Philip Pilkington
unherd.com
Come se le cose non fossero già abbastanza brutte, il prossimo inverno sembra destinato a portare carenze mai viste da molti anni nell’economia britannica. La carne, il latte e le bevande gassate sono già alle strette per quanto riguarda la fornitura, mentre gli editorialisti hanno iniziato a preoccuparsi delle previste restrizioni per gli alberi di Natale e i giocattoli. Ma niente ha colpito il pubblico così duramente come la carenza di benzina, con automobilisti frenetici che si mandavano messaggi per ottenere le ultime informazioni su quali stazioni disponevano ancora di scorte preziose. Dopo solo pochi giorni di coda, gli animi si stanno già logorando, quindi potrebbe essere un lungo inverno.
Con la scarsità arrivano gli aumenti dei prezzi. L’inflazione sta già correndo a un buon ritmo, 3% in agosto contro l’obiettivo della Banca d’Inghilterra del 2%, con un tasso simile nella zona euro. Anche queste cifre impallidiscono in confronto ai segnali inquietanti che emergono dagli Stati Uniti, dove l’inflazione è al 5,3% in agosto, la più alta dal 2008.
Le persone fanno in fretta a dare la colpa a qualsiasi motivazione politica sia in cima ai loro pensieri, e la Brexit è una scelta enormemente popolare – e non ci vuole molto ad indovinare il perché. Ma è improbabile che le preoccupazioni interne spieghino le carenze e l’inflazione, come mostrano le statistiche internazionali. La Gran Bretagna può aver avuto la Brexit, ma gli Stati Uniti certamente no – e [offro] una bottiglia di whisky a chiunque riesca a spiegarmi come la zona euro potrebbe escludere l’Unione Europea.
Il fattore scatenante delle tendenze immediate sembra essere una mancanza di autisti – autisti di camion, in particolare. Dove sono andati tutti? Ancora una volta, si invoca lo spauracchio della Brexi, ma non fa molta paura. La manodopera straniera non è scappata dalla Gran Bretagna a causa di un astratto cambiamento di qualche legge; è stata allontanata dalle politiche di lockdown del governo in risposta alla pandemia, che, per molti [lavoratori], ha significato passare da un regolare stipendio ad un super-sussidio di disoccupazione. Molti si sono resi conto che è meglio ricevere un sussidio nel proprio luogo d’origine, in continente, specialmente in rapporto al costo della vita, e così se ne sono andati.
I dati pubblicati dall’ONS lo mostrano chiaramente. Tra gennaio e aprile 2019 – quando mancava solo qualche mese alla Brexit – in Gran Bretagna si erano registrate circa 200.000 richieste di visto. Nel gennaio e febbraio 2020, dopo la Brexit, questi numeri avevano retto. Ma a marzo e aprile, quando era scattato il lockdown, erano crollati a zero. Anche i cittadini europei che avevano fatto domanda per il Settlement Scheme dell’UE erano crollati, da circa 350.000 nel gennaio 2020 a circa 50.000 in aprile. Non è stata la Brexit.
La carenza di camionisti sta colpendo anche il mio Paese, l’Irlanda – una nazione che non solo è rimasta nell’UE, ma che ha passato gli ultimi anni a ribadire a tutti quelli che volevano ascoltare che sarebbe rimasta nell’UE.
Oltre all’esodo causato dalle restrizioni del lockdown, il lockdown ha anche ritardato il processo di sostituzione di questi autisti con nuovo personale. Quindi, se fate domanda per un esame di guida oggi, non otterrete un’appuntamento prima di sei mesi. Dato che molte persone la prima volta non superano l’esame, non è irragionevole dire che, attualmente, potrebbe volerci fino ad un anno per ottenere una patente in Gran Bretagna – [e] di più se si aggiunge il tempo necessario per eventuali lezioni di guida. Questo ha portato ad una carenza di nuovi autisti.
Tutti questi problemi sono un prodotto delle politiche di lockdown, interventi senza precedenti nelle economie e società occidentali al di fuori del tempo di guerra.
Le economie di mercato tendono ad essere piuttosto brave a mettere il cibo sugli scaffali dei supermercati e il carburante nelle stazioni di servizio, se lasciate a sé stesse. L’ultima parte è fondamentale: se lasciate a sé stesse. L’interferenza pesante nelle economie di mercato tende a produrre le stesse patologie che vediamo nelle economie socialiste, tra cui carenze e inflazione. Questa è stata la conseguenza involontaria del lockdown.
Quando l’anno scorso sono iniziati [i lockdown], ciò che mi ha colpito di più – maledetto come sono con un cervello da economista – è che non c’era alcuna discussione sui danni collaterali che avrebbero avuto sull’economia, non solo immediatamente ma [anche] in futuro. Mentre le settimane passavano e diventava chiaro che il lockdown non era un intervento una tantum, ho guardato alla mia sinistra e alla mia destra, aspettandomi che una falange di economisti venisse fuori per avvertire dei pericoli per l’economia. Ma la cavalleria non è mai arrivata.
Mi è stato presto chiaro che gli economisti avevano, per la maggior parte, intrapreso un rapido cambio di carriera. Non si preoccupavano più della crescita del PIL, dell’occupazione o dell’inflazione – erano invece diventati epidemiologi da salotto, esperti di virus, il tema di tendenza.
