Rocco Casalino, Luca Morisi e gli altri: ecco chi gestisce il “ministero della Propaganda”

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DI EMILIANO FITTIPALDI

espresso.repubblica.it

Una gigantesca macchina acchiappa consenso. Anzi, due: quella di Salvini e quella di Di Maio. Che lavorano divise per colpire unite. Vi raccontiamo chi c’è dietro e quali strategie mediatiche usa. «Oggi noi costruiamo la realtà più credibile»

Dopo la tragedia di Genova, anche coloro che hanno in antipatia Lega e M5S non possono più negare che nel governo c’è un ministero che funziona bene. L’unico che porta a casa risultati eccellenti e in tempi rapidi. Un dicastero modello che dà linfa quotidiana all’esecutivo.

Ecco: il ministero della Propaganda, seppure non ha un vero e proprio titolare, è il fiore all’occhiello del gabinetto grilloleghista, con un obiettivo prioritario: quello di accrescere il più possibile i consensi da raccogliere poi nelle urne. In questo senso, l’ovazione riservata ai due vicepremier da parte della folla che assisteva ai funerali di Stato delle vittime del crollo del Ponte Morandi e le bordate di fischi contro il mite segretario del Pd Maurizio Martina segna uno spartiacque, anche politico, della Terza Repubblica appena cominciata.

Piaccia o meno, la compagine governativa s’è mossa davanti alla catastrofe come mai nessun governo aveva fatto prima: promettendo di colpire duramente – prima ancora che magistratura o i tecnici imbastissero un’indagine sulle cause del crollo – Autostrade per l’Italia e i Benetton (assurti a simbolo di tutte le odiate élite che si sono ingrassate ai danni del popolo); indicando gli avversari politici (il Pd su tutti) come complici dei potenti, e dunque correi della sciagura.

Una strategia comunicativa forte, un mix di prese di posizione sensate, di forzature ipocrite e anche dichiarazioni del tutto irrazionali, che ha però efficacemente trasformato il governo, agli occhi della maggioranza degli italiani, in un “giustiziere” senza macchia e senza paura. Un disegno mediatico collaudato durante la campagna elettorale, che stavolta s’è avvantaggiato delle mosse scriteriate dei Benetton (incredibili i comunicati in burocratese con cui la società ha ricordato che in caso di revoca della concessione lo Stato avrebbe dovuto risarcire gli azionisti con miliardi di euro, surreali le grigliate ferragostane della casata) e degli esponenti del Pd e di Forza Italia, che non possono negare di aver concesso a Ponzano Veneto la gestione della rete autostradale con contratti che hanno favorito enormemente la famiglia veneta a danno dei veri proprietari dell’infrastruttura. Cioè i cittadini.

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