HOSSEIN NAZARI
counterpunch.org
Ogni anno, il tre di luglio, una dozzina di bambini iraniani, a bordo di un battello, gettano in mare dei gladioli per commemorare la memoria di donne, uomini e bambini innocenti, i cui corpi avevano galleggiato, come fiori, nelle acque del Golfo Persico. Quest’anno, la triste cerimonia segna il trentennale dell’abbattimento di un aereo di linea della Iran Air da parte della marina degli Stati Uniti, che aveva causato la morte dell’equipaggio e dei passeggeri, 290 persone in tutto, compresi 66 bambini. Il Volo 655 era in rotta da Teheran a Dubai e si trovava nello spazio aereo iraniano, sopra lo Stretto di Hormuz nel Golfo Persico, quando era stato abbattuto da un incrociatore lanciamissili della marina degli Stati Uniti, l’USS Vincennes, in quella che si sarebbe rivelata una delle più sanguinose catastrofi nella storia dell’aviazione mondiale.
Questo tragico evento aveva segnato un momento cruciale nei fin troppo deteriorati rapporti fra Iran e Stati Uniti. Infatti, questo incidente è stato solo uno dei molti episodi nella storia dell’Iran che hanno contribuito a rendere gli Iraniani sempre più ostili nei confronti delle politiche del governo americano verso il loro paese. Quasi quarant’anni prima, nel 1953, come ha rivelato di recente la pubblicazione di alcuni documenti desecretati della CIA, un colpo di stato orchestrato dalla stessa CIA aveva esautorato il Primo Ministro, democraticamente eletto, dell’Iran, il Dr. Mohammad Mosaddegh, che aveva nazionalizzato con successo l’industria petrolifera iraniana e scatenato, in questo modo, la collera degli Inglesi. Questo golpe, che aveva trasformato una festa nazionale in uno degli eventi storici più traumatici dell’inconscio collettivo della nazione iraniana, giustifica molto del sospetto e dello scetticismo iraniano nei confronti delle politiche americane, e di conseguenza inglesi, attinenti l’Iran. L’intervento americano negli affari iraniani non si era fermato al putsch.
Negli anni successivi al colpo di stato, diversi governi americani, insieme al regime israeliano, avevano aiutato lo Shah in carica a creare e a sviluppare il suo famoso apparato di intelligence, la SAVAK, responsabile delle torture e della morte di decine di migliaia di Iraniani prima della Rivoluzione Islamica del 1979. Dopo la Rivoluzione Islamica, diverse amministrazioni statunitensi avevano imposto all’Iran una serie di sanzioni “devastanti” e, durante gli otto anni della guerra scatenata dall’Iraq contro l’Iran, gli Stati Uniti avevano fatto tutto quello che era in loro potere per aiutare e favorire l’aggressione irachena, non solo fornendo a Saddam immagini satellitari e intelligence riguardanti i campi di battaglia, ma dotandolo anche di armi chimiche e ad alta tecnologia. L’abbattimento del Volo 655 non era stato perciò un evento completamente inaspettato per gli Iraniani, abituati all’aggressività americana, ma solo un’altro dei tragici traumi inflitti dagli Stati Uniti alla loro memoria collettiva.
Quello che, comunque, in questa tragedia è parimenti deplorevole è l’atteggiamento americano verso la “controparte” iraniana. Il governo degli Stati Uniti aveva dichiarato che l’equipaggio della nave da guerra aveva confuso l’Airbus A300 iraniano con un cacciabombardiere Grumman F-14 Tomcat, dando chiaramente la colpa al pilota iraniano. Questa affermazione, in ogni caso, è assolutamente in malafede, dato che l’incrociatore americano era dotato dei più sofisticati radar dell’epoca, che potevano facilmente distinguere gli aerei civili da quelli militari. Inoltre, altre due navi da battaglia dagli Stati Uniti che si trovavano nel Golfo Persico avevano (correttamente) identificato come civile il jet iraniano. Indagini condotte da fonti indipendenti avevano confermato che il Capitano William Rogers, che era al comando della nave, aveva tenuto un comportamento imprudente, irresponsabile ed aggressivo e che la tragedia era stata tutto meno che inevitabile. Quasi due mesi dopo il disastro, un rapporto stilato dal Pentagono aveva confermato che tutte le “prove” a cui avevano fatto riferimento i rappresentanti ufficiali degli Stati Uniti per incriminare l’Iran erano da considerarsi nulle.
