L'IMPRESA DI PULIZIE ISRAELIANA

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blankDI CARLO BERTANI

Mentre in Italia ci trastulliamo
fra un voto di fiducia ed uno sciopero dei farmacisti, la premiata ditta
Tzahal & Mossad ha dato inizio alla pulizia etnica del Libano meridionale.

Ognuno – la pulizia
etnica – la fa come può e con quel che possiede: in Jugoslavia fu
compiuta a colpi di Kalashnikov e di mortaio, i nazisti usarono lo Ziklon
B ed i forni crematori, i Khmer rossi i machete.

La premiata ditta dell’amministratore
delegato Olmert ha a disposizione di meglio: il presidente della sua
holding – Georg Walkirien Bush – lo ha abbondantemente rifornito
di bombe da 1.000 Kg – le vecchie MK 84 della Seconda Guerra Mondiale
– ed ora con tutto quel tritolo si può arare il Libano meridionale
come se vi fossero transitate per secoli mandrie di rinoceronti.

Una bomba da una tonnellata
è un ordigno spaventoso, raccapricciante solo a guardarlo: deve essere
caricata con robuste gru e quando giunge a destinazione – correttamente
armata – spiana in un amen uno spiazzo delle dimensioni di un campo
di calcio.Si tratta senza dubbio
del metodo più economico per la gestione del territorio: con i surplus
di bombe da 250 e da 1.000 Kg che intasavano i magazzini – dopo il
1945 – si era già abbondantemente provveduto alla risistemazione
idrogeologica del Vietnam ed a qualche intervento minore in Argentina
e nei Balcani. Qui non ci sono problemi di risaie ed inondazioni: in
Libano si tratta più che altro di provvedere ad una diversa e più
razionale gestione delle “risorse umane”, una questione da affidare
all’amministrazione del personale.

Se dovessimo credere
a quello che ci raccontano, potremmo concludere che Israele s’attendeva
una pronta e puntuale resa di Hezbollah nell’arco di una settimana,
i classici “sette giorni”, come da contratto.

In quei sette giorni,
tanto per far passare il tempo, ci si poteva dedicare a distruggere
alle fondamenta uno stato: aeroporto? Bastava colpire le piste? No…in
sette giorni si può fare di più…colpire il sistema di rifornimento
degli aeroplani, le altre infrastrutture, insomma: cucù, l’aeroporto
di Beirut non c’è più!

Così bisognerà ricostruirlo
da capo: ehi, europei, pronto? Vi date o no da fare per creare la “conferenza
dei donatori”? Noi il nostro lavoro – quello dell’impresa di demolizione
– lo stiamo compiendo: voi datevi da fare a cacciare i soldi, perché
non sia mai che quando avremo raggiunto l’accordo su chi venderà
il cemento e chi i mattoni – e le relative tangenti – non sia pronto
l’assegno. Non facciamo scherzi eh?

Anche la guerra con Hezbollah
doveva essere uno scherzo…non pensavamo che dimostrassero un così
profondo attaccamento al lavoro da rimanere sul posto anche nei giorni
festivi e durante le ferie…

Va beh, per non farli
scappare abbiamo distrutto tutti i ponti e le strade alle loro spalle,
così si poteva fare una bella battaglia: sarebbe stato meraviglioso
farla coincidere con qualche rievocazione del mitico Moshe Dayan, un
evento mediatico eccezionale, i network mondiali erano pronti a sborsare
fior di quattrini per l’esclusiva…

Credeteci – raccontano
a Tel Aviv – è tutta colpa degli stacanovisti di Hezbollah: i loro
alleati russi li avranno condotti in massa a guardare i vecchi film
di propaganda sovietici – quelli dei piani quinquennali – ed ora
rimangono ostinatamente attaccati al posto di lavoro, non comprendono
la necessità di ristrutturare, di globalizzare…

“Ma che colpa abbiamo
noi” – cantavano i Rocks nei mitici anni ’60 – ed in Israele
conoscono bene la musica rock, mica perdono più tempo con il klezmer…

Se avessimo saputo che
quei maledetti Hezbollah non sarebbero andati in vacanza mica avremmo
distrutto tutti i ponti alle loro spalle – eh no – ed ora la popolazione
del Sud del Libano potrebbe tranquillamente spostarsi più a nord ordinatamente
in autostrada, pagando il pedaggio e fermandosi per bere il tè in autogrill.

