Presto distruggeremo l’agricoltura e salveremo il pianeta

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di George Monbiot

The Guardian.com/

Gli scienziati potranno sostituire i raccolti e il bestiame con alimenti a base di microbi e di acqua. Potrebbe essere un modo per riuscire a continuare a mangiare i nostri cibi preferiti.

Sembra un miracolo, ma non c’è voluto nessun grosso balzo tecnologico. In un laboratorio alla periferia di Helsinki, ho visto scienziati che trasformavano acqua in cibo. Da un oblò di una vasca di metallo, ho potuto vedere una schiuma gialla che ribolliva, come un brodo- primordiale di batteri, prelevati dal terreno e moltiplicati con un processo di laboratorio, usando l’idrogeno estratto dall’acqua come fonte di energia. Quando la schiuma è stata filtrata attraverso un groviglio di tubi e spruzzata su dei rulli surriscaldati, è diventata una ricca farina gialla.

Questa farina non è ancora stata commercializzata, ma scienziati, che lavorano per una società chiamata Solar Foods, mi hanno autorizzato a servirmene durante le riprese del documentario Apocalypse Cow. Ho chiesto di farmi un pancake: sarei stato il primo sulla Terra, oltre al personale del laboratorio, a mangiare una cosa del genere. Hanno portato in laboratorio una padella, hanno mischiato la loro farina con latte d’avena ed anch’io ho fatto il mio piccolo passo per l’uomo. Aveva un sapore … proprio come un pancake.

Ma i pancake non sono il prodotto a cui si vuole arrivare. È probabile che presto queste farine diventino la materia prima per quasi tutto. Allo stato grezzo, possono sostituire la base che oggi serve per migliaia di prodotti alimentari. Quando i batteri vengono modificati, questi creano le proteine ​​specifiche necessarie per coltivare in laboratorio carne, latte e uova. Altre modifiche produrranno acido laurico – addio all’olio di palma e a tutta la catena di grassi omega3 – addio al pesce di allevamento. I carboidrati che restano, una volta estratte proteine ​​e grassi, potrebbero sostituire qualsiasi cosa, dalla farina per la pasta alle patatine fritte. Il primo stabilimento commerciale della Solar Foods dovrebbe essere operativo il prossimo anno.

Il percorso dell’idrogeno usato dalla Solar Foods è una decina di volte più efficiente della fotosintesi. Ma dato che noi mangiamo solo una parte dell’intera pianta, e dato che la farina batterica è un mangime, questa efficienza si può moltiplicare più volte. E poiché sarà prodotta in vasche giganti, l’efficienza del terriccio, secondo le stime dell’azienda, è di circa 20.000 volte maggiore. Tutti sulla Terra potrebbero essere nutriti generosamente e usando solo una piccola frazione della terra stessa. Se, come crede l’azienda, l’acqua utilizzata nel processo (che è molto inferiore alla quantità richiesta dall’agricoltura) verrà elettrolizzata con l’energia solare, i posti migliori per costruire questi impianti saranno i deserti.

Siamo arrivati in cima alla più grande trasformazione economica, di qualsiasi tipo, degli ultimi 200 anni. Mentre si parla tanto di diete a base vegetale e di carne, le nuove tecnologie presto renderanno questi discorsi irrilevanti. Tra poco tempo, la maggior parte del nostro cibo non deriverà più né da animali né da piante, ma dalla vita unicellulare. Dopo 12.000 anni tutte le colture, tranne la produzione di frutta e verdura, sarà probabilmente sostituita dal ferming: l’allevamento di microbi con una fermentazione di precisione. Cosa che significa moltiplicare particolari microrganismi, per produrre in fabbrica prodotti selezionati. So che qualcuno resterà inorridito per questa prospettiva, anche io vedo qualche inconveniente, ma credo che ci arriveremo, comunque, in un attimo.

Ci sono parecchie disgrazie che stanno convergendo sulla nostra catena alimentare, ognuna delle quali potrebbe essere catastrofica. Il degrado climatico minaccia di causare ciò che gli scienziati chiamano “multiple breadbasket failures”– tanti buchi al cestino del pane” per colpa delle ondate di calore simultanee e di altri impatti. L’ONU prevede che entro il 2050 l’alimentazione del mondo richiederà un maggior  uso  globale di acqua  in agricoltura pari a +20%. Ma l’uso dell’acqua è già arrivato al massimo in tanti posti, dove le falde acquifere stanno svanendo e i fiumi  si perdono prima di arrivare al mare. I ghiacciai che riforniscono metà della popolazione asiatica si stanno rapidamente ritirando e probabilmente l’inevitabile riscaldamento globale per effetto dei gas serra ridurrà le piogge durante la stagione secca e trasformerà fertili pianure in ciotole di polvere.

