DI MIGUEL MARTINEZ
Kelebek
PARTE I
Il titolo di questo post non è stato scritto per attirare visite. Non che le visite siano sgradite di per sé, ma semplicemente perché chi dovesse capitare qui, cercando su Google “Araba Dell’Utri + sesso” rimarrà sicuramente deluso. Perché non intendiamo parlare né di sesso né, in fondo, della signorina Araba Dell’Utri.
Piuttosto, si intende consumare un po’ della signorina Araba Dell’Utri a fini didattici, facendo l‘esegesi delle seguenti due dichiarazioni, emesse al mondo intero appunto dalla signorina Araba Dell’Utri. Prima Dichiarazione:
“Per me fare all’amore è una necessità. Quindi tutti i giorni”. Svelo un segreto: quando Elisabetta Canalis chiacchierava che stava con Hayden Christensen era una bufala perché Hayden faceva all’amore con me”.
Seconda Dichiarazione:
“Sono buddista e credo che la donna, penetrata nell’atto sessuale, se sta con troppi uomini assorbe energie negative”.
Ora, io non conosco Araba dell’Utri, non conosco Elisabetta Canalis e non conosco Hayden Christensen.
E soprattutto, non me ne potrebbe importare di meno di nessuno dei tre.
Però, la decifrazione di un’epoca passa spesso attraverso iscrizioni misteriose; dove ai decifratori mancano dati fondamentali. Eppure sono proprio queste iscrizioni che ci permettono, a volte, di cogliere il senso di un’epoca.
Partiamo dal nome “Araba”, che – contrariamente a quanto si potrebbe aspettare – indica, sia in arabo che nelle lingue culturalmente affini, un carretto (come il carrettu siciliano, per intenderci), di solito di quelli tirati da un asino; e per estensione, un’automobile.
Chiaramente, questo nome deve avere una provenienza: proviene infatti dal signor Alberto Dell’Utri, padre; e dalla signora Maria Pia La Malfa, madre.
Varie fonti purtroppo inquinate da complottismo asseriscono che la signora La Malfa faccia parte dalla nota famiglia di politici del partito repubblicano; però in effetti la signora Maria Pia La Malfa Dell’Utri è un’ex-dipendente sia del Partito Repubblicano Italiano che della Fininvest. Una sorta di ponte umano, se vogliamo, tra Prima e Seconda Repubblica.
Il marito, Alberto Dell’Utri è il gemello del ben più noto Marcello Dell’Utri.
Mi dicono che sarebbero gemelli identici, ma non è difficile distinguerli: Marcello è quello che è stato condannato per associazione mafiosa, ma non è finito in carcere; Alberto è quello che è finito in carcere, ma solo per bancarotta fraudolenta.
Chi scrive frequenta per lavoro gli imprenditori, e quindi non si scandalizza per simili vicissitudini.
Sa che i mille che non si fanno prendere, e che vengono elogiati come il Motore dell’Azienda Italia, sono ben coscienti dei rischi del mestiere.
Piuttosto, avendo vissuto per una parte precaria della nostra vita in Sicilia, sappiamo anche che, assieme a numerosi difetti, i mafiosi hanno in genere una certa dignità nei modi; e pensano all’avvenire dei figli.
Ed è dei figli dei Dell’Utri che vorrei parlare, perché ci spiegano molto del mondo in cui viviamo.
Miguel Martinez
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10.07.2008
PARTE II
“L’uomo, secondo Marcello Dell’Utri, è il vero patrimonio di un’azienda, il valore primo cui devono ispirarsi azioni e scelte anche di carattere imprenditoriale.
Lo stesso successo commerciale è inscindibile dalla valorizzazione delle risorse umane, anzi, spesso il risultato economico è direttamente proporzionale alla considerazione e all’investimento fatto sugli uomini.
Dall’esperienza di maestro di sport Marcello Dell’Utri ha conservato l’idea di insegnare ai giovani ad affrontare gli ostacoli e a pensare collettivamente.”
