PRECARIATO, PRECARIO, PRECARIETA'. 10 ANNI DI PROPAGANDA E MISTIFICAZIONE

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DI DALEMONI070314

Precariato, precario, precarietà: una discussione lunga oltre un decennio, ma l’uso scorretto di questi termini continua a generare confusione.

Precariato: sostantivo maschile -condizione di instabilità di chi non ha una
garanzia di continuità economica e di inquadramento giuridico definitivo
(ndr. contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato).

Precario: aggettivo maschile – che non è stabile né duraturo;
di lavoratore: aggettivo sostantivato -assunto con contratto a termine.

Precarietà: sostantivo femminile inv. – la qualità di ciò che è precario.

Fonte: www.vocabolario.it

Le leggi che introducono contratti diversi dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato istituiscono una condizione giuridica il precariato, il lavoratore assunto con un contratto a termine è un precario, che ha la qualità della precarietà sensazione di instabilità economica, sociale, esistenziale.Una banalità deve essere evidenziata, la connessione logico-temporale tra i tre termini: l’introduzione del precariato produce precari che avvertono la precarietà.

Solo un’azione radicale sarebbe risolutiva; eliminanare, alla radice della catena logico-temporale il primo anello, il precariato: con la disapplicazione nella contrattazione collettiva e/o l’abrogazione parlamentare delle leggi che hanno introdotto dei contratti diversi dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Agire sulla precarietà, ultimo anello della catena, non sarebbe risolutivo:
per quanto si possa cercare di ridurre la sensazione di precarietà, ovviamente solo fuori dall’ambito lavorativo, rimarrebbero inalterati gli altri due anelli della catena, il precariato e i precari.
Chi propone di agire solo contro la precarietà propone dei palliativi.

A questo punto risulta chiaro ed evidente, che tutte le proposte puramente economiche di sostegno al reddito, che ignorano la questione del precariato, sono delle proposte riformiste, perchè interverrebero su un elemento senza rimuovere alla radice l’origine del problema.

In astratto si tratta di proposte riformiste, in concreto sono dei diversivi che riprendono dei temi della propaganda padronale, come la riforma degli ammortizzatori sociali.

Se il nuovo diritto del lavoro è residuale, perché al contrario il nuovo Welfare dovrebbe essere migliore: anche in questo caso basta ricordare che da un punto di vista storico-logico, il lavoro subordinato -antelitteram- precede l’istituzione del Welfare, a una riduzione dei diritti non può che essere correlata una riduzione delle prestazioni previdenziali.

Chi sostiene le proposte puramente economiche per attenuare la precarietà dei lavoratori argomenta che è l’economia a determinare il diritto, anche il diritto del lavoro, riprendendo una presunta tesi marxiana:
in realtà è l’egemonia del pensiero economico neoliberista, che ha spodestato l’egemonia del pensiero economico keynesiano, ad aver modellato un sistema economico-giuridico che comprime e azzera i diritti dei lavoratori.

In concreto il modello è il sistema economico USA e la globalizzazione non è altro che l’armonizzazione e l’omologazione degli altri sistemi economici a quello americano.

Per comprendere a cosa potrebbero approdare in ultima istanza le controriforme del diritto del lavoro italiano, non bisogna fare altro che andare a leggere le poche e pessime leggi del lavoro americane.
Pochi lo ricordano, ma è un fatto che in Argentina la dollarizzazione e le privatizzazioni sono state accompagnate da diverse riforme del diritto del lavoro, tese ad azzerare i diritti dei lavoratori, già di per sé minimi.

In conclusione proporre di agire contro la precarietà è in linea con gli interessi del padronato.

Non a caso il ministro Damiano continua a ripetere di voler combattere la precarietà.

I lavoratori, gli studenti, i precari se vogliono emanciparsi, se vogliono uscire una volta per tutte dalla spirale di un sempre maggiore precariato e di una sempre maggiore precarietà, devono concentrare e unire le proprie forze agendo contro il precariato, iniziando a rivendicare la disapplicazione contrattuale collettiva e/o l’abrogazione della L.30-Dlgs 276/03.

“Stop CPE – Stop Contrat Par Esclavagiste” Slogan antiCpe.

Nel marzo/aprile 2006 milioni di studenti e lavoratori francesi hanno impedito, con blocco stradale delle principali città, la promulgazione della legge che introduceva il CPE -Contratto Primo Impiego- per la banale, basilare ragione che era un finto contratto, perché prevedeva un “periodo di prova” di 2 anni.

I giovani francesi erano consapevoli di dover impedire l’introduzione del precariato per non essere costretti ad essere precari.

“La schiavitù non è un contratto” -Il Contratto Sociale.

Quando un popolo avverte un grave pericolo, una grave lesione dei propri interessi si possono verificare reazioni di questo tipo, così come si è verificato contro la proposta di costruire un deposito di scorie nucleari in Basilicata e contro il progetto Tav in Piemonte, ma gli italiani non hanno avvertito la concretezza del pericolo derivante dal precariato e dalla manomissione di un’astrazione come la fattispecie giuridica del contratto di lavoro.

In Italia per il momento una tale consapevolezza appartiene solo a pochi, per questo ha facile presa la propaganda filopadronale che propone di agire contro la precarietà.

La propaganda filopadronale, sotto forma di lotta alla precarietà, disorienta additando un obiettivo di comodo, marginale che non ha una consistenza propria.

Inoltre attraverso l’uso deliberatamente distorto, scorretto e improprio dei vocaboli in questione, genera confusione e malintesi, che contribuiscono all’interiorizzazione delle norme neoliberiste vessatorie, paracontrattuali e neoschiaviste, da parte dei lavoratori, dei precari, e degli studenti determinandone la passività.

“La schiavitù è libertà” – 1984.

Nella neolingua neoliberista il lavoro subordinato di fatto dei cosidetti Collaboratori Coordinati Continuati -Co.co.co. retribuito al lordo dell’Iva(?), come una merce qualsiasi e come se fossero delle imprese individuali , equivalente illegale italiano della legale minimum wage americana, diventava lavoro autonomo di seconda generazione(?) – come da titolo del libro di A. Fumagalli e S. Bologna edito da Feltrinelli nel 1997.(nota 1)

In questo momento solo su due fronti distanti e molto diversi è aperta la lotta al precariato in Italia:

– la lunga vertenza dei giornalisti per il rinnovo del contratto nazionale della stampa con una piatttaforma che prevede la disapplicazione al settore della L.30, che hanno già ottenuto un primo successo nel dicembre 2005, con la disapplicazione contrattuale collettiva della L.30 prevista acccordo Aeranti/Corallo per le emittenti locali radio-televisive.

– la lunghissima vertenza degli operatori call center contro Atesia Cos spa che ha originato la campagna nazionale call center.

Dalemoni070314
marzo 2007

Nota:

Cococo: collaboratore coordinato e continuato -definizione impropria di lavoratore subordinato di fatto nascosto come finta impresa individuale; figura atipica ovvero illegale, in parte maldestramente sanata solo in presenza di collaborazione legate ad un progetto non concidente con l’oggetto sociale dell’impresa “committente”- un non sense giuridico-, con la L.30-Dlgs 276 del 2003 con l’introduzione del Contratto di Collaborazione A Progetto , quindi ribattezzata Collaboratore a Progetto.

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