BELLUNO. Undici tra visite specialistiche ed esami diagnostici, ai quali si aggiungeranno altri approfondimenti nelle prossime settimane. Tutto, finora, senza risposte.
Chi conosce Elena Da Ronch, 51 anni, sa che è un vulcano, una donna sportiva, carica di energia, sempre pronta a salire sul primo aereo per andare a scoprire il mondo. Da qualche mese, però, Elena soffre di numerosi disturbi che le hanno sconvolto la vita e che si stanno rivelando invalidanti.
La natura di questi problemi non è ancora nota, ma la possibile causa scatenante sta nella vaccinazione anti Covid fatta a primavera. «Lavoro nel mondo nella scuola, quindi ho avuto la possibilità di accedere al vaccino contro il Covid prima di molti altri e mi ci sono fiondata subito, perché credevo che fosse l’unica via d’uscita ad una situazione che ha limitato la nostra libertà tanto a lungo», racconta Elena. «Ho fatto la prima dose il 10 marzo e in quell’occasione ho avuto solo qualche mal di testa. Il problema è sorto subito dopo la seconda dose, fatta il 19 maggio».
Se Elena non lavorasse in una scuola e avesse dovuto aspettare la finestra vaccinale dei suoi coetanei, sicuramente non avrebbe ricevuto il vaccino Astra Zeneca, perché proprio in quel periodo si è deciso di evitarne la somministrazione alle donne giovani.
I primi sintomi, dopo la seconda dose, sono stati subito preoccupanti e inquadrabili con una diagnosi di parestesia: formicolio e alterazione della sensibilità in tutta la parte destra del corpo, dal viso alla gamba. «Ci sono momenti in cui la sensazione è quella di non riuscire a muoversi. I sintomi coinvolgono gamba, braccio, testa, faccia. A volte tutti contemporaneamente, altre volte solo una parte».
La parestesia però non è l’unico problema, perché quasi quotidianamente Elena è afflitta da dolori che “viaggiano” da una parte all’altra del corpo. «In alcuni momenti mi sembra che il collo non riesca a sorreggere la testa. Inoltre mi si annebbia la vista e mi gira la testa».
Inizialmente la Da Ronch ha creduto che il tutto potesse risolversi rapidamente: «Ho ricominciato ad andare in palestra, ad uscire per l’aperitivo con gli amici e sono andata in vacanza. Mi dicevano che con un po’ di pazienza sarebbe passato tutto, ma non è stato così, anzi». Elena ha avvisato il suo medico di base e si è rivolta al pronto soccorso per alcune visite, ma sempre senza esito.
«Tornata dalle vacanze ho deciso di affrontare il problema in maniera più decisa, facendo tutti gli approfondimenti necessari, perché dolori e disturbi continuavano e anche i medicinali non facevano effetto».
Oltre a consultare il suo medico di famiglia, Elena ha fatto tre accessi al pronto soccorso, una visita neurologica all’ospedale di Feltre, una visita fisioterapica in ospedale a Belluno e un’altra privatamente, una visita privata da un osteopata, una visita cardiologica, una tac, una risonanza magnetica alla testa, tre analisi del sangue e un ecocolordoppler alle gambe. Nei prossimi giorni ha in programma un’altra visita neurologica all’ospedale di Padova, una visita reumatologica e l’ozono terapia. «Per riuscire ad ottenere queste indagini diagnostiche in tempi rapidi e per andare a fondo il più possibile ho scelto visite private e finora ho speso poco meno di 950 euro, ai quali vanno sommati quasi 300 euro di medicinali».
Per alleviare il dolore e fermare la parestesia ad Elena sono stati prescritti antinfiammatori, antidolorifici, miorilassanti e cortisone, che prende tutt’ora.
«Le medicine non mi hanno dato alcun beneficio e in più il cortisone mi toglie il sonno, ma l’aspetto peggiore sta nel fatto di non riuscire a capire cos’ho. Tutti gli esami fatti finora non hanno dato esito, non è stato trovato nulla e stare male senza sapere cos’hai è davvero preoccupante. Hanno cercato di tutto, dai trombi alle malattie autoimmuni, ma non si vede niente».
Sofferenza fisica e mancate risposte erano già sufficienti ad abbattere chiunque, ma lo spirito combattivo è sempre presente e a questo punto Elena è davvero arrabbiata: «In pronto soccorso, siccome non capiscono cos’ho, liquidano i miei sintomi come se fossero solo frutto di stress. Si rifiutano di ammettere che sono sorti dopo il vaccino e sto male da allora, mentre in passato sono sempre stata sana. Ho parlato con altre persone che denunciano reazioni avverse al vaccino e tutti ricevono la stessa non-diagnosi quando si rivolgono all’ospedale».
Arrabbiata e delusa, Elena ha deciso di contattare l’ufficio vaccinazione dell’Ulss Dolomiti, dal quale non ha ancora ottenuto risposta, e gli uffici dell’assessorato regionale alla sanità, che invece l’hanno richiamata. «Mi dicono di rivolgermi al mio medico di base, che conosce benissimo la situazione ma non è certo nelle condizioni di saperne di più di tutti gli specialisti e i medici dell’ospedale che mi hanno visitata. Mi dicono anche di farmi prescrivere una visita specialistica, ma nessuno mi dice quale dovrebbe essere lo specialista per il mio caso».
Un atteggiamento, quello delle istituzioni, che oltre a non aiutare Elena, non è di certo utile alla causa della vaccinazione di massa. «Io mi sono vaccinata come mi è stato chiesto di fare dalle istituzioni, ora queste istituzioni devono farsi carico del mio problema di salute e risolverlo. Ero perfettamente sana e ora da quattro mesi mi sento un’invalida, mi si è perfino infossato un occhio a forza di tirare i muscoli del lato destro della faccia. Inoltre non voglio sentir parlare di una terza dose, anzi, voglio l’esenzione da qualsiasi ipotesi di ulteriore vaccinazione».
Elena conclude con un’osservazione amara: «Sono un po’ delusa dalla sanità veneta: credevo che fosse un’eccellenza, invece ora che sto male e ne ho bisogno mi rendo conto che non è esattamente eccellente».