Se ci fossero stati dei
problemi per il gran caldo, ci avrebbe pensato la Protezione Civile
a distribuire le bottiglie di acqua minerale: insomma, i libanesi del
Sud – come tutti i terroni che si rispettano – sarebbe ordinatamente
emigrati verso la Siria, l’Iraq, la Turchia…che sappiamo noi…in
fondo tutti i terroni emigrano, è proprio della loro natura. Ci sono
sempre paesi accoglienti ed ospitali pronti a riceverli, ed un lavoro
in nero in un cantiere edile oppure un impiego sicuro a raccogliere
pomodori – vigilato da guardie armate – si trova ovunque…

Invece ora – maledetti
Hezbollah – non sanno più dove andare e dalla sede centrale ci è
giunto l’ordine di farli sgombrare entro 48 ore. Non hanno più strade
e ponti per spostarsi? Lo sappiamo, ma se Hezbollah si arrendeva subito
– nella classica settimana – mica ci ritrovavamo in questi guai!

Adesso, che possiamo
fare? Gli ordini vanno rispettati: alla sede centrale, in Virginia,
mica scherzano e da un giorno all’altro ti possono revocare il contratto,
così ti ritrovi a pulire i vetri delle auto agli angoli delle strade
e perdi l’assicurazione per le malattie ed il fondo pensione. Maledetti
Hezbollah che non ci vengono incontro per risolvere i nostri problemi…

Ora ci si mettono anche
le organizzazioni di soccorso internazionali – gente come Emergency
e Medici senza Frontiere – ed affermano che le scorte di cibo nella
regione sono praticamente esaurite, che l’acqua scarseggia e che non
si trovano più medicine.

Vorrebbero aprire dei
corridoi umanitari per nutrire quella gente e portare loro soccorso
– cosa giustissima, per carità – ma se concediamo questo periodo
di vacanze extra saltano tutti i piani della holding, si slitta alle
calende greche ed il bilancio va in rosso.

Ora – ragionando freddamente
– se non possono partire, se mancano di viveri, di medicine ed anche
d’acqua, quanto possono sopravvivere?

Un uomo, senza bere,
non riesce a sopravvivere per più di quattro giorni, al massimo una
settimana: e dove potrebbero fuggire – in una settimana – con lo
sconquasso che hanno alle loro spalle?

No, non vogliamo vederli
soffrire oltremodo, non possiamo sopportare l’idea dei bambini che
muoiono di sete in questa estate che è già stata classificata fra
le più calde da quandocazzoneso.

Se Hezbollah non collabora,
se non ci vengono incontro con le mani alzate per andare ordinatamente
in colonna verso i campi di prigionia nel Neghev, noi non possiamo fare
altro che bombardare tutto: quando un problema è troppo complesso si
taglia il nodo di Gordio, lo dice sempre Georg, lo ripete da quando
ha invaso l’Iraq.

Ci dispiace, perché
per “ripulire” il sud del Libano dagli Hezbollah – se non collaborano
– ci vorrebbero parecchie settimane, forse mesi, e migliaia di perdite
fra le nostre file. Eh no, non è così che si fa, non è così che
si tratta con una delle aziende più all’avanguardia nel pianeta!

