DI ANDREW STROMOTICH
Il 2 ottobre, sabato mattina, ore dopo il lancio ufficiale di ‘Operation Iron Fist’ (‘Operazione Pugno di Ferro’, ndt) da parte del Pentagono, la Associated Press riportava, “Sabato circa 1.000 soldati Usa, appoggiati da elicotteri d’attacco, sono sciamati dentro un piccolo villaggio iracheno vicino al confine siriano in un’offensiva atta a stanare i combattenti di al-Qaida in Iraq, il gruppo militante più temuto del paese, ha detto l’esercito”.
Essendo una città del confine siriano, Sadah è stata l’obbiettivo di assalti Usa in precedenza. Comunque, questo weekend, è stato peggio – 1.000 soldati mandati in questo piccolo villaggio di 2.000 uomini, donne e bambini.L’esercito più sofisticato del mondo (che significa semplicemente il più mortale) ha mandato 1.000 soldati, appoggiati da aeroplani da guerra ed elicotteri, perché entrino ed occupino il piccolo villaggio di Sadah, e ciò si è verificato andando porta a porta, compiendo raid su quelle case che erano ancora in piedi, apparentemente in cerca degli ‘insorti’.
Nonostante sia incerto quello che troveranno a Sadah, quel che hanno portato lì è chiaro. Morte e distruzione su vasta scala sono giunti anche in un’altra città del cosiddetto ‘Trangolo Sunnita’.
Le truppe impiegate nell’assalto a questa enclave rurale, sono state appoggiate da aeroplani di guerra, come il C-130 Specter, che vola sopra i suoi bersagli, circondandoli e colpendoli con cannoni a tiro rapido diretti dai suoi sofisticati sistemi computerizzati di tracciamento, ed elicotteri come gli Apache, che hanno fatto polpette di esseri umani con i loro cannoni da 90 mm e un assortimento di razzi.
“Sadah è un villaggio di circa 2.000 persone sulle rive del fiume Eufrate a circa 8 miglia dal confine siriano nella provincia irachena occidentale di Anbar. L’isolata comunità ha una strada principale e circa 200 case sparse su un’area rurale”, riporta l’AP.
Comunque, l’AP non riporta perché gli Usa non sono stati in grado di trarre vantaggio dall’isolamento di Sadah per metterla in quarantena e perquisire il villaggio senza raderlo al suolo (Un approccio più umano a questa missione ‘umanitaria’ per portare la democrazia all’Iraq e al suo popolo).
Altri fatti importanti che riguardano l’assalto rimangono privi di riferimenti. Quanto ha durato questa assalto aereo prima che le truppe Usa entrassero nel villaggio? Quante case sono state distrutte? Quante persone uccise? Quante armi e militanti sono state trovate in questo piccolo villaggio rurale?
Poi l’AP riporta, “le forze Usa hanno chiuso Sadah. Anmar Al-Marsoomi, un dottore all’ospedale di Al-Qa’im , 13 miglia dal villaggio, ha detto che i resoconti iniziali indicano che due Iracheni sono stati feriti nell’assalto di Sabato”.
Scegliere un dottore, in una città diversa (Al-Qa’im), per commentare sulle vittime in quella che la AP riporta come la città chiusa di Sadah, è bizzarro. Le città sotto assedio Usa, come Falluja lo scorso anno, sono state chiuse a tutto il traffico mentre erano sotto l’attacco Usa. Ai giornalisti, agli operatori umanitari, ai civili, vittime comprese, è stato impedito di entrare o uscire, rendendo quasi impossibile riportare accuratamente il numero delle vittime.
Il dottore su cui l’AP conta per registrare commenti sulle vittime civili dice essersi basato su ‘resoconti iniziali’. Questi resoconti sono rimasti non esaminati o spiegati dall’AP, senza menzione della fonte, lasciando il lettore con più domande che risposte. Era forse un resoconto iniziale dell’esercito Usa sulle vittime civili, o questa stima si riferisce ai resoconti sulle vittime degli ospedali ad Al-Qa’im, 13 kilometri di distanza lungo la sola via dalla città chiusa? In ogni caso, senza ulteriori spiegazioni dalla AP, diventa impossibile per il lettore valutare la legittimità di questa affermazione, rendendola quindi non affidabile nel migliore dei casi, e presumibilmente fuorviante.
