Perché gli incel si trasformano in ragazze?

L'ascesa del "transmaxxing" è un segno delle cose che verranno

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Di Mary Harrington, unherd.com

Un nuovo reportage di Sanjana Friedman di Pirate Wires documenta un fenomeno che da un po’ di tempo è fonte di discussione in rete e che ora è diventato di dominio pubblico. Il “Transmaxxing” è una sottocultura di giovani uomini che abbracciano identità trans non perché credono di essere “nati nel corpo sbagliato”, ma semplicemente perché possono farlo e perché pensano che migliorerà la loro vita.

È un fenomeno che rivela più nudo che mai il vero volto dell’era cyborg: una cultura in bilico tra una tecnologia sempre più potente e il collasso di qualsiasi narrazione coerente su come usarla al meglio nel un senso generale che tutte le narrazioni sono intercambiabili.

Come racconta Friedman, i transmaxxer sono sorprendentemente post-ideologici nella loro auto-rimodellazione, almeno rispetto alla narrativa trans ufficiale, che attinge a piene mani dal discorso sui diritti civili del XX secolo. Secondo questa visione, l’“identità di genere” è immutabile e le persone trans sono semplicemente “nate così”.

Molti trans, tuttavia, si modificano solo perché vogliono farlo (alcuni esempi sono riportati in questo manifesto di 73 pagine sul “transmaxxing”). Alcuni raccontano di aver inventato storie di disforia di genere per i medici, mentre altri si auto-inducono la disforia di genere guardando “sissy hypno”, un tipo di video in cui stimoli ipnotici (e talvolta anche pornografici) sono combinati con messaggi che incoraggiano lo spettatore maschile ad abbracciare l’aspetto o il comportamento femminile. La sensazione post-ideologica del fenomeno è ulteriormente sottolineata dal fatto che spesso questi individui passano dall’abbracciare le ideologie “incel” associate alla destra, alle identità “trans” associate alla sinistra.

Per la maggior parte, la contesa tra gli attivisti trans e le loro avversarie femministe si è svolta sul campo del “genere”: cos’è, se ha categorie discrete, come (o se) si relaziona con la fisiologia e così via. Un numero minore di scrittori ha richiamato l’attenzione sulle implicazioni transumaniste della rivendicazione del diritto di rimodellare il proprio corpo fisico sulla base di un sentimento interiore non falsificabile.

Questa visione vede la medicina non come una pratica riparatrice destinata a riportarci a una comprensione condivisa della “normalità”, ma come un metodo potenzialmente illimitato per migliorare la “normalità” secondo i desideri e le preferenze personali. Questa idea è stata apertamente sostenuta per qualche tempo anche da alcuni attivisti trans, come l’imprenditrice farmaceutica Martine Rothblatt. Ma il dibattito è rimasto finora in gran parte all’interno della cornice morale dell’uguaglianza, della giustizia e dei diritti pre-cyborg.

Tuttavia, come nota Friedman, ciò che colpisce nei transmaxxer è il modo in cui abbandonano allegramente la narrativa dei diritti civili, a favore di un abbraccio aperto e totale della prospettiva transumanista. Molti transmaxxer riferiscono che gli interventi hanno migliorato in modo significativo le loro vite; perché, potrebbero chiedersi, c’è bisogno di una storia di “nascita nel corpo sbagliato” per giustificare qualcosa che funziona alle sue stesse condizioni?

Ed è qui che si intravede il vero volto dell’era cyborg: un paradigma culturale emergente in cui la tecnologia è l’ideologia.

Le opinioni che qualcuno sottoscrive mentre si trova nella tana del coniglio di Internet contano meno dell’impatto psicologico cumulativo del trascorrere tutto il giorno, tutti i giorni, in quella tana: una condizione di radicale dissociazione del corpo e di isolamento sociale (sempre più misurabile) nel mondo reale.

Una volta che l’io è così dissociato dal corpo, non c’è alcuna ragione ovvia per non trattare quella “tuta di carne” come uno strumento da ottimizzare, tramite ormoni, chirurgia o altri interventi, alla ricerca di una maggiore felicità e ancora una volta la storia conta meno del fatto che lo si sta facendo semplicemente perché si può.

Di Mary Harrington, unherd.com

05.01.2023

Mary Harrington è una redattrice e collaboratrice di UnHerd, portale web britannico:verso la comunità non solo l’individualismo, verso le responsabilità così come i diritti, e verso il significato e la virtù rispetto al materialismo superficiale.”

Traduzione di Costantino Ceoldo per ComeDonChisciotte.org

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