Lettera aperta ai monopolisti della violenza

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Ruggero Arenella
Comedonchisciotte.org

 

Ho un amico carabiniere che non sento da tempo, ma con cui abbiamo passato molte giornate insieme. Lui è di Napoli, sta a Torino da diversi anni. Mi raccontava spesso del suo lavoro, di eventi particolari che gli erano capitati, o di semplici storie di ordinaria quotidianità. Ero affascinato dai suoi racconti, perchè nelle sue parole sentivo la passione per il lavoro che faceva. Non so se abbia deciso di diventare carabiniere per una spiccata vocazione o per semplice opportunità lavorativa. In ogni caso, era orgoglioso di portare quella divisa.

Per me era la prima volta in cui mi trovavo ad avere a che fare direttamente con un carabiniere, nel senso di avere un rapporto dialettico, e amichevole. Dopo anni di ribellismo giovanile passati a sfuggire i controlli e a imboscare le canne che avevo in tasca durante le perquisizioni, e dopo anni di innumerevoli cori che cantavo allo stadio: “…esegui solo ordini, non usi mai il cervello…”, per la prima volta nella vita mi trovavo ad avere una certa simpatia per i carabinieri. Tanto da arrivare a pensare, che se fossi tornato indietro, probabilmente, avrei fatto volentieri il carabiniere. Sarebbe stato un buon lavoro per me, che mi avrebbe appagato socialmente. Perchè in fondo quella divisa rappresenta qualcosa in cui credo, la comunità.

Che cos’è una divisa? E’ un pezzo di stoffa colorata, o è il simbolo di una comunità?

Il mio amico faceva il carabiniere con un profondo senso di umanità. Non era un robot che applicava quello che gli veniva imposto con gelida autorità, ma anteponeva il buon senso nel far applicare la legge. Si sentiva davvero di servire lo Stato, e quindi il popolo che lo legittima. Disprezzava alcuni suoi colleghi, soprattutto certi giovani, che per mettersi in mostra coi superiori non risparmiavano inutili multe, spesso fatte a brave persone, padri di famiglia, rei di essere passati col rosso alle 6 di mattina in un incrocio vuoto, per non far tardi al lavoro. E tanti casi simili.

Chi è che onora davvero la divisa? Chi “esegue solo ordini”, o chi fa applicare la legge usando il proprio buon senso e la propria morale?

Cari uomini delle forze dell’ordine: vi hanno fregato. Così come hanno fregato il popolo che avete giurato di difendere.

Un’élite, di uomini come voi, di cui alcuni di voi ignorate l’esistenza, vuole farvi vivere come capi di bestiame, con un microchip sottopelle che vi aprirà e chiuderà le porte del vostro luccicante recinto.

Un’élite di uomini che vuole abolire gli Stati. E voi, servitori dello Stato, verrete aboliti a vostra volta. Voi, e tutto ciò che rappresentate.

Un’élite che avrà il controllo totale sulla vita degli uomini, grazie al quale non ci sarà più bisogno di voi. La vostra funzione sarà marginalizzata, fino a quando non sarà quasi più necessaria. Chi non rispetterà la legge sarà subito estromesso dalla società col clic di un computer. E se proverà a fuggire, ci saranno dei droni a inseguirlo.

Se pensate che i vostri figli domani possano indossare la vostra stessa divisa vi sbagliate. Il futuro che questa élite ha in piano per noi è un futuro fatto di macchine, non di uomini. La divisa che indossate è un pezzo di stoffa che acquisisce senso quando è indossato dagli uomini. Senza gli uomini, quella divisa non esiste.

Forse gli straordinari che vi pagano per scortare le “passeggiate” del sabato pomeriggio alle “manifestazioni no green pass” vi riempiono la pancia, come un buon piatto di lenticchie.

Scrivo questa lettera sperando che dentro quella divisa non ci siano rimasti solo più dei droni. Che riceveranno addosso tutta la rabbia di una parte di quel popolo, quella parte del popolo più cosciente, che voi avete giurato di proteggere.

Scrivo questa lettera pensando a G., che non ho il coraggio di chiamare. Anche se ti sei vaccinato, spero tu capisca queste parole.

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