Così proclama il sito di Marcello Dell’Utri.
I figli di Dell’Utri sono “Marco, Chiara, Margherita e la piccola Marina.“
Presumiamo che Marcello Dell’Utri abbia dedicato molti sforzi a valorizzare queste risorse umane ai fini dell’Azienda Famiglia.
E in effetti bisogna riconoscere una certa sobrietà, da potente clan siciliano, nella scelta dei nomi.
Le figlie di Marcello Dell’Utri sono poco visibili; e quindi si può dire che non siano complici della propria mediatizzazione. Un comportamento che denota una certa superiorità rispetto, ad esempio, a Fausto Bertinotti.
Chiara Dell’Utri compare praticamente in un unico brano su Internet:
“Party addicted come lei [Margherita Missoni] c’è Micol Sabbadini che riunisce i coetanei figli di (Geronimo La Russa, Chiara Dell’ Utri, Barbara Berlusconi, Francesca Versace) in «munifiche feste» e poi si dedica all’ Africa (anche lei) regalando borse di studio ai ragazzi della Guinea-Bissau.”
La catena di montaggio mediatica prevede un linguaggio specifico per ogni settore, dal Freddo Polare ai Fanatici Islamici; e i giovani Vip non fanno eccezione, come si può vedere da questo piccolo e lurido brano. Che soddisfa l’invidioso voyeurismo degli esclusi verso i potenti; ma umanizza i potenti (si divertono ma fanno anche la carità) senza dire nulla che possa poi indurli a vendicarsi.
Piuttosto, è interessante notare come i figli dei potenti si frequentino tra di loro con lo stesso spirito esclusivo con cui si frequentano tra di loro i giovani Testimoni di Geova. In entrambi i casi, gli incontri di gruppo servono per definire chi è dentro e chi è fuori e per combinare matrimoni all’interno della casta.
La grande differenza è che alle feste dei figli dei potenti sono ammessi anche alcuni giullari mediatici, opportunamente scelti; anzi, le loro stesse feste sono spettacolo: il giornalista è insieme il loro servile ammiratore, e l’onnipotente interruttore che può accendere o spegnere la luce su di loro.
La Luce Mediatica rende umani i potenti. Cioè, più vicini a noi – la Gente – di quanto siano i nostri vicini di casa.
Sappiamo tutto ciò che i media ci vogliono far credere sui Loro baci e la Loro cellulite.
Così Geronimo La Russa organizza una “festa in grande stile” per “aiutare i bambini colpiti dallo tsunami”; e lo fa a nome del “Comitato Milano Young” [sic!], costituito da Barbara Berlusconi, Giovanni Tronchetti Provera, Nicolò Cardi, Natalie Dompé, Geronimo La Russa, Gilda Moratti, Paolo Ligresti, Micol Sabbadini e Francesca Versace.
Il resoconto della festa ci rivela insieme qualcosa dei riti di casta e della piaggeria del giornalista:
“Loro, le giovani promesse del nostro Paese, sono carini e alla mano. Le ragazze sono davvero affascinanti: fresche, sorridenti con gambe chilometriche e avvolte in abiti molto eleganti, da grande soirée. I “maschietti”, invece, nonostante gli abiti scuri e le cravatte, non riescono a nascondere la loro giovane età. Visi sbarbati, imbarazzati, meno “sciolti” rispetto alle loro coetanee.
Ma come è nata l’amicizia tra questi nove ragazzi dalle belle speranze? Gerolamo sorride: “Non è soltanto per merito dei nostri genitori. Siamo più o meno tutti coetanei e molti di noi hanno frequentato le stesse scuole. Poi le vacanze. Insomma ci conosciamo da anni”, afferma La Russa Jr.
