DI MIKE WHITNEY
Uruknet
L’occupazione è un vivaio per il terrorismo. Crea un ambiente fertile unico per casuali atti di violenza diretta ai civili. La profonda analisi di Robert A. Pope nel suo articolo sul New York Times del 9 luglio 2005 “Le Bombe Intelligenti di Al Qaeda”, elimina molte delle idee più comuni riguardo gli attentati suicidi e fornisce prove statistiche dei reali fattori che vi sono implicati.
Ciò che è coinvolto in quasi tutti i casi è il problema della dominazione straniera, la causa che origina gli attacchi. L’occupazione, e non il fanatismo religioso, è l’atto seminale del terrore da cui nascono poi tutti quelli più piccoli e indipendenti.Il lavoro “scientifico” di Pape è utile per capire l’attentato di ieri a Tel Aviv, che non è stato di certo un fulmine a ciel sereno. Ha avuto luogo in un ambiente in cui l’occupazione dura da oltre 39 anni, più a lungo che in qualsiasi altro posto sulla Terra. L’ambasciatore d’Israele alle Nazioni Unite, Dan Gillerman, ha sostanzialmente confermato le intuizioni di Pape riconoscendo che da gennaio ci sono stati 90 tentativi di azioni terroristiche. Inoltre, questi atti di disperazione non hanno luogo a New York, Hong Kong o Berlino, ma continuano a manifestarsi nei territori occupati, un ambiente dove prosperano,naturalmente. Date le previsioni di Pape è ragionevole presupporre che continueranno ad esserci varianti degli attacchi-bomba finché la causa origine non sarà eliminata e l’occupazione non avrà termine.
Ciò nonostante, Israele sta usando l’avvenimento come mezzo politico per intimidire il governo appena eletto di Hamas, il che naturalmente declina Israele da ogni responsabilità, riponendole solo sulle spalle di Hamas. E’ una strategia intelligente che assolve Israele da ogni colpa e isola l’episodio dai precedenti attacchi ai palestinesi. Nelle ultime settimane la striscia di Gaza è stata attaccata senza pietà da Israele, comportando la morte di 17 civili. La BBC dichiara che “sin dall’inizio di aprile le forze armate israeliane abbiano fatto fuoco su più di 2.000 corpi d’artiglieria all’interno della striscia di Gaza”. Queste notizie non compaiono su nessun altro giornale occidentale. La violenza verso i Palestinesi continua ad essere un segreto protetto molto attentamente dalla stampa statunitense.
Hamas non ha alcun ruolo nell’attentato di Tel Aviv e continua a rispettare l’anno di tregua con Israele. Tuttavia, l’episodio ha causato una tempesta politica che potrebbe far cadere il governo se quest’ ultimo non riuscirà a capire l’importanza della propria reazione. Hamas deve ripensare alla svelta alla propria strategia per far finire l’occupazione capendo che le scelte che fa adesso potrebbero farle perdere l’opportunità per un nuovo e futuro assetto politico.
Ci sono poche domande che il governo dovrebbe porsi per decidere come affrontare la crisi attuale:
C’è la benché minima possibilità che Israele si ritirerà dai territori occupati a causa degli attentati?
No.
Non è stato forse il periodo degli attentati il più disastroso della storia moderna, dal momento che è riuscito solo ad allontanare potenziali alleati e a dissuadere quei paesi che in altre circostanze avrebbero contribuito al benessere dei Palestinesi?
Sì.
Gli attentati (come quello di Tel Aviv) hanno fornito ad Israele la copertura di cui aveva bisogno per continuare la sua annessione unilaterale dei territori tra la Cisgiordania e Gerusalemme?
Sì.
Le scelte davanti a cui si trova Hamas sono dure. Non c’è più alcuna ragionevole possibilità di successo per la violenza, che piuttosto consolida la presa di possesso dei territori e assicura maggiori sofferenze alla popolazione palestinese. La via politica, per quanto debole, è l’unica alternativa.
Attualmente Hamas è attaccata su tre fronti. In primo luogo, Mahmoud Abbas e membri del sistema di sicurezza stanno facendo tutto ciò che possono per scalzare Hamas in modo da poter riportare la Palestina alla sua condizione originaria di stato espropriato a causa di burocrati e politici corrotti.
In secondo luogo, gli Stati Uniti e Israele hanno unito le forze per tagliare le entrate fiscali e le donazioni di beneficenza alla Palestina nel tentativo di mettere in ginocchio Hamas.
Finora questo piano è fallito spingendo la Russia, il Qatar e l’Iran in aiuto di Hamas e facendo entrare nella regione altri sostenitori degli Stati Uniti in modo da far prendere ad Hamas delle decisioni che poi la danneggino agli occhi della loro gente.
In terzo luogo, l’Israele, gli Stati Uniti e i media stanno collegando Hamas alla violenza di ieri in modo da poter far cadere il governo in un batter d’occhio. La reazione di Hamas determinerà in ogni caso se qualcuno dei sostenitori palestinesi sia in grado di dare una mano o debba rimanere in secondo piano finché Hamas non risponde alla violenza. Per la Russia o il Qatar non c’è alcun modo di dare aiuto finché Hamas non fa una dichiarazione che condanni l’attentato di Tel Aviv.
La reazione all’attuale crisi ci dirà in ogni caso se sono pronti per evolversi in un’organizzazione politica. Certamente questa è l’unica via rimasta per la liberazione palestinese e l’unica che Israele vorrebbe far cessare velocemente.
Come osservò Noam Chomsky anni fa, Israele sta cercando di creare una relazione permanente di “dipendenza coloniale” con i suoi distretti palestinesi. Per adesso Hamas pone un vero ostacolo al piano riaccendendo un senso d’identità palestinese e di nazionalismo arabo, tutte cose che andrebbero perse se dovesse fallire nel non rispondere alla violenza.
Mike Whitney
Fonte: http://www.uruknet.info/
Link: http://www.uruknet.info/?s1=1&p=22681&s2=19
18.04.2006
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DARIA DI MASCIA