Di Tiziano Tanari per ComeDonChisciotte.org
È di poche settimane fa la visita di Javier Milei in Italia; l’accoglienza e i riconoscimenti riservategli dal nostro governo ha lasciato molti di noi perplessi, perplessi e preoccupati. Il presidente argentino, è una delle più forti espressioni del più estremo liberismo: anarcocapitalista e transumanista libertario (1), è un vero e proprio demolitore dello Stato inteso come soggetto macroeconomico e organismo democratico regolatore della vita di una nazione (2).
Come possiamo definire l’immagine della motosega imbracciata da Milei se non come un truce simbolo premonitore della distruzione dello Stato Argentino? Nel suo programma aveva proposto l’abolizione della banca centrale, l’eliminazione della sanità e della scuola pubbliche e relativi ministeri, l’adozione del dollaro (dollarizzazione) come moneta di scambio nel mercato interno parallelamente alla valuta nazionale (in regime di cambio fisso), privatizzazione di tutti gli asset pubblici e tanto altro.
Se queste continueranno a essere le linee guida della politica di Milei probabilmente riuscirà a oscurare le gesta di Attila, il flagello di Dio: in poco più di un anno di governo, infatti, la povertà è aumentata fino al 57,4% della popolazione; l’inflazione, se pur leggermente diminuita, a seguito di una politica di forte compressione della spesa pubblica, è ancora attestata al 160% (3).
In Argentina, con un’estensione territoriale di 2,8 milioni di Kmq. per una popolazione di 49 Milioni di abitanti, benessere e ricchezza diffuse dovrebbero essere più che garantite per tutti; se questo non è ancora avvenuto, lo si deve esclusivamente all’incapacità dei suoi governanti e al modello economico perseguito che, da oltre vent’anni, dopo una perversa dittatura militare e due default (2001 e 2013), non ha permesso ancora di valorizzare le immense potenzialità di questo straordinario Paese. L’economia nell’attuale periodo continua ad essere caratterizzata da un grave problema: un livello altissimo di inflazione. Le cause sono molteplici e di diversa natura, sempre sulla stessa linea delle scelte passate che si sono rivelate palesemente fallimentari, ma che Milei ha continuato a perseguire con il suo programma di governo; a quanto pare, la storia non insegna nulla.
Il periodo nero dell’Argentina si delinea sotto la dittatura degli anni ‘70/‘80, a cui segue una blanda ripresa subito azzerata quando venne fissato il cambio con il dollaro. I processi che hanno portato all’iperinflazione con una perdita significativa del potere d’acquisto dei salari ed una successiva crisi della produzione, sono da attribuire alle devastanti politiche ultraliberiste che, per tentare di contenere l’inflazione, hanno compresso spesa pubblica e deficit di bilancio il cui aumento, invece, sarebbe stato indispensabile per favorire politiche espansive e occupazione.
A questo, si sono aggiunti i prestiti usurai del FMI in valuta estera con alti tassi di interesse; la conseguenza logica di questo processo involutivo sono stati i due default ed una costante iperinflazione.
E arriviamo ad oggi, dopo poco più di un anno di governo Milei, non possiamo non prendere atto del fallimento delle sue politiche che, anche se sono riuscite a diminuire di qualche punto percentuale l’inflazione (4), comunque ancora altissima, per contro hanno raddoppiato il rapporto Debito/Pil dall’85% al 166%, aumentando la povertà e continuando a mantener un bassissimo livello dei salari.
Senza un’azione forte dello Stato a sostegno dell’occupazione e della stabilità dei prezzi, in particolare delle risorse energetiche e dei servizi pubblici, non ci può essere nessuna ripresa. È importante sottolineare un gravissimo errore strutturale delle politiche neoliberiste; l’alto rapporto Debito/Pil, raggiunto in questo caso dall’Argentina, è proprio la conseguenza delle politiche di tagli alla spesa pubblica che, è bene ricordare, rappresenta un elemento importantissimo del Pil; riducendo di pari importo il numeratore (Debito) e il denominatore (Pil), il rapporto AUMENTA!! Per contro, contemporaneamente, assistiamo ad un calo dei servizi, della circolazione monetaria, del lavoro, della produzione con il conseguente ulteriore aumento dell’inflazione; tutto questo rappresenta il frutto avvelenato delle scellerate politiche fiscali neoliberiste imposte dai Mercati Finanziari, FMI e Banca Mondiale.