Vorrà dire che dopo,
quando sarà tutto finito – se proprio i libanesi non vorranno più
tornare ad abitare quelle aree (per carità, si può capirli) troveremo
qualcuno che si occupi della zona…del porto di Tiro, della valle della
Beckaa, delle rovine di Baalbeck…

Chiederemo ai nuovi venuti
in Israele – i russi, gli etiopi – se vorranno prendersi anche questa
“grana”: sono gente generosa e lo faranno, statene certi, lo hanno
già fatto tante volte in passato.

Una sola raccomandazione:
nei prossimi giorni, cercate di far slittare in secondo piano le notizie
della guerra nei telegiornali. Come dite? Non c’è altro da raccontare?

Ma, suvvia, qualcosa
si trova sempre!

Non vorrete mica raccontarci
che non avete qualche torbida vicenda parlamentare da raccontare…che
sappiamo noi: voti di fiducia, scioperi, qualche vicenda “rosa”.
Vanno bene anche gli strascichi del mondiale e dell’inchiesta sul
calcio – insomma, fate voi – ma fatelo.

Noi, da parte nostra,
cercheremo di fare in modo che le notizie non “partano” nemmeno,
ossia provvederemo a dissuadere i giornalisti troppo coscienziosi, quelli
che vanno a ficcare il naso dappertutto: si sa, qualche colpo “disperso”
capita sempre, maledetto “fuoco amico”.

Anche il “fuoco amico”
però, a volte finisce per risolvere delle situazioni imbarazzanti:
prendete – una a caso – la questione degli osservatori ONU. Se,
per un malaugurato caso, un nostro aereo colpisce per sbaglio una postazione
ONU ed uccide quattro osservatori internazionali, le Nazioni Unite –
saggiamente – decidono di ritirare gli osservatori (tanto, cosa dovevano
osservare?!?). Non tutti i mali vengono per nuocere, e si risparmia
anche qualche bombetta per il futuro.

Come dite? Guai con le
Nazioni Unite, con il Consiglio di Sicurezza, con l’Europa, la Russia…

Macchè…è bastata
una telefonata del nostro amministratore delegato a Georg, a Washington,
e si è occupato di tutto Baffone Bolton, che è un amico fidato. Altrimenti,
a cosa serve il diritto di veto?

Noi, come potete constatare,
facciamo tutto il possibile per portare a termine un lavoro “pulito”;
voi, ci raccomandiamo, trasmettete il meno possibile. Non sarebbe bello
e non sarebbe giusto inviare in prima serata quegli spezzoni di filmati
dove si vedono le spettacolari esplosioni delle bombe da una tonnellata
– oddio, quelle potete anche trasmetterle – l’importante è che
non mostriate i palazzi sbriciolati e le piramidi di macerie che generano,
quel grigiore sui volti dei cadaveri estratti dalle macerie che è così
disgustoso…no, non è bello, ed all’ora di cena potrebbe rovinare
la digestione.

Noi vi promettiamo che
faremo in fretta ed in pochi giorni vi assicuriamo che cittadine come
An-Naqurah, Bint Jubayl, Tibnin, Hula ed altri paeselli che nessuno
conosce non esisteranno più. Tanto, nessuno sapeva della loro esistenza
nemmeno prima: come dice il proverbio? Lontano dagli occhi, lontano
dal cuore.

Può darsi che si renderà
necessario “normalizzare” anche la città di Tiro – quella in
Europa sanno che esiste – ma non possiamo farci niente: non è, per
caso, che c’è qualche nuovo scandalo dei reali inglesi da mettere
in prima pagina?

Se Hezbollah non collabora,
speriamo almeno che quelli di Al-Qaeda si mostrino più seri: un bel
attentato di quelli robusti, eclatanti, sarebbe l’optimum. In fondo,
con un discreto attentato potrete occupare i palinsesti televisivi per
almeno una settimana, e noi in una settimana vi promettiamo di “finire
il lavoro”. Mica siamo gente inaffidabile come Hezbollah.

Carlo Bertani [email protected] www.carlobertani.it

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