Quindi un altro villaggio nella provincia di Anbar è occupato dalle truppe americane e dalle loro controparti irachene, solo alcune settimane prima di un referendum su una costituzione che gli Usa sperano disperatamente di vedere vittoriosa. E’ un referendum che potrebbe fallire nella provincia di Anbar e in altre aree a prevalenza sunnita, come nel volatile sud, che ha visto, la scorsa settimana, dei cittadini attaccare le truppe britanniche che avevano preso d’assalto la prigione nella città di Bassora, liberando due soldati britannici detenuti
I soldati, vestiti come civili iracheni, erano stati arrestati dopo lo scoppio di uno scontro a fuoco, mentre un gruppo di poliziotti iracheni si avvicinava alla loro macchina. I poliziotti sono stati uccisi, e i due soldati camuffati arrestati e spediti nella prigione di Bassora per l’indagine e le accuse. Le truppe britanniche hanno posto sotto assedio la prigione, interrompendo ogni ulteriore indagine sulle azioni di questi due. Nella città è dunque scoppiata una rivolta civile contro le truppe britanniche. Con il Regno Unito che accusa la polizia di corruzione e chiede una riorganizzazione totale delle forze, e lo sciita populista Muqtada Al Sadr che inizia a credere al coinvolgimento delle truppe britanniche nelle attività terroristiche, anche il sud è in rapida destabilizzazione, lasciando in dubbio la legittimità di ogni voto tenuto in queste condizioni.
Nell’Iraq occidentale, ci vorrebbero solo tre delle quattro province a maggioranza sunnita per avere un no che affossi questo documento maestro del nuovo Iraq. Il 4 ottobre, mentre gli attacchi dalle forze Usa erano in atto in queste province, è stata imposta dall’Assemblea Nazionale una mossa ardita per assicurare il passaggio della costituzione proposta, rendendo il no matematicamente quasi impossibile. L’Assemblea ha deciso di ridefinire gli standard elettorali accettati a livello internazionale, facendo sì che il conteggio dei voti dipenda dalla registrazione al voto, piuttosto che dall’affluenza al voto, e ciò significa semplicemente che sarebbe necessaria un’affluenza del 100 % dei votanti per un no legittimo (una fantasia anche nelle più pacifiche democrazie).
L’assemblea, sotto durissime critiche delle Nazioni Uniti, incapaci di legittimare un voto così ovviamente compromesso, e sotto la minaccia di boicottaggio da una leadership sunnita frustrata, ha ritirato la misura, ed è stata ripristinata la contemplazione convenzionale dei votanti.
Nonostante questo lasci l’impressione di un’integrità ripristinata, il referendum era già stato inclinato in favore della bozza che sarebbe divenuta definitiva. Il governo dell’Iraq, eletto nella meno democratica delle maniere (i candidati e i partiti sono stati annunciati dopo il voto), aveva deciso che un mero voto di maggioranza contro la bozza non sarebbe stato abbastanza per il suo affossamento in ogni provincia. Infatti, secondo le regole del referendum, più di due terzi dei partecipanti al voto avrebbero dovuto votare contro questa bozza perché il veto fosse registrabile.
E’ molto improbabile che questo sistema registri un veto nella maggior parte delle province. Solo quelli in grado di convogliare una solidarietà politica significativa hanno la possibilità di sconfiggere questa bozza sotto questo sistema di conteggio dei voti. Quel che queste regole di veto hanno fatto è permettere alle forze Usa di dirigere l’impatto delle loro azioni contro quelle province che potrebbero effettivamente registrare un veto, che sono quelle a maggioranza sunnita, come Anbar.
Nella provincia di Anbar, attualmente sotto assedio nella maggiore offensiva Usa dell’anno, dove tutte le indicazioni hanno predetto un voto negativo, è improbabile che anche solo un 67% dei votanti sia in grado di recarsi alle urne. A Sadah e in altri centri civili sotto assedio presso Anbar, l’occupazione permarrà tra le macerie di queste campagne, con soldati pesantemente armati e uomini della Guardia Nazionale che controllano la sicurezza per un referendum che vogliono veder passare.
La costituzione, se implementata, lastrica la strada per la secessione dei territori, per un Kurdistan ricco di petrolio a Nord, uno stato sciita a sud anch’esso in controllo di una grande ricchezza petrolifera, e un area occidentale, lacerata dalla guerra e senza risorse, lasciata ai Sunniti perché la ricostruiscano dopo un’occupazione brutale e che ha causato danni pesanti.
Mentre gli Stati Uniti continuano la loro campagna nell’Iraq occidentale, e mentre le domande sul coinvolgimento britannico nel terrorismo a sud continuano a crescere, le impossibilità della democrazia sotto occupazione vengono evidenziate. Il voto della prossima settimana sul futuro dell’Iraq illustra anche le perversioni della democrazia, recentemente previste dall’amministrazione Bush, che ha guadagnato potere sotto questa nuvola nera che ora sembra allargarsi per sezionare l’Iraq. Tutto quello che le sbarra la strada è il risultato di una costituente altamente terrorizzata, una costituente a cui è stato chiesto di far registrare la propria opinione sotto l’occhio attento di una forza di sicurezza che ha demolito le loro comunità di recente. Ad Anbar, come in altre province, non ci vuole un genio per capire che un voto contro il referendum è un voto contro l’occupazione, un’occupazione intenzionata comunque ad insistere.
Andrew Stromotich è un giornalista indipendente, un autore di documentari, e membro fondatore di Dropframe Communications.
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Data: 8 ottobre 2005
Fonte: Dahr Jamail’s Iraq Dispatches – Covering Iraq: Forum
Traduzione dall’inglese a cura di CARLO MARTINI per www.comedonchisciotte.org