Ho già commentato il caso dei tre adolescenti che hanno violentato una donna nell’ascensore della stazione della Circumvesuviana di San Giorgio a Cremano: le porte si aprivano a chiudevano scandendo turpemente il ritmo. Ora è accaduto un caso analogo a Catania.
Vorrei tentare di entrare nella testa di soggetti che commettono atti del genere. Evidentemente la coesione del “branco” rafforza l’infame istinto. Non si tratta di una esplosione deviata dell’eros: oggi i rapporti sessuali tra adolescenti sono così comuni che costoro non avrebbero bisogno della violenza per ottenerne. Si tratta di un istinto criminale specifico, del quale l’eros è soltanto un pretesto, quello che San Tommaso definisce “causa efficiente” per distinguerla dalla “causa finale”.
In genere questi soggetti non hanno frequentato la scuola, non lavorano, si trascinano da un bar all’altro; ma possono permettersi l’ultimo tipo di cellulare e l’altra sommità delle loro aspirazioni, i “capi firmati”. L’ambiente familiare onde provengono condivide gli stessi (non) ideali. E ho fatto un’altra osservazione: nel compiere questo tipo di crimine, e forse sempre, costoro sono del tutto privi del possesso del rapporto fra causa ed effetto. Non si rendono conto che verranno acchiappati, essendoci le telecamere onde sono ripresi. Di più: filmano essi stessi coi telefonini lo svolgimento del crimine, e fanno orgogliosamente circolare su facebook il filmato a sodali conosciuti e sconosciuti. Si denunciano da sé; e non se ne rendono conto.
Facebook è lo sfogo di tutti i frustrati, i mitomani, gli anonimisti. Lo considero uno strumento pericolosissimo. Ma torno al “nesso causale”. In genere, le dichiarazioni emesse dal retore di turno affermano che i violentatori sono “non uomini, ma bestie”. E dunque. La violenza come atto gratuito esiste forse negli animali? L’eros delle bestie è regolato dalla natura in base al fine della procreazione; e anche del mero piacere: non è mai violenza di per sé. Inoltre: la mente degli animali, che si mostra vieppiù complessa quanto più la scienza progredisce, il rapporto fra causa ed effetto lo possiede. Non solo in base a meccanismi dell’istinto regolati da milioni di anni di selezione. Gli animali sanno acquisire nuove esperienze e trasmetterle. Sono addirittura capaci di pensiero astratto. Gli scimpanzè, mandati in avanscoperta nella savana, emettono un grido di allarme diverso a seconda se scorgono un predatore felino, un serpente, un’aquila. Quindi sanno trasmettere un concetto a chi è in grado di percepirlo colla mente. Quelli del “branco” sono molto al di sotto di loro.
L’uomo crea la lingua, ma a sua volta la lingua crea l’uomo. Come parlano, quelli del branco? Ignorano l’italiano; ignorano il napoletano – ormai quasi scomparso. Si esprimono in una non lingua, mutuata dai programmi delle televisioni locali, dalle canzoni dei “neomelodici”, dal gergo del gruppo. Mancano le elementari strutture grammaticali e sintattiche. Non posseggono alcuna identità culturale, come la possedeva a modo suo la plebe agricola o urbana dei secoli scorsi. La scuola è distrutta, gl’insegnanti sono mandati allo sbando, le autorità sono sostanzialmente conniventi con i familiari che prendono a pugni e calci quegli sventurati che tentano di fare il loro dovere. I membri del “branco” vivono in un eterno presente, incapaci come sono di rappresentarsi che esiste un futuro. E quale sarà il loro futuro? Su quello della società, sono del tutto pessimista; ma pensando a quello loro, se non mi facessero schifo, mi farebbero pena quanto le loro vittime.
Paolo Isotta
Il Fatto Quotidiano del 2.4.2019