Con queste credenziali, Javier Milei è stato ricevuto con grandi onori dalla nostra Presidente del Consiglio che è arrivata addirittura ad offrirgli la cittadinanza onoraria italiana (5). Sorge spontaneo il timore che il nostro governo non abbia ben compreso la proposta politica del presidente argentino o che, al contrario, la condivida. Questa seconda ipotesi pare la più plausibile, in quanto, dalle importanti ed autolesioniste privatizzazioni attuate, anche di asset strategici come la rete TIM e altri, possiamo dedurre che fra i due governi ci siano sostanziali visioni comuni di politica economica.
È di questi giorni l’approvazione della Manovra di Bilancio 2025 costruita con la pretesa ambiziosa, troppo ambiziosa, di dare un nuovo impulso all’economa. Purtroppo, i vincoli europei orientano ogni programma economico verso una perenne austerità, che non permette nessuna possibilità di ripresa.
Infatti, analizzando a grandi linee la manovra, vediamo gli interventi nei vari settori condizionati dalla solita “coperta corta”: si dà qualche soldo in più alle fasce più basse dei lavoratori con il mantenimento strutturale della riduzione del cuneo fiscale, e questo è bene, ma – contemporaneamente – si tolgono detrazioni precedentemente esistenti; si riducono a tre le aliquote IRPEF con una differenza media irrilevante; infine si dà qualche “spiccio” alla sanità, in preoccupante sofferenza, ed un “forte aumento” alle pensioni minime di meno di 2 €. al mese.
In sostanza, si aggiunge qualcosa da una parte e si toglie dall’altra. Qual è la risultante finale, che potremmo considerare anche come una incontestabile “prova del 9”? Questa manovra si completa “orgogliosamente” con un avanzo primario (6), ovvero, gli introiti delle tasse sono di importo maggiore della spesa corrente. Ciò comporta un drenaggio di liquidità dal settore privato che si traduce, in sostanza, con meno soldi in circolazione. Meno acquisti comportano una riduzione della produzione; se cala la domanda, necessariamente cala l’offerta, le aziende perdono fatturato e licenziano: così si innesca il processo recessivo, i cui devastanti effetti li possiamo constatare anche dall’andamento della non più “locomotiva d’Europa”, la Germania.
Con questi presupposti non possiamo che prevedere tempi bui, in parte attenuati dall’impiego dei fondi del PNRR (ma con invasive condizionalità) e da una bilancia commerciale ancora in attivo. Esauriti i primi, per quanto riguarda le nostre esportazioni dovremo fare i conti con un quasi certo aumento dei costi dei prodotti energetici.
Le sconsiderate politiche occidentali, UE in testa, che hanno imposto le famose sanzioni alla Russia, stanno continuando a creare pesantissimi danni solo ed esclusivamente alle economie europee. Ad aggravare la situazione, dall’inizio di quest’anno è stato interrotto il transito di gas attraverso l’Ucraina verso l’Europa; questo comporterà consistenti aumenti delle nostre bollette ed una sempre maggiore perdita di competitività di cui, come abbiamo già sottolineato, possiamo vederne gli effetti devastanti a partire dall’economia tedesca.
Siamo stretti in una morsa fra liberismo globalizzato e un’Unione Europea che ci ha tolto tutti gli strumenti, politici ed economici, per contrastarne gli effetti negativi. Con i vincoli europei, parlare di manovra è un ossimoro, in quanto la direzione è obbligata, come un treno che corre sullo stesso binario da decenni e che non può cambiare direzione.
Non abbiamo altra scelta: dobbiamo tentare di uscire da questa spirale recessiva riconquistando la nostra sovranità, sia economica che monetaria, indispensabile per poter sviluppare tutte le nostre potenzialità secondo un modello economico, quello inscritto nella nostra Costituzione, in cui lo Stato torni ad essere protagonista nella sua insostituibile funzione di motore dell’economia.
Altrimenti Italia e Argentina, saranno sempre più vicine, verso un comune destino di profonde diseguaglianze e povertà diffusa.
Di Tiziano Tanari per ComeDonChisciotte.org
06.01.2025
NOTE
(3) L’Argentina alla prova della motosega: centinaia di migliaia in piazza
(4) Argentina – Tasso di inflazione | 1944-2024 Dati | 2025-2026 Previsione
(5) Javier Milei riceve la cittadinanza italiana: rafforzati i rapporti con Roma |