QUESTA VOLTA NO!
27-28 settembre, Chianciano Terme
Convegno Nazionale
1. Avendo invitato all’astensione in occasione delle recenti elezioni politiche siamo tra coloro che hanno causato l’affossamento della cosiddetta «sinistra radicale».
Non è affatto sinonimo di qualunquismo che un consistente numero di cittadini di sinistra abbia disertato le urne mentre la gran parte accorreva al voto per premiare uno dei due poli sistemici. Questa diserzione indica anzi che c’è uno zoccolo duro che non è più disponibile ad essere utilizzato, via «sinistra radicale», come stampella del sistema politico vigente.Quanto salutare sia il crollo di questa sinistra è dimostrato dal tentativo di rimetterla in piedi proprio da parte dei due poli sistemici. Terrorizzati che il divorzio della gente di sinistra dalla sua addomesticata rappresentazione politica possa diventare contagioso e sia addirittura foriero di una disdetta di massa verso tutto il sistema istituzionale, PDL e PD si stanno ingegnando per gettare un salvagente ai rottami dell’Arcobaleno.
Dobbiamo impedire questo tentativo di ripescaggio per due ragioni. In primo luogo perché qualsiasi creatura possano partorire i saltimbanchi di sinistra sarà di sicuro peggiore di quella che i loro stessi elettori hanno seppellito, in secondo luogo perché solo rafforzando l’esodo della sinistra da se stessa potrà risorgere una reale opposizione all’attuale devastante sistema sociale ed economico.
2. La vergognosa disfatta del carrozzone arcobalenico ha messo in subbuglio l’estrema sinistra, la quale, non potendo più campicchiare all’ombra di quella sistemica, si dimena per sopravvivere. Due sembrano le direzioni di marcia.
La prima consiste nei tentativi di fondare un nuovo partito comunista. Tentativi multiformi, tanti quante sono le ossificate correnti ideologiche in cui il movimento comunista si era frantumato. L’errore madornale dei comunisti in buona fede (poiché ci sono anche i furfanti che sfruttano l’idea solo per acchiappare voti, seggi e quattrini) è quello di ritenere che i mutamenti avvenuti nel corpo sociale siano solo di facciata e che la crisi sistemica spingerà naturalmente le masse a riabbracciare la loro visione del mondo. Si tratta di un’ostinazione che ha oramai raggiunto livelli patologici.
La seconda è quella dei nostalgici del «sessantotto» i quali, in base al dogma che tutto quanto provenga dal basso abbia natura ed efficacia anticapitalistiche, restano prigionieri del consunto mito del «movimento», della spontaneità delle masse.
I tempi per riscaldare minestre sono tuttavia finiti da un pezzo. Sono destinati a fallire tutti i tentativi di andare avanti sulla base delle tradizionali forze inerziali. Se il comunismo ha perduto la sua potenza evocativa e salvifica, si è definitivamente esaurita la spinta propulsiva del ‘68. Mentre va ripensata radicalmente, e per questo ci vorrà il tempo che ci vorrà, un’alternativa al sistema capitalistico, la necessità di costruire un’opposizione antisistemica è più stringente e inderogabile che mai.
3. Le elezioni del 13 e 14 aprile hanno fotografato un paese in crisi profonda e in preda al timore di un fatale collasso. Questa paura, che alimenta dilaganti pulsioni reazionarie, securitarie e xenofobe, si è riversata nelle urne nella forma del consenso ai due poli sistemici premiando in primis la destra berlusconiana che quelle pulsioni ha sfrontatamente interpretato.
È sintomatico che malgrado la sua schiacciante vittoria, questa destra invochi l’appoggio bipartisan dell’opposizione veltroniana. È il segno che la destra è consapevole di non potere esaudire le miracolose promesse fatte per arraffare un’effimera vittoria e che ben presto dovrà fare i conti con una vasta disillusione che potrebbe far precipitare il paese nel caos sociale, in un devastante ciclo di lotte di tutti contro tutti. Proprio per questo l’opposizione veltroniana ha accettato il grande inciucio, perché si tratta di mettere il sistema al riparo da pericolosi sconquassi sociali.
