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L’educazione di Marine Le Pen

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A cura di Davide
Il 5 Marzo 2017
225 Views

DI ROBERT FISK

counterpunch.org

Marine Le Pen ha un po’ Trump-eggiato a Beirut. E’ giunta qui dalla lontana Parigi per guidare la sua campagna elettorale presidenziale francese dal settario sottobosco Libanese, rifiutandosi di indossare il velo nell’incontro con il sunnita Gran Mufti. Considerando le assurdità che poi ha detto al presidente libanese (cristiano) e durante l’infelice intervista concessa a un giornale locale (cristiano) di lingua francese, molti libanesi – e anche diversi cristiani – hanno dovuto concludere che questa disgraziata ha intrapreso la sua visita con il solo scopo di insultare i musulmani del paese.

Naturalmente si trattava di una boutade pubblicitaria. A Marine Le Pen non importa niente dei voti dei libanesi cristiani con passaporto francese – il suo Fronte Nazionale (FN) comunque vuole che questi cittadini a doppia nazionalità scelgano in modo esclusivo la loro cittadinanza: così i poveri vecchi cristiani libanesi a cui la Le Pen dice di voler bene, dovranno abbandonare il loro paese d’origine, se vogliono che la Francia li “protegga” dalle orde musulmane. E no, il suo rifiuto di indossare il velo – un semplice velo per mostrare rispetto al Mufti sunnita, lo sceicco Abdel-Latif Derian – era diretto al suo pubblico nazionale in Francia. I Musulmani vogliono sottomettere le donne. Il solito vecchio messaggio: al diavolo il Libano. Che è sicuramente il motivo per cui in questo viaggio l’hanno accompagnata più giornalisti francesi che libanesi.

Se il Mufti fosse stato consigliato meglio, si sarebbe rifiutato di incontrare questa spettrale reliquia del Mandato Francese, della “protezione” militare francese post Prima Guerra Mondiale che la Società delle Nazioni impose al Libano. Tutto iniziò quando un generale Francese con un braccio solo inviò i suoi carri armati contro la cavalleria Araba ad ovest di Damasco; e terminò non molto tempo dopo, quando al Libano fu imposto un anno di governo da parte della Francia di Vichy, il cui leader anti-semita – il Maresciallo Philippe Pétain – avrebbe certamente approvato la visita della Le Pen.

Non c’è da sorprendersi se il leader druso libanese Walid Jumblatt – durante un viaggio per incontrare François Hollande a Parigi, dove la Le Pen avrebbe fatto meglio a rimanere – abbia considerato la sua visita in Libano un insulto al popolo libanese. “Spero che la Francia faccia una scelta migliore di questa fascista di destra”, ha affermato con la sua voce ingannevolmente lieve. Ma la storia del velo infame era necessaria per un altro motivo: per coprire l’interferenza molto più settaria della Le Pen nella crisi libanese-siriana che ha afflitto il Libano per 40 anni, dentro e fuori. La sua prima visita a un capo di Stato è stata quella a Michel Aoun, il presidente libanese insediatosi da poco, la cui fama, prima di arrivare al palazzo Baabda che sovrasta Beirut, non era molto dissimile da quella dello stesso Trump.

Da prima acerrimo nemico del regime di Hafez al-Assad a Damasco, in seguito si è dichiarato amico della Siria e – tanta era la sua ambizione di arrivare alla presidenza – si è alleato con i miliziani amici della Siria, gli sciiti Hezbollah libanesi. Così, quando Marine Le Pen ha confermato il suo sostegno al figlio di Hafez Bashar nella sua battaglia contro l’Isis, ha incontrato poca resistenza da parte di Aoun.

Ma il primo ministro sunnita di Aoun, Saad Hariri, che ancora accusa i siriani dell’omicidio del suo defunto padre Rafic, ha rimproverato il leader di FN di confondere la fede musulmana con il fondamentalismo islamico. I musulmani “moderati”, che erano la stragrande maggioranza, sono state le prime vittime di “terrorismo”, le ha detto in modo brusco. E un gruppo di leader Cristiani – che Le Pen si aspettava fossero dalla sua parte – l’hanno ripresa per aver suggerito che la Francia dovesse sostenere il presidente Bashar al-Assad nella guerra siriana. Sono questi gli antefatti all’ aspro commento di Jumblatt sulla “triste reliquia della destra francese”.

La cosa pare non abbia scalfito in niente la candidata presidenziale di FN nella sua intervista resa al giornale Orient Le Jour, il quotidiano impegnato francofono letto dalla minoranza cristiana libanese. Come un bambino smarrito che brancola tra i resti di un vecchio campo di battaglia, Marine Le Pen si è mossa a fatica tra i rottami di una vecchia guerra civile. Ha elogiato il governo siriano, come unica alternativa possibile al trionfo dell’ISIS; ha esortato il proprio governo a riaprire l’ ambasciata francese a Damasco e ha persino paragonato le relazioni Libano-Siria a quelle Francia-Germania del dopoguerra.

Le piacerebbe incontrare Assad?” le è stato chiesto? “Certamente”, ha risposto. “Perché voglio che intorno al tavolo ci siano tutti. Se la Francia e la Germania hanno potuto fare pace, credo che anche Libano e Siria possano farlo. E penso che la pace sia possibile poiché si lotta contro un nemico comune. Questo nemico ovviamente è lo Stato Islamico… L’ho detto fin dall’inizio di questo conflitto – ed ero l’unica a dirlo in quel momento – che contribuire alla caduta del regime di Bashar al-Assad voleva dire consegnare la Siria nelle mani dell’ ISIS”.

I paralleli che ha fatto ovviamente non stavano in piedi. Se da un lato è interessante il modo in cui la mente della Le Pen paragona il Libano alla Francia e la Siria all’ex-Germania nazista, va detto che la pace del dopoguerra in Europa si è conclusa non di fronte a un nemico comune.