Versione confermata dall’affascinante e solare Mikol Sabbadini, figlia di famosi gioiellieri di Milano: “Sì, è così. Io e Francesca (Versace n.d.r.) siamo cresciute insieme. Invece, tra me e Geronimo c’è una strana storia: lui è venuto alla festa del mio 14mo compleanno, ma non ci conoscevamo. Poi io sono andata alla sua festa di 18 anni e soltanto lì ci siamo presentati, dopo 4 anni che ci si vedeva sempre: è buffo”.
Ragazzi in gamba, che vivono tra Milano, New York e Londra e che vogliono dimostrare di valere. “Sì è proprio questo il messaggio che abbiamo cercato di lanciare. Ci siamo detti che dovevamo impegnarci nel sociale. Ne abbiamo la possibilità e dovevamo farlo”, ci dice Giovanni Tronchetta Provera che nella vita studia economia alla Bocconi.
Inizia la serata. Sfilano gli abiti stile cow-girl di John Richmond. La passerella si chiude con una fugace apparizione di Elisabetta Canalis, modella d’eccezione. Poi tocca a dj Ringo che aiutato dai nove ragazzi del comitato dà il via alla lotteria. Tanti i premi in palio, ce n’è per tutti i gusti: si parte da casse di vino fino ad arrivare al primo premio, una Fiat Panda. E ancora: borse di Versace, telefonini Telecom, maglioni in cachemire, biglietti per la Scala o per assistere alle partite del Milan.
Ed è proprio in occasione dell’estrazione che l’aplomb dei ragazzi si scioglie. Qualche battuta, piccole e insignificanti parolacce scappano anche a loro. E per finire un piccolo show di Ringo che coglie la palla al balzo per stuzzicare Niccolò Cardi, uno dei galleristi più in voga a Milano, “beccato” qualche tempo fa in compagnia di Paris Hilton. Un’occasione che il biondo dj di Radio 105 non poteva farsi sfuggire: “Te la sei tromb.. eh?” gli dice, ammiccando. Lui diventa rosso, tutti ridono e lo scherniscono: a dimostrazione che vent’anni sono uguali per tutti…”
Di Margherita Dell’Utri, non c’è traccia su Internet (c’è una certa Margherita Dell’Utri, la quale sembra però vivere in Sicilia).
Se Margherita e Chiara Dell’Utri non sono diventate Vip, la cosa va oggettivamente a loro onore.
Interessante però è il caso di Marco Jacopo Alessandro Dell’Utri, che dovrebbe essere la Risorsa Umana per eccellenza, essendo sia primogenito che unico figlio maschio.
Probabilmente saprete che Marco Dell’Utri è entrato nella cronaca per aver travolto una signora mentre era sotto l’effetto della cocaina.
Questa notizia, che come pettegolezzo dovrebbe essere ghiotto, non ha interessato minimamente il mondo del gossip mondano, pure così solerte nel cogliere ogni cenno di attività sessuale: la curiosità mediatica ha limiti molto preciso.
La notizia ha interessato solo il mondo dell’antiberlusconismo pavloviano: “il figlio di un consigliere di Berlusconi si fa di cocaina, abbasso Berlusconi!” “Una velina va a letto con Berlusconi, abbasso Berlusconi!”
Invece, Marco Dell’Utri pare che abbia come interesse principale fare l’Artista. Ora, ci sono persone che sono possedute dal dèmone della creatività, e che devono realizzare a tutti i costi qualcosa; e ci sono quelle persone che vogliono fare gli Artisti, anche se non sanno bene cosa vogliono creare.
Marco Dell’Utri, oltre a fare saltuariamente l’attore, è cofondatore di “Movie Max”, che distribuisce film horror, come Ripper – lettera dall’inferno e Donnie Darko, “un incredibile flop al botteghino“.
Non avendo visto nessuno dei film in questione, non sono in grado di valutare l’impegno artistico di Marco Dell’Utri. Dubito però che il padre sognasse un simile avvenire per suo figlio.
Come dice lo stesso Marcello Dell’Utri sul proprio sito:
“La “fortuna” in affari esiste: ma funziona solo se si è bravi, determinati e caparbi: altrimenti non si può vincere.”