Entrambi i poli sistemici sono sostanzialmente concordi nelle misure strutturali da adottare. La prima di tutte, che con il consueto inganno semantico è chiamata «riforma istituzionale», è quella di rafforzare il potere esecutivo, ovvero togliere di mezzo gli ultimi ostacoli che si frappongono al potere incontrastato delle oligarchie dominanti.
Non si tratta solo di nuove leggi elettorali truffa che assicurino la maggioranza assoluta a chi ce l’ha solo relativa. I vincitori delle recenti elezioni vogliono passare da una Repubblica parlamentare ad una di tipo presidenziale e corazzato in cui le Camere non abbiano alcuna facoltà se non quella di ratificare le decisioni prese dal governo. Uno Stato più forte è indispensabile per smorzare e reprimere ogni conflitto sociale e per adottare misure sociali e poliziesche draconiane. Maggioranza e opposizione, forti del consenso di Confindustria e sindacati, nonché dei principali mezzi di comunicazione e della Chiesa cattolica, parlano infatti di «Legislatura costituente», ovvero della necessità di svuotare per sempre dei suoi contenuti democratici la già sfigurata Carta Costituzionale.
4. A causa del marasma sociale, politico e culturale c’è da scommettere che non avremo solo un’opposizione al governo Veltrusconi, che essa sarà multiforme e difforme, di tal maniera che sarebbe vano pensare che tutte le sue anime possano confluire, come rivoli, nello stesso fiume.
A noi compete costruire un’opposizione che sia al contempo democratica e rivoluzionaria. Un’opposizione che sappia tutelare i diritti sociali degli oppressi e di quanti stanno precipitando al di là della soglia dell’esclusione sociale, che si schieri con tutte quelle comunità locali che tenderanno ad autodifendersi davanti ai nuovi assalti che il sistema porterà ai loro territori e alla loro qualità primaria di vita, che sappia infine difendere lo stesso ordinamento costituzionale-democratico e la sua assoluta laicità.
Un’opposizione di mera salvaguardia delle traballanti conquiste sociali, ambientali e democratiche, risulterebbe di corto respiro e quindi destinata alla sterilità se non fosse in grado di rivendicare un’alternativa di sistema, un sistema che non sia più fondato sulla mistificazione dello «sviluppo» né appeso come un impiccato alla corda della «crescita del PIL», un sistema che subordini l’economia ai valori etici non negoziabili quali la libertà, l’uguaglianza e la fratellanza, un sistema che faccia della tutela dell’ambiente l’imperativo categorico dell’azione di ogni governo, e della più ampia democrazia partecipativa la stella polare dello Stato e il limite invalicabile della sua azione.
5. Di questo e di come attrezzarci in futuro discuteremo nell’incontro seminariale aperto che si svolgerà a Chianciano nei giorni 27 e 28 settembre prossimi.
Non pensiamo quest’incontro per aggiungere un altro ingrediente allo spezzatino di sinistra, per dire ci siamo anche noi. Vuole invece essere un’occasione per proseguire il dibattito già cominciato tra coloro che hanno condiviso la scelta astensionista e che, coerenti con le premesse, vogliono trarne le conclusioni politiche sulla base dei risultati. Approfondiremo dunque la discussione su punti salienti della situazione italiana e internazionale, non per fare accademia ma per dare ulteriore consistenza all’accordo politico sin qui registrato. Nel seminario verrà discussa anche la proposta di un manifesto che serva non a concludere processi organizzativi, ma ad individuare il prosieguo del discorso astensionista da noi iniziato il 13 e 14 aprile.
Entro il mese di giugno metteremo in circolazione i punti tematici del seminario e la bozza del manifesto.
I promotori dell’appello “Questa volta No!”
Fonte: http://www.questavoltano.splinder.com/
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15.07.2008