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PROMETTEVANO IL #governodelcambiamento. ABBIAMO DI NUOVO IL #governodelmegliodiniente. ECCO COME NE ESCONO

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A cura di Davide
Il 24 Luglio 2018
89 Views

DI PAOLO BARNARD

paolobarnard.info

Questo doveva essere il #governodelcambiamento, e già dopo soli due mesi è divenuto il #governodelmegliodiniente. Ora, se questo vada dopotutto sdoganato oppure bocciato senza mezze misure dipende da chi siamo come cittadini italiani.

E’ esattamente dal governo Amato del 1992, passando per Prodi, D’Alema, Berlusconi, i ‘tecnici’ e Renzi, che ci fanno vivere i #governidelmegliodiniente, cioè i soliti esecutivi impiccati ad aule parlamentari da mercato-delle-vacche dove gli elettori vincenti si contentano della logica “Ok, ma è sempre meglio che avere gli altri”. E sono esecutivi che mai nulla di concreto hanno dato all’Italia, infatti qualcuno provi a citare una sola riforma in positivo degli ultimi 26 anni che sia ricordata nella cultura politica, nel Welfare, nel lavoro e nei portafogli italiani come uno spartiacque. Zero, solo una e tragicamente in negativo: la perdita della moneta sovrana Lira con l’adesione all’euro.

Arrivano le politiche del 2018 che portano il roboante annuncio da parte di Lega e 5 Stelle su tre promesse primarie in campagna elettorale:

  1. A) No euro, si esce, punto. (Lega)
  2. B) Stop ai migranti. (Lega)
  3. C) Storico ritorno dell’Italia all’espansione della spesa pubblica contravvenendo le Austerità della UE. (5S)

Si vota il 4 marzo, convulsioni, e governo Conte. Situazione sul terreno:

1) Non esiste accordo fra i due partiti di maggioranza sulla ripresa delle sovranità italiane perdute in UE e su una Italexit dall’Eurozona.

2) Non esistono i numeri in Parlamento per snelli voti di maggioranza per una vera governabilità.

3) Non v’è traccia nel governo Lega e 5S di una strategia dal potere di fuoco sufficiente per neppure minimamente arginare il potere di Bruxelles di schiacciarci al primo segno di disubbidienza.

4) Sia il Presidente del Consiglio che il fondamentale Ministro delle Finanze sono due pragmatici interamente allineati allo status quo del “rigore dei conti” di Bruxelles e dei Mercati.

5) La disponibilità di cassa del nostro Tesoro, poiché sempre denominata in euro, rimane catastrofica e asfissiante.

Non occorre un politologo per capire che un semplice incrocio fra i punti A) B) C) e i fatti da 1) a 5) porta con certezza matematica alla semi-paralisi di governabilità, e di conseguenza all’altrettanto certo deragliamento di due delle promesse primarie ed epocali, le quali a loro volta trascinano nell’oblio grandi fette del noto Contratto per il Governo del Cambiamento.

Questo esecutivo è per definizione destinato ad annaspare a ogni proposta, decreto, voto, conto di cassa, confronto con l’Europa, e non potrà essere nulla di più di un #governodelmegliodiniente, ben altra cosa dall’epocale #governodelcambiamento. Ciò sarà lampante nella prossima Legge di Bilancio, come d’altro canto ha detto chiaro ieri il Ministro Tria al G20 col lapidario “Manterremo ovviamente quei limiti di bilancio necessari per conservare la fiducia dei Mercati”: cioè addio rinascita dei grandi interventi nell’interesse pubblico, ma solo micro manovre, tagli di qui e mancette di là, piccola cosmesi politica esattamente come fu destino dei #governidelmegliodiniente di Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni. Spiacente, questa è aritmetica di cassa, e conoscenza del potere di fuoco di Bruxelles.

In particolare è deceduta ogni velleità sovranista di una Italexit dall’Eurozona, e provengo da uno sfinente scambio su questo col Presidente della Commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi, e fans al seguito su Twitter. La linea dell’economista della Lega, messo di fronte a quanto sopra, è di ammettere la semi-paralisi per mancanza di governabilità, per poi però affermare che sia lui che l’altro economista anti-euro, Bagnai, e naturalmente Salvini rimangono nel Palazzo per costruire dall’interno la riscossa contro l’Europa. Questa argomentazione è insulsa.

Primo, Claudio Borghi ripete il notorio “Eh! Io farei… ma non ho i numeri in aula” che è la più ritrita password di ‘sdoganamento boiardi politici’ della Storia repubblicana, e che da 26 anni viene saggiamente tradotta dal popolo in “Eh! Sti cazzi che mollo la Poltrona”. Ma non, in questo caso, dal popolo giallo-verde, che davvero si sta arrampicando su specchi spalmati d’olio pur di non ammettere la cocente realtà.