Miguel Martinez
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11.07.2008
Saltiamo la parte III, che conteneva il commento di un lettore. Chi fosse interessato, può leggerla qui
PARTE IV
I gemelli si somigliano, dicono, anche attraverso le generazioni.
Come Marcello Dell’Utri ha prodotto Marco Dell’Utri, Alberto Dell’Utri ha prodotto Araba Dell’Utri.
La signorina dovrebbe avere alle spalle generazioni di avidi Dell’Utri, che le sussurrano come trasformarsi in Risorsa Umana dai denti aguzzi.
Non c’è dubbio che i suoi genitori ci abbiano provato: quando lei aveva nove anni, l’hanno messa a testa di un club di Forza Italia tutta per bambini.
Abbandonato l’impegno politico giovanile, Araba Dell’Utri è oggi mollemente sdraiata in cima alla piramide di teschi umani eretta dai suoi e dai nostri avi, come – a suo tempo – il Giovin Signore del Parini:
“e ben fu dritto
Se Pizzarro e Cortese umano sangue
Più non stimàr quel ch’oltre l’Oceàno
Scorrea le umane membra; e se tonando
E fulminando alfin spietatamente
Balzaron giù da i grandi aviti troni
Re Messicani e generosi Incassi,
Poi che nuove così venner delizie
O gemma degli eroi al tuo palato.”
E lì, esibendosi alla vista del massimo numero di conspecifici, si trova la Jeune-Fille.
“E pensare che avrei voluto essere una cantante!”, spiega Araba Dell’Utri, da cui deduciamo che non è in grado di cantare.
Ma non è necessario.
Infatti, Araba Dell’Utri, “oltre alle tette da meravigliosa pin up ha le natiche modello Bahia“.
Le natiche, si noti, sono di Bahia: è un tema di cui abbiamo già discusso ampiamente su questo blog.
Con il solo aiuto di queste tette e di queste natiche, la signorina Dell’Utri è riuscita a farsi fotografare (il termine recitare è probabilmente fuori luogo) in un film dell’orrore e in una commedia natalizia.
A sinistra, Araba Dell’Utri, a destra sua madre, Maria Pia La Malfa Dell’Utri, in compagnia dell’ex-Ministro per gli Interessi Mediaset. L’accostamento offre lo spunto a varie riflessioni che lasciamo al lettore
La sua è un’immagine sessuale – come da titolo – e per un motivo molto semplice.
I media costruiscono un oggetto – una copia fantasmatica di qualche essere umano bello e giovane – e lo riproducono all’infinito. La Jeune-Fille, che può anche essere un maschio, è quindi un’immagine; e un’immagine sessuale e non erotica. E’ tutto virtuale, ma è una virtualità fisica: fantasie di natiche, fantasie di tette, fantasie di rapporti carnali.
Infatti, i media ci informano – con la complicità presumibilmente della stessa signorina Araba Dell’Utri – che la signorina Araba Dell’Utri si congiungerebbe (non so bene e non mi interessa se in maniera sequenziale o no) con il signor DQ e con il signor Hayden Christensen.
Ho scritto “DQ”, perché le ricerche in rete ci presentano almeno quattro varianti:
DANNY QUEEN DANNY QUINN
DENNY QUINN DENNY QUEEN
Si tratta di suoni che in inglese verrebbero pronunciati in modo completamente diverso.
Però la loro perversione italiana li livella in un unico suono che potremmo rappresentare come “Denni Quin“. Ora, si conosce Danny Quinn solo dalla televisione; e quindi, nel grande analfabetismo di ritorno, la grafia diventa indifferente.
Il signor Danny Queen pare che faccia di mestiere il figlio del grande attore Antony Quinn; mentre Hayden Christensen fa l’attore in proprio.