In un sondaggio dell’Università di Chicago rivolto a 44 economisti accademici all’inizio del lockdown una delle domande era se “la risposta politica globale comporterà la tolleranza di una contrazione molto grande dell’attività economica, fino a quando la diffusione delle infezioni non sarà diminuita significativamente”. Nessun intervistato si era dimostrato in disaccordo e, anche se c’erano alcuni famosi dissidenti nel mondo dell’economia, si trattava per lo più di fanatici del libero mercato, che si erano già screditati con la crisi del 2008.
Oggi stiamo iniziando a vedere l’effetto di tali drastici interventi politici. Era iniziato nel 2020, con un massiccio shock al PIL, il più grande mai registrato. Ora stanno emergendo carenze e inflazione. Presto vedremo cadere le aspettative di crescita – guardate attentamente i mercati azionari. Stiamo alla fine pagando il prezzo di tutte quelle settimane passate a casa su Zoom.
Cosa si può fare? I politici – avendo esercitato troppo potere negli ultimi 18 mesi – sono tentati di continuare con i loro futili giochetti politici. Parlano di microgestione per qualsiasi cosa sia nei titoli dei giornali. Carenza di giovani con la patente? “Nessun problema”, dicono, “manderemo i soldati”. Non ci sono abbastanza autisti stranieri? “Metteremo mano al sistema dei visti”.
I politici saggi dovrebbero resistere a queste tentazioni, che è un po’ come quando una persona non riesce ad affrontare i grandi problemi della vita e si concentra sulle minuzie. Quello che succede è che il grande problema tende, inevitabilmente, ad incancrenirsi e a peggiorare.
Vediamo spesso questo tipo di risposta nei Paesi socialisti. Nel 2013, il Venezuela stava affrontando una carenza di carta igienica a causa delle pesanti interferenze del governo nell’economia. Invece di riflettere sulle sue politiche economiche generali, il governo venezuelano aveva usato l’esercito per sequestrare una fabbrica di carta igienica. Inutile dire che questo non aveva posto fine alle carenze nel Paese, ma, di sicuro, aveva causato un aumento esponenziale della censura e della repressione.
Il grande problema in Gran Bretagna, che rischia di portarci nel caos, è la massiccia interferenza nel nostro lavoro e nelle nostre vite personali, che il governo sembra ora considerare logica e normale. Durante l’estate, ogni volta che un’app pingava [n.d.T. riferimento all’app di Test and Trace dell’NHS britannico] qualcuno che lavorava in una caffetteria, questa doveva prendere un po’ di ferie e trastullarsi con Netflix, mentre l’economia diventava sempre meno efficiente.
Ogni patente non rilasciata rende l’economia sempre meno in grado di fornire le merci. Quando le aziende impongono l’obbligo di vaccinazione al loro personale – cosa che ha cominciato ad accadere – e una certa percentuale se ne va, il numero di lavoratori nel bacino occupazionale si riduce. (Se gli Stati Uniti sono un esempio da seguire, questo includerà un bel po’ di camionisti).
La soluzione è tanto semplice quanto brutale: bloccare le ingerenze e fare del proprio meglio per riparare il danno fatto. Altrimenti stiamo rischiando la nostra prosperità. La stiamo rischiando per l’inflazione, per la bassa crescita, per i rendimenti fiacchi dei nostri fondi pensione, per la disoccupazione – fate voi, se vi sembra negativo, probabilmente è nella lista.
Molti dei Tories al governo pare abbiano lauree PPE [n.d.T. Philosophy, Politics and Economics] [ottenute] ad Oxbridge(1). Se gli economisti non sono riusciti a resistere alla tentazione di diventare epidemiologi da salotto, allora possiamo sicuramente perdonare i politici per non aver pensato alle conseguenze macroeconomiche prima di bloccare il Paese. Ma se hanno imparato qualcosa da quelle lauree, speriamo almeno che sia il semplice concetto che ogni azione ha un costo associato, che non si ottiene niente per niente. I costi economici delle cosiddette ingerenze non farmacologiche devono ancora essere soppesati in modo serio, rispetto ai benefici per la salute pubblica.
La realtà è che, probabilmente, dovremo pagare per gli interventi degli ultimi 18 mesi, indipendentemente da cosa faremo d’ora in poi. Ma per quanto tempo rimarremo indebitati? Dal punto in cui ci troviamo attualmente, forse potremmo pagare lo scotto in pochi anni se ridurremo rapidamente le ingerenze. Ma, se continuiamo ad andare a tentoni su questa strada, potremmo finire per accumulare un tale conto che non potrà mai essere ripagato. Chiedetelo al Venezuela.
Philip Pilkington è un macroeconomista e un professionista degli investimenti, e l’autore di The Reformation in Economics
Nota a cura del traduttore
(1) Oxbridge, composto di Oxford e Cambridge, è un termine con il quale si indicano le due università collettivamente, spesso in riferimento al loro prestigio e autorevolezza.
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Oxbridge
Fonte: https://unherd.com/
Link: https://unherd.com/2021/10/dont-blame-brexit-for-shortages/
01.10.2021
Scelto e tradotto da NICKAL per comedonchisciotte.org