Ma non si è fermata qui: “In Siria, penso che quelli che hanno puntato su un’opposizione di tipo moderato del tutto estranea al fondamentalismo islamico, hanno dovuto concludere che quell’opposizione, se mai è esistita (sic), era ‘irrilevante’ e non poteva costituire un’alternativa possibile a Bashar al-Assad. In geopolitica, spesso è necessario fare la scelta del male minore, e per me il male minore è Bashar al-Assad. Sono francese e ritengo che lui non ha mai rappresentato un pericolo per la Francia.”

Le osservazioni di Le Pen sono state doppiamente dolorose per i libanesi. In primo luogo perché, come Cristiani Levantini, se da una parte dipendono dalla protezione di Assad all’interno della Siria, non necessariamente sostengono il suo governo; anzi, decine di migliaia di cristiani libanesi chiedono ancora oggi la fine del regime di Assad; e hanno detestato l’uso del termine ‘irrilevante’ da parte della Le Pen. In secondo luogo, tuttavia, la Le Pen ha scalfito la brutta superficie della politica ormai compromessa dell’Occidente nei confronti di Assad – politica che originariamente pretendeva il suo rovesciamento e annunciava la sua fine imminente, e poi, con riluttanza (e in modo da far rabbrividire, del genere Boris Johnson alla Commissione Affari Internazionali dei Lords) ha accettato che rimanesse al potere. In altre parole, Assad è l’unico baluardo contro il fondamentalismo islamico in Siria.

Le Pen ha anche pensato che il Libano, aggravato da un milione di rifugiati siriani, dovrebbe rimandarli a casa non appena la guerra sarà finita. Un altro tentativo per appiccicare anche al Libano la sua politica anti-immigrazione; ma la cosa non è andata bene, poiché la Le Pen evidentemente non sapeva che decine di migliaia di libanesi fossero strettamente collegati e imparentati con i siriani. Infatti, un gran numero di libanesi si consideravano siriani prima che l’amata Francia di Le Pen decidesse, dopo la prima guerra mondiale, di separare il Libano dalla Siria e stabilire un confine tra i due.

Fu una cosa davvero strana. Dopo tutto, durante la guerra civile libanese 1975-1990 molti dei sostenitori del FN si unirono alle milizie cristiane di destra; e uno di loro è attualmente una guardia del corpo della stessa Le Pen. Ma nessuno ha pensato di avvisarla che il Libano non era il posto adatto per imporre la politica francese? Non a caso uno scrittore cristiano libanese ha paragonato quelle sue chiacchiere sulla “protezione” francese alla Settima crociata e alla Carta Solenne del re francese Luigi IX, che promise ai cristiani maroniti del Libano “la stessa protezione speciale che assicuriamo al popolo francese”.

Forse pensava che il presidente Aoun fosse lo speciale “protettore” dei cristiani. Altra idea stramba. Nel 1990, l’allora Generale Libanese Michel Aoun credeva di essere il Presidente del Libano (seppure non eletto), e definì il primo ministro Selim Hoss il Ponzio Pilato del Libano – suggerendo che lui, Aoun, avrebbe potuto coprire un ruolo più alto nella storia biblica. Ma poi si è meritato un paragone a Napoleone, quando ha lanciato una ‘guerra di liberazione’ contro le truppe siriane in Libano, e poi è corso a nascondersi nella residenza dell’ambasciatore francese quando i siriani hanno preso d’assalto il palazzo di Baabda. Alla domanda di un giornalista durante il suo esilio a Parigi se non si sentisse responsabile per i soldati ed i civili libanesi rimasti uccisi durante il precedente conflitto con la Siria, ha risposto: “E’ la guerra”. Una risposta che non rasenta, ma oltrepassa la follia. Dopo, quando ha raggiunto la presidenza, queste caratteristiche “Trump-esche” in breve tempo sono cessate.

Ma poi, partendo per l’Egitto in questo mese, Aoun ha dichiarato pubblicamente che Hezbollah faceva parte della difesa del Libano da Israele, dal momento che l’esercito libanese era ‘debole’. L’esercito libanese sarebbe molto meno debole se ricevesse 3 miliardi di $ (£ 2,4 miliardi) di armi promessi dalla Francia e pagati dall’Arabia Saudita. Ma perché mai i sauditi dovrebbero – secondo Aoun – finanziare un esercito per combattere a fianco dello sciita Hezbollah – o a fianco delle forze siriane di Bashar al-Assad che i sauditi hanno ancora intenzione di rovesciare?

L’affermazione di Aoun era in totale violazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che ha posto le truppe delle Nazioni Unite sul confine israelo-libanese a tutela della sovranità del paese. Quando il rappresentante delle Nazioni Unite a Beirut ha obiettato, le è stato detto che il ministro degli Esteri libanese – che guarda caso è il genero del Presidente Aoun – si rifiutava di incontrarla. Tutto questo non ha sfiorato per niente la Le Pen.

Ma una cosa è certa: a meno che non diventi il presidente della Francia – cosa che pare al momento altamente improbabile – il Presidente della Siria Assad sarà estremamente cauto con lei. Lui e i suoi alleati – tra cui la Russia – stanno ancora vincendo nella guerra contro ISIS e NUSRAH e altri combattenti dell’opposizione, e questo senza alcun aiuto da parte della Francia. Chi vuole dalla sua parte il Fronte Nazionale?

 

Robert Fisk scrive per Independent, dove questo articolo è apparso originariamente. 

Fonte: www.counterpunch.org

Link: http://www.counterpunch.org/2017/02/28/the-education-of-marine-le-pen/

28.02.2017

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

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