Danny Quinn è quindi il fantasma di suo padre; e in tale qualità fantasmatica, ha assunto esistenza virtuale spalando (letteralmente) letame e assistendo vittorioso alla liquidazione dei propri concorrenti nel programma La Fattoria, diretta da Daria Bignardi, la moglie di Luca Sofri, il figlio di Adriano Sofri. Danny Quinn rientra quindi, per adozione, nel piccolo Circolo degli Intellettuali Italiani, ossia delle persone deputate ad affermare il Grande Luogo Comune, ciascuno secondo la propria specialità.
Abbiamo visto che Araba Dell’Utri ha una Filosofia, nel suo caso il buddismo.
Nella Jeune-Fille, la Filosofia deve essere universalmente incontestabile – e quindi assolutamente banale – e soprattutto riassumibile in non più di otto secondo di tempo televisivo.
Per Danny Quinn, infatti, i
“punti di riferimento sono Cristo, Gandhi e Martin Luther King.”
La vera Jeune-Fille, essendo essenzialmente impegnata nell’ammiccare a congiungimenti carnali, non è costretta a misurarsi con le vette della riflessione mediatica, come il Pensiero Positivo di Jovanotti:
« Io credo che a questo mondo esista solo una grande chiesa
che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa
passando da Malcolm X attraverso Gandhi e San Patrignano
arriva da un prete in periferia che va avanti nonostante il Vaticano.»
Però intanto Quinn/Queen si esibisce in una forma di crocifisso. La più adatta per fallaciani sbrigativi, direi:
Miguel Martinez
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12.07.2008
PARTE V
Ibn al-Athîr Majd al-Dîn Abu Sa`âdat al-Mubârak bin Muhammad al-Shaybâni al-Jazari al-Shafi`i, coevo – all’incirca – di San Francesco, scrisse i cinque ponderosi volumi dell’ al-Nihâya fi Gharîb al-Hadîth wal-Athâr, una delle innumerevoli esplorazioni nel “mare della lingua” araba.
Tra le radici che quel testo approfondisce, c’è anche quella composta dalla lettere ‘ayin, ra e ba, che dà origine ad esempio al nome della nostra Jeune-Fille, la Araba Dell’Utri.
Come abbiamo visto, il termine foneticamente più vicino significa “carretto“.
Ma, con spostamento di accento e di lunghezza, ‘arâba indica sia il rapporto sessuale, che il linguaggio osceno; l’arabo poi è ricco in verbi di contrasto, per cui ad esempio a’raba significa sia usare il linguaggio triviale, sia impedire ad altri di usarlo.
Il termine correlato più interessante, forse, è ‘arûb, usato anche come nome proprio femminile, e che ci presenta alcune affascinanti ambiguità.
Ib al-Athir ci dice che significa una donna passionale che manifesta insieme il proprio desiderio e la propria fedeltà verso il marito; ma anche la donna che lo tradisce, nei fatti o nei pensieri. E’ una donna che ride molto, o una donna che maschera una grande decisione con un’apparente e seducente ritrosia.
Il punto di vista è chiaramente quello di una società patriarcale, ed è facile stabilire il legame tra dominio maschile e manipolazione femminile: anzi, la Jeune-Fille non è altro che questa manipolazione che diventa autonoma.
Ma il concetto di ‘arûb ci rimanda anche alla società del velo e del giardino.
Dove all’esterno, pochissime finestre, o nessuna, danno sul grande vuoto della sabbia e della roccia; mentre all’interno, le mura proteggono il pozzo e i fiori.
Sulla Fontana dei Leoni dell’Alhambra, vi è scritto:
«In questo giardino, non ci sono forse meraviglie
che Dio ha reso incomparabili nella loro bellezza
e una scultura di perle dalle luce trasparente
i cui confini sono delimitati da perle?
Non vedete come l’acqua cade nel bacino
mentre la fonte la nasconde di nuovo?
E’ un amante le cui ciglia sono piene di lacrime,
lacrime che nasconde per paura di un traditore.»
