di Daniele Vannini
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Oramai la propaganda trasuda da qualsiasi cosa i media trasmettano, dai telegiornali, ai telefilm, alla pubblicità dei dentifrici, per non parlare dei talk show. Tanto che non si avverte più nemmeno l’incoerenza più stridente. Recentemente si è parlato molto della guerra tra Israele e Palestina (Striscia di Gaza? Hamas? Come bisogna chiamarla? Io la chiamerei guerra civile), il che fa venire in mente alcune considerazioni. Secondo l’ideologia obbligatoria ufficiale noialtri italiani dobbiamo accettare di buon grado e con animo grato che il paese venga progressivamente invaso da un’immigrazione di massa africana e medio orientale, cioè, in prospettiva, che da qui a pochi anni (un paio di generazioni? Tre?), questo paese non esista più come un’Italia abitata da gente di cultura e tradizione italiana, ma divenga un luogo anonimo a popolazione mista (fate conto Detroit), probabilmente a prevalenza culturale islamica con tutti i mutamenti di costume che ne conseguono, senza più un’identità che la diversifichi dal Belgio o dalla Svezia, che a loro volta saranno nelle stesse condizioni.
Proprio come l’ideologia obbligatoria ufficiale, che qualifica come fascista e razzista chiunque abbia dubbi in proposito, auspica e impone. D’altra parte Israele è curiosamente esentato da tutto ciò. Israele può (e deve), rimanere uno stato ebraico, cioè abitato da persone di sangue puro (e, presumibilmente, superiore), confinando quelli che di sangue puro non sono, in apposite aeree recintate, formalmente extraterritoriali, affinché il sangue puro ebraico continui ad avere la maggioranza e Israele rimanga tale. Il tutto è reso ancora più fantasticamente incoerente dal fatto che Israele non esiste da duemila anni, come piacerebbe far credere, ma dal non lontano 1948: prima di allora quelle terre non erano disabitate, ma appartenevano proprio a quella gente ora rinchiusa nei recinti, che non può più rientrarci, altrimenti inquina il sangue puro. Perciò la televisione ci insegna che Israele, per difendere la propria sacra esistenza come stato nazionale di sangue puro, può e deve, sia pure a malincuore, uccidere e fare la guerra. Per difendersi, certo. Noi italiani, invece, che non occupiamo terre rubate ad altri nel 1948, ma stiamo in questo luogo da tanto tempo che non sono più neppure conoscibili coloro ai quali le abbiamo eventualmente sottratte, dobbiamo non di meno accettare, e a breve termine, la prospettiva di una dissoluzione culturale, senza alcuna difesa o opposizione, stando bene attenti, a casa nostra, a non discriminare a nostro vantaggio.
Perché loro, che quelle terre le hanno occupate da una generazione, possono difenderle e noi, che siamo qua da sempre,no? Alla fine siamo arrivati a dar ragione al Metternich: l’Italia è un’espressione geografica. Ma perché, allora continuiamo a definire il nostro patrimonio culturale, senza peraltro portare prova alcuna, il più importante del mondo? Nostro di chi?
Daniele Vannini
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