiutare gli attivisti in carcere con il vitto e le spese legali (la cosiddetta “Cassa di Resistenza”) e quello che fanno le organizzazioni mafiose con i familiari dei reclusi [..] (2)
Nella Valle di Susa dove spadroneggiano da decenni Mafia e ‘ndrangheta, situazione palesata da un numero notevole di processi, tramite appalti e subappalti, quando non con attività di spaccio vero e proprio, quelli che vengono imputati di “sovversione” sono i No Tav che difendono la propria terra dalla spregiudicatezza e irresponsabililtà dei poteri politici, non di rado complici, delle stesse organizzazioni criminali.
Il messaggio che viene così veicolato, attraverso i tribunali, è chiaro: il diritto legittima il potere costituito in un determinato momento storico, e non ammette più un pensiero alternativo (e dubitativo) su come i “decisori” gestiscono le nostre vite. La Giustizia non è più cieca: è strabica, e fa l’occhiolino al potente di turno.
Nonostante ci possano essere, come nel caso della Val Susa, persone esperte, e competenti, che dimostrano, da decenni, la fallacia (con i costi esorbitanti non giustificati, nonché il disastro ambientale), di determinate “grandi” opere pubbliche, il “Diritto” si trova dalla parte del Potere, e non ammette difformità dal pensiero unico dominante. Pena il ritrovarsi accomunati alle associazioni criminali o terroristiche.
Un altro capitolo triste della nostra “democrazia” cerca di chiudersi, intrappolando, tra le pieghe dei “codici”, la disobbedienza civile e le “minoranze”. Quanto tutto questo possa essere “propedeutico” a far cambiare idea ai gruppi definiti “anarchici” e “antagonisti” che, per loro filosofia, diffidano delle Stato e delle sue istituzioni, sarebbe questione da valutare seriamente, prescindendo dall’aspetto tragicomico.
Ugualmente, tutti coloro che si prodigano per difendere territori dalla bramosia vorace del sistema capitalistico, e delle diverse forme di criminalità organizzata, sono avvisati: rischiano di essere paragonati al terrorismo jiadista o a Totò Riina.
20.12.2024
NOTE
(1) https://www.notav.info/post/88-anni-richiesti-perche-lottare-e-un-reato/(2) https://www.lindipendente.online/2024/12/19/torino-le-lotte-sociali-come-associazione-a-delinquere-chieste-condanne-per-28-attivisti/