DI MIGUEL MARTINEZ
Kelebek
L’euforia – come quella per l‘elezione di Obama – ha sempre bisogno di negare l’ovvio.
Ribadiamo quindi l’ovvio.
Non è un caso che un capitalismo travolgente desideri un sistema uninominale, all’americana per l’appunto, per gestire l’amministrazione quotidiana.
Il sistema elettorale statunitense mette in gara due concorrenti, per ottenere il voto degli indecisi. Pertanto, il programma di entrambi è indirizzato a questo piccolo mercato, e tende quindi a unificarsi.
Questa unificazione del programma viene mascherato da un rumoroso gioco delle personalità, cioè in sostanza di immagini.
Che, a differenza dei contenuti, sono molto costose da produrre; e quindi richiedono enormi finanziamenti, e il vincitore deve ripagare in qualche maniera i soldi ricevuti.E se qualcuno trova da ridire, gli si può sempre rinfacciare, “ma potevi votare, no?” Oppure, “beh, lo hai votato tu quel candidato, no?”
Due cose che Enver Hoxha non ha mai potuto dire per azzittire i propri critici.
Quasi nessuno si chiede cosa abbiano votato quei cittadini statunitensi che al seggio elettorale, non hanno scelto né Obama né McCain.
Si tratta solo dell’1% degli elettori, e quindi è probabile che qui in Italia se ne sia parlato unicamente in termini di colore, alla maggior gloria della varietà e della libertà della Grande Repubblica. Citando ad esempio il candidato John Joseph Polachek, un tassista di Chicago che si è presentato come candidato senza foto, senza programma, senza sito web, senza candidato alla vicepresidenza e senza aver raccolto una sola firma (nemmeno la propria).[1]
In realtà, tra i numerosi candidati alla presidenza, ce n’erano quattro che in altre circostanze avrebbero potuto affermarsi seriamente: Ralph Nader, Chuck Baldwin e Cynthia McKinney da una parte, Bob Barr dall’altra.[2]
Nader, McKinney e Baldwin, non dovendo scendere a compromessi con finanziatori miliardari, hanno presentato dei programmi e non della retorica.
Nader è oggi certamente l’esponente più noto e rispettato della generazione dei ribelli degli anni Settanta; Cynthia McKinney è una combattiva ex-deputata nera. Entrambi fanno appello sia a ciò che rimane delle persone intellettualmente indipendenti, sia alle masse disgregate di poveri.
Chuck Baldwin al contrario è un predicatore evangelico, che si oppone all’aborto e sostiene il diritto di possedere armi da fuoco, e rappresenta quei Middle Americans fortemente colpiti dalla crisi, per nulla amici delle grandi corporation, ma che non si identificano affatto nella cultura progressista.
Nader, McKinney e Baldwin, grazie alla mediazione dell’ex-deputato repubblicano Ron Paul, hanno firmato un originale accordo su tre punti che li univano:
– porre fine in maniera netta e radicale alle guerre in corso e al militarismo in generale;
– difendere i diritti civili abrogando il Patriot Act e vietando la tortura e le carceri segrete;
– ridurre il potere totalizzante delle corporation, attraverso il controllo della Federal Reserve, il rifiuto di usare soldi pubblici per salvare profitti privati e affermando la punibilità delle grandi imprese.
E’ un programma dignitoso e chiaro (vi invito a leggerlo in dettaglio). E se lo confrontiamo con quelli di McCain e Obama, capiamo subito come i candidati “ufficiali” abbiano sostanzialmente un unico programma, e come questo sia il programma alternativo.
Si può essere d’accordo o meno con il programma Nader-McKinney-Baldwin, ma è proprio su cose come queste che si dovrebbe poter votare.
Questo programma evita di toccare il punto in cui Nader e McKinney da una parte, Baldwin dall’altra non possono essere d’accordo: i primi due vogliono l’introduzione di un sistema di sanità pubblica di tipo canadese, inaccettabile agli elettori di Baldwin che sono contro lo stato guerriero, lo stato torturatore ma anche lo stato medico.
E su questo tema, senz’altro fondamentale, ognuno va giustamente per la propria strada.
In Italia, un accordo di questo tipo sarebbe stato inimmaginabile: meglio tenersi bombe e corporation che scappano con i fondi pensione, piuttosto che scendere a patti con quei redneck-fondamentalisti o viceversa con quei comunisti-abortisti. In questi casi, io sono totalmente filoamericano; anzi – a differenza di Berlusconi e Veltroni che vogliono fare gli americani – sono americano e fiero di esserlo.
Il fatto che i candidati alternativi prendano pochissimi voti, non vuol dire affatto che non ci siano tante persone che la pensano come loro.