Una crisi globale del suolo minaccia le basi stesse della nostra sussistenza, perché grandi tratti di seminativi stanno perdendo fertilità a causa di erosione, compattazione e contaminazione. Le scorte di fosfato, fondamentali per l’agricoltura, stanno   diminuendo rapidamente. L’Insectageddon lo sterminio degli insetti minaccia una catastrofica crisi per l’impollinazione. È difficile capire come l’agricoltura potrà riuscire a nutrirci tutti fino al 2050, figuriamoci fino alla fine del secolo e oltre.

La produzione alimentare sta mettendo da parte il mondo vivente. La pesca e l’agricoltura sono di gran lunga la principale causa di estinzione  e della perdita della diversità e dell’abbondanza della fauna selvatica. L’agricoltura è una delle principali cause per il degrado climatico, una delle maggiori cause di inquinamento dei fiumi e di inquinamento dell’aria. In molti posti del mondo  si è sostituita a complessi ecosistemi selvatici, introducendo delle semplici catene alimentari per l’uomo. La pesca industriale sta portando un collasso ecologico a cascata nei mari di tutto il mondo. Mangiare ora è un campo minato morale, perché quasi tutto quello che mettiamo in bocca – dalla carne, all’avocado, dal formaggio al cioccolato, dalle mandorle alle tortilla, dal salmone al burro di arachidi – tutto ha un costo ambientale insostenibile.

Ma proprio mentre ogni speranza sembrava evaporare, le nuove tecnologie che chiamo farmfree stanno creando sorprendenti possibilità per salvare sia le persone che il pianeta. Il cibo farmfree ci consentirà di restituire vaste aree di terra e di mare alla natura, consentendo la riforestazione e  la fine dell’uso del carbonio su vasta scala. Significa la fine dello sfruttamento degli animali, la fine di tanta deforestazione, una enorme riduzione dell’uso di pesticidi e di fertilizzanti, la fine della pesca da traino e dei pescherecci con reti e lenze lunghe chilometri. È la nostra migliore speranza di fermare quella che molti chiamano la “sesta grande estinzione”, che  io preferisco chiamare il grande sterminio. E, se le cose verranno fatte per bene, significherà cibo abbondante e a poco prezzo per tutti.

Una ricerca del thinktank RethinkX dice che, entro il 2035, le proteine tratte da questo nuovo processo di fermentazione di precisione saranno circa 10 volte meno care delle proteine ​​animali. Il risultato, si dice, sarà il collasso quasi completo dell’industria zootecnica. La nuova economia alimentare “sostituirà un sistema troppo inefficiente, che richiede enormi quantità di mezzi di produzione e che produce enormi quantità di rifiuti con un sistema preciso, mirato e tracciabile”, con l’uso di piccoli spazi di terra, con un fabbisogno enormemente minore di acqua e di sostanze nutritive: ” la più grande opportunità di ripristino ambientale nella storia dell’umanità”.

Non solo il cibo sarà più economico, ma sarà anche più sano. Perché il cibo farmfree sarà costituito da ingredienti semplici e non da composti complessi, evitando di usare  allergeni, grassi saturi e altri componenti malsani. La carne sarà ancora carne, anche se sarà allevata in laboratorio in  vasche di collagene e non sarà più un pezzo del corpo di animali allevati. L’amido sarà ancora amido, i grassi saranno ancora grassi. Ma forse il cibo sarà migliore, più economico e molto meno dannoso per il pianeta vivente.

Potrebbe sembrare strano che uno che ha passato la vita a chiedere cambiamenti politici si entusiasmi per un cambiamento tecnologico, ma da nessuna parte sulla Terra vedo svilupparsi politiche agricole convenienti (per l’umanità). I governi spendono ogni anno  560 miliardi di sterline in sussidi agricoli e quasi tutti sono spesi in modo perverso e distruttivo, portando a deforestazione, inquinamento e morte per la fauna selvatica. Una ricerca della Food and Land Use Coalition ha scoperto che solo l’1% del denaro erogato viene utilizzato per proteggere il mondo vivente. L’indagine non è riuscita a trovare un “qualsiasi governo che usi i propri strumenti fiscali per sostenere direttamente l’ampliamento di offerta per alimenti più sani e più nutrienti”.

