DI ANDREA ZHOK
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La manovra scissionista di Renzi è a modo suo brillante.
Se avesse operato la sua scissione (matura da tempo) in un partito in campagna elettorale gli avrebbero imputato la sconfitta. Invece premendo per la formazione di un governo è ora nelle condizioni di: 1) far valere all’interno dell’attuale governo il piazzamento sovradimensionato del proprio entourage (frutto delle liste elettorali da lui composte a suo tempo); 2) far muovere i primi passi al nuovo soggetto politico nell’atmosfera protetta di una posizione di governo.
Questo per dire che non è che nella politica italiana manchino i talenti.
Il problema è però che l’ambiente in cui avviene la selezione naturale di questi talenti è una sorta di distopia machiavellica, in cui l’unica cosa che conta (e che sembra contare all’esterno) è la conquista di una fetta di potere a scapito di un avversario ad hoc. Ed è perciò che i talenti che si impongono per selezione naturale sono inevitabilmente, nel migliore dei casi, non degli statisti ma degli astuti imbecilli.
Le ragioni del dominio incontrastato degli astuti imbecilli sono semplici.
Da tempo il collante positivo, l’idea comune, la forma di società desiderata sono relegate all’archeologia politica.
Invece di un collante positivo ce n’è solo uno negativo, ovvero la scelta di un nemico preferenziale. L’elemento essenziale non è trovare quali linee politiche comuni abbiamo con X o Y, ma cosa dobbiamo fare per porci in antitesi a Y o X. La politica si fa sempre essenzialmente ‘contro’. Si sceglie di volta in volta un bersaglio e ci si dedica a fare tutto ciò che è necessario in termini di alleanze, norme, decreti per colpire il proprio bersaglio. Ciò vale sia quanto alle forze politiche che quanto ai temi da trattare. Non c’è l’idea positiva di qualcosa di desiderabile da produrre, ma quella dello ‘scandalo da sradicare’, del ‘reo da imprigionare’, del ‘pericolo da sventare’, dell’ ‘abuso da sanare’, insomma di un nemico da abbattere.
Ma fare politica a colpi di negazione non è un’alternativa equivalente a farla in vista di opzioni positive. Una politica ‘contro’ è una politica che richiede furbizie, vittorie tattiche e trionfi simbolici, ma che non mette le proprie energie nella costruzione di qualcosa di duraturo, anche perché qualunque cosa positiva venga costruita finirà inevitabilmente per beneficare in qualche misura anche i ‘nemici’, che si ritroveranno a gestire una situazione migliorata.
Perciò il meglio di sé la politica odierna lo dà in manovre di riposizionamento, trucchi elettorali, espedienti legali, tutte cose dove si assiste a veri e propri virtuosismi – per chi ama il genere.
Certo, poi a nessuno interessa seguire la tediosa implementazione di progetti di legge rivolti al paese di domani, tutta roba che deve essere seguita nel tempo, che richiede decreti applicativi ben studiati, che esige messe a punto ricorrenti, ecc. Per una politica mossa dall’individuazione di nemici protempore tutto ciò è superfluo e noioso.
Così la politica odierna (italiana, ma non solo) non crea più uomini di stato, ma guitti, performer, piccoli machiavelli da avanspettacolo, astutissimi imbecilli impegnati a togliersi vicendevolmente la sdraio da sotto il culo mentre la nave affonda.
E si aspettano il vostro applauso.
Andrea Zhok
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17.09.2019