Il giornalista Chris Hedges scrive,
“Tra i liberal e i progressisti, c’è poco disaccordo sui temi che dividono Nader e Obama. Nader vincerebbe tra di noi per una valanga di voti se ci si basasse sulle issue [i temi concreti].
ll senatore Barack Obama ha votato per rinnovare il Patriot Act, ha votato per continuare a finanziare la guerra in Iraq, ha sostenuto il FISA Reform Act [che copre i protagonisti di forme di spionaggio e di vessazione contro i dissidenti politici], ha corteggiato in maniera abietta la lobby israeliana, ha sostenuto la pena di morte, si è rifiutato di sposare la causa di un sistema sanitario universale single-payer [centralizzato] e not-for-profit per tutti gli americani, ha chiesto di aumentare il numero di uomini sotto le armi e di estendere la guerra in Afghanistan, si è rifiutato di chiedere una riduzione delle spese gonfiate e degli sprechi militari, ha fatto il lobbista per la gigantesca truffa fiscale nota come il bailout [il salvataggio degli speculatori con fondi pubblici] e ciò lo ha reso ripugnante per la maggior parte di noi a sinistra.
Nader sta dall’altra parte su tutte queste questioni.” [3]
Arriviamo così a una domanda importante. Se il sistema elettorale fosse diverso – in pratica, se la gente potesse scegliere le cose in cui crede, e non in base a semplici immagini o per il “meno peggio” – come sarebbero andate le candidature alternative di cui parliamo qui? [4]
Se dovesse cambiare il sistema, non solo la sinistra, ma anche buona parte dell’elettorato nero, latino, operaio o precario aderirebbe immediatamente al programma di Nader.
Se a questi si aggiungessero, su temi specifici, gli elettori del ceto medio bianco che non capiscono e non amano le guerre all’estero, i poteri di spionaggio e polizia concessi allo stato federale e lo strapotere delle corporation, potrebbero succedere cose sorprendenti. Ed è proprio per questo che possiamo essere certi che il sistema non cambierà.
In un liceo a New York è stato fatto un curioso esperimento: il campione statistico ovviamente è troppo ristretto per essere significativo, eppure l’esperimento dimostra in maniera lampante una questione di principio.
Agli alunni veniva chiesto di votare puramente su un programma, senza sapere i nomi, le personalità, il genere o il colore della pelle dei candidati che sostenevano tali programmi.
Ognuno dei cinque “partiti” presentava i propri punti di vista su Iraq, Afghanistan, l’assistenza medica, l’aborto, il bailout, i matrimoni gay, la prospezione petrolifera, l’immigrazione, la pena di morte, l’istruzione pubblica e Israele.
Gli studenti hanno ascoltato e poi votato; solo dopo aver votato, veniva loro detto a quale partito vero corrispondeva quello il cui programma avevano votato.
Nella votazione, Nader riceveva il 46% dei voti; McCain il 4%; Obama, il 29%; Bob Barr il 2%; e Cynthia McKinney il 17%. E cioè i due terzi hanno votato per qualche forma di Third Party – e incidentalmente anche contro le guerre, il sostegno a Israele e il salvataggio di Wall Street sostenuti congiuntamente da McCain e Obama.[5]
Ed è questo voto virtuale – che magari poi prende la forma impotente del sostegno a Obama – che salva moralmente gli Stati Uniti.
Note:
[1] A chi fosse interessato a uno studio antropologico degli Stati Uniti, consiglio vivamente di leggere il programma del candidato Charles Jay del Boston Tea Party. Charles Jay non è nessuno, e quindi ha preso pochissimi voti, ma è riuscito a sintetizzare in venti punti il pensiero di milioni di middle class Americans.
[2] Diciamo “dall’altra”, perché i primi tre correvano in pratica come alleati, senza rapporti con Bob Barr, il candidato del Libertarian Party.
Bob Barr è stato per anni uno dei deputati repubblicani più aggressivi, conducendo la campagna per l’impeachment di Clinton, introducendo proposte di legge discriminatorie nei confronti delle persone omosessuali e firmando con il proprio nome una dura legge contro la droga. Oggi Bob Barr si dichiara pubblicamente pentito su tutta la linea, e pone al centro della propria campagna l’abrogazione delle leggi che lui stesso ha promosso.
[3] Nel dibattito tra Obama e McCain del 15 ottobre, Barack Obama si è espresso a favore della “tort reform”, cioè per l’abolizione delle leggi che permettono di citare le imprese per danni multimilionari; a favore della ripresa dell‘industria del carbone, un cavallo di battaglia della destra; ha negato di essere a favore del sistema sanitario di tipo canadese, sostenuto invece dalla maggioranza degli americani.
[4] Per capire come si possa cambiare una democrazia modificando il sistema elettorale, si metta a confronto una mappa del parlamento italiano nel 1990 con una di quello attuale: mentre non sono radicalmente cambiate le tendenze degli italiani, non esiste un solo elemento in comune tra le due mappe.
[5] Non so perché mancava Baldwin, ma possiamo essere sicuri che avrebbe avuto un discreto successo tra gli elettori cristiani tradizionalmente repubblicani, proprio come nel liceo progressive di New York Nader ha avuto un sucesso sproporzionato.