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blankLa borsa petrolifera dell’Iran apre la prossima settimana

DI MIKE WHITNEY

Se un giorno i maggiori produttori petroliferi del globo chiedessero euro per i loro barili, “sarebbe l’equivalente finanziario di un attacco nucleare” (Bill O’Grady, analista di mercato della A.G. Edwards).

“Tutti sanno che la vera ragione della belligeranza statunitense non è il programma nucleare iraniano, ma la decisione di lanciare una borsa petrolifera in cui il petrolio sarebbe commerciato in euro anziché in dollari statunitensi… Il mercato del petrolio romperà il dominio del dollaro e condurrà ad un declino dell’egemonia statunitense sul mondo” (Igor Panarin, politologo russo).Nottetempo, la storia della borsa petrolifera iraniana si è infilata nella stampa mainstream esponendo le vere ragioni dietro l’attuale ostilità di Washington verso Teheran. Fino ad ora, gli analisti hanno ignorato l’importanza dell’imminente borsa petrolifera come una teoria della cospirazione di sinistra su internet indegna di ulteriore considerazione. Ora, la Associated Press ha chiarito la questione dimostrando che una borsa petrolifera iraniana “potrebbe condurre le banche centrali del pianeta a convertire in euro alcune delle loro riserve in dollari, causando potenzialmente un declino nella valuta del dollaro”.

Attualmente, il mondo sta annegando nei dollari: persino un piccolo spostamento potrebbe innescare una recessione di massa negli Stati Uniti. Non c’è nulla di anche solo remotamente “cospirativo” al riguardo. E’ semplicemente una questione di domanda ed offerta. Se la borsa petrolifera crea meno domanda per il dollaro, di conseguenza la valuta del dollaro cadrà a picco, facendo salire i prezzi dell’energia, delle case, del cibo e di altri beni ancora.

Il petrolio è stato legato al dollaro sin dagli anni ’70, quando l’OPEC acconsentì ad esprimerlo esclusivamente in dollari. Questo fornì agli Stati Uniti un monopolio virtuale che ha permesso loro di mantenere enormi deficit senza paura di fermare gli aumenti dei tassi. Come ha detto Bill O’ Grady della A.G.Edwards, “Se l’OPEC decidesse di non volere più dollari, sarebbe la fine dell’egemonia statunitense, in quanto il dollaro non sarebbe più l’unica valuta di riserva”.

“Se il dollaro perde il suo status come valuta di riserva del mondo, questo costringerebbe gli Stati Uniti a finanziare n modo massiccio il proprio deficit di bilancio gestendo un surplus commerciale, che aumenterebbe l’inflazione”. (Associated Press).

Non è pensabile che gli Stati Uniti ottengano un surplus commerciale in tempi brevi. Bush ha attaccato ferocemente il settore della produzione appaltando a ditte estere 3 milioni di posti di lavoro e facendo chiudere stabilimenti in tutto il paese.

Le sue miopi politiche di “libero commercio” e gli enormi sgravi fiscali per i ricchi assicurano che gli Statunitensi saranno lasciati ad affrontare costi dell’energia alle stelle ed una valuta in iper-inflazione. Non c’è modo di riorganizzarci abbastanza velocemente per “costruirci la strada” in modo da uscire dal casino dei conti in rosso.

Attualmente, il debito nazionale è un enorme 8.4 trilioni di dollari con un deficit commerciale altrettanto atroce di 800 miliardi di dollari (7 % del PIL). La domanda del dollaro nel commercio petrolifero, sempre in aumento, è l’unico fattore che ha impedito al dollaro di capitolare a terra. Persino una piccola conversione in euro eroderà la valuta del dollaro e potrebbe accelerare una svendita.

Attualmente, il petrolio è venduto esclusivamente nella Borsa Petrolifera di Londra e nella Borsa Internazionale di New York, entrambe possedute da investitori statunitensi. Se la borsa iraniana apre, le banche centrali del pianeta ridurranno le loro riserve di dollari per mantenere una parte della loro valuta in euro. Questo è un passo logico per l’Europa, che compra il 70 % del petrolio iraniano. E’ anche una scelta ragionevole per la Russia, che vende due-terzi del proprio petrolio all’Europa ma (sorprendentemente) continua ad esprimere quelle transazioni in dollari.

Washington è riuscita a mantenere il suo monopolio solo sostenendo i regimi più corrotti e repressivi negli Stati del Golfo. La scelta più prudente, per l’Arabia Saudita, sarebbe lasciare il dollaro, indebitato fino al collo, e migliorare i suoi guadagni con il ben più forte euro. Purtroppo, lo Zio Sam ha una pistola puntata alla loro testa. Capiscono che una tale transazione inviterebbe la stessa risposta che ha avuto Saddam 6 mesi dopo essersi convertito agli euro, destituito con la missione “colpisci e terrorizza”.

Grazie ad una spesa sconsiderata, i tagli alla tasse che pesano sul budget e il sorprendente aumento nelle riserve di denaro (la Federal Reserve le ha raddoppiate in soli dieci anni) il dollaro si è diretto verso la discarica. Cina e Giappone (che possiedono 1.7 trilioni di dollari in valuta e titoli statunitensi) si stanno gradualmente allontanando dal dollaro in direzione dell’euro (nonostante la Federal Reserve abbia impedito all’opinione pubblica di conoscere l’estensione dei danni, trascurando la pubblicazione M-3 sugli afflussi di capitale). La Banca Centrale Europea (BCE) e la banca centrale del Giappone stanno cercando disperatamente di evitare la probabilità di un collasso del dollaro emettendo dichiarazioni attentamente formulate per dissipare le paure dell’opinione pubblica mentre si preparano adr un ritiro “ordinato”.

Ma non sarà “ordinato”. Il dollaro ha perso il 5 % contro l’euro a partire da aprile e sta calando velocemente. La borsa iraniana potrebbe essere la scossa finale che spingerà il dollaro oltre il limite. Questa è la dura lezione per quelli che scelgono di ignorare i fondamenti dell’economia e costruiscono la loro casa sulla sabbia. Paul Volcker ha anticipato questo scenario in un discorso del 2005, quando disse che gli squilibri del bilancio erano più grandi di quanto avesse mai visto e predetto: “una possibilità del 75 % di un crollo del dollaro nei prossimi 5 anni”.

Volcker aveva ragione, ma il consigliere economico Peter Grandich lo ha riassunto persino meglio quando ha fatto notare: “L’unico a non sapere che il dollaro Usa è morto… è il dollaro Usa”.

Mike Whitney
Fonte: http://www.informationclearinghouse.info/
Link: http://www.informationclearinghouse.info/article12960.htm
07.05.2006

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CARLO MARTINI

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