Secondo, è incomprensibile (e infatti Borghi non me l’ha mai spiegato e mi ha poi bloccato) come il trio leghista intenda cambiare dall’interno del Palazzo le tutt’ora inesistenti condizioni per il recupero delle sovranità italiane, cioè come stiano lavorando nel Palazzo per costruire dall’interno la riscossa contro l’Europa. Nello specifico:

  1. A) Come, lottando in minoranza dall’interno, ritroveranno i numeri di maggioranza nelle Camere già elette per un’uscita dall’euro? O forse intendono dirci “Quella è per il prossimo governo“, ok, ma con enormi quando, forse e se ancora avranno i voti…
  2. B) Come, lottando in minoranza dall’interno, allestiscono le difese finanziarie dell’Italia contro le ‘atomiche’ di Bruxelles e dei Mercati con un Ministro Tria e la Banca d’Italia che remano contro?
  3. C) Come, lottando in minoranza dall’interno, estorcono all’UE gli allentamenti dei soffocanti vincoli di bilancio con cui poi finanziare il Contratto per il Governo del Cambiamento, mentre Conte conferma appieno tutti quei vincoli firmando il Semestre Europeo?

In assenza di risposte (per me impossibili) si riconferma il sospetto che i tre eminenti ‘Padani’ alla fine siano solo incollati alle poltrone.

Fra l’altro il Presidente della Commissione Bilancio ha apertamente dichiarato nel 2017 che un sistema di potere cementato su posizioni avverse – come lo sono oggi ampie fette delle due Camere nei confronti delle sopraccitate tre promesse primarie – non si può cambiare dall’interno. Lo disse, in un clamoroso paradosso, riferendosi proprio all’ipotesi che una vittoria elettorale avesse proiettato lui, Bagnai e Salvini in un governo costretto a lavorare dall’interno per cambiare l’Europa, cosa infatti accaduta. “Macché!” esclamò perentorio il Borghi “Io posso provare a mentire agli elettori e dire: vinciamo e vediamo di cambiare l’Europa dall’interno, ma sarebbe marketing!”. Eppure oggi… “Contrordine Compagni! Cambiamo Europa e Palazzo dall’interno!“.

E qui si arriva al punto di tutti i punti. Poiché la pappardella del “Eh! Io farei… ma non ho i numeri in aula” con l’appena citato “lavoriamo per costruire dall’interno la riscossa” sono, alla luce inconfutabile dei fatti sopra descritti, delle passwords di sdoganamento da politicanti di mestiere, di certo questo non è un #governodelcambiamento. E allora siamo chiari una volta per tutte:

Se Di Maio, Salvini, Borghi, Bagnai fossero davvero stati materiale inedito per i consolidati rituali della buffonesca politica italiana, a fronte di numeri parlamentari così disastrosi non avrebbero dovuto neppure accettare gli incarichi, avrebbero dovuto denunciare al Paese l’ingovernabilità che costringe a tradire il Contratto, e avrebbero dovuto gridare un categorico rifiuto di farlo. Ergo: nuove elezioni, alla ricerca dei numeri per davvero poter dire a fronte alta #governodelcambiamento.

Non lo fecero, ma possono ancora strappare l’ultima dignità dimettendosi oggi. Sarebbe, per la prima volta dal 1948, un segnale di tale dirompenza e straordinaria fedeltà agli elettori che questi con ogni probabilità tornerebbero alle urne a dargli esattamente la maggioranza che serve al Paese. Allora sì che sarebbero presi sul serio sulle loro tre promesse primarie in campagna elettorale.

Avevo scritto all’inizio ‘Ora, se questo vada dopotutto sdoganato oppure bocciato senza mezze misure dipende da chi siamo come cittadini italiani’. Purtroppo, come ho constatato con gli acritici fans giallo-verdi, non solo questo scatto epocale non appartiene al DNA di gente aggrappata alla Poltrona, ma neppure a quello dei loro elettori, che si dimostrano oggi felici di avere un bel #governodelmegliodiniente perché “Ok, ma è sempre meglio che avere gli altri” e il vacuo “lavoriamo per costruire dall’interno la riscossa contro l’Europa”, col Paese che intanto perde l’ennesimo treno. Questa è la cultura acritica, amorfa, da fan club che compone l’elettorato italiano, quindi alla fine sappiamo di chi è, sempre, la colpa dei nostri mali.

 

Paolo Barnard

Fonte: www.paolobarnard.info

Link: http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=2092

23.07.2018

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