Quello che è ancora più assurdo in questo dramma che è costato la vita a 290 esseri umani è l’arroganza e la supponenza con cui gli Stati Uniti hanno affrontato l’argomento. Non solo non hanno mai ammesso nessun comportamento scorretto, ma, fino ad ora, si sono sempre rifiutati di porgere le scuse ufficiali all’Iran. Infatti, il 2 agosto 1988, l’allora Vice-Presidente degli Stati Uniti, George H.W. Bush, aveva dichiarato, senza un briciolo di rimorso, che “Io non chiederò mai scusa a nome degli Stati Uniti, mai. Non mi importa quali siano i fatti… non mi scuserò per questa America.” L’11 luglio 1988, l’Assistente Presidenziale per le Relazioni con la Stampa aveva rilasciato una dichiarazione in cui si affermava che “il Presidente ha deciso che gli Stati Uniti offriranno un indennizzo a titolo di favore, non per responsabilità od obblighi legali di alcun genere.” Gli Stati Uniti avevano poi tentato di insabbiare ulteriormente l’incidente, addossando la colpa della tragedia alla guerra Iran-Iraq. La dichiarazione rilasciata dall’Ufficio per le Relazioni con la Stampa del Presidente riporta:
La responsabilità di questo tragico incidente, e della morte di centinaia di migliaia di altre vittime innocenti, a causa della guerra Iran-Iraq, è tutta a carico di quelli che si rifiutano di porre termine al conflitto. Un fardello di responsabilità particolarmente pesante grava sul governo iracheno, che, per almeno un anno, si è rifiutato di accettare e applicare la Risoluzione 598 del Consiglio di Sicurezza, continuando ad attaccare proditoriamente naviglio inoffensivo e neutrale, con i relativi equipaggi, nelle acque internazionali del Golfo.
Altrettanto oltraggiosa era stata la dichiarazione in cui si condannava il “deprecabile precedente del sempre più frequente utilizzo di armi chimiche da ambo le parti.”
Dovevano passare più di dieci anni prima che l’amministrazione di Bill Clinton esprimesse unicamente un tiepido rammarico e offrisse una riparazione economica al governo iraniano. Comunque, tanto per aggiungere la beffa al danno subito dalla nazione iraniana, tutto l’equipaggio della Vincennes era stato decorato per aver partecipato ad un’azione di guerra e al Capitano William Rogers, il comandante della Vincennes, era stato insignito della Legione al Merito “per la condotta straordinariamente meritoria nell’espletamento di un’impeccabile servizio, dall’aprile 1987 al maggio 1989.”
L’abbattimento del Volo 655 è solo una, fra le molte, testimonianze storiche del comportamento suprematista degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran e contribuisce a chiarire il motivo per cui l’Iran ha sempre trovato difficile aver fiducia nell’Occidente, specialmente negli Stati Uniti. Anche se potrebbe essere solo un altro episodio di storia americana, già da tempo dimenticato, più di un quarto secolo dopo il tragico ricordo del Volo 655 è ancora scolpito nella memoria di molti Iraniani, che ricordano come se fosse ieri il terribile incidente. Questo probabilmente è il motivo per cui i recenti comportamenti anti-iraniani, le dichiarazioni di Donald Trump, che definisce un paese di 80 milioni di persone “una nazione terrorista,” il suo ritiro illegale dal trattato JCPOA, il divieto ai cittadini iraniani di entrare negli Stati Uniti e l’imposizione di nuove sanzioni all’Iran, ormai non meravigliano più nessuno. Negli ultimi quarant’anni gli Stati Uniti hanno sempre fatto praticamente tutto quello che potevano, non solo per compromettere la Repubblica Islamica, ma anche per rendere più difficile la vita dei comuni cittadini. Quello che sembrano non aver ancora capito, però, è il fatto che, nonostante le loro molte differenze, i problemi interni e le difficoltà economiche, gli Iraniani, di fronte alla minaccia e alla rivalità dello straniero, tendono ad unirsi, specialmente adesso che l’uomo della Casa Bianca è riuscito a disperdere tutti i possibili dubbi sulle intenzioni degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran.
Forse quest’anno, il 4 luglio, durante tutti i festeggiamenti per l’indipendenza degli Stati Uniti, potrebbe valere la pena di fare una pausa e pensare al prezzo che ha dovuto pagare l’Iran per la propria indipendenza dall’Occidente, compresa una guerra, sanzioni disumane e gladioli che galleggiano sulle acque del Golfo Persico.
Hossein Nazari
Fonte: www.counterpunch.org
Link: https://www.counterpunch.org/2018/07/04/when-america-downed-an-iranian-airliner-and-celebrated-it/
04.07.2018
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org