Nemmeno il dibattito pubblico sull’agricoltura ci porta da nessuna parte, tranne che verso un’altra catastrofe. È diffusa la convinzione che il problema sia l’agricoltura intensiva e la risposta è  tornare all’agricoltura estensiva (che produce meno cibo per ettaro). È vero che l’agricoltura intensiva è molto dannosa, ma l’agricoltura estensiva è ancora più dannosa. Molti sono giustamente preoccupati per l’espansione delle città, ma l’espansione dell’agricoltura – che copre spazi molto maggiori – rappresenta una minaccia molto più grande per il mondo della natura. Ogni ettaro di terra utilizzato dall’agricoltura è un ettaro non destinato alla fauna selvatica e a sistemi di vita complessi.

 Un articolo apparso su Nature lascia intendere  che, per ogni chilo di cibo prodotto, l’agricoltura estensiva provoca maggiori emissioni di gas serra, di consumo del suolo, di acqua e di inquinamento da azoto e fosfato che  non l’agricoltura intensiva. Infatti se tutti mangiassero carne di mucche che pascolano libere, avremmo bisogno di parecchi pianeti per produrla.

La produzione Farmfree promette un approvvigionamento alimentare molto più stabile e affidabile che può essere coltivato ovunque, anche in paesi che non dispongono di terreni agricoli. Potrebbe essere essenziale per mettere fine alla fame nel mondo. Ma c’è un intoppo: uno scontro tra gli interessi dei consumatori e quello dei produttori. Molti milioni di persone, che lavorano in agricoltura e nella trasformazione dei prodotti alimentari, alla fine perderanno il loro posto di lavoro e dato che i nuovi processi sono tanto efficienti, l’occupazione che si creerà non corrisponderà a quella che sarà distrutta.

RethinkX prevede una “spirale di morte” estremamente rapida per l’industria zootecnica. Solo pochi componenti, come la caseina e le proteine ​​del latte, potranno essere prodotti con profitto, mentre crolleranno i margini di profitto di tutta l’industria. La produzione lattiero-casearia negli Stati Uniti, sarà “quasi completamente in bancarotta entro il 2030” e le entrate dell’industria americana di carne bovina diminuiranno del 90% entro il 2035.

Benché dubiti che il tracrollo sarà così veloce, bisogna dire che il thinktank sottovaluta la portata di questa trasformazione e non menziona lo straordinario cambiamento che sta avvenendo nella produzione di materie prime per produrre alternative ai prodotti vegetali, del tipo sperimentato a Helsinki. Ciò colpirà probabilmente la coltura dei seminativi tanto per il latte coltivato, che per la produzione di carne  che impatteranno sull’allevamento. Solar Foods ritiene che nei prossimi cinque anni i suoi prodotti potrebbero raggiungere la parità di costo con la forma di proteine ​​più economica al mondo (la soia dal Sud America). Invece di pompare sempre più sussidi in una industria in via di estinzione, i governi dovrebbero investire per aiutare gli agricoltori a trovare altre forme di lavoro, fornendo al contempo una specie di cassa integrazione per chi, improvvisamente,  perderà il proprio sostentamento.

Altro pericolo è la potenziale concentrazione dell’industria alimentare farmfree.  Dovremmo fortemente opporci alla concessione di un brevetto per le tecnologie chiave e garantirne la più ampia distribuzione possibile. Se i governi volessero regolare correttamente questo processo, potrebbero rompere l’egemonia delle multinazionali che oggi controllano la produzione alimentare globale. Se non lo faranno, potrebbero consolidarne il potere. In questo settore, come in tutti gli altri, abbiamo bisogno di forti leggi antitrust. Dobbiamo anche garantire che i nuovi prodotti alimentari avranno sempre un’impronta di carbonio inferiore ai prodotti che andranno a sostituire: i produttori di agricoltura-farmfree dovrebbero dipendere per le loro operazioni interamente da fonti a basse emissioni di carbonio. Questo è un momento di scelte importanti, e dovrebbero essere fatte insieme.

Non possiamo permetterci di aspettare passivamente che la tecnologia ci salvi. Nei prossimi anni potremmo perdere quasi tutto, come i magnifici habitat naturali delle foreste pluviali del Madagascar, di Papua Occidentale e del Brasile che vengono abbattute per allevare bestiame e coltivare soia o olio di palma. Scegliendo di passare temporaneamente a una dieta a base vegetale con il minor impatto possibile (magari senza comprare avocados o asparagi fuori stagione), potremo aiutare a guadagnare il tempo necessario per salvare tante speci animali e vegetali, in attesa che le nuove tecnologie diventino produttive. Ma il cibo farmfree ci porta la speranza dove mancava la speranza. Presto saremo in grado di nutrire il mondo senza divorarcelo.

George Monbiot

 

Fonte : https://www.theguardian.com/

Link   : https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/jan/08/lab-grown-food-destroy-farming-save-planet  8 gen. 2020

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte  comedonchisciotte.org  e l’autore della traduzione Bosque Primario

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