La ‘arûb è quindi l’esatto contrario della Jeune-Fille: la sua travolgente passionalità e pericolosità si rivolgono da una persona reale a una persona reale, senza produrre alcuna immagine o doppio esteriore, che anzi assume la forma per noi scioccante del corpo anonimo e velato.
La Jeune-Fille è esattamente il contrario.
Essendo pura immagine, non può avere intimità alcuna. Mentre l’‘arûb si profuma e si spoglia in casa, la Jeune-Fille nell’intimo pone sempre tra sé e l’altro il velo della telecamera.
All’esterno, la Jeune-Fille è necessariamente nuda. Il bacio che non dà in realtà a nessuno, Araba Dell’Utri lo condivide anche con gli internauti vietnamiti. Sotto una foto ravvicinata di Araba Dell’Utri che bacia Hayden Christensen, leggiamo infatti:
Với cô đào Araba Dell’Utri trên abĩ biển thơ mộng vùng Địa Trung hải
In tutto questo, vi è una sottile democratizzazione: il Giovin Signore in molle caduta sociale e la troietta che sale su per il mondo, letto per letto, si incontrano e si fondono nella Jeune-Fille mediatica.
Essere ricchi vuol dire essere potenti; ed essere potenti vuol dire essere odiati e invidiati.
Vedere l’umanità che striscia astiosa e ghignante ai tuoi piedi può effettivamente provocare piacere; e probabilmente la ricerca di tale piacere spiega una buona parte dello Spirito Imprenditoriale che muove il nostro mondo.
Ma non è detto che i figli scelgano i piaceri dei padri; anzi, proprio grazie ai padri, hanno i mezzi per procurarsene altri di piaceri.
Come sa qualunque pubblicitario, i sette pilastri della civiltà occidentale sono superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia.
E si fondono tutte nel consumo della mediatizzazione dei Vip. I Vip sono una categoria particolare: sono i ricchi (non esistono, credo, Vip poveri); ma solo in quanto trasformati in finti esseri umani.
In quanto finti esseri umani, siamo in immaginaria intimità con loro; e ci innamoriamo così dei nostri dominanti.
E qui la faccenda si fa complicata, perché i media stessi sono potere; e nella generale liquefazione ed evanescenza, è sempre più difficile distinguere tra informazioni, divertimento, spettacolo, denaro, sport, blog e qualunque altra cosa scorra, devasti e scompaia.
Il flusso – curiosamente, un altro significato della parola ‘araba – poi, è ben più forte di ciò di cui parla, e quindi trascina con sé i Vip, che diventano un’appendice del mondo mediatico.
Nella finzione del gossip, i ricchi democratizzano tutto tranne la propria ricchezza.
La chiave della democratizzazione sta nella giostra adolescenziale di cambiamenti di partner sessuali. Non ha alcuna importanza che tale giostra avvenga realmente: stiamo parlando di puri oggetti mediatici. In questo senso, Araba Dell’Utri (l’originale umano) potrebbe benissimo vivere nella più totale castità; noi parliamo della sua immagine, l’unica che ci sia data da conoscere.
Quasi sempre il Vip è complice della propria mediatizzazione. E diventa lui stesso personaggio mediatico. Questo vuol dire che il figlio dell’imprenditore, ad esempio, scivola nello stesso circuito di attori, di veline, di calciatori e di altri prodotti umani dell’industria dei divertimenti.
Ed ecco che tutti possono guardare le tette e le natiche di Araba Dell’Utri.
Ci vuole un grado brutale di intimità, una spocchia arrogante che io non possiedo, per chiedere a qualcuno, “quante volte”?
Ecco, ad Araba Dell’Utri, lo si può chiedere.
E vi risponderà pure.
— Fine —
P.S. Vado via per qualche giorno, per cui congelo i commenti; se avete voglia, scrivetemi pure in privato.
Miguel Martinez
Fonte: http://kelebek.splinder